Capitolo VI - Dottor Schwarz
Quando uscii dall'hotel, feci caso ad una cosa: tutti erano vestiti con tute bianche e monotone. Io ero l'unico, tra quella moltitudine, che era vestito diversamente. Mi sentii quasi in imbarazzo e entrai nel primo locale che portava l'insegna "SARTORIA".
Mi feci fare un vestito su misura e, il sarto, un omino basso, con il muso da topo e l'aria curiosa, con un'abilità che non gli avrei mai attribuito, cucì la mia tuta in meno di dieci minuti. Lo pagai con 0,20€.
Quando uscii dalla sartoria, vidi un tizio dall'aspetto un po' matto che mi aspettava fuori dalla porta.
Era l'unico che, oltre ad avere la tuta bianca, indossava anche un camice da laboratorio.
Mi disse che si chiamava Dottor Schwarz e che non aveva potuto fare a meno di notare il mio insolito abbigliamento. Mi chiese da dove venissi.
Io, un po' nervoso, risposi che venivo da lontano, ma lui non mi credette, perché nel futuro tutto il mondo si vestiva allo stesso modo.
Però, quell'uomo bislacco, non soper quale motivo, mi induceva fiducia, e quindi, con la voce tremante, confessai tutto quello che mi era capitato.
Rimase pensoso per molto tempo e poi, con garbo e un pizzico di impazienza, mi invitò a bere qualcosa a casa sua.
Io, un po' titubante, accettai.
Fu così che, anche nel futuro, trovai un amico...
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