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N° 80 VOLARE

CAPITOLO 4

Sono sdraiata a pancia in su da non so quanto tempo, il mio sguardo rapito dal movimento delle ventole sopra il mio letto. Mamma è uscita per una telefonata riguardo stasera, per ammazzare il tempo che mi separa dal ritorno a casa osservo le ventole.

" ciao Nikky " disse la dottoressa Ottavi entrando nella mia stanza, distraendomi dai miei pensieri

"Buongiorno " le sorrisi per poi girarmi sul fianco, così da avere una piena visione di lei. La donna mi venne incontro per poi sedersi sulla poltrona di fianco al letto, non prima di avermi regalato uno dei suoi calorosi sorrisi.

" ero venuta per sapere qualche cosa su stasera " mi disse in un sussurro, per evitare di farsi sentire da mia madre, che faceva avanti e indietro in corridoio. Se credeva che sapessi qualcosa si sbagliava, mia madre era stata molto chiara su questo. Voleva che fosse una sorpresa, nemmeno chi avrebbe sfilato sapeva qualcosa. Si era limitata a prendere le misure e niente di più.

" mi dispiace dottoressa, ma ne so quanto lei " vidi la delusione sul suo volto, si lasciò andare in una posa più comoda sulla poltrona

" è molto difficile carpire informazioni da tua madre " mia mamma era una tomba quando doveva nascondere qualcosa o mantenere segreti. Quando i miei fratelli combinavano casini e lei veniva chiamata da scuola, tornava a casa impassibile e i miei fratelli credevano che non le avessero detto niente di brutto o che la scuola non avesse scoperto che erano stati loro gli artefici dei numerosi disastri che combinavano. Ma appena ci sedevamo tutti a tavola, la terza guerra mondiale aveva inizio.

" può dirlo forte " a mia madre era venuta una brillante idea. Siccome il reparto di oncologia aveva bisogno di fondi per nuovi macchinari, corsi e per la ricerca. Aveva deciso di fare una sfilata per raccogliere fondi, i modelli saremmo stati noi, semplici ragazzi con il cancro. Tutto quello che avrebbe guadagnato dalla vendita degli abiti sarebbe stato donato all'associazione.

"ok, a stasera " io e la dottoressa venimmo distratte dall'arrivo di mia madre in stanza, che da quanto sembrava aveva appena finito di parlare al telefono con non so chi ma per qualcosa che l'agitava.

" Dottoressa Ottavi, aveva bisogno di qualcosa?" chiese mia madre mentre riponeva il cellulare nella borsa

" In realtà ero venuta per vedere se riuscivo a rubare qualche informazione su stasera, ma da quanto mi ha detto Nikky, neanche lei sa molto " sul viso di mia madre si aprì un grosso sorriso

" deve aspettare ancora poche ore per avere le risposte alle sue domande " la dottoressa afflitta uscì dalla stanza. Ma d'altronde erano tutti molto eccitati da questa cosa. Era una novità, non si era mai visto nulla di simile.

Dal nulla Shane entrò dalla porta e mi fece un occhiolino, per poi restare appoggiato allo stipite. Ecco in quella posizione era il sesso allo stato puro, si intravedevano i muscoli tonici che erano in tensione siccome si era messo a braccia conserte, la maglia era leggermente salita, permettendo di intravedere l'elastico dei suoi boxer, distolsi velocemente lo sguardo prima di diventare rossa come un pomodoro. Quel ragazzo era troppo bello, ancora mi chiedevo perché ci tenesse così tanto a passare del tempo con me.

Mia madre girò lo sguardo per vedere anche lei cosa mi stesse distraendo così tanto, quando i suoi occhi vennero a contatto con James scannerizzò il suo corpo dalla testa ai piedi. Quando ritenne che fu sufficiente si girò verso di me per sorridermi vincitrice e schiacciarmi un occhio. Alzai gli occhi al cielo e sorrisi, per poi scuotere la testa nella sua direzione. Era decisamente fuori strada, come poteva anche solo pensare che un figo come lui potesse stare con una come me, che tra l'altro stava anche per morire.

Mia madre si alzò dalla poltrona per poi uscire dalla stanza, quando ormai l'aveva superato si girò verso di me per farmi un grosso segno di apprezzamento senza che lui se ne accorgesse. Alzai leggermente la mano per fargli segno di andarsene, lei annuì per poi sparire nel corridoio.

Si sedette dove fino a pochi minuti prima c'era lei.

" deduco che tu abbia smesso di sentirti in colpa " gli dissi sedendomi sul letto così da essere uno di fronte all'altro. Si passò una mano tra i capelli per poi sorridermi impacciato

" deduci il giusto " dalla sua inclinazione potei percepire che un pizzico di senso di colpa persisteva, ma era venuto fin qui e apprezzai il gesto, non gli feci notare che non gli credevo. Quindi annuì alle sue parole

" e... come mai qui?" gli chiesi afferrando la felpa dalla spalliera del letto per poi incrociare le gambe e tornare ad avere una piena visuale di lui. Erano passati sei giorni dall'episodio al mare, ormai ci avevo perso le speranze.

" ti ho detto che avrei reso indimenticabili gli ultimi mesi, mantengo le mie promesse " mi morsi il labbro inferiore a causa del suo essere così serio e motivato. Si lasciò andare a peso morto sulla poltrona per poi aspettare la mia risposta. Ci tiene decisamente tanto a questa cosa, quasi quanto Jade, ci tengono entrambi più di me.

" sei proprio deciso a non mollare " se anche lui deciderà di portare avanti la lista non sarà nulla di che. Come ho già detto sono cose che vuole fare la mia migliore amica, non io, anche se sono divertenti. Quello che volevo fare io era ben oltre, era qualcosa di diverso. Qualcosa che ne Jade né nessun altro avrebbe potuto capire. Erano cose strane e piccole, non così grandi. Non ritengo che farsi un tatuaggio o andare ad una festa fossero cose così indispensabili, anche se effettivamente era ciò che una ragazzina di diciotto anni doveva fare. Ma io stavo per morire, avevo incominciato ad avere una visione diversa del mondo.

Scosse la testa per poi sorridermi, appoggiò i gomiti alle ginocchia e mi fissò, il suo viso era a pochi centimetri dal mio, non ero imbarazzata anzi, mi piaceva tenere testa al suo sguardo di sfida.

" dove mi porti? " chiesi afflitta, avrebbe vinto lui. Sapevo che mi avrebbe fatta uscire di qui di peso se non l'avessi seguito. Quindi tanto valeva dargliela vinta. Sul suo viso si dipinse una smorfia di vittoria. Si alzò dalla poltrona per poi porgermi una mano che accettai volentieri.

Quando fui in piedi Shane si trattenne dal ridere, ora cosa diavolo aveva che non andava.

" direi che il pigiama non è adatto " alle sue parole mi guardai e si il mio pigiama non era adatto, ma anche imbarazzante da vedere, rosa con piccole zebre sui pantaloni. Decisamente non il pigiama adatto da sfoggiare davanti ad un ragazzo così carino

" mi cambio e arrivo " annuì per poi continuare a fissarmi. Lo guardai più a fondo, doveva uscire! Era così difficile da capire. Gli indicai la porta, così che adesso capisse veramente cosa doveva fare.

" ti ho già vista mezza nuda " lo guardai allibita e sconvolta, ma che diavolo, eravamo in un ospedale. Sarebbe potuto entrare chiunque e fraintendere, tra questi chiunque c'era mia madre.

" va bene! " gli dissi per poi afferrai i miei vestiti e dirigermi in bagno

" ora dove vai?" mi chiese confuso

" in bagno " vidi un sorriso divertito apparire sul suo volto. Era strano come all'inizio sembrasse una persona così brutta e cattiva e come in realtà fosse anche questo. È strano, sembra proprio come un libro da una brutta copertina - anche se la sua copertina è tutto meno che brutta - ma ciò che ti aspetti sia il contenuto è totalmente diverso da ciò che è in realtà.

" allora, andiamo? " richiamai la sua attenzione, il quale stava guardando le pareti colorate della camera. Siccome nel reparto di oncologia si respirava solo una brutta aria, per rendere il tutto meno insopportabile, il direttore ci diede la possibilità di dipingere l'intero reparto e le camere. Me lo ricordo come se fosse ieri. I bambini erano felicissimi, noi grandi ci eravamo rilassati, era stata una giornata bellissima e nessuno aveva pensato al dolore che ci accomuna. Era come se fossimo persone diverse, persone che stavano bene.

" andiamo - disse venendomi incontro - ma prima " estrasse dalla tasca posteriore dei suoi jeans una bandana

" cosa ci devi fare con quella?" non ero stupida ma non mi andava di indossarla. Volevo vedere il mondo, mi mancava poco tempo da vivere, volevo vedere quel poco che mi restava.

" ė una sorpresa, fidati di me " ė difficile fidarsi di una persona che si conosce così poco, pur stando bene in sua compagnia. Ma per adesso posso fidarmi di lui perché mi ha dato solo buone impressioni. Anche se sono ancora dell'idea che si sta comportando in questo modo solo per via del cancro, che il vero lui, ovvero il ragazzo della festa, sia celato dietro questo aspetto. Che mi stia mostrando solo questa parte di lui, ma io voglio conoscerlo tutto, non solo il ragazzo che vuole rendere belli questi giorni perché non c'è riuscito con sua madre.

Feci un respiro profondo per poi dargli le spalle e aspettare che mi bendasse. Non mi piaceva essere all'oscuro, mi piaceva sapere le cose.

"non ti farò male Nikky, non di nuovo. Fidati e rilassati " mi sussurrò all'orecchio. Il mio corpo si riempì di brividi a causa della sua vicinanza e del suo tono di voce così profondo.

Mi prese la mano per poi guidarci tra le mura dell'ospedale. Capii che eravamo usciti quando venni investita da una folata di aria fredda.

" dovrai tenerti molto forte perché siamo in moto e tu non vedi " ora ne ebbi la conferma, questo ragazzo era tutto pazzo, voleva veramente uccidermi prima del previsto

" stai cercando di uccidermi?" gli chiesi il più seria possibile lasciando però trasparire una piccola vena di ironia

" e chi lo sa!!! " non riuscivo nemmeno a capire se fosse davanti a me, o stessi parlando con il vuoto e lui si stava prendendo gioco di me.

Shane afferrò la mia mano e ci avviammo verso la sua moto, non mi ero mai fidata di nessuno in questo modo, doveva ritenersi più che fortunato. Gli stavo affidando la mia vita, era tutto nelle sue mani.

Quando sentii di essere stata presa di peso, capii che eravamo arrivati alla sua moto e che mi stava aiutando a salire, una volta che mi ritrovai seduta, il moro mi mise il casco tirando giù la visiera. Senti il suo corpo a contatto con il mio, dedussi si fosse seduto, così senza perdere tempo avvolsi le mia braccia al suo corpo

" guarda che non siamo ancora partiti " mi disse, notai un pizzico di divertimento nel suo tono.

" parti e stai zitto " gli dissi cercando di sembrare il più scherzosa possibile. A parte avere una paura sovrumana per la moto, il motivo che mi portava a tener strette le braccia sul suo corpo era che mi piaceva. Mi sentivo al sicuro e mi piaceva il calore che il suo corpo emanava, mi piaceva la sensazione delle mie mani sul suo corpo muscoloso. Mi piaceva e basta, anche se poi mi rendevo conto che eravamo su una moto e che James non sapeva cosa voleva dire andare piano. E soprattutto sapevo che era tutto a senso unico, Shane non avrebbe mai provato l'attrazione verso di me che io provo per lui.

Quando la moto si fermò capii che eravamo arrivati, ero decisamente curiosa di sapere dove mi stesse portando, anche perché non volava una mosca. Eravamo avvolti nel silenzio e l'unico rumore che si percepiva era il soffio forte e tagliente del vento.

Il moro mi aiutò a scendere dalla moto, togliendomi il casco ma lasciandomi la benda ancora sugli occhi

" quando deciderai di farmi vedere dove siamo?" gli chiesi un po' irritata, eravamo arrivati quindi poteva benissimo slegarmi la benda dagli occhi, mostrarmi dove eravamo e cosa gli era venuto in mente.

" ragazzina, sei molto impaziente " disse Sean per poi afferrare la mia mano e cominciare a camminare, trascinandomi dietro come un sacco di patate, siccome era parecchio difficile star dietro al suo passo senza vedere nulla.

" non chiamarmi ragazzina, ho solo un anno in meno di te " gli dissi leggermente irritata continuando a seguirlo anche se non vedevo nulla in realtà, magari stavo lanciando sguardi cattivi al vuoto. Sentii la sua profonda risata, era divertito del mio nervosismo. Com'era carino.

" in realtà sono due, sono stato bocciato alle medie " cercai di capire come fosse possibile essere bocciati alle medie, quando sentii la mancanza della terra sotto i miei piedi. Percepì il corpo massiccio di Sean troppo vicino al mio e le sue mani sui miei fianchi, capì che mi aveva preso in braccio. Se gli dava fastidio il mio essere così lenta, poteva benissimo togliermi la benda dagli occhi.

" aspetta un paio di minuti e potrai ritornare a vedere " sussurrò nel mio orecchio, il mio corpo si riempì di brividi quando sentii il suo respiro, e il suo profumo mi inebriò. Era divertente come ci si potesse ubriacare con del semplice profumo.

Mi rimise a terra, ma rimase comunque attaccato a me. Ci furono un paio di minuti, poi cominciai a sentire freddo, la mia pelle si riempì di brividi, ma la causa non era la vicinanza del moro. Quando percepì le sue mani all'altezza del volto e poi vidi la bandana volare via, rimasi a bocca aperta. Sotto di noi si poteva ammirare tutta la città nel suo splendore. Non potevo credere che l'avesse fatto davvero.

" mi hai detto che ti sarebbe piaciuto volare, non so guidare un aereo. Ma credo che la sensazione sia simile " mi disse all'orecchio per cercare di sovrastare il rumore del vento. Non riuscivo a parlare, quindi afferrai le sue mani, che erano distese lungo i miei fianchi e gli feci capire che mi piaceva e che stavo letteralmente credendo di volare. Nessuno aveva mai fatto qualcosa di questo tipo per me.

Sentii il peso di qualcosa coprirmi, mi distrassi dal paradiso sotto ai miei piedi e notai che aveva posato la sua giacca di pelle sulle mie braccia. Mi girai verso di lui, era in maniche corte

" non voglio che ti ammali per colpa mia " gli dissi mentre mi levavo la sua giacca, ma bloccò il mio movimento rimettendola al suo posto.

" preferisco ammalarmi io " lo guardai negli occhi per brevi attimi, tutti si prendevano cura di me, tutti volevano che stessi bene, mamma mi trattava come se fossi sotto una campana di vetro, non amavo che la gente avesse questa morbosa e opprimente attenzione per me e per la mia salute... ma stranamente il modo così semplice e gentile con cui lo fece lui, non mi diede fastidio.

Tolsi la giacca dalle mie spalle e con un po' di fatica la rimisi al proprietario, e poi senza pensarci troppo mi fiondai tra le sue braccia. Pensai al mio gesto e a come diavolo avevo potuto pensare ad una cosa così, quando ormai il danno era fatto.

" se volevi che ti abbracciassi, bastava chiedere " scossi la testa per poi tirargli una leggere pacca sulla schiena per poi sentirlo decisamente ridere con gusto, una di quelle risate che ti nasce da dentro.

" smettila, e piuttosto cerca di non farmi ammalare " Shane intensificò la stretta su di me. Era così strano, sentirsi come a casa?

" perché non dici semplicemente a Jade che non vuoi fare le cose che lei ha messo nella lista?" mi chiese tutto d'un tratto, riportandomi alla realtà. Ci eravamo seduti sulla mongolfiera, ero ancora tra le sue braccia e il suo petto era aderito alla perfezione alla mia schiena. Ad un certo punto, avrei giurato di aver sentito caldo.

" perché vedo quanto amore ci mette, non voglio dirle che molte di quelle cose non mi interessano, ci resterebbe male perché ci sta mettendo tutta se stessa nel rendermi ogni momento della mia vita più vivibile, se non ci fosse lei a quest'ora non so dove sarei " non le avrei mai detto niente, le volevo troppo bene ed era la persona che mi era stata più vicina di tutti e che non mi aveva mai fatto sentire male.

" capisco, ma tu cosa vuoi fare veramente?" cos'avrei voluto fare davvero non lo sapevo, in realtà non ci avevo mai pensato. Anche se nel corso della mia vita c'erano state un sacco di cose che avrei voluto fare.

" mi piacerebbe vincere a poker... anche se non ho idea di come si giochi - quando avevo circa sette anni avevo beccato mio padre ad insegnare ai miei fratelli come giocarci, io ero stata subito rapita dal colore delle fish, quando avevo chiesto di giocarci. Tino mi aveva risposto che ero troppo piccola e quando sarei cresciuta mi avrebbe insegnato lui, ma ormai non c'è più tempo, e io non glielo ricorderò perché so che si sentirebbe in colpa per non essersi ricordato – voglio fare un bagno sotto una cascata - mi immaginavo la scena di un grande film – imparare a giocare a baseball - anche se non l'avrei detto a mio padre, era un fissato con il football, era persino in disaccordo quando da piccola avevo scelto il calcio e non qualche altro sport – voglio fare un viaggio in auto, voglio girare il mondo, andare in Cina a vedere la muraglia cinese e l'esercito di terracotta...voglio sposarmi, voglio avere dei figli... voglio imparare il Valzer. Sono tutto ciò che per adesso mi viene in mente " sentii le mani di Shane che si posavano sulla mia vita, e senza troppa forza mi mise in piedi, per poi seguirmi. Mi porse la mano, che accettai confusa, non riuscivo a capire cosa avesse in mente

" per il valzer possiamo rimediare subito " rispose alla mia silenziosa domanda

" ma non c'è la musica " lui alle mie parole estrasse il suo cellulare dalla tasca della giacca, mi porse una cuffia dalla quale cominciò a fuoriuscire una musica incalzante, mise l'altra cuffia per poi rimettere il cellulare al suo posto. Appoggiò una mano alla base della mia schiena mentre io appoggiai la mia sulla sua spalla. Mi diede il via semplicemente guardandomi, un accenno di sguardo e da lì cominciammo a muoverci. Mi guidava come un vero maestro, e nell'orecchio senza la cuffia mi sussurrava i passi che dovevo compiere, ci vollero un paio di piedi pestati prima che capissi come muovermi. Lui mi sorrideva ad ogni sbaglio, sussurrandomi che non mi dovevo scusare ogni volta. Quando presi il via mi lasciai trasportare da lui e dalla musica, smisi di guardarmi i piedi, concentrando la mia attenzione sui pozzi azzurri davanti a me.

" come hai imparato? " gli chiesi dolcemente evitando di rompere la magia che si stava creando.

" quando avevo sedici anni ero decisamente intrattabile. I guai per me erano all'ordine del giorno, cercavo di attirare l'attenzione di mio padre nel modo peggiore, facendomelo nemico. Fino a quando decise che non sapeva più cosa farsene di me, così mi spedì per sei mesi da mia nonna. Passai le prime settimane da lei, chiuso in camera mia a far crescere l'odio verso mio padre. Lei si stufò di vedermi sempre con il muso, arrabbiato con il mondo, così cominciò a parlarmi, a farmi conoscere veramente il mondo per ciò che è, mostrandomi che il modo in cui lo vedevo io era sbagliato. Mi fece amare la vita, mi raccontò di mia madre e di come lei non volesse vedermi buttare via le possibilità che la vita mi offriva. Poi un pomeriggio, la beccai con delle amiche e un po' di gente a fare lezioni di ballo, mi chiese se gentilmente le facessi da partner e anche se le dissi che non ero capace, mi prese per mano lo stesso e mi insegnò il valzer. Di tutta la mia adolescenza, quei sei mesi sono gli unici giorni che, anche se per poco, desiderai non finissero mai " ero egoista, fin ad ora avevamo sempre parlato di me e del mio problema, perché era questo che faceva. Il cancro cancellava i problemi degli altri diventando il protagonista di un discorso. Non mi ero mai soffermata su di lui, non gli aveva mai chiesto come stesse, se pensasse ancora a sua madre, se avesse dei problemi, se fosse triste, se rimpiangesse qualcosa... ero sempre e solo io al centro del discorso

" deve essere una donna fantastica " gli dissi cercando di trasmettergli tutto il calore che potevo.

" è la migliore... mi piacerebbe fartela conoscere "

" sarei onorata di conoscerla " gli sorrisi, e lui lo fece con gli occhi, per poi stringermi in un abbraccio e continuare a ballare ad un ritmo più lento e più intimo. Ci stavamo avvicinando, come amici, come persone...e come anime. Ma non capivo se era un bene, non capivo se avrei dovuto lasciarlo andare o no. Sarebbe diventata un'altra persona a cui avrei dovuto dire addio senza volerlo, la quale avrebbe sofferto nel dire addio alla sottoscritta... non volevo far soffrire altre persone che non se lo meritavano.

Quando fummo davanti a casa mia mi girai verso Shane mentre gli porgevo il casco.

" mia madre fa una sfilata questa sera in ospedale... sarebbe bello se venissi " non aspettai una sua risposta, semplicemente aprì la porta, lasciandolo in piedi davanti a casa mia con in mano il casco che gli avevo appena ridato.








Mamma stava urlando indicazioni a destra e a manca, mentre noi ragazzi ci stavamo vestendo man mano, sapevo quanto le sfilate la rendessero nervosa, quindi avevo semplicemente detto a tutti di evitarla come la peste fino ad un'ora prima di salire in passerella. Ma ormai mancava meno di mezz'ora, ed eravamo già stati truccati, aveva chiamato i più bravi make-up artisti di tutto il paese, mia madre aveva agganci in ogni campo, ma era normale gli servivano per tutte quelle volte all'anno in cui faceva sfilate per il suo marchio di moda.

Quando ero una bambina mi ricordo tutte le volte che cercava di portarmi con lei prima di una sfilata, diceva che ero troppo un maschiaccio a causa dei miei fratelli e mio padre che mi insegnava a giocare a football, quando già di mio avevo scelto il calcio. Da bambina maschiaccio il quale ero, mi ero molto sorpresa la prima volta che avevo messo piede in un ambiente del genere, c'erano un sacco di ragazze altissime in accappatoio con la faccia colorata in modo strano e i capelli acconciati in modo buffo, ma ognuna di loro mi aveva regalato un caloroso sorriso. Mamma non poteva seguirmi, quindi mi affidava a Jean-Claude tutte le volte. Era il suo braccio destro, e mi divertivo tantissimo con lui, mi faceva fare il giro delle quinte in braccio e poi mi lasciava del tempo per giocare con i trucchi. Erano dei bei ricordi, quindi fu inevitabile non sorridere.

" terra chiama Nikky! " mi disse Johanna sventolando una mano davanti alla mia faccia. Mi ripresi immediatamente

" scusa mi ero persa nel mio mondo "le dissi per poi alzarmi dalla sedia dove ero seduta

" l'avevo immaginato. Tua madre mi ha mandato a chiamarti, tra poco tocca a te " mi ero persa per così tanto tempo? Ero il numero di chiusura e mi ero persa tutti i miei amici sfilare. Era una tematica difficile la nostra, ma mia madre creò qualcosa di magnifico. Sia noi che i bambini eravamo vestiti con abiti molto eleganti, avevamo gli occhi super colorati, ognuno sfilava a coppia con un bambino o qualcuno della sua età. Ma la cosa che colpiva tutti e che nessuno indossava una parrucca, e be, per la sottoscritta era un problema a parte i miei genitori, le infermiere, Jade e i ragazzi dell'ospedale, non amavo andare in giro a mostrare la mia testa pelata.

" ok tocca a te " mi disse mia madre facendomi segno di avvicinarmi, mi controllò da testa a piedi per poi spingermi sulla passerella, di fronte a me vidi il piccolo Lucas. Io ero la più vecchia, non di età, ero quella che era da più tempo nell'ospedale... mentre Lucas era appena arrivato, aveva otto anni e aveva una leucemia mieloide, sorprese un po' tutti dato che era frequente negli adulti e non nei bambini, ma Lucas era stato preso subito e rispondeva bene alle cure. Gli schioccai un occhiolino per poi afferrare la sua piccola manina, era avvolto in un abito bianco con cravattino rosso come la rosa nel suo taschino, i quali si abbinavano alla perfezione con il mio vestito rosso dotato di spacco laterale. Quando sentii che la sua manina non mi sarebbe sfuggita di mano, ci incamminammo verso la passerella. Lo sguardo di Lucas viaggiava a destra e a sinistra, credo fosse in cerca della sua mamma. Io guardavo lui e sorridevo a quel bambino, molte volte pensavo a tutti bambini dell'ospedale e mi chiedevo perché Dio fosse così cattivo. Io avevo quattordici anni quando mi ammalai e a sedici anni sapevo di non avere più speranze, eppure ero arrivata a diciotto anni... ma cosa più importante mi ero goduta la mia infanzia. Loro non sapevano cosa voleva dire vivere un'infanzia felice, perché la malattia li aveva colti prima di poter amare il mondo. E ritengo che questo non fosse giusto, strappare dal mondo una così piccola vita era bruttissimo. Passavo molto tempo nel reparto di oncologia infantile e cercavo sempre di giocare con i bambini per farli divertire. Mi ricorderò sempre di quando due anni fa, venne a mancare una bellissima bambina di sei anni, non mi ricordo un giorno in cui non fosse felice... eppure Dio l'aveva strappata dalla sua mamma e dal suo papà i quali erano distrutti. Un'infermiera si era avvicinata a loro e gli aveva detto "Dio aveva bisogno di un angelo" la madre smise momentaneamente di piangere e guardò l'infermiera e le disse

" Dio mi ha donato un angelo meraviglioso per poi riprenderselo troppo presto, perché mi ha donato qualcosa che aveva già intenzione di riprendersi. Mi ha portato via la ragione di vita. Quindi non guarderò più Dio come facevo una volta " avevo ripensato a quelle parole per una settimana intera, arrivando alla conclusione che la donna aveva ragione. Dio aveva voluto un angelo di fianco a sé, ma quella donna avrebbe smesso di vivere. Ritengo che allora era meglio non nascere se poi avrei dovuto creare così tanto dolore a molte persone. Parlai anche con l'infermiera di quel giorno e quando le chiesi, lei mi rispose "ti ha dato la possibilità di conoscere due persone stupende, che ti amano, dei fratelli che darebbero la vita per te. Ti ha mostrato ciò che ha creato e ti ha dato la possibilità di vivere, se ti vuole con sé pensa solo a una cosa... che si sente estremamente solo e che ha bisogno di voi per evitare che il mondo diventi un posto orribile " pensai che fosse egoista e che io volevo vedere e amare ancora la mia famiglia, era come se lui mi desse del tempo per farlo, ma io volevo farlo in eterno. Quando scoprimmo che ormai non mi restava più granché capii due cose, che dovevo vivere a pieno quel poco che rimaneva e non pensare se Dio fosse o non fosse crudele. 


https://youtu.be/nIJr5lT0KOg

Quando Lucas sentì Paradise dei Coldplay fuoriuscire dagli altoparlanti incominciò a cantarla con la sua morbida vocina, seguiva il tempo con la sua testa e cominciai a cantare anch'io, ci volle veramente poco prima che tutti i presenti si misero a seguire me e questo dolcissimo bambino sulle note di una canzone meravigliosa. Quando arrivammo alla fine della passerella, mi abbassai alla sua altezza e continuai a cantare insieme al pubblico, notai che anche gli altri ragazzi erano usciti dalle quinte e ci avevano raggiunto continuando la canzone.

Mi accorsi di star piangendo solo quando Lucas allungò la sua manina per togliere una lacrima dai miei occhi, sorrisi a quel gesto, per poi stringere quel bambino tra le mie braccia. La gente continuava a cantare, il mio cuore, non riuscivo a capire, se fosse felice o triste. Mi sembrava così tanto un addio.

Intercettati gli occhi azzurro cielo di Shane, era in mezzo alla mia famiglia ma i suoi occhi non mollavano un attimo la mia figura, mi stava parlando senza aprire bocca, e sorprendentemente riuscivo a capire ogni singola parola che mi diceva.

Quando la canzone fu quasi al termine mi sorpresi nel vedere che tutti i ragazzi si erano abbassati alla mia altezza e a quella di Lucas, e mi stavano abbracciando. E lì la sensazione di star dicendo addio alle persone che avevano passato così tanto tempo con me si fece sensata.

In quel gruppo troppo abbondante ero l'unica ad aver avuto un risultato negativo agli esami, e stranamente mi sentivo felice di ciò, perché erano delle persone bellissime e il mondo li avrebbe rimpianti se Dio avesse deciso di portarseli con sé.

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Mi scuso per aver aggiornato solo ora, ma siccome la tematica che sto trattando non è semplice, quindi devo essere in uno stato emotivo particolare. In più la scuola occupa gran parte del mio tempo.

Ringrazio tutti coloro che stanno leggendo la mia storia e spero che vi piaccia?

Fatemi sapere cosa ne pensate...

un bacio, buona serata

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