5. La vita dopo
Le montagne russe proseguivano la loro corsa incuranti delle urla di paura dei passeggeri, urla che sapevano di eccitazione e adrenalina.
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La mano dell'uomo si poggiò, in una carezza delicata e colma di amore, sul ventre leggermente rigonfio della donna.
Questa poggiò la testa sul petto del compagno e gli sorrise felice mentre passeggiavano nel Luna Park.
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Lo zucchero filato emanava un odore dolciastro di caramello e impiastricciava mento, labbra e mani mentre si scioglieva in impalpabile goduria sulla lingua e contro il palato.
Certo, nulla a che vedere con l'odore del sesso misto a quello del sangue che si fondono in estasi pura. Doveva solo essere paziente, prima o poi ne avrebbe goduto ancora a pieno.
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L'anziana signora osservava l'uomo con estrema amorevolezza e questo la salutava felice, mentre la carrozza partiva per la sua ennesima corsa verso il cerchio della morte.
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Il piccolo uomo si aggirava per il locale, dando istruzioni per la festa di compleanno a sorpresa di quella sera e, parlando solo in rima, destava curiosità e buonumore tra il personale del ristorante.
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La coppia si dirigeva verso il rollercoaster racchiuso tra le pareti di una pizzeria. Non erano ancora pronti a mostrarsi in pubblico in effusioni o anche nel solo tenersi per mano, ma almeno erano usciti insieme alla luce del sole e si apprestavano ad affrontare il primo picco del rollercoaster.
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L'uomo osservava, non visto, con sguardo addolorato e colmo di rimpianto una coppia che, mano nella mano, salutava un ragazzone che si divertiva a sfidare la paura in una folle corsa dopo l'altra, la pancia che gli si contorceva come quando si scende di colpo dall'apice di una delle montagne russe più alte.
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L'elegante, e austera signora, stava dando ordini al titolare della pizzeria per il tavolo da quattro che aveva prenotato. Tutto doveva essere perfetto. La speranza, che lo scombussolamento portato alla sua vita dalle devastanti montagne russe che era stato attraversare quei due anni fosse finito, non la abbandonava.
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La donna guardava con tristezza l'uomo che non la notava e che mai l'avrebbe fatto fino a quando sarebbe esistita l'altra donna. Un sorriso le si dipinse in viso quando una improvvisa illuminazione la colse. Lo sguardo allucinato sì spostò da quella alle montagne russe.
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L'uomo si guardò intorno attentamente, i sensi acuiti dai troppi anni di lavoro svolto e, notando un movimento sospetto, imprecò sottovoce. Sentì montare l'adrenalina, come quando la carrozza inizia a salire e, l'attesa della discesa, già ci fa fremere.
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Il processo si era concluso.
Ada stava uscendo dall'aula di tribunale.
Era stato un anno d'inferno, fatto di salite ripide, discese precipitose e brevi attimo di calma prima che quella pazza giostra riprendesse. Durante quel tremendo periodo erano venuti a galla veleni, incomprensioni e falsità.
Bruno, il tanto dolce e amorevole Bruno, che l'aveva conquista con quei modi d'altri tempi, si era rivelato un pusillanime che non aveva il coraggio di mostrarsi per quel che era e che, per nasconderlo, cercava di gettarle fango addosso. In più mirava solo a quei maledetti soldi. Soldi che oramai non erano più suoi, ma impegnati nel sogno di una vita di Marta.
La fattoria sul mare era stata trasformata in un'azienda in cui erano impiegati nel lavoro ragazzi cresciuti nel corpo, ma rimasti all'ingenuità dell'infanzia, proprio come il suo stupendo cugino Francesco.
Oltre al frutteto, alla vigna e ai vari orti, era stato costruito un molo e avviato un allevamento ittico.
In estate la spiaggia si animava con giochi e corsi di nuoto per i più piccoli
Ada aveva trasferito lì il suo laboratorio di dolci e al negozio in città inviava ogni mattina le sue delizie create con l'aiuto di ragazzi e ragazze speciali.
Vicino alla casa colonica erano sorti, sempre in stile architettonico mediterraneo, un edificio con stanze attrezzate per gli ospiti o per i ragazzi che si fermavano a dormire, laboratori, magazzini, una mensa e due case singole, una delle quali era ora abitata da Ada.
Mauro, dopo averla abbandonata in quel modo vile subito dopo aver fatto l'amore, aveva cercato di riavvicinarsi a lei, ma era contrariato dalla sua ostinazione a voler proseguire nel progetto per la fattoria: quei soldi sarebbero stati meglio impegnati nell'ampliamento delle loro attività e nel potersi costruire una famiglia propria senza timori per il futuro. Poi il fatto che si fosse schierata contro il padre come parte lesa, mentre lui avrebbe voluto che lasciasse cadere le accuse, aveva fatto inasprire ulteriormente i rapporti. In fondo era pur sempre suo padre e, se lei lo avesse amato davvero, lo avrebbe fatto.
Ada era quindi giunta alla conclusione che prendere le distanze da lui e da tutta quella famiglia era la decisione più saggia.
Ottenuto il divorzio non voleva più sentire parlare della famiglia Bartolomeo.
Ci avrebbe sofferto, ci avrebbe pianto su giorni e notti, ma sarebbe passata e di Mauro non sarebbe che restato un lontano ricordo, ne era certa.
Il signor Gennaro era stato condannato per tentato omicidio. Gli anni di carcere effettivo di sarebbero ridotti se avesse collaborato alle indagini sul racket dello strozzinaggio e delle scommesse clandestine e il resto della pena l'avrebbe scontata ai domiciliari in un luogo sicuro destinato ai collaboratori di giustizia. In più avrebbe dovuto seguire una terapia per disintossicarsi dalla dipendenza causatagli dal gioco d'azzardo.
La signora Carmela aveva subito chiesto il divorzio, ma anche lei avrebbe dovuto scontare non meno di due anni ai domiciliari per tentato inquinamento delle prove e complicità in tentato omicidio.
Dalla sua posizione a tavola aveva visto benissimo che il marito era stato l'ultimo ad avvicinarsi ad Ada in giardino mentre questa era di spalle. Non lo aveva visto aggredirla, ma lo aveva sospettato. Per questo aveva raccolto il coltello da terra, pensando di confondere le acque mischiando le sue di impronte alle altre; infatti Gennaro aveva messo il coltello in mano ad Ada svenuta, volendo far passare l'omicidio per un suicidio, ma questa lo aveva lasciato andare nel rilassare le dita.
Linda, la ragazza innamorata di Mauro e con problemi psicologici, avrebbe dovuto trascorrere un anno in una clinica psichiatrica e sottoporsi a terapia, se necessario, coadiuvata anche da farmaci, cosa che lei una volta in libertà aveva smesso di fare, rifiutandosi di assumere medicine che la lasciavano stordita e non più totalmente padrona di se stessa.
A Marta e Francesco era stato imposto un periodo di lavoro socialmente utile da scontare presso la struttura per ragazzi speciali che stavano mettendo su presso la fattoria di loro proprietà.
Ada, appena saputo dell'arresto di Gennaro, aveva chiamato il commissariato e informato la polizia di dove si trovava ed era stata riportata in ospedale.
L'ispettore Cannavaro l'aveva interrogata a lungo e insieme avevano ricostruito tutti i fili che componevano quella faccenda.
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Vincenzo aveva imparato ad apprezzare sempre più Ada nel corso di tutto l'iter processuale, sia per la sua forza d'animo, che per la dolcezza e la generosità.
Il giorno del verdetto l'aveva vista seduta con lo sguardo fisso nel nulla, come svuotata, su una panchina dell'orto botanico: era lì che Ada amava rifugiarsi al termine di ogni udienza. Le si era accomodato vicino e avevano iniziato a chiacchierare.
Chiacchierando avevano scoperto di avere un'affinità che avevano solo intravisto in quell'anno passato tra indagini e interrogatori.
Non era stata una passione esplosa all'improvviso, almeno per lei, ma un crescendo di sentimenti ed emozioni che aveva portato al consolidarsi della coppia, sia sul piano fisico e intellettuale che spirituale.
Ora, dopo due anni dall'inizio di tutto, erano felicissimi della nuova magnifica avventura che la vita stava per regalare a entrambi: una vita che sarebbe stata una loro sintesi senza essere nessuno dei due, ma un essere umano del tutto nuovo e unico.
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Ada era seduta ad aspettare il ritorno di Vincenzo, era andato a prenderle dello zucchero filato. Un rivolo di sudore e terrore le scese lungo la tempia e le mani corsero immediatamente a proteggere il ventre: la punta di una lama sottile le premeva sulla schiena.
«Ciao, ladra di fidanzati. Che fortuna incontrarti qui. Non fiatare, se non vuoi che ti infili il taglierino direttamente in pancia, e avviati verso la biglietteria. Io e te faremo un giretto sulle montagne russe.»
La voce di Linda che le sibilava nelle orecchie era alterata e colma di odio.
Ada non poté fare altro che obbedire e prendere i biglietti per entrambe al botteghino; nel farlo vide qualcuno riflesso nel vetro, proprio alle spalle di Linda, che le faceva cenno di tacere e stare calma.
Appena l'addetto si frappose tra lei e Linda per farle salire, Esposito saltò addosso alla psicopatica, disarmandola e bloccandola a terra; questa urlava e scalciava, mentre le ammanettava i polsi dietro la schiena.
Ada era immobilizzata e tremava dal terrore, era come in trance, tanto che urlò quando Vincenzo l'avvolse in un abbraccio, e poi scoppiò in un pianto a dirotto tanto che le spalle e la schiena erano scossi dai singulti.
Ora era finita, era davvero finita.
Tutti insieme: Ada, Vincenzo, Marta e Francesco, finite le formalità con la polizia, si avviarono verso il ristorante dove il dottor Maiskolbensuppe li aspettava. La festa a sorpresa per il compleanno di Francesco era pronta.
In una pizzeria invece Bruno e Mariano stavano per affrontare la terribile signora Carmela, ma stavolta Mauro sarebbe stato con loro a dargli supporto. Stava a Carmela accettare la vera natura di Bruno e salvare la famiglia o perdere entrambi i figli.
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I fuochi d'artificio si aprirono in fiori multicolori sulla testa di Ada. Due braccia forti le si avvolsero intorno e un bacio leggero le sfiorò la tempia.
La donna si girò e guardò Vincenzo Cannavaro, con occhi colmi d'amore.
Francesco saltava di gioia e Marta ballava con il dottore al suono di un valzer.
***
Le montagne russe dovevano riprendere la loro folle corsa.
Si stava masturbando al suono delle voci dei visitatori del Luna Park che cercavano di sovrastare la musica assordate sparata dalle casse.
Il chiasso copriva quelle di terrore e dolore della sua vittima mentre con un pugnale ne incideva le braccia legate e tese come ad abbracciare il tronco dell'albero.
Sembrava di essere sulle montagne russe, l'odore di sesso misto a sangue che invadeva l'aria mi procurò un sobbalzo allo stomaco, ma come sulle montagne russe nausea ed eccitazione si fondevano e pensavo solo che sì, di quell'odore non ci si stanca mai.
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