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Eighty Third Shade [R]

Alan correva in una delle tante viuzze di Hersham, senza fiato.

Attento a non farsi notare da nessuno – motivo per cui aveva scelto quel percorso più lungo e arzigogolato – svoltò bruscamente a destra e quasi travolse Agathe.

«Vuoi stare attento?» si lamentò la ragazza: dai capelli arruffati e il respiro affannoso, era chiaro che anche lei stava correndo. «Vai anche tu da Richard?»

«Sì». Alan ridacchiò mentre lei lo afferrava per un polso e ricominciava a macinare metri verso casa Prescott. «Non riesco quasi a crederci: tormentiamo quei due per settimane perché ammettano quello che provano, e loro quando cedono? Solo dopo che abbiamo deciso di lasciarli in pace!»

«Non hanno ancora ceduto» lo corresse Agathe. «Prova a chiederglielo e negheranno fino alla morte di essere innamorati».

«Oh, manca comunque poco» replicò l'uomo mentre raggiungevano l'ingresso sul retro di casa Prescott.

«Adesso zitto» gli intimò la ragazza, aprendo con cautela il piccolo cancello. «Non dobbiamo farci sentire».

I due attraversarono in fretta il prato e fecero il giro della casa in punta di piedi: quando sentirono le voci provenire da una finestra aperta, furono lesti a raggiungerla e nascondersi dietro un gran cespuglio fiorito.

All'interno, un Damon ignaro di tutto percorreva nervosamente il salottino.

«Tu e quell'altro sciagurato mi avete fatto impazzire!» accusò con veemenza, puntando un dito contro Richard: lo storico appariva rilassatissimo e non batté ciglio a quelle parole. «Prima stavo bene: non avevo strane idee, non facevo sogni privi di senso, e invece adesso...»

«Adesso stai finalmente iniziando a capire che io e Alan avevamo ragione» concluse per lui Richard, calmo e divertito.

Damon annaspò. «NO!» ruggì. «Tutto questo è soltanto il frutto delle vostre continue insinuazioni: voi avete... avete... ingarbugliato il mio cervello!»

Il padrone di casa inarcò beffardo le sopracciglia. «Hai una ben misera opinione del tuo cervello, se pensi che basti così poco a stravolgerlo» osservò.

L'altro lo guardò male. «Non provare a rigirare la frittata, Richard» replicò irritato. «Lo sappiamo tutti e due che la colpa di questi miei pensieri è vostra!»

«Io non la definirei proprio colpa».

«Ma andiamo!» esplose Damon, esasperato. «Faccio fatica a guardare Leah in faccia, ogni cosa che le dico mi sembra ambigua o che possa essere male interpretata... non avevo mai avuto questi problemi!»

«Non finché non hai ammesso, almeno a una piccola parte di te stesso, di esserne innamorato» commentò Richard.

Il dottore si lasciò cadere nella poltrona più vicina con aria esausta. «Perché insisti su questa linea?» si lamentò.

«Solo perché è la verità» rispose Richard. «E perché ho imparato a mie spese quanto sia controproducente negare l'evidenza».

«Sicuro d'averlo imparato?» lo stuzzicò Damon: se lui doveva soffrire le pene dell'inferno in quell'ennesima conversazione, allora Richard gli avrebbe fatto compagnia.

Un cespuglio fuori dalla finestra fremette, come invaso da un branco di animali selvatici.

«Se anche non l'avessi fatto, questo sarebbe il momento meno adatto per ammetterlo» replicò Richard, che aveva scorto il movimento sospetto. Raggiunta la finestra, si appoggiò con i gomiti alla soglia. «Avanti, esci, Satana in gonnella: so che sei lì».

Per un momento tutto rimase immobile; poi il cespuglio si agitò, sbuffò, e Agathe emerse con i capelli pieni di foglie e fiori secchi.

«Dovresti dare una pulita ai tuoi cespugli» disse imbronciata. «E comunque, non sono sola». Strattonò qualcosa in mezzo ai rametti e Alan crollò sul prato.

«Dovevo immaginarlo» commentò il padrone di casa, per nulla sorpreso; alle sue spalle, Damon osservava con espressione incredula la coppia in giardino.

«Stavate origliando!» esclamò inorridito.

«Come se non avessimo fatto di peggio» disse Alan, rialzandosi e scrollandosi i vestiti. «Allora, possiamo entrare?»

«Visto che ormai siete qui...» concesse Richard. Si sporse fino alla vita fuori dalla finestra, verso Agathe, che si era avvicinata; le passò un braccio dietro la schiena, l'altro dietro le ginocchia, e in un attimo la sollevò per poi depositarla sul tappeto del salotto.

«Bello!» disse lei, deliziata. «Grazie del passaggio» aggiunse, scoccando un rapido bacio a Richard. Lui, però, riportò subito l'attenzione sulla finestra, che Alan si accingeva a scavalcare.

«Tu no» disse secco, bloccando il giornalista. «Se vuoi entrare, fa' il giro e passa dalla porta».

Alan si offese enormemente. «Perché lei ha potuto prendere la scorciatoia e io no?» chiese, risentito. Richard lo guardò altero.

«Perché è casa mia e decido io chi entra e da dove» rispose. «E poi lei è una signora; e verso le signore si usano gentilezze che non sono riservate agli uomini. Quindi, come ho detto: se vuoi entrare, passa dalla porta, non m'interessa quale».

Sbuffando e brontolando il giornalista si allontanò dalla finestra, e Agathe ridacchiò.

«Sei proprio un gentiluomo d'altri tempi, Mr. Prescott» lo punzecchiò.

Lo storico scosse la testa, divertito e rassegnato in pari misura. «E tu sei un disastro» commentò in risposta, osservando la miriade di cose incastrate tra i capelli di lei.

La ragazza scrollò le spalle. «Nulla che non si risolva con un po' di pazienza».

Richard si accomodò in una poltrona e se la tirò sulle ginocchia. «C'è da chiedersi con la pazienza di chi: la mia o la tua?» replicò, iniziando a sfilarle una a una le foglie aggrovigliate nella sua chioma.

«Con la tua, a quanto pare» disse allegra Agathe. Sorrise a Damon, che li guardava con tenerezza e un pizzico d'invidia. «Su con la vita, zio: se ti decidessi a trovare il coraggio, tra non molto anche tu potresti fare lo stesso con la zia Leah» lo stuzzicò.

Damon cambiò colore. «Non ti ci mettere anche tu!» insorse, disperato.

«Ehi, non ho detto niente di strano» si difese lei. «Sei troppo intelligente per non riconoscere la verità quando ce l'hai davanti, zio».

L'uomo si afflosciò sul divano. «Non è possibile: sono circondato» piagnucolò.

«Oh, potrebbe andare peggio» disse leggera Agathe. «Pensa se ne avessimo parlato con Lara...»

Damon si raddrizzò, gli occhi sgranati per l'orrore. «Non osare!»

«Non mi permetterei mai» rispose Agathe, ora seria. «Dovresti essere tu a dirglielo. Non credo che avrebbe da obiettare, non su Leah: e comunque ormai siamo adulte, e tu hai tutti i diritti di avere una vita sentimentale, se ne hai voglia...»

«Ma io non ne ho voglia» rispose Damon, calcando ogni parola.

Agathe lo scrutò con attenzione per parecchi secondi. «Adesso capisco da chi Lara ha ereditato la totale incapacità di mentire» disse solo.

Suo zio la guardò malissimo. Richard ridacchiò.

«Perché ridete?» intervenne curioso Alan, entrando nella stanza. «Cosa mi sono perso?»

«Niente di che» rispose tranquillo lo storico, continuando a ripulire i capelli di Agathe: era genuinamente sorpreso dal progressivo aumentare del mucchietto che si andava formando sul tavolino lì accanto. «Soltanto Miss Williams che mette un po' di pepe nei pensieri di Damon».

Alan si buttò nella poltrona libera e indicò la coppietta che aveva di fronte. «Fai pratica per quando avrete figli, Rick?» lo punzecchiò perfido.

Richard impallidì di colpo e Damon scoppiò a ridere, rinfrancato.

«Figli? Figli?» balbettò sconvolto lo storico: i suoi pensieri non erano mai andati così in là. Stare con Agathe era come... come respirare aria fresca dopo essere stato chiuso per anni in una stanza: rinfrancante e rinvigorente. Si sentiva bene come non gli capitava da anni, ma non si era mai fermato a riflettere su come si sarebbe evoluta quella relazione in cui si era trovato coinvolto quasi contro la propria ragione. Non aveva pensato neanche per un momento che un giorno quella storia potesse diventare ufficiale, esposta agli occhi di tutti; il suo brillante cervello non si era mai soffermato sull'idea che il rapporto tra lui e Agathe potesse, in futuro, portarli al matrimonio e a costruire una famiglia; e sentirsi sbattere in faccia quelle possibilità così, di punto in bianco, l'aveva riempito di un'agitazione profonda quanto, almeno questo riusciva ancora a riconoscerlo, fuori luogo. Non aveva voluto quella ragazza con tutte le proprie forze? Non era cambiato, pur di stare con lei? E allora perché l'eventualità di far sapere a tutti che stavano insieme e di costruire una vita con lei lo innervosiva tanto?

Forse era solo la sorpresa, rifletté Richard; con ogni probabilità, il fatto di non averci mai pensato aveva amplificato lo stupore nel sentire quelle possibilità essere pronunciate da voci familiari. Eppure, un pizzico di disagio persisteva: gli si era annidato alla base del cranio e lo pungeva cattivo come una vespa inferocita.

Agathe, ignara dei pensieri che stavano esplodendo come granate nella testa di Richard, guardò il giornalista con le sopracciglia inarcate. «Non ti pare di correre un po' troppo?»

«La mia era solo una domanda innocente» replicò lui, con un'espressione che di innocente aveva ben poco.

La ragazza decise di cogliere la sfida. «Allora noi potremmo chiederti quando farai una visita ufficiale ai genitori di Moses. Sono certa che Victoria non vede l'ora di conoscerti...»

Alan divenne paonazzo. I suoi due migliori amici, felici di vederlo ridotto al silenzio dopo che aveva dato il tormento a entrambi, si sfogarono con una grassa risata.

«Non ridete troppo, voi due» li ammonì Agathe. Indicò Damon. «Tu presto o tardi dovrai dire a Leah quello che provi e poi parlare anche con Lara, e tu» proseguì, voltandosi a guardare Richard che ancora armeggiava con i suoi capelli, «pensi di sfuggire per sempre a mio padre?».

I due uomini annasparono, ugualmente orripilati. Lieta d'aver sconvolto, in serie, tutti e tre, Agathe balzò giù dalle gambe di Richard.

«Sarà meglio che vada: io devo studiare e voi ricominciare a respirare regolarmente» si congedò perfida, avviandosi alla porta. «Riflettete, miei cari, riflettete attentamente!»

I tre amici non avevano bisogno di un simile incoraggiamento: ognuno era perso in contemplazione del potenziale disastro che incombeva sulla propria testa e che fino a quel momento non aveva voluto guardare.

******

Agathe se ne andò verso casa Zimmermann sentendosi leggera. Quando, però, la sua migliore amica le aprì la porta con un sorriso che testimoniava la sua felicità di vederla lì, Agathe si sentì in colpa. Negli ultimi tempi – e soprattutto da quando aveva scoperto il piano di Richard e Alan per far finire insieme Damon e Leah – aveva passato sempre meno tempo con Lara; e la relazione con Richard non aveva fatto che acuire la cosa, vista, ovviamente, l'impossibilità di condividere il tempo con lui e Lara e Thomas.

«Finalmente ti sei ricordata dove abito!» la prese in giro Lara. «Muoviti, entra».

Agathe non si fece pregare. Pochi minuti più tardi erano in cucina, intente a prepararsi il caffè con una moka: un piacere che Damon aveva scoperto nella famosa vacanza in Liguria e che aveva trasmesso, a tempo debito, alle due ragazze.

«E allora» esordì Lara, appoggiandosi al bancone accanto ai fornelli in attesa che il caffè fosse pronto, «come va il piano dei due pazzi per trovare una fidanzata a mio padre?».

L'altra, che non si aspettava quella domanda, scoppiò a ridere.

«Non va: le loro tattiche non funzionano» rispose. Omise ogni altro dettaglio: nonostante le sembrasse fuori luogo, avere una conoscenza dei sentimenti di Damon molto più approfondita di quella che aveva Lara, non credeva spettasse a lei, rivelare alcunché. E visto che i due pazzi avevano scelto l'unica donna che Lara potesse accettare come matrigna, non si sentiva in colpa nel tenere all'oscuro l'amica. «Puoi dormire sonni tranquilli».

Lara tirò un vistoso sospiro di sollievo, scatenando nuove risate in Agathe.

«Che c'è da ridere? Vorrei vedere te, al mio posto!» insorse.

Con un notevole sforzo, Agathe riuscì a riprendere un po' di fiato.

«Oh, al tuo posto io supplicherei mio padre di stare attento e non scegliere un'altra Gisèle!» disse tra una risata e l'altra. «E se scegliesse una donna appena simile a mia madre, mi affretterei a farla scappare... ma io, d'altra parte, vengo chiamata Satana in gonnella dall'uomo con cui esco... e mio padre è molto meno sveglio del tuo, visto che dopo trent'anni d'inferno è ancora palesemente innamorato di Gisèle...»

L'altra non poté trattenersi: le sue labbra si schiusero in un sorriso e dopo pochi istanti si unì alle risate dell'amica. Ci vollero parecchi minuti perché riuscissero a calmarsi.

«Forse hai ragione» disse Lara con un sorriso, versando finalmente il caffè. «Per ora, comunque, non posso fare altro che avere fiducia in mio padre e concentrarmi sugli esami».

«Saggia decisione» approvò Agathe. «Anche perché lo zio ha avuto fiducia in te, quando hai scelto Tom, e ricambiare mi sembra il minimo...»

«Anche perché papà potrebbe offendersi, se scoprisse che non lo ritengo del tutto in grado di scegliersi una buona fidanzata!» aggiunse Lara, e tutte e due risero di nuovo.

Agathe, che per un pelo non aveva sputato il caffè che stava bevendo, si ritrovò a corto di fiato e con le lacrime agli occhi per il divertimento.

«Dio, se mi mancavano, questi momenti insieme» disse sincera.

«Mancavano anche a me». Lara divenne malinconica. «Ma dovremmo abituarci: tra qualche mese saremo lontane e non ci vedremo più ogni giorno...»

L'altra le afferrò la mano libera e la strinse vigorosamente. «Saremo lontane; non meno unite» disse con forza.

«Già». Lara si sforzò di tirar fuori un piccolo sorriso. «E con Prescott, come farai?»

«Non lo so». Agathe appoggiò il mento sui pugni, meditabonda. «Non ci ho mai pensato davvero, forse perché mi sembra ancora strano stare insieme a lui così, in pace, quasi come una coppia normale. Immagino che un modo lo troveremo...»

«Quando non dovrete più nascondervi, sarà tutto più semplice» tentò di rincuorarla l'amica. «Anche se tu sarai in Italia e lui qui. Tanto non è come se non potesse partire più o meno quando vuole, no? Potrà raggiungerti in qualunque momento».

«Sì credo di sì» rispose esitante Agathe. «È che... non lo so, lui è sempre così... così razionale, così controllato, così attento alle persone che ci stanno intorno... e questo mi fa paura. Ho paura che possa ricominciare a preoccuparsi più di quello che pensano gli altri, che di noi». Scosse la testa. «Quando penso queste cose, mi sento cattiva. Mi ha dimostrato che ci tiene e non si merita i miei dubbi. Faccio schifo, vero?»

Lara si sfilò le scarpe e tirò i piedi sulla sedia, raccogliendosi tutta insieme ai propri pensieri.

«Non fai schifo» replicò. «L'hai detto tu: hai solo paura e, visto quello che avete passato, è comprensibile. Dove sta scritto che bisogna fidarsi ciecamente? Io ci ho messo un mucchio di tempo a decidere di stare con Tom, sempre per paura, anche se lui non mi aveva mai dato motivo per averne; e perché non dovresti avere tu dei timori, dopo che tu e Prescott vi siete impantanati in un problema dietro l'altro?»

Agathe le sorrise debolmente. «Come farò, quando non ci sarai tu ad ascoltare le mie paure e le mie paranoie?»

Lara si mise a ridere. «Potrei farti la stessa domanda!» esclamò allegra prima di tornare seria. «Non fasciarti la testa prima di essertela rotta, sorellina: non serve a niente. E comunque, io tifo per voi». Le fece l'occhiolino. «Ho anche scommesso che entro la fine della scuola, Prescott affronterà tuo padre».

L'altra le mostrò la lingua. «E io ho scommesso che tu e Tom vi sposerete appena finito il college» replicò.

«Grazie per avermelo detto: farò in modo che tu perda questa scommessa» la punzecchiò Lara.

«Vedremo» ribatté altera Agathe, facendo poi una buffa smorfia. «Immagina la scena: una situazione romantica, come quelle dei film... Tom che s'inginocchia, ti mostra l'anello e ti fa la proposta... e tu che rispondi: "Sì! Ma tra qualche anno, perché Will ha scommesso che ci saremmo sposati subito dopo il college e io devo assolutamente farle perdere questa scommessa!"». Rise di gusto. «Poveretto! Non sa a che va incontro».

«Ma chi? Quello che ancora cova il desiderio di picchiare Prescott per averti fatta piangere e disperare? Sicura che stiamo parlando dello stesso ragazzo?»

«In realtà io parlavo di quello che ha suonato il tuo ex come un tamburo e ci ha messo anni a dichiararsi perché era troppo timido per decidersi in tempi umani...»

«Ah, parli di lui? Perché devo informarti che sta lasciando più spazio alla sua vena intimidatoria».

«L'ho notato, e anche tua madre ne sa qualcosa».

Sentendosi più allegre che mai, Lara e Agathe finirono di bere il caffè ormai freddo. Erano immerse in un silenzio confortevole da un po' quando la seconda sorrise suo malgrado.

«Riesci a immaginare una riunione della tua famiglia tra dieci anni? Tuo padre e Tom che si danno manforte nel distruggere verbalmente Vivienne, lei isterica e tu divisa tra la voglia di ridere e gli inutili tentativi di placare quei due...»

«Prova a immaginare la tua» replicò Lara. «Tuo padre che guarda male Prescott per tutto il tempo, promettendogli in silenzio una morte lenta e dolorosa per aver traviato la sua bambina; tua madre con un'espressione sdegnata dipinta in faccia, Séline verde d'invidia e tuo fratello indeciso tra l'arrabbiarsi con te e l'unirsi a Evan...»

Le due si guardarono, incredule ed esilarate dalla precisione con cui ognuna aveva dipinto il probabile futuro dell'altra; poi scoppiarono a ridere per l'ennesima volta, e passò parecchio tempo prima che riuscissero a smettere.

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