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Eighty Sixth Shade [R]

La gelida compostezza con cui Agathe aveva preso la fine della storia con Richard era stata tale da impedire a chiunque di accorgersi del cambiamento.

Lara e Thomas, com'era ovvio, erano l'eccezione che conferma la regola.

Intuito subito che qualcosa non andava, infatti, i due avevano praticamente preso in ostaggio la ragazza, pronti a metterla sotto torchio per sapere cosa fosse successo: contrariamente alle loro aspettative, Agathe aveva raccontato loro l'accaduto senza farsi pregare e con una calma che li aveva inquietati, tanto era fuori luogo. Si aspettavano un'esplosione – di rabbia, di dolore, d'incredulità, ma comunque un'esplosione – e invece non avevano avuto che un contegno algido degno del miglior Richard Prescott: la giovane Williams non aveva dato segno di turbamento alcuno e, forse, l'unica differenza era il vederla sorridere un po' meno, ma di sicuro non aveva reagito come era accaduto il dicembre passato. Arrabbiata e delusa com'era, rifiutava d'istinto l'idea di disperarsi per Richard come aveva fatto solo pochi mesi prima, privilegiando una fredda superbia verso chiunque non le andasse a genio. A conti fatti Agathe era tornata a essere la ragazza dal carattere spigoloso dell'anno precedente, solo più controllata ed elegante nella propria durezza.

Thomas ne era stato tanto contrariato da decidere – con il pieno supporto di Lara – di tendere un agguato a Richard per picchiarlo e l'avrebbe anche fatto se Agathe, scoperto cosa il ragazzo aveva in mente, non l'avesse dissuaso.

Un'altra persona il cui atteggiamento era cambiato era, ovviamente, Richard.

Incurante dello sconcerto altrui, lo storico aveva ripristinato quasi per intero la propria antica indifferenza verso tutto e tutti: si era buttato di nuovo a capofitto nel lavoro, vagando da un ufficio all'altro e riprendendo per l'ennesima volta il materiale sul Rinascimento per quel libro che non era mai riuscito davvero a scrivere.

Con l'intuito tipicamente femminile, Camila aveva fiutato quasi all'istante quel brusco cambio di rotta e per la prima volta da quando l'aveva conosciuto, poteva vedere il Richard Prescott dedito unicamente agli affari, attento, pignolo, e perfezionista fin quasi allo sfinimento.

In realtà, la spagnola non era certa di preferire quella nuova – almeno per lei – versione di Richard: la leggerezza e la sensibilità che l'avevano contraddistinto nei loro vagabondaggi in Europa erano del tutto sparite e, anche se i suoi modi restavano impeccabili, l'atteggiamento a dir poco glaciale che ora lo caratterizzava era tale da mettere in soggezione chiunque. Adesso Camila si sentiva una sua dipendente; peggio, una dipendente invisibile, indegna di qualunque considerazione, al pari di qualsiasi altro essere umano che si trovasse al cospetto di Richard; e la donna non poteva fare a meno di chiedersi a cosa fosse dovuto un tale cambiamento – o regressione, come l'avrebbe di certo definita Alan.

Parecchi giorni dopo l'improvviso mutamento del suo capo, Camila prese il coraggio a quattro mani e con una scusa qualunque chiese di potergli parlare: dovette scontrarsi con la muraglia umana che era la segretaria particolare di Richard e con oltre due ore di snervante attesa, ma alla fine la sessantenne più simile a un generale che a un'impiegata le permise di entrare nello studio del loro datore di lavoro.

Richard era chino su una pila di quelli che sembravano contratti e li esaminava con le sopracciglia aggrottate, masticando tra sé parole incomprensibili. Nonostante l'ingresso di Camila fosse stato tutt'altro che silenzioso, l'uomo non diede cenno d'aver notato la sua presenza: lei attese per qualche minuto in silenzio, poi, un po' timorosa e un po' esasperata, si schiarì rumorosamente la voce.

Solo a quel punto lo storico alzò lo sguardo.

«Ah, Miss Figueiras» disse in tono formale prima di tornare alla propria occupazione. «Cosa vuole?»

Camila prese un respiro profondo: ormai tentennare non aveva senso. «Vorrei parlarle, Mr. Prescott» annunciò.

«Mh?». A quanto pareva, Richard non l'ascoltava affatto: continuava a leggere e a scarabocchiare note che, da dove si trovava, Camila non poteva leggere. «Ah, sì. Parlare. L'ascolto».

Mai bugia fu detta peggio, la donna ne era certa: Richard si era rivolto a lei con la condiscendenza che gli adulti occupati riservavano ai bambinetti fastidiosi. Offesa, pestò con forza un piede a terra, riguadagnando la piena attenzione del suo capo.

«Be'? Cos'è tutto questo nervosismo?» chiese l'uomo, corrucciato.

«A quanto pare, l'unico modo per essere davvero ascoltati da lei» sbuffò inferocita Camila. «Si può sapere che le prende?»

Lo sguardo di Richard passò rapidamente dalla contrarietà alla sorpresa, per poi divenire di fosco avvertimento. «Miss Figueiras, non so cosa lei voglia, ma ho l'impressione che non si tratti di nulla che riguardi il lavoro... dunque le consiglio di tornare al suo, e di corsa!»

Quella risposta secca, quasi rude, ebbe il potere di ridurre Camila al silenzio: il Richard Prescott che aveva conosciuto non somigliava neanche lontanamente a quello che ora le stava di fronte e lei non aveva idea di come riuscire a oltrepassare quella corazza all'apparenza impenetrabile.

«Io... io...» balbettò la donna, indignata.

«Il lavoro, miss, il lavoro: è per quello che la pago!» scattò Richard. «Torni quando avrà da dirmi qualcosa di rilevante e pertinente alle sue mansioni!»

Camila sbuffò piano, offesa, ma se ne andò: se quello zuccone non voleva il suo aiuto, lei non si sarebbe affannata a offrirglielo ancora!

******

Agathe cominciava a essere stanca delle occhiate preoccupate che le persone più vicine a lei continuavano a rivolgerle: quel giorno aveva già schivato i tentativi di Lara di parlarle di Prescott e quelli di Thomas di indagare sul suo umore, Damon era fuori causa per via di un turno in ospedale e Moses era bloccato al lavoro... ma niente avrebbe potuto fermare Alan Bell, questo la ragazza lo sapeva fin troppo bene.

Per questo quando il giornalista sbucò fuori praticamente dal nulla, lo spavento di Agathe non durò che un istante.

«Oh, Alan» bofonchiò portandosi una mano al petto, «sai che ci sono modi più rapidi – e soprattutto indolori – di uccidermi, vero?».

«Via, via, sai che non potrei mai ucciderti... se non altro, perché poi Rick ucciderebbe me!»

La frecciatina di Alan non andò a segno: la menzione dello storico passò inosservata e lui decise di insistere un altro po'. In fondo, finché Agathe non si arrabbiava non correva rischi.

L'uomo si schiarì la voce. «Allora, Agathe» esordì. «Non vuoi dirmi cos'è successo tra te e quel cocciuto di Richard?»

Agathe, che stava mandando un messaggio a Lara, neanche alzò lo sguardo dallo schermo del cellulare. «Chi dice che sia successo qualcosa?» chiese vaga.

Alan sospirò. «Lo so che non vi vedete più: lui si è buttato di nuovo a capofitto nel lavoro, mentre tu sembri diventata una sua copia. E, se devo proprio dirlo, questa somiglianza è inquietante».

«Sei paranoico, Alan» replicò leggera la ragazza, mettendo via il telefono e riprendendo a camminare. «Tra me e Richard non è successo nulla...»

«Oh, andiamo». Il giornalista perse la pazienza. «A chi vuoi darla a bere?»

«Be', visto che vuoi sapere cos'è successo tra me e il tuo amico» disse Agathe con calma perfetta, «ti risponderò: anche perché intuisco che non mollerai l'osso fino a quando non l'avrò fatto» proseguì sardonica. «Io e Richard non abbiamo litigato, non ci siamo fatti fuorviare da altre incomprensioni, non ci siamo scontrati... diamine, non si può neanche dire che si stata una vera e propria discussione: è stata più... una divergenza di opinioni, ecco. A quanto pare non vogliamo le stesse cose».

Alan la guardò con uno scetticismo più che giustificato, visti i precedenti tra i due. «Quindi vi siete solo... separati? Così, di comune accordo, senza che la cosa vi disturbasse in alcun modo?». Arricciò le labbra, i dubbi dipinti a chiare lettere sul suo volto. «Scusa, ma fatico a crederlo».

«Per quanto possa sembrarti strano, è esattamente quello che è successo» rispose lei, imboccando l'otto. «Certo, all'inizio io non ero affatto d'accordo, ma per il momento in cui l'oggetto della discussione è stato esaurito avevo capito che arrabbiarmi e contestare era privo di senso: Richard Prescott non è l'uomo che credevo, o quantomeno non è un uomo con cui io possa pensare di costruire qualcosa, quindi avermene a male come è capitato in passato sarebbe sciocco e controproducente. Buttarmi tutto alle spalle e continuare la mia vita, invece, mi sembra la scelta migliore». Agathe si massaggiò per un istante le tempie. «In fondo, non è come se le cose fossero destinare a restare come sono adesso: tra pochi mesi sarò in Italia, impegnata con la scuola di oreficeria e quella di design, quindi probabilmente questo momento sarebbe giunto comunque nel prossimo futuro».

«E così hai deciso, eh?» commentò Alan, alludendo alla scelta della ragazza. «Mi chiedo come la prenderà Evan...»

«Nonostante sia mio padre, non è affar mio come la prenderà» ribatté Agathe con grande indifferenza. «È la mia vita, sono io a dover convivere con le conseguenze delle mie azioni e delle mie scelte, dunque non permetterò più a nessuno di avere voce in capitolo: sono io che decido, e nessun altro».

«Ben detto!» esultò l'uomo, dandole una vigorosa pacca sulla spalla. «Rick è un idiota, Agathe: non sa cosa sta rischiando di perdere, ma qualunque cosa abbia fatto tornerà sui suoi passi, vedrai».

«Non credo che lo farà ma se anche fosse, la cosa non m'interessa affatto» rispose Agathe, scioccando Alan. «Sono stanca di quei continui tira e molla, delle incomprensioni e delle decisioni stupide: non ho tempo da perdere con simili sciocchezze, devo concentrarmi sui miei studi e sulla carriera che voglio intraprendere».

Il giornalista non riuscì a dire nulla, colpito da tanta freddezza e razionalità: per un istante gli era parso di avere di fronte Richard e non Agathe. Prima che potesse replicare, però, un'esclamazione poco distante catturò l'attenzione di entrambi.

«Ehilà!» salutò entusiasta Leah, raggiungendoli a grandi passi: diede un paio di vigorose pacche sulla spalla di Alan, poi abbracciò Agathe. «Allora, cos'è tutto questo bisbigliare?»

Agathe le sorrise. «Oh, nulla. Solo Alan che cerca di ficcanasare come al solito» ridacchiò.

«Ehi!» esclamò il diretto interessato, fingendosi offeso. «Quando avete bisogno di sapere qualcosa, non mi sembra che il mio ficcanasare vi disturbi!»

«Attento, mio caro: anch'io sono una discreta impicciona e potrei fare con te quello che tu fai con noi» minacciò divertita la diciottenne.

Alan impallidì. «Non oseresti!»

Leah scoppiò in una risata molto rumorosa. «Altroché se oserebbe» sghignazzò. «La nostra Agathe è poco più di uno scricciolo, ma la sua perfidia è abbastanza per tutta Hersham!»

Agathe le diede una piccola pacca sul braccio. «Via, Leah, basta con i complimenti, o mi farai arrossire!» si schermì.

«Voi siete pazze» decretò Alan, incerto se essere ammirato o spaventato: da quando Leah era tornata a casa, il tasso di follia delle donne di Hersham era salito fino al livello di guardia e il giornalista iniziava a capire come si fosse sentito Richard nei mesi appena trascorsi.

«Da che pulpito!». Le due donne scoppiarono a ridere in perfetta sincronia e Alan non poté trattenersi: si unì a loro, tentando invano di soffocare il proprio divertimento.

«Adesso» disse Leah quando tutti ebbero ripreso fiato, prendendo Agathe sottobraccio, «devo rubarti questa bella ragazza: mi serve. Quindi, Alan caro, tanti cari saluti e ci vediamo presto» concluse, facendo scoppiare di nuovo a ridere Agathe e alzare gli occhi al cielo al giornalista.

Non appena furono fuori tiro d'orecchi, Leah prese fiato.

«Scusa se ti ho praticamente rapita, Will, ma volevo parlarti» esordì.

«Tranquilla, sai che non c'è problema» rispose placida l'altra. In quel momento Leah era fin troppo seria e composta, e questo poteva significare soltanto una cosa: un qualche pensiero disturbante le frullava per la testa.

«È strano pensare di parlare di certe cose con te» ridacchiò Leah, un po' nervosa. «Insomma, l'ultima volta che ho visto te e Lara eravate due ragazzine alle soglie dell'adolescenza, mentre ora... be', ora siete delle donne». Scoccò un'occhiata in tralice ad Agathe, ma sul suo volto non vide che altro che una pacata, moderata attenzione alle sue parole. «C'è una cosa che mi disturba, ma... non posso parlarne con Lara, proprio non posso, sebbene l'ami come una figlia». La donna si grattò la nuca, a disagio. «Ma in fondo, forse è stata solo una mia impressione. Probabilmente non c'è nulla di cui parlare...»

Per certi versi gli incoerenti giri di parole di Leah la divertivano, ma dato che in quel momento erano dettati dall'incertezza e dal nervosismo, Agathe decise di trarla d'impaccio.

«Vuoi parlare dello zio Damon, vero?» chiese noncurante.

Aveva colto nel segno, ne era certa: il sussulto di Leah al nome di suo zio era stato più che eloquente.

«No!» rispose indignata. «Certo che no! Io non... volevo solo parlare di...». Colse lo sguardo di Agathe, che la scrutava con le sopracciglia inarcate e un sorrisetto consapevole sulle labbra, e sbuffò rassegnata. «Okay, okay, va bene, è vero: voglio parlare di Damon» ammise. Con la mano libera si prese una ciocca di ricci arruffati e la tirò. «Da quando sono tornata, ho l'impressione che Damon mi eviti» disse: era evidente che l'idea la feriva. «So di essere stata via a lungo ma... insomma, credevo fossimo amici. Lo siamo stati fin dall'infanzia e ora...»

Agathe non poté impedirsi di scoppiare a ridere. «Oh, zia Leah» esalò dopo essersi asciugata le lacrime: l'altra, da parte sua, la guardava con sorpresa ed esasperazione, stizzita che la più giovane reagisse così ai suoi problemi. «Lo zio non ha nessun problema nei tuoi confronti, te lo posso garantire. C'è un motivo se ti evita e si comporta in modo strano, ma non dipende da te». Leah le scoccò uno sguardo indagatore e Agathe imprecò mentalmente contro Richard e Alan: non poteva credere che toccasse a lei dare spiegazioni del genere, ma Leah per lei era stata praticamente una zia – un po' matta e non sempre presente, certo, ma pur sempre una zia – e meritava di sapere cosa stesse succedendo. «Okay, sì, adesso ti spiego cosa sta succedendo... a patto che tu non dia di matto, perché io non c'entro niente e in ogni caso, come si suol dire, ambasciator non porta pena» esordì; quando Leah accondiscese alle sue richieste con un semplice cenno del capo, la ragazza decise che poteva proseguire. «I due migliori amici tuoi e dello zio – Alan Bell e Richard Prescott, giusto per evitare fraintendimenti – hanno deciso che è tempo che Damon abbia di nuovo una vita sentimentale: lui ovviamente non è per niente d'accordo e così quei due pazzi furiosi hanno deciso di agire comunque, a sua insaputa, e dopo averne parlato sono giunti alla conclusione che l'unica donna in grado di arrivare al cuore dello zio sei tu». Diede una pacca sul braccio di una Leah folgorata. «E così Prescott ti ha attirata qui con la scusa delle pubblicazioni e delle conferenze per dare il via al loro piano diabolico».

Leah rimase in silenzio per alcuni lunghi momenti, un'espressione curiosamente vuota; poi il suo volto si contrasse in una smorfia furibonda e la donna esplose.

«Io li ammazzo!»

Agathe – che per sua fortuna aveva intuito cosa stava per accadere e si era tappata le orecchie appena in tempo – non batté ciglio. «Non sai quante volte ho detto la stessa cosa».

«E sei mai riuscita a fargliela pagare?» chiese bramosa.

L'altra inarcò un sopracciglio. «Vuoi un paio di dritte? Per Alan non credo di poterti aiutare granché, ma per quanto riguarda Prescott, ti basta organizzare una qualche piccola riunione informale e far sì che ci sia anche Elizabeth King... ma ti consiglio di trovare una buona scusa per giustificare la sua presenza, e soprattutto non ti azzardare a dire che te l'ho suggerito io!»

Leah non poté trattenere una risatina maligna. «Oh, avevo dimenticato l'ossessione di Eliza per Richard! Possibile che duri ancora? Credevo che le sarebbe passata, prima o poi...»

«Non le è passato un bel niente» sogghignò Agathe. «La King fa la bibliotecaria alla St. Margaret e ogni volta che Prescott compare all'orizzonte arrossisce e balbetta tutta emozionata...»

Stavolta la donna più grande si lasciò andare a una vera e propria risata. «Non saremo un po' troppo cattive?»

«Per niente, credimi» rispose la più giovane. «Vorrei poterti aiutare anche per quanto riguarda Alan, ma con lui ho già sfruttato i jolly, quindi non so cosa inventarmi: dovrai pensarci da sola».

«Oh, sono sicura che mi verrà in mente qualcosa» mugugnò tra sé Leah, di nuovo meditabonda. «Ma per ora, devo tornare al lavoro». Baciò Agathe sulla guancia. «Grazie per avermi detto cosa sta succedendo».

«Figurati». Le due si separarono: Leah andò con passo svelto nella direzione opposta a quella della prestigiosa scuola e l'altra si diresse con la stessa rapidità a casa propria, dove la cena e i libri l'aspettavano.

******

Richard era appena rientrato in casa propria – passando dal retro: ora come non mai voleva evitare di attraversare l'otto – e stava depositando sulla scrivania della biblioteca i rendiconti che avrebbe dovuto controllare entro un paio di giorni quando sentì un scoppiò di risate femminili, lontane ma abbastanza sonore da arrivare comunque fino a lui.

Avvicinatosi alla finestra, rilevò senza una vera sorpresa l'identità delle due donne che si salutavano sul marciapiede: la criniera indomabile e ancora un po' sciupata di Leah era inconfondibile, e la silhouette di Agathe gli era troppo familiare perché potesse non riconoscerla.

Per qualche istante, l'uomo osservò le due dividersi senza concentrarsi davvero su quello che aveva di fronte; per un momento la sua mano cercò a vuoto il binocolo sulla soglia della finestra, prima di rendersi della stupidità di quello che stava facendo. Quello che Agathe faceva e dove andava erano cose che non lo riguardavano più: aveva consapevolmente scelto di chiudere quel capitolo della propria vita e il minimo che potesse fare era essere coerente a se stesso e non indugiare in vecchie, pericolose abitudini.

Così Richard prese il binocolo che da tanti mesi teneva sulla soglia di quella finestra e lo ripose con cura nella sua custodia prima di chiuderlo in un cassetto pieno di oggetti inutilizzati, lì dov'era stato fino al settembre precedente, eliminando così quella che era stata la sua prima abitudine legata ad Agathe.

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