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«Siamo a casa!»
Annunciò Rea nell'attimo in cui la porta d'ingresso venne chiusa dietro lei e Yuri. Entrambi attraversarono l'ingresso ora scalzi, stando ben attenti ad evitare le file di scatoloni che, ammassati alla bell'è meglio uno sopra l'altro, davano vita a torri di cartone alte quasi quanto loro. Tuttavia, una volta giunti in quello che era un piccolo salone arredato perlopiù secondo il tradizionale stile giapponese, la mora si accorse che anche lì purtroppo la situazione era pressoché identica.
Mobili confinati in un angolo e rivestiti di pellicola protettiva, scaffali senza alcun ornamento al di sopra, quadri abbandonati a terra ed accatastati uno vicino all'altro. In breve, un vero disastro.
Dannato trasloco.
Si concesse di pensare, mentre abbandonandosi ad un sospiro lanciava un'occhiata all'ambiente circostante.
O meglio, a quella che sarebbe stata la sua condanna per chissà quanto tempo ancora; se non fosse stata certa che nessuno in famiglia avesse il quirk della moltiplicazione, avrebbe giurato che quei maledetti affari aumentassero ogni giorno di numero.
«Metti tutto nel forno e inizia ad apparecchiare, io vado a controllare Yue e a darmi una ripulita.» Asserì, guardando il ragazzino al suo fianco e consegnandogli le buste, prima di vederlo svanire diretto in cucina. Le gambe di Rea iniziarono così a muoversi nella parte opposta; sfilarono lungo quello che era uno stretto corridoio ed una volta giunta all'ultima porta a sinistra poggiò l'orecchio contro il freddo legno, ascoltando di rimando un lieve ronfare a cui era ormai abituata.
«Ma sentila, russa quasi come papà.» Disse fra sé e sé, girando la maniglia e facendo capolino nella stanza dei suoi fratelli minori. E se da un lato grazie a Yuri trovò ad attenderla il prototipo di quella che era la camera dei suoi sogni; ordinata, pulita e con neanche l'ombra di una pantofola fuori posto, di certo non poteva affermare lo stesso della metà che apparteneva a Yue.
Giocattoli sparsi dappertutto, lenzuola sfatte, pennarelli da disegno disseminati tutt'intorno a lei sul materasso, di cui vari addirittura sprovvisti di tappo!
Quello era senza dubbio un incubo per una malata dell'ordine come Rea.
Devo uscire di qui prima che mi venga una sincope.
«Merda!» Un'imprecazione le sgusciò fuori dalla bocca seguita istanti dopo da un gemito di dolore, quando si rese conto di aver appena calpestato una finta zucca di plastica. Rabbiosa la colse da terra e gettò con forza in un angolo imprecisato della stanza, per poi dare inizio ad un imbarazzante percorso a zig-zag fra i giocattoli.
La quantità di roba presente su quel pavimento, unita all'incredibilmente ridotta distanza che separava un oggetto dall'altro, furono abbastanza da costringere la ragazza a dover ricorrere al suo quirk pur di riuscire a farsi strada in quel mare di caos assoluto, ed al contempo evitare ulteriori incidenti.
Alzata sulle punte, sguardo fisso in avanti, braccia allargate; altro che equlibrio felino, sembrava più una funambola.
«Yue.» La chiamò una volta giunta a bordo del letto, scuotendola appena nel tentativo di svegliarla. Tuttavia, in risposta ottenne solamente un ronfare ancora più rumoroso...e per poco anche un calcio nello stomaco.
«Luna*, dai sù. È quasi ora di cena!» Provò ancora, ma nulla. Neanche stavolta arrivò ad alcun risultato. Capì così di non avere ormai altra scelta, doveva ricorrere alle maniere forti.
Piegò le ginocchia, abbassandosi all'altezza della bimba davanti a lei che intanto se ne stava lì, spaparanzata a gambe e braccia aperte. Levò una ciocca color cenere finitale davanti al viso pallido e, con un ghigno di chi sà già di avere la vittoria in pugno, sussurrò. «D'accordo, dormi pure. Yuri sarà felice di mangiare anche il tuo dolce.»
Inutile dire che gli occhi della piccola, i quali erano i più blu dell'intera famiglia, si sbarrarono all'istante. Il suo corpicino invece, scattò all'impiedi come una molla.
«Vado a lavarmi le mani!» Fu tutto ciò che disse prima di saltare giù dal letto, evitare con estrema precisione ogni singolo giocattolo e lasciare poi che la sua figura svanisse oltre la porta.
Già, Yue non si era minimamente accorta dell'aspetto della sorella. Era troppo concentrata sull'arrivare a tavola prima del fratello undicenne e Rea, dal canto suo, fu sollevata di non essere costretta ad inventare una bugia per spiegare ad una bambina di cinque anni come mai fosse ricoperta di sangue.
A tal proposito, doveva assolutamente sbrigarsi ad andare in bagno.
La testa le doleva a causa dei capelli attaccati e annodati fra loro; inoltre era certa mancasse poco perché vomitasse a causa di quel disgustoso tanfo ferroso. Sistemò quindi alla svelta gli ultimi giochi lasciati da Yue in giro, uscendo dalla stanza e dirigendosi a grandi falcate in quella che lei invece condivideva con suo fratello maggiore Ren.
Sebbene maggiore fosse un eufemismo, dato che tra loro vi erano appena 9 minuti di differenza.
Una volta spalancata la porta, fu proprio lui ad accoglierla. Rilassato a gambe incrociate sul proprio letto e coi capelli neri identici ai suoi sparsi sul cuscino, perdeva tempo al cellulare scorrendo col pollice munito di anello su e giù lungo lo schermo, mentre il riflesso di ciò che guardava poteva con facilità intravedersi grazie a quegli occhi di un azzurro chiarissimo. Essi l'osservarono sgranati ed al contempo inorridi da ciò a cui erano costretti ad assistere e lei, silenziosa, utilizzò quel tempo per notare invece un dettaglio al fianco del ragazzo: una scatola.
«MA QUELLO È IL MIO CIOCCOLATO!»
«MA QUELLO È SANGUE!» Urlarono all'unisono, sovrastando l'uno la voce dell'altro. In un battito di ciglia, Ren fu al cospetto della sorella teso come una corda di violino. L'ansia dipinta sul volto e le mani tremule a muoverle la testa in ogni direzione possibile, con l'intenzione di esaminarne fino all'ultimo centimetro per accertarsi che non vi fossero ferite.
«Che diavolo è successo?! Stai bene?! Qualcuno ti ha fatto del male?! Dimmi chi è stato e gli spezzerò l'osso del collo!»
«Tu non spezzerai un bel niente proprio a nessuno! Guarda che sto benissimo!» Si affrettò a chiarire. Il corpo di lui, così come l'espressione del viso si sciolsero all'istante, ora maggiormente rilassati. Rea nel frattempo aveva aperto armadio e cassettone, recuperando intimo e abiti puliti.
«E comunque non è successo nulla di grave, ok? È stato solo un...piccolo incidente.»
Gli mentì in faccia spudoratamente. La verità era che non sapeva come avrebbe reagito suo fratello se mai gl'avesse rivelato di essere morta per la seconda volta. Dopo la prima, l'atteggiamento di lui nei suoi confronti aveva subito un cambiamento drastico; era diventato più paranoico, più sospettoso e sempre pronto a mettersi in stato d'allerta. Di certo non lo biasimava, nè incolpava in qualsivoglia modo di ciò. Infondo, anche lei dopo tre anni faticava ancora ad accettare gli eventi di quella maledetta notte. Ma era proprio questo il punto: lei non voleva accettarli, bensì dimenticarli. Pregava che meno il suo cervello avrebbe indugiato su quel ricordo, meno avrebbe impiegato a cancellarlo dall'archivio della sua memoria. Tuttavia ogni giorno si domandava come sarebbe mai potuta riuscire in un'impresa tale, quando lei stessa ed i fratelli erano il motivo che aveva infine condotto alla sua morte.
«Reika.» Ren le si avvicinò, poggiandole la mano sulla spalla. Una luce nuova poteva ora essere intravista brillargli negli occhi. Una luce di consapevolezza. «È ciò che penso, vero? Non vuoi dirmelo perché è successo di nuovo.»
E dinanzi a quelle parole lei non potè far altro che annuire, spiegando ogni dettaglio di ciò che era accaduto.
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«Dico solo che non c'era bisogno di umiliarlo in quel modo.»
«Se l'è meritato. Anzi, un po di sana umiliazione non può fare altro che bene a quel pallone gonfiato. Magari da oggi abbasserà la cresta.» Concluse Rea, dando poi un morso allo Yakitori nel suo piatto.
«D'accordo, ma potevi almeno evitare di rubargli i soldi.»
«Guarda che non li ho rubati.» Iniziò, mentre suo fratello intanto alzava gli occhi al cielo, curioso di sentire in che modo avrebbe cercato stavolta di giustificarsi. «Gli ho detto di pagare e lui lo ha fatto. Se non voleva, allora perché ha accettato? Poteva benissimo rifiutare.»
«Gia, perché chiunque avrebbe rifiutato di pagare la cena a qualcuno che minaccia di ucciderti.» La rimbeccò in tono di scherno.
Rea corrucciò la fronte, ora stizzita. «Non è colpa mia se non è in grado di riconoscere un banale scherzo.» Tentò di difendersi.
«E come avrebbe potuto? Avevi persino un complice, se non sbaglio.» Con la coda dell'occhio indicò Yuri seduto alla destra di Yue. Quest'ultima gustava ogni boccone con un sorriso sulle labbra sporche di salsa, totalmente ignara e priva d'interesse verso qualsiasi cosa i tre si stessero dicendo. D'altro canto invece, suo fratello non era della stessa opinione. Fino ad ora si era divertito ad ascoltare i due battibeccare, ma quando incrociò il proprio sguardo a quello glaciale di Ren, prese a rannicchiarsi su se stesso con ancora la forchetta in bocca e finse di guardare la TV, al solo scopo di evitare l'occhiataccia di rimprovero che gli stava riservando.
«E va bene, forse sono stata un tantino permalosa e la situazione mi è leggermente sfuggita di mano.»
«Leggermente?» Le fece il verso suo fratello, alzando perplesso un sopracciglio.
Rea di rimando gli puntò un dito contro, accusatoria. «Ehi! Non credere che non ti abbia visto prima rubare i miei cioccolatini!»
«Fai sul serio?! Vuoi davvero paragonare le due cose?!» Ren si concesse una risata incredula, per poi continuare. «Come se a regalarteli non fosse stato l'ennesimo ragazzo che hai rifiutato, ma del resto è successo lo stesso anche a tutti gli altri prima di lui.»
«Io non li rifiuto tutti.» Precisò lei, mentre sul volto del maggiore adesso primeggiava un'espressione di puro divertimento.
Come d'abitudine la stava stuzzicando al solo scopo di farsi due risate, e lei ancora una volta spinta dalla propria suscettibilità, vi era cascata in pieno. «Giusto, in effetti ce ne sono stati un paio mollati dopo due giorni.»
Rea quasi non si strozzò mentre beveva l'acqua. «Come potevo sapere che volevano fare tutti l'eroe?!»
«Oh, no! Che tragedia!» La prese in giro, portandosi le mani tra i capelli ed assumendo una finta aria scandalizzata con tanto di bocca spalancata, la quale venne centrata in pieno dal tovagliolo della mora.
«Idiota! Guarda che meno si ha a che fare con gli eroi, meno probabilità ci sono che un villain in cerca di vendetta venga a bussarti alla porta!»
«Sei paranoica.» Dichiarò Ren.
«No, soltanto prudente.» Precisò lei, alzandosi e cominciando a rassettare la tavola. Stava infatti lavando posate e piatti, quando Yuri decise d'intromettersi nel loro discorso.
«Se gli eroi non t'interessano, allora perché sbavi ogni volta che Hawks appare in TV?»
Noncurante delle mani bagnate di detergente, le portò subito al viso toccandolo ed avvertendo il sangue pomparle in faccia. Era certa che se le avessero messo un peperone vicino alle guance, nessuna differenza sarebbe stata trovata.
«Ma da che parte stai?!» Urlò, pronta a rincorrere quel moccioso fino in Siberia se necessario. Tuttavia ogni proposito venne stroncato sul nascere quando allontanatasi dal lavello, inciampò nella cartella di Ren che nel frattempo rideva di gusto, rovesciandola e lasciando uscire degli strani documenti.
Incuriosita si piegò, iniziando a studiarli meglio.
Il primo era il suo certificato di quirk; non aveva idea del perché fosse andato a ritirarlo in comune, tuttavia sorvolò sulla cosa e passò al secondo. Un foglio da tabella bianco, al cui interno venivano riportati diversi programmi d'allenamento coi rispettivi orari. Ed infine, c'era il terzo.
La ragazza stava per leggere anche quello, quando Ren a forza glielo strappò di mano. Tuttavia, quel poco d'inchiostro nero che fu in grado di scorgere, servì a far nascere una nuova ansia dentro di sè.
Ciò che vide in effetti non era nulla più che una semplice frase, eppure essa fu abbastanza per tramutare il suo corpo in pietra.
"Info e guida alla Yuuei: la scuola per eroi numero uno di tutto il Giappone!"
* Il nome "Yue", in cinese, significa Luna.
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