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01. Domande essenziali

Sto correndo, sono su una spiaggia. Tutto intorno a me è deserto; in lontananza vedo Emma che si allontana sempre di più nonostante io le corra incontro.
Poi cado, qualcosa mi travolge e non sento più nulla.

Mi svegliai di scatto, senza fiato e con le lacrime agli occhi, un altro incubo aveva interrotto il mio sonno. Un incubo che mi perseguitava da troppo ormai. L'ansia accumulata per quella specie di sogno non mi fece più chiudere occhio, così decisi di uscire e camminare un po' per provare a pensare ad altro, visto che quello avrebbe dovuto essere un giorno felice e di svolta da quello che mi ero prefissata.

Prendo il cellulare e le cuffiette, che non possono mancare, chiamando sottovoce Mr Harlock: 《Har, vieni qui.》 Mi metto in ginocchio appena vedo quel piccolo cucciolo di Labrador varcare la porta del salotto, prendendolo in braccio per cercare di fare meno rumore possibile, in modo tale da non svegliare mia madre e mio fratello, che in questo momento staranno dormendo beatamente, visto che tra poche ore ci saranno le prime lezioni dell'anno scolastico ed il rientro a lavoro dopo un po' di vacanza.

Abito in questa casa assieme ai miei genitori e a mio fratello con cui vado ben poco d'accordo, ma nonostante questo ci vogliamo un bene incondizionato. Lui è il solito bad boy, con tutte le ragazze che gli corrono dietro, è al terzo anno in una scuola poco distante da quella in cui andrò anch'io ma nonostante la sua giovane età fa molto più colpo dei ragazzi più grandi ed è una cosa normale, basta vederlo: addominali scolpiti, bel visino e solite cose che tutte le ragazze vorrebbero, o per meglio dire "un dio greco".

Smetto di pensare a tutto questo, in fondo non mi interessa molto come venga classificato anche se, ad essere sinceri, il titolo di "dio greco" gli si addice parecchio. Inizio a cercare il guinzaglio, e quando finalmente lo trovo mi dirigo verso il parco sulle note del mio cantante preferito Shawn Mendes,  con Harlock che pur essendo cucciolo mi trascina dove vuole lui; riprendo il controllo e continuo a camminare senza una meta precisa chiedendomi ripetutamente perché devo sempre stare male per persone che non mi meritano, per persone a cui do tutto ed in cambio non ricevo nulla.
Penso alla mia stupidità, ogni volta credo sia diverso e che ci possa essere un'eccezione, ma alla fine è sempre la stessa storia.

Senza accorgermene cammino fino ad arrivare al mio cosiddetto posto felice che non è altro che un parco sulla cima di una piccola collina e trascino con me Har, sedendomi e prendendolo in braccio.
Ogni volta che qualcosa va male mi rifugio qui e penso a quanto l'essere umano stia diventando egoista. A quanta cattiveria e crudeltà ci siano nel mondo.

Poi penso alle parole che mi dice sempre mia nonna, lei che mi racconta quanto era felice alla mia età, senza la preoccupazione di dover studiare libri interi, senza quegli sciocchi pensieri che i ragazzi si fanno su ogni singola ragazza che vedono passare. Era una libertà bellissima, non c'erano pericoli, non c'erano social che ti facevano isolare da tutto e tutti, c'era un rapporto fisico tra le persone e non virtuale; e certe volte mi viene la nostalgia di questo, anche se non l'ho vissuto.

Continuo ad accarezzare la morbida testolina del cucciolo e guardo il panorama, quando vengo qui durante il giorno osservo i bambini giocare, senza pensieri, senza problemi sentimentali o di amicizie, ma con solo le sciocche litigate e il broncio messo per fare i finti arrabbiati.

Invece ora è tutto diverso.
Noi adolescenti di oggi guardiamo solo gli aspetti negativi in qualsiasi cosa, abbiamo poco carattere, sempre meno e sappiamo solo lamentarci, senza nemmeno metterci in gioco; e nonostante io faccia parte di questa generazione me ne rendo conto, e me ne vergogno.

Continuando a pensare il tempo passa e decido di ritornare a casa risvegliandomi da tutti i pensieri a causa del piccolo cagnolino che inizia a saltarmi contro per giocare; mi alzo e mi dirigo verso casa per prepararmi come si deve al primo giorno di superiori.
L'ansia inizia a farsi sentire, e sto iniziando ad agitarmi sempre più.
Non so che ambiente sia, che compagni avrò e che amicizie farò, mi sono però già promessa di non affezionarmi troppo, per il semplice fatto che ho sofferto già abbastanza.

Arrivo a casa e tolgo rapidamente il collare a Har che corre nella stanza dei miei genitori, così decido di seguirlo per poter dare il buongiorno a mia padre e mia madre; «Buongiorno» varco la soglia della stanza andando a dare un bacio leggero sulla guancia dei miei genitori che mi sorridono leggermente e spingono giù dal letto Har.
«Buongiorno» rispondono in unisono, e mia madre mi chiede quale strano incubo abbia fatto questa volta. Io le rispondo ribadendo che è sempre la stessa cosa e lei fa una smorfia di disgusto, dovuta al troppo continuo ripetersi di questi episodi.
«Quando smetterai di essere così negativa?» mi chiede guardandomi con un mix di emozioni e non si riesce a capire cosa voglia esprimere in questo momento.
«Da quando ho perso Lorenzo è così, lo sai mamma; è successo da poco ed è un periodo passeggero, non so cosa fare per provare a smettere di star male» abbasso lo sguardo facendo scivolare una lacrima.

«Elena, ce la farai. Sei una ragazza forte e puoi sollevarti da questa sventura. So che c'è la puoi fare» dice sorridendomi.
«Ora vai a prepararti, per colazione pancakes alla Nutella» dice entusiasta.

La guardo e le sorrido, lo stesso fa mio padre dall'altro lato del letto. Mi piace quando prova a tirarmi su di morale con questi piccoli gesti, che anche se insignificanti al pensiero sono molto importanti per me.

Vado in camera e mi cambio, decidendo di non vestirmi in modo troppo evidente o eccessivo; semplicemente nel mio stile.
Così prendo un paio di jeans e una felpa larga.
Vado in bagno e mi trucco leggermente, metto un po' di mascara e disegno una sottile linea di eyeliner .
Infine metto un po' di profumo ed esco dal bagno.

Vado in camera a prendere lo zaino e il telefono, e poi mi dirigo verso le scale per scendere.
Mi fermo all'inizio a causa di un rumore che attira la mia attenzione; proviene dalla stanza di mio fratello Aiden, così mi avvicino alla porta ma mi fermo a qualche centimetro da essa decidendo di lasciar perdere.

Ho un bel rapporto con Aiden ma non in questo periodo. Da quando ho perso Lorenzo tutto è diventato più triste e io mi sono chiusa in me stessa sempre di più.
Perdere il proprio migliore amico non è digeribile in poco tempo e se poi questo succede per una sciocchezza come quella che è successa tra me e lui ancora meno. Sinceramente non riesco ancora a capacitarmi del fatto che lui abbia preferito credere a quel suo sciocco amico che nella maggioranza delle volte fa pettegolezzi, non reali su persone che non gli stanno molto simpatiche.

Ed in questo caso sì, lui ha creato una confusione tra me e Lorenzo, che ci ha portati a chiudere la nostra amicizia; o meglio, che ha portato Lorenzo a chiudere la nostra amicizia.
Mi ha ridicolizzata davanti a tutti i miei amici, spargendo la voce che a me piaceva Lorenzo, ed ovviamente tutti c'hanno creduto; ed io sono stata esclusa da Lorenzo in primis, e poi da tutti gli altri che hanno seguito lui.
Lui era il classico ragazzo modello, vita perfetta, famiglia perfetta, amici perfetti; non gli mancava nulla e da quello che so nemmeno ora. Era il mio migliore amico fin dalla nascita, abbiamo festeggiato ogni singolo compleanno assieme, era ormai un membro della famiglia a tutti gli effetti; ne abbiamo passate tante assieme, tra le vacanze e i campi scuola, le feste e i vari sciocchi litigi sembrava tutto filare alla perfezione; ma si sa che non va sempre tutto bene e nulla è perfetto, difatti, proprio quando tutto sembrava impeccabile un grande muro si è innalzato tra me e lui, lasciandomi da sola ed umiliandomi in tantissimi modi.

Un buonissimo odore di pancakes mi fa tornare con la testa a terra, così decido di smetterla di pensare a questo fottuto casino che tante lacrime mi ha fatto versare e mi dirigo verso il piano terra, dove trovo mia madre seduta a tavola assieme a mio padre. Il piatto con i pancakes al centro del tavolo e i due volti preoccupati dei miei genitori.
Mi siedo a tavola e poco dopo ci raggiunge Aiden.

Si creò un silenzio quasi imbarazzante dopo aver spostato per l'ultima volta la sedia ma all'improvviso mio padre prese parola.
«Dobbiamo parlare di questa situazione» la sua faccia era alquanto preoccupata e continuava ad accarezzare la tovaglia in modo nervoso, passando lo sguardo da me ad Aiden e viceversa.
«Esatto, non possiamo continuare in questo modo» replicò mia madre intromettendosi nel discorso, con voce preoccupata continuava a guardarmi e si vedeva che soffriva per il modo in cui stavo.
«Elena, i tuoi incubi stanno iniziando a preoccuparci -mio padre abbassò lo sguardo e continuò la frase- abbiamo paura tu possa avere delle crisi di panico dovute a questi, proprio come è successo qualche tempo fa» sputò il tutto d'un fiato e la mano di mio fratello si posò sopra alla mia coscia, bloccandomi così il piede che avevo iniziato a tamburellare a terra dal nervoso che mi provocava questo argomento.

Aiden in tutta risposta disse che mi sarebbe stato vicino da quel giorno in poi, io avevo paura; tanta paura. Ma non potevo farlo notare, dovevo andare avanti come sempre fingendo che ogni cosa andasse bene.

«Speriamo che con l'inizio di questa 'nuova avventura', ovvero, iniziando questa nuova scuola, tu possa fare nuove amicizie e accantonare questo brutto episodio che ti fa stare così tanto male -fa una pausa e lo vedo pensare- sennò dovremmo prendere provvedimenti» conclude la frase così.
Deglutisco in modo molto evidente e penso che forse c'è la posso fare, infondo non è così difficile, vero?

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