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Fifteenth Shade [R]

Richard mollò penna e occhiali sulla scrivania e si strofinò gli occhi con un gesto stanco.

Dopo uno spuntino veloce con cui aveva sostituito la cena, si era messo alla scrivania per dedicarsi un po' alla revisione del materiale per il suo nuovo libro, attività che un paio di mesi prima si era visto costretto a sospendere per dedicarsi ad alcuni problemi che erano sorti con l'agenzia di assicurazioni di cui era proprietario e alcune riunioni impreviste alla casa editrice. Per questo, trovatosi finalmente ad avere del tempo da dedicare a quell'incombenza e la giusta disposizione d'animo, si era buttato a capofitto nell'enorme mole di dati da ricontrollare.

Dopo un'intera serata trascorsa a leggere, evidenziare e annotare, però, l'uomo sentì il bisogno di una pausa. Si stiracchiò e lanciò un'occhiata fugace all'orologio che portava al polso: le undici erano passate da pochi minuti e lui aveva lavorato senza sosta per quasi quattro ore. Pensando che forse sarebbe stato meglio andare direttamente a dormire, Richard si liberò della giacca e passò per il bagno, poi la sete lo costrinse a scendere in cucina per bere un po' d'acqua.

Aveva appena posato il bicchiere vuoto nel lavandino quando un forte rumore lo fece sobbalzare.

******

In barba al cancello chiuso, Agathe era riuscita comunque a entrare nella proprietà di Prescott; messa a tacere la parte del suo cervello che parlava con la voce di Evan ("Diamine, questa è violazione di domicilio! Si può sapere che hai in testa?") aveva marciato su per il prato fino alla veranda e si era appoggiata a una delle colonne in legno, con le braccia incrociate e gli occhi fissi sulle finestre buie: era sicura che a un certo punto Richard sarebbe passato da quelle parti ed era disposta ad aspettare anche tutta la notte, se necessario.

Per sua fortuna, l'attesa non fu lunga; dopo dieci minuti le finestre a sinistra della porta si illuminarono e Agathe si spostò appena per sbirciare oltre i vetri senza essere notata. Silenziosa e immobile, vide Richard bere dell'acqua e strofinarsi il collo con una mano, del tutto ignaro della sua presenza.

Ancor più irritata dalla tranquillità dell'uomo, Agathe fece due passi verso la finestra più vicina e batté il palmo sul vetro con tanta violenza da far tremare l'intero infisso. Con un senso di perversa soddisfazione osservò l'uomo fare un gran salto, spaventato dal rumore, e voltarsi di scatto verso la finestra. Gli occhi di Richard si sgranarono quando scorsero la ragazza e il suo cipiglio furioso oltre il vetro; Agathe lo vide scappare a tutta velocità dalla stanza e, pochi secondi più tardi, la porta sul retro si aprì.

Senza degnarlo di uno sguardo, Agathe gli piantò un gomito nello stomaco, lo spostò di peso dal proprio cammino e marciò in cucina, tallonata all'istante dal padrone di casa.

«Miss Williams...» esordì quest'ultimo, ancora sbigottito.

«Niente "Miss Williams"!» berciò lei. Afferrò la propria borsa e gliela tirò dritto nello stomaco. «Stupido damerino tronfio dei miei stivali, immagino si sarà divertito, pensando a questa sciocca ragazzina che prendeva sul serio la sua sfida...» si sfilò una scarpa e mirò alla testa dell'uomo, che schivò la calzatura per un soffio, «...solo per trovarsi di fronte un cancello chiuso!» concluse mentre gli lanciava dietro l'altra scarpa e lo centrava alla spalla.

Richard era ancora senza parole. Sì, era vero che quel mattino l'aveva stuzzicata e provocata con quell'invito del tutto fuori luogo, ma per quanto una parte di lui sperasse che Agathe accettasse, non avrebbe mai pensato che si sarebbe presentata davvero; per questo aveva subito bollato l'idea come irrealizzabile e il pensiero gli era scivolato via dalla mente in poco tempo.

Agathe scandagliò la cucina con gli occhi e, prima che potesse trovare qualche altro oggetto contundente da scagliargli contro, Richard fece l'unica cosa che gli venne in mente: coprì rapido la distanza che li separava, la spinse contro il mobile più vicino e schiacciò la bocca su quella di lei.

Sicuro com'era che a quella trovata Agathe l'avrebbe preso a calci – se non peggio – a Richard occorse qualche istante per capire che non solo era ancora tutto intero, ma che la ragazza non stava facendo alcun tentativo di sfuggirgli.

Preso da una strana euforia, quando Agathe schiuse le labbra vi affondò subito la lingua. Con un gesto agile la prese per i fianchi e la mise a sedere sul ripiano di marmo; incapace di trattenersi, le aprì le gambe per farsi posto, poi le mise una mano dietro la testa e l'altra al centro della schiena, attirandola verso di sé. Nonostante l'istinto gli gridasse di lasciarsi andare, l'uomo si sforzò di mantenere il controllo per non spaventarla e cercò di rendere quel bacio il più dolce possibile... ma quando sentì le piccole dita di Agathe scavare nella sua camicia e l'altra mano afferrare un pugno dei suoi capelli e tirarli senza alcuna gentilezza, neanche la sua mente razionale fu in grado di trattenerlo.

Agathe sentì la lingua di Richard accarezzare la sua in un modo così voluttuoso da farle correre un brivido lungo la spina dorsale e, rassicurata dal nuovo entusiasmo che l'uomo stava mettendo in quel bacio, si inarcò quasi inconsciamente per cercare un contatto più approfondito con il corpo di lui. La mano di Richard lasciò la schiena di Agathe e scese giù fino al ginocchio, per poi risalire di nuovo lungo la gamba e insinuarsi sotto la gonna; l'uomo accarezzò con un pizzico di disappunto le calze pesanti che lo separavano dalla pelle morbida della ragazza e si ritrovò a pensare che la preferiva con la divisa della scuola e quei deliziosi calzettoni che le coprivano le gambe solo fin sopra il ginocchio...

Ricordatosi all'improvviso dell'età di Agathe, Richard si staccò dalle sue labbra e rimase a fissarla; per quanto sbigottito da se stesso e da quello che aveva appena fatto – insomma, quella ragazza non era nemmeno maggiorenne! – non poté fare a meno di registrare con un po' di soddisfazione il respiro affannoso di lei, gli occhi lucidi e le guance, tinte di rosso vivo al pari della piccola bocca a cuore su cui si era avventato senza neanche pensarci.

Non potendo vedersi, Richard non sapeva di essere più o meno nelle stesse condizioni della ragazza seduta sul bancone della sua cucina; dal canto suo Agathe, delusa dal brusco distacco dell'uomo, non poté fare altro che osservarlo mentre, col fiato corto e l'espressione sconvolta, si allontanava di un passo.

«Che abbiamo fatto?» balbettò lui dopo un minuto buono.

Agathe sbuffò.

«Me lo sta chiedendo davvero? E io che la facevo molto più esperto di così!» lo schernì.

Fu il turno di Richard di sbuffare. «Insolente» disse. «So cosa abbiamo fatto. Quello che volevo dire è... perché lo abbiamo fatto?»

La ragazza incrociò le braccia e gli rivolse uno sguardo penetrante. «Visto che è stato lei a cominciare, perché non si risponde da solo?» scattò.

Richard ci pensò su con attenzione prima di rispondere.

«Morivo dalla voglia di farlo già da un po'» ammise con onestà.

Agathe sgranò gli occhi, spiazzata: non si aspettava una risposta del genere.

La confusione di lei lo aiutò a calmarsi un po'. Le si avvicinò di nuovo e le sistemò i capelli arruffati, mentre la guardava con un accenno di sorriso sul volto.

«Crede di potermi perdonare, miss?» le domandò. Lei non riuscì a trattenere un sorriso malizioso.

«Per avermi baciata o per essersi fermato, Mr. Prescott?» ribatté.

Richard si mise a ridere. «Come ha fatto a entrare?» le chiese, nel tentativo di portare la conversazione su un argomento più facile da gestire.

«Ho scavalcato il muro di cinta» spiegò lei, aggrottando le sopracciglia.

Lo sguardo che Richard le rivolse era severo. «Poteva farsi male!» la rimproverò.

«E lei poteva lasciare aperto il cancello, come aveva detto avrebbe fatto» replicò pronta Agathe. «Che razza di gentiluomo è, uno che invita una signora a casa propria e poi la lascia chiusa fuori?»

«Se avessi invitato a casa mia una signora, allora avrei lasciato aperto il cancello» la motteggiò Richard. La diciassettenne si mosse fulminea e l'uomo bloccò appena in tempo il pugno che lei stava dirigendo al suo petto. «Le signore non prendono a pugni gli altri e di sicuro non lanciano borse e scarpe contro nessuno» aggiunse.

«Si vede che lei non ha una grande esperienza in fatto di signore infuriate» borbottò Agathe.

Incapace di trattenersi, Richard le baciò la fronte. «La verità è che stamattina il mio era un invito mascherato da provocazione e non credevo si sarebbe presentata, miss. È riuscita a sorprendermi... ma la prossima volta che vorrà entrare in casa mia trovi il modo di attirare la mia attenzione, invece di scavalcare il muro. Se fosse caduta si sarebbe potuta ferire in modo serio».

«È preoccupato per la mia incolumità, Mr. Prescott?» lo provocò la ragazza.

«Solo per le spiegazioni che sarei costretto a dare in una simile eventualità» rispose lui con un pizzico di perfidia, evitando la trappola maldestra di Agathe.

«Che stronzo!» sbottò lei.

L'uomo scosse la testa.

«Deve proprio essere così...»

«Maleducata? Volgare? Rozza?» propose Agathe.

«Ostica alle espressioni della nostra lingua che non prevedono il turpiloquio?» terminò lui.

«Cosa crede, che le signore adulte e compite che conosce lei siano la quintessenza dell'eleganza?» replicò allegramente Agathe. «Se potesse ascoltare Gisèle e Séline quando sono arrabbiate e credono che nessuno possa sentirle, saprebbe come mai il mio vocabolario è così ben fornito per quanto riguarda il turpiloquio... in due lingue!» ridacchiò.

«Ci crederò quando lo vedrò» rispose l'uomo con finta alterigia.

«Vorrà dire che la prossima volta che Gisèle si arrabbierà, la filmerò di nascosto».

Entrambi tacquero e si squadrarono in silenzio per un po'; nessuno dei due aveva programmato ciò che era accaduto quella sera e non sapevano come comportarsi.

«Non avrei dovuto baciarla, miss» disse Richard dopo un po'.

«No, non avrebbe dovuto» convenne Agathe. «Però l'ha fatto». Si tormentò le mani mentre lo guardava di sottecchi. «Che facciamo adesso?»

«Lei torna a casa e si mette a letto, perché domattina ha la scuola, e io... credo che farò altrettanto» rispose leggero l'uomo.

«Lo sa che intendevo» replicò Agathe, spazientita.

«Certo che lo so». Richard le stampò un altro bacio sulla fronte, poi andò a recuperare le scarpe che lei gli aveva lanciato contro. Senza proferire parola gliele infilò ai piedi con gesti attenti e delicati, lieto di avere una scusa per ignorare lo sguardo bruciante che Agathe gli teneva puntato addosso.

«Pensa di rispondere alla mia domanda, a un certo punto?» lo incalzò la ragazza, mentre l'uomo la tirava giù dal bancone della cucina.

«No, non credo che lo farò». Richard glissò sul fatto che lui per primo non aveva idea di cosa fare: quel bacio era stato dettato da un impulso del momento e non era certo di come affrontare la situazione. «In fondo, lei è ancora minorenne» aggiunse, preoccupato.

«E se ne ricorda soltanto ora?» disse Agathe, un sopracciglio inarcato, mentre accettava la borsa che lui le porgeva.

«Per quanto mi dispiaccia ammetterlo, tendo a dimenticarlo più spesso di quanto sia saggio» brontolò Richard, accompagnandola in giardino fino all'ingresso di servizio. Lì, Agathe si congedò col suo solito tatto.

«Si tolga quell'espressione dalla faccia: nessun mostro mi ghermirà nel buio» disse la ragazza, incurante dello sguardo concentrato dell'uomo.

«Immagino di no» replicò lui. «A dirla tutta credo siano i mostri a dover avere paura di lei, non il contrario!»

Agathe gli tirò un calcio dritto sullo stinco; il colpo fece salire le lacrime agli occhi di Richard.

«Buonanotte, Mr. Prescott» gnaulò la diciassettenne con voce melensa, scoccandogli uno sguardo divertito quando sentì le imprecazioni che Richard borbottava sottovoce.

«Buonanotte, Miss Williams» grugnì lui, mentre la guardava sparire nel buio.

******

Agathe tornò a casa alla massima velocità consentita dalle sue gambe tremanti: nonostante fosse ragionevolmente sicura che né Evan né Gisèle sarebbero andati in camera sua – insomma, dormivano entrambi e per quel che ne sapevano era ciò che stava facendo anche lei – non le andava di rischiare più del necessario.

Scivolò oltre il cancelletto silenziosa come un'ombra e, senza perdere tempo, si arrampicò di nuovo sul caprifoglio. Approfittando del fatto che la sua camera si affacciava su due lati della casa e del lungo balcone che faceva angolo, Agathe si sporse a guardare la villa da cui era appena uscita e, per un fugace momento, ebbe l'impressione di scorgere un bagliore. Una volta entrata in camera andò con passo felpato alla porta e la chiuse a chiave; poi si infilò in bagno, appoggiò la schiena al battente e lasciò andare il fiato che non si era resa conto di trattenere.

La tensione che le irrigidiva le spalle si sciolse lentamente; la ragazza prese alcuni respiri profondi, lo sguardo fisso sulle proprie scarpe, e fu solo dopo parecchi minuti che si decise ad alzare la testa.

Di fronte a lei, lo specchio le restituì la sua immagine arrossata e scarmigliata.

In un unico, abbagliante lampo di comprensione, Agathe si rese conto di tutto quello che era successo in quell'uscita clandestina di appena un'ora.

«Oh, Dio» balbettò. Si schiaffò una mano sul volto, gli occhi sempre fissi sul proprio riflesso. «Che cavolo ho combinato?»

******

Dopo aver richiuso il cancello alle spalle di Agathe, Richard tornò in casa veloce come il vento e si scaraventò al primo piano; recuperò in tutta fretta il suo ormai fidato binocolo e corse da una finestra all'altra nel tentativo di seguire il percorso di Agathe verso casa, riuscendo persino a scorgerla un paio di volte.

Sempre grazie al binocolo riuscì a cogliere il momento in cui la ragazza arrivò sul retro di casa Williams e, un minuto più tardi, vide il caprifoglio fremere: capì solo in quel momento in che modo Agathe fosse sgattaiolata fuori di casa e provò il desiderio folle di strozzarla per quella passione malsana che sembrava provare nell'arrampicarsi e scalare i muri. Quando però Agathe girò l'angolo sul balcone e lui poté constatare che era ancora tutta intera, Richard si rilassò e abbassò il binocolo.

Una profonda stanchezza gli piombò di colpo sulle spalle. Determinato ad andarsene a letto e dormire per i successivi tre giorni, l'uomo scese di nuovo al pianoterra per accertarsi che tutte le porte e le finestre fossero chiuse e inserire l'allarme; passò in cucina per spegnere la luce e per un attimo rivide Agathe appollaiata sul bancone della sua cucina, senza le scarpe e rossa in volto per il bacio che si erano scambiati.

Richard si appoggiò al muro e si tirò indietro i capelli con le mani.

«Che diavolo ho fatto?» mormorò sgomento tra sé.

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