Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Fifty Eighth Shade [R]

Agathe aveva appena chiuso la valigia con un gesto secco quando la voce sonora di Evan la fece sobbalzare.

«Papà!» esclamò, un po' arrabbiata, premendosi una mano sul petto. «Non potevi bussare, invece di farmi prendere uno spavento del genere?»

Evan, la fronte aggrottata, fece due passi nella stanza di sua figlia. «Tutto questo tuo girovagare non mi piace» dichiarò, saltando i convenevoli.

La ragazza sbuffò. «Avevi detto che potevo».

«Io avevo detto che potevi partire ogni tanto» ribatté lui. «Non mi aspettavo certo che tu diventassi una vagabonda!»

Agathe si raddrizzò dopo aver assicurato il lucchetto alla cerniera del piccolo trolley e si mise le mani sui fianchi. «Neanche partissi da sola» disse. «Il nonno mi accompagna sempre...»

«Credi che questo mi rassicuri?» la interruppe Evan. «Dio, Agathe, sei quasi morta tre settimane fa! Dovresti startene tranquilla e riposare, non saltare da un aereo all'altro...»

«Ripeto: hai detto che potevo» tagliò corto la diciottenne, le braccia ora strettamente incrociate sotto il seno. «Ti avevo detto cosa volevo fare...»

«...e il dottor Covington è dell'idea che tu debba rallentare i ritmi» proseguì Evan, ignorandola. «Fermarti del tutto sarebbe meglio».

«Se fosse per l'egregio dottor Covington, farei ancora la muffa in quel letto d'ospedale» sbuffò la ragazza. «Sospetto che sia invidioso: lui è incatenato qui per via del suo lavoro, mentre io posso andare dove mi pare!»

Evan lanciò uno sguardo truce alla valigia. «Parti di nuovo?» chiese in tono accusatore.

«Lo sai che parto» sbuffò Agathe. «Il nonno ti ha chiamato e ti ha avvertito».

«Non mi piace» brontolò suo padre.

«Dillo a Penelope» rispose la ragazza, trattenendo un sorrisetto soddisfatto: da quando era uscita dall'ospedale, Penelope teneva ben tirato il guinzaglio di Evan, così che Agathe potesse fare quello che preferiva. Era dalla sua parte in tutto e per tutto. «Sono certa che ti darà ragione...»

«Non capirò mai come tu sia riuscita a raggirare metà famiglia e far sì che si schierassero dalla tua parte!» esplose Evan.

«È una questione di equilibrio cosmico, papà» rispose placida Agathe. «Metà famiglia è assolutamente, irrimediabilmente contro di me, quindi l'altra metà mi asseconda per riequilibrare la situazione!»

«Molto divertente» scattò Evan, uscendo dalla stanza. «Ma non pensare che finisca qui!»

«Non ci ho creduto neanche per un attimo» sospirò sconsolata Agathe: conosceva suo padre e sapeva che stava architettando qualcosa contro di lei... ma forse, se si fosse mossa abbastanza in fretta, sarebbe riuscita a partire prima che mettesse in atto qualunque cosa avesse in mente.

******

Richard raccolse i propri appunti e li infilò con cura nella valigetta di pelle prima di uscire dall'aula.

«Dottore? Dottor Prescott?». Era da così tanto tempo che nessuno usava il suo titolo accademico che Richard capì che si stavano rivolgendo a lui soltanto per via del cognome. Si voltò verso l'uomo sulla cinquantina che, sfidata la folla di studenti che sciamava per i corridoi, gli si era avvicinato e ora gli porgeva una mano. «Ascoltare i suoi interventi è sempre un piacere».

Richard sorrise sincero e strinse la mano che l'altro gli offriva. «Il piacere è mio, professor Loretti» rispose. «Credo di non averla ancora ringraziata a dovere per avermi offerto la possibilità di tenere queste conferenze nella sua facoltà».

Il professore si lasciò sfuggire una fragorosa risata. «Per noi è un onore: usiamo il suo testo sulla storia risorgimentale nei nostri corsi, quindi può immaginare da sé quanto siamo contenti di averla qui!»

«Visto il piacere reciproco per questa collaborazione, bisognerebbe festeggiare» scherzò Richard.

«Questa sì che è un'ottima idea!» convenne Loretti. «Perché non oggi? Alcuni dei miei assistenti sarebbero lieti di unirsi a noi per una serata informale...»

Richard si strinse nelle spalle, non del tutto convinto. «Non saprei» rispose. Si rese conto solo in quel momento che, eccettuate le cene di lavoro, raramente lasciava la propria casa nelle ore notturne. «Non sono pratico della zona».

Loretti rise di nuovo. «Non si preoccupi, dottore: non la lasceremo certo a vagare da solo per la città!». Si accorse che Richard non sembrava ancora convinto e proseguì in tono accattivante: «Andiamo, dottore... Roma di notte vale assolutamente una visita!».

Schiacciando in fondo alla mente il ricordo della sua brevissima visita a Roma in compagnia di Agathe, l'uomo sorrise. «Molto volentieri» acconsentì.

******

Agathe attraversava veloce Heathrow, diretta all'imbarco del suo volo, quando una mano l'afferrò saldamente per un braccio, arrestando la sua avanzata.

La faccia scura del suo neurochirurgo le si parò davanti agli occhi.

«Dove credi di andare, signorina?» chiese fosco.

«A fare la manicure» rispose ironica la ragazza. «Secondo te? Sono in aeroporto, quindi devo prendere un aereo!»

«E ti sembra una decisione saggia?» sibilò il dottor Covington.

Agathe trattenne un ringhio di frustrazione. «Dunque è questo il piano di Evan? Mandare te a fermarmi?»

«Evidentemente mi ritiene l'unico in grado di ficcarti un po' di sale in quella zucca ammaccata» rispose l'uomo con malagrazia.

«Ma quanto sei gentile» replicò lei con pesante sarcasmo. Scosse il braccio, ancora stretto in quella morsa ferrea. «Che ne dici di mollarmi? Non vorrei perdere l'aereo».

«Si può sapere che c'è che non va, in te?» tuonò Covington. «Prendere un aereo poco tempo dopo un incidente come il tuo è da sconsiderati!»

«Fosse la prima volta, da quando sono uscita dall'ospedale!» berciò lei in risposta. Tentò di nuovo di sottrarsi alla sua presa. «Non mi impedirai di prendere quel volo, Covington!»

«Posso stare qui tutto il tempo che serve, o trascinarti in ospedale e rinchiuderti nel reparto psichiatrico» replicò lui.

«E io posso denunciarti per sequestro di persona!» ululò Agathe.

Il dottore sibilò un paio di frasi poco carine alla gente che si andava radunando intorno a loro per osservarli. «Dopo la fatica che ho fatto per rimetterti a posto il cervello, non ti permetterò di rovinare tutto!» abbaiò.

Con un gesto deciso, Agathe si divincolò. «Provaci, Linus» lo provocò, muovendosi di nuovo verso l'imbarco. «Prova a fermarmi».

Linus sbuffò inferocito. Se solo avesse potuto avrebbe preso Agathe per i capelli e l'avrebbe rinchiusa da qualche parte, ma non era in suo potere fare una cosa del genere. Quindi restò dov'era, a guardare la ragazza e la cicatrice vivida che le tagliava i capelli sparire nella folla di passeggeri che riempiva l'aeroporto.

******

Richard sorrise tra sé mentre beveva un sorso di birra.

Contro ogni sua aspettativa, Loretti e i suoi assistenti avevano trascinato lui e Camila nientemeno che in un pub: smessi gli abiti accademici, quel gruppo di uomini si era rivelato più scalmanato e ridanciano di quanto l'inglese avrebbe mai potuto immaginare. Ben presto l'alcool li rese pericolosamente allegri e allo scoccare delle dieci, quando venne dato il via alla parte "karaoke" della serata, metà di quella combriccola si impossessò dei microfoni, cantando a squarciagola. Ascoltarli era oltremodo divertente, tanto che Richard, pur essendo seduto in modo da dare le spalle al piccolo palco riservato a chi si voleva esibire, si girò più volte a guardarli, finendo con lo sghignazzare senza ritegno delle performance dei suoi "colleghi".

Dopo circa venti minuti di canti e balli scatenati, il gruppetto tornò al tavolo per bere qualcosa e riprendere fiato.

«Una bella prova, non c'è che dire» li prese in giro Loretti: erano tutti terribilmente stonati.

«Be', potreste almeno apprezzare lo sforzo!» si finse offeso Davide, uno dei cantanti improvvisati.

«Se tale sforzo non avesse mirato a stracciare i timpani dei presenti, magari...» rispose vago Loretti.

Tutti scoppiarono a ridere prima di ricominciare a chiacchierare in modo caotico, ascoltandosi solo a metà e cercando di scavalcare le voci degli altri. Richard incontrò lo sguardo di Camila ed entrambi sorrisero: per lui quell'allegria incontrollabile e sconfinante nel caos era qualcosa di raro, quasi sconosciuto e assaggiato soltanto nelle pazze feste organizzate da Damon, e glielo si leggeva in faccia. La spagnola, che al contrario di Richard amava in modo particolare la musica e le feste, era invece perfettamente a proprio agio, tanto da non notare lo scompiglio seminato dagli uomini, preferendo intrattenersi con Sandra, l'unica altra donna del gruppo.

Intanto Loretti non aveva ancora smesso di punzecchiare i colleghi più giovani per le loro pessime abilità canore.

«Potreste ottenere un lavoro per conto di qualche ditta che produce tappi per le orecchie» sghignazzò. «Vi pagherebbero a peso d'oro! Già me lo immagino: voi che girate per le strade cantando, la gente che si protegge le orecchie con le mani... si voltano... e nella vetrina più vicina vedono, come in un miraggio, dei formidabili tappi per le orecchie. Andrebbero a ruba!»

Richard soffocò malamente una risata nel proprio bicchiere: Camila e Sandra non si diedero tanta pena e si sbellicarono dalle risate proprio davanti al naso degli uomini.

Davide – che a quanto pareva era il più agguerrito – non perse tempo nel replicare. «Allora perché non ci fa sentire come canta lei, professore?»

Loretti tossicchiò, a disagio. «Io... be', veramente...». Si schiarì la voce. «Lasciamo che continui a esibirsi la persona che sta cantando adesso, non è meglio?» commentò, accennando con la testa al palco dietro di loro.

Per la prima volta da quando Davide e gli altri erano tornati al tavolo, Richard prestò attenzione al sottofondo musicale. Ora a cantare era chiaramente una donna: la sua voce si impennava nel locale al ritmo di una melodia rock, alternando note alte e limpide a vibrazioni improvvisamente roche e profonde. Niente a che vedere con chi era stato su quel palco prima di lei: se prima nessuno prestava attenzione a chi stava là sopra, adesso tutte le teste erano voltate in quella direzione.

«Accidenti, lei sì che è brava!» disse Camila, ammirata, allungando il collo per vederla meglio.

Colto da un sospetto, Richard scandagliò la sala con lo sguardo, sicuro di vedere una certa persona. Non fu deluso: l'uomo con i baffi bianchi sedeva su uno sgabello alto, la schiena appoggiata al bancone del bar e gli occhi fissi sul palco.

Un coro di proteste si levò senza preavviso: la donna aveva finito di cantare e, invece di cedere alle richieste di un bis, era scesa veloce dal palco e si era confusa tra gli altri avventori.

Richard decise di mettere fine a quella storia. Era stanco di imbattersi in quella coppia: voleva sapere chi erano e scoprire come mai, nonostante il suo girovagare assolutamente casuale, continuassero a incrociarsi. Non era possibile che si trattasse di semplici coincidenze: era accaduto troppe volte di seguito perché potesse illudersi.

Mormorata qualche vaga parola di scuse, l'uomo si alzò e si fece strada nel locale. Era molto affollato, e Richard fu costretto a fendere la folla con particolare decisione per non perdere di vista la sua preda: allungando il collo per sbirciare al di sopra della folla poteva tenere d'occhio la testa corvina e la punta della cicatrice che arrestava la propria corsa nella parte posteriore del cranio e che, a differenza sua, sgusciava nella folla sfruttando ogni minimo spazio.

L'uomo spinse con poco riguardo alcune persone per avanzare e non perdere di vista la testa: si stava infilando in quello che sembrava un corridoio semideserto, e lui era deciso a non lasciarsela scappare.

Approfittando di un varco nella folla, Richard ridusse sensibilmente il proprio svantaggio e imboccò lo stesso corridoio in cui la testa era sparita pochi secondi prima. La ritrovò là, a percorrerlo con un passo ora molto più lento, una spalla lasciata scoperta dalla maglia morbida che era scivolata giù, il fondoschiena che ancheggiava sinuoso avvolto da un paio di jeans neri aderenti e il tacco degli stivaletti che rimbombava cupo nello spazio vuoto.

Con poche, rapide falcate Richard raggiunse la donna, l'afferrò per un braccio e con un gesto fulmineo la costrinse a voltarsi.

Un paio di occhi grigi che conosceva fin troppo bene lo scrutarono increduli, tanto sgranati da far pensare che da un momento all'altro sarebbero schizzati fuori dalle orbite.

A Richard occorsero alcuni secondi per convincersi di avere di fronte proprio Agathe: il volto era più magro, il taglio di capelli inusuale, ma non era diversa al punto da essere irriconoscibile. In effetti, se l'avesse incrociata a Hersham e non a Roma, dopo averla intravista più volte in città diverse senza mai sospettare che si trattasse di lei, non avrebbe nutrito tanti dubbi sulla sua identità.

«Richard» mormorò Agathe, sconvolta e senza fiato; e anche se per tutto il tempo della loro conoscenza non aveva mai pronunciato il suo nome, l'uomo non aveva dubbi che fuoriuscendo da quelle labbra avrebbe avuto proprio quel suono. Continuò a stringerle il braccio, fissandola con la stessa sbalordita sorpresa che era dipinta sul volto di lei.

E poi le mani di Agathe scattarono e lo afferrarono per la giacca; la ragazza lo tirò verso di sé con una forza che somigliava alla disperazione e la sua bocca si incollò a quella di lui come se per sopravvivere non avesse altra scelta che rubargli il fiato. Richard rispose con eguale foga: le lasciò il braccio soltanto per prenderla per le spalle e tenerla ferma contro il proprio corpo. L'uomo barcollò all'indietro e finì con la schiena contro il muro mentre le labbra di Agathe continuavano ad assaltare le sue, quasi volessero divorarle; non accennava a staccarsi, neanche per respirare; e quando Richard le prese la testa tra le mani per arginare quella passione ormai fuori controllo, gli tornarono alla mente tutte le cose su cui si sarebbe dovuto interrogare prima che Agathe lo baciasse, prima di lasciarsi trascinare in quel contatto che, a quanto pareva, entrambi aspettavano da troppo tempo.

«Agathe...» ansimò, ancora in difetto d'ossigeno; guardò verso l'entrata del corridoio in cui si trovavano, poi le toccò la parte rasata della testa e percorse con la punta di un dito la cicatrice ancora vivida. «Che ci fai qui? E come sapevi sempre dove trovarmi?». Si ricordò del suo accompagnatore e sentì i morsi della gelosia torturargli di nuovo lo stomaco. «Chi è l'uomo che ti accompagna? Moses Pearson non ti bastava?». Sentì la rabbia nascente lambirgli la gola, smorzata subito dalla sensazione della cicatrice sotto le dita, e per un brevissimo istante rivide davanti agli occhi la Agathe del suo sogno, i capelli impregnati di sangue, un alone rosso tutto intorno a lei. «Che cos'è questa cicatrice? Che ti è successo?»

«Richard» balbettò lei: pur avendolo baciato fin quasi a soffocarlo, sembrava non rendersi ancora pienamente conto di averlo di fronte. Batté più volte le palpebre nel tentativo di schiarirsi le idee. «Sono tante domande». Strinse le labbra, e di nuovo a Richard le tornò in mente com'era stata in quel sogno che aveva fatto in Romania, disperata e sull'orlo delle lacrime. «Risponderò soltanto a una: sceglila bene».

L'uomo la guardò fisso, mentre la gelosia lo artigliava dall'interno e lo faceva a pezzi nel suo desiderio di avere risposte, di sapere. Chiuse gli occhi. «Dimmi della cicatrice».

Agathe, non vista, sorrise impercettibilmente. «Ho avuto un piccolo incidente con l'auto, ma come vedi sto bene».

Richard su quello non aveva dubbi; eppure, a ripensare a quello strano sogno, rabbrividì. Per un attimo fu sul punto di chiederle quando fosse avvenuto l'incidente, ma si trattenne: non credeva di volerlo sapere davvero, non in quel momento almeno.

Riaperti gli occhi, l'uomo trovò Agathe ancora intenta a fissarlo; il sua sguardo era così intenso che Richard distolse il proprio, con la scusa di osservare meglio lo stato della sua testa.

«Come sapevi dove trovarmi?» le chiese un minuto più tardi, incapace di trattenersi. Lei inarcò un sopracciglio.

«Non ti avevo detto che avrei risposto a una sola domanda?» disse.

«Oh, avanti. Voglio solo sapere se devo ammazzare Alan» replicò lui.

Agathe sospirò. «Alan non c'entra niente. Non gli ho mai chiesto di te e di sicuro non mi aspettavo di trovarti qui, stasera».

«Ah no?». Richard era giustamente scettico. «Andiamo, nelle ultime settimane mi capitavi sempre davanti insieme al tuo amico con i baffi» disse con una punta di astio, «anche se non sapevo fossi proprio tu. Eri dappertutto: in Germania, in Grecia, in Norvegia, in Polonia... e poi in Croazia, in Portogallo, in Turchia...». L'uomo s'interruppe. «È stato ad Adalia che ti ho sentita cantare la prima volta, ma non riuscivo a vederti, e non avrei mai immaginato che fossi tu. E oggi qui, a Roma». Fu il suo turno di inarcare le sopracciglia. «Un po' troppo per essere delle coincidenze, no?»

La ragazza aggrottò la fronte e scosse lentamente la testa. «Non ho mai saputo dove ti trovavi e quando» affermò. «Io volevo solo cantare lontano da chi mi conosceva, e mio nonno – il mio "amico con i baffi", come l'hai definito» disse beffarda, «si è offerto di accompagnarmi. Ha scelto lui ogni destinazione. Mi chiamava e mi diceva di aver prenotato il volo: mi mandava il biglietto via email e mi aspettava all'aeroporto della città di turno». Agathe tacque, un sospetto che si faceva strada nella sua mente. «Sai che ti dico?» mormorò, palesemente contrariata: Richard si stupì del suo improvviso cambiamento d'umore. «Ammazza pure Alan, se riesci a prenderlo prima di me!»

«Avevi detto di non avergli mai chiesto di me» commentò Richard.

«E non l'ho fatto» confermò lei con aria torva. «Ma Jacques, mio nonno, è venuto a stare per un po' in Inghilterra e si è mostrato molto curioso di conoscere il famoso giornalista scandalistico Alan Bell. E io gliel'ho presentato» disse tra i denti. «Aveva capito che c'era stato qualcuno di importante nella mia vita, negli ultimi mesi, e in qualche modo deve aver intuito che si trattava di te...»

«... e chi meglio di Alan poteva dargli informazioni e aiutarlo a farci incontrare?» concluse Richard per lei, furioso. «Alan è mio. Tu pensa ad ammazzare tuo nonno!»

«Con immenso piacere» sibilò Agathe. La sua espressione furiosa mutò in una scaltra, e Richard sentì un brivido scivolargli lungo la spina dorsale: era la stessa espressione che le si era dipinta sul volto quando lui le aveva raccontato di Elizabeth King e dei loro trascorsi.

«Agathe...» esordì guardingo, «tu stai tramando qualcosa. Che cos'hai in mente?».

Lei gli rivolse un sorrisetto malvagio che non gli lasciò dubbi sul tenore dei suoi pensieri. «Ammazzarli mi sembra troppo poco. Che ne dici di una vendetta in grande stile?»

Anche Richard sorrise perfido e, per il momento, accantonò ogni domanda che ancora gli affollava la mente: ci sarebbe stato tutto il tempo di avere le risposte che cercava.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro