N° 76 VEDERE IL MARE
CAPITOLO 3
Apro gli occhi, sono in ospedale, nessuna novità. Ormai passo la maggior parte del mio tempo qui, per cosa? Per niente, non c'è una cura che mi tenga in vita e abbiamo già provato con il trapianto. Il cancro mi porterà via. Mi chiedo perché continuare, capisco la motivazione delle continue cure, perché mia mamma non accetterà mai l'idea di perdermi, però sa già quale sarà la mia fine. La chemio rende le trentasei settimane vere, se smettessi il tempo potrebbe diminuire... oppure no, ma nessuno della mia famiglia è disposto a verificarlo facendomi smettere le cure.
Lentamente mi metto a sedere, mia madre è intenta a disegnare sul suo blocco da disegno qualche modello, è seduta tutta storta sulla poltrona. Mi perdo ad osservarla, lo stress a cui è sottoposta non ha scalfito la sua bellezza, Il ciuffo castano le ricade sull'occhio destro che prontamente continua a spostare, mi chiedo come faccia a vederci bene. Si sta mordendo il labbro com'è solita fare quando è concentrata ed è comparsa la ruga di indecisione tra le sopracciglia, quello che sta disegnando non la convince. La sua mano continua imperterrita a ricalcare il contorno della gonna. Quando crea nuovi abiti è nel suo mondo, tutto il resto si spegne, scompare e lei sembra stare bene.
Non ho paura della morte, ho più paura di ciò che causerà, delle conseguenze, di ciò che resta. Non credo in Dio, anche se mia madre prega tutte le sere. Per me è più una questione di destino, ha scelto che non dovessi vivere e io l'ho accettato. Ma non accetto di non poter vedere i miei fratelli crescere, sposarsi, avere dei figli, non vedere i miei genitori invecchiare e giocare con i nipoti. Non poter innamorarmi e non avere dei bambini. Non potrò provare le esperienze più belle che la vita ti concede.
Ma la cosa che mi fa più paura è l'essere dimenticata, che loro con il tempo si dimentichino di me. Che di me rimanga un soffio, qualcosa che è esistito ma ora non c'è più. Dimenticheranno la mia voce, il mio volto, il mio modo di essere, i miei occhi verdi, le lentiggini sparse qua e là sul mio viso. Come io ho paura di cosa ci sarà dopo, avrò dei ricordi o mi dimenticherò di loro? li vedrò? potrò fare qualcosa per loro? Cosa c'è dopo?
Mia madre si gira verso di me percependo il mio sguardo su di lei. Mi guarda allarmata, solo ora mi rendo conto che dai miei occhi sono scese due lacrime.
" amore tutto ok? " mi chiede alzandosi per venirmi incontro. Annuì, apprestandomi a scacciare via le lacrime dalle mie guance.
" si mamma, tutto ok " le dissi per poi spostare le lenzuola dal mio corpo. Volevo andare a casa. Mia madre mi porse un bicchiere d'acqua poi mi aiutò a vestirmi. Quando notai l'orologio sul muro vidi che segnava le tre e venti. Non è che ci sperassi, non avevo nemmeno voglia di andare chissà dove mi avrebbe portata. Ma avevo avuto la conferma che era un'altra di quelle persone che acquisiva un determinato comportamento solo perché ero malata.
Tolsi il pigiama per poi con l'aiuto di mia madre infilare i jeans neri, la felpa bordeaux e gli stivali. Mi mise il cappello sulla testa per poi stamparmi un bacio sulla fronte. Riuscivo benissimo a vestirmi da sola ma ogni volta che finivo una seduta di chemioterapia ero molle come uno straccio.
Quando feci per alzarmi dal letto fui invasa dalla nausea, mia madre notando il mio disagio afferrò la bacinella di fianco al mio letto per poi mettermela davanti alla faccia. Odiavo vomitare, ogni volta mi lasciava un bruciore in gola insopportabile, credo che nemmeno l'inferno bruci così tanto.
" signora Red " mia madre fu chiamata dall'infermiera. Così uscì, lasciandomi da sola. Strofinai gli occhi per poi alzare lo sguardo, feci un balzo a causa dello spavento. Sulla porta c'era Shane che mi guardava, con le braccia incrociate e la spalla appoggiata allo stipite, sperai che non mi avesse visto vomitare.
" cosa ci fai qui?" gli chiesi confusa. Scesi dal letto con molta più calma, vidi il moro farsi un po' vicino
" hai bisogno di una mano " mi chiese gentilmente. Scossi la testa
" non hai risposto alla mia domanda " gli dissi per poi afferrare la mia giacca e la borsa.
" ti avevo detto chi ti sarei venuta a prendere e ti avrei portata in un posto. E scusa il ritardo ma gli allenamenti sono durati più del previsto " mi prese la borsa, e poi si avviò con me all'esterno.
" mia madre non ti darà mai il permesso " gli dissi, mentre l'aspettavamo fuori dall'ospedale.
" in realtà me l'ha già dato " mi girai di scatto verso di lui, che cosa diavolo aveva appena detto. Era impossibile mia madre... lei... non mi avrebbe mai fatto uscire con uno sconosciuto
" è impossibile " gli dissi ovvia, sistemandomi meglio la cuffia.
" Travis le ha detto ieri sera che oggi saresti andata a fare un giro con una tua amica per distrarti " lui e mio fratello erano due brutte persone, e poi Travis??? non ci potevo credere
" tu non sei una donna " gli dissi, mi guardò più che ovvio e con un pizzico di malizia
" ma questo tua madre non lo sa " mi disse tendendomi la mano. Feci passare un paio di volte lo sguardo dalla sua mano tesa al suo volto. Cosa aveva in mente questo ragazzo? Presi un respiro profondo prima di afferrare quella mano grande, poi ci avviammo verso i parcheggi.
" io non salirò mai su quella cosa " dissi a Shane, ero una povera malata. Cosa gli era venuto in mente di venirmi a prendere in moto. Mi sarei potuta ammalare.
" invece salirai " mi disse porgendomi il casco. Scostai la testa. Quando Jade aveva messo questo punto nella lista, avevo tirato un sospiro di sollievo, perché non conoscevo nessuno con una moto e i miei fratelli preferivano decisamente le auto veloci. Le moto non avevano mai attirato la mia curiosità.
" altrimenti " gli dissi con sguardo di sfida. Mi fece un sorriso un po' perfido per poi posare il casco sulla moto e farsi vicino. Ok, cosa aveva in mente? Feci un passo indietro ma lui fu molto più veloce, infatti riuscì ad afferrarmi e con movimenti veloci mi fece sedere a cavalcioni sulla moto. Aveva fatto il tutto con nessun tipo di sforzo, ok che pesavo poco, ma i miei quarantotto chili e mezzo c'erano tutti.
" ora non vai da nessuna parte " mi schiacciò un occhiolino per poi mettermi il casco che si prestò ad allacciare. Alla fine posò il suo dito indice sulla mia fronte, la visiera era ancora alzata e gli diede un piccolo colpetto per farla abbassare.
" fidati di me Red " disse per poi sedersi e infilarsi il casco. Era buffo se ci mettevi a confronto, lui era in jeans e maglietta, io avevo felpa e giacca. Ed era una giornata di maggio abbastanza calda, ma non per me. Prese le mie mani per poi portarsele davanti e stringerle
" pronta?" mi chiese girando la testa di quel poco per vedermi.
" cambi idea se dico di no " mi sorrise scuotendo la testa per poi mettere in moto. Terrorizzata mi strinsi ancora di più a lui. Se ero già terrorizzata adesso, non volevo immaginare quando avrebbe accelerato.
" si può sapere dove andiamo " urlai per farmi sentire dal moro, i caschi e l'aria che tagliavamo facevano da cappa rendendo difficile la comunicazione.
" è una sorpresa " e a quelle parole non cercai di indagare. Mi limitai a cercare di tranquillizzarmi e godermi il viaggio.
Quando vidi in lontananza il mare il mio cuore cominciò a galoppare, era da molti anni che non venivo in spiaggia. I miei erano sempre impegnati e a nessuno dei miei fratelli era mai venuto in mente che magari mi andava di rivederlo prima di morire. Era strano come ad un estraneo fosse venuto in mente. Anche perchè vivendo a Miami è difficile non pensare al mare.
Accelerò di poco, per poi girare a destra percorrendo una stradina di ciottoli e sabbia. Credevo avrebbe parcheggiato quando in realtà continuò dritto fino al mare. Avevo leggermente il timore che andasse dritto, fino a quando l'acqua non ci avrebbe sommersi. Ma all'ultimo girò percorrendo tutto il perimetro della spiaggia, piccoli rivoli di acqua colpirono i nostri corpi, infatti la t-shirt di Shane si stava incominciando a bagnare.
Quando fummo arrivati alle prossimità di una scogliera, Shane spense la moto
" sorpresa?" mi chiese mentre si girò per togliermi il casco. Una volta che la mia testa fu liberata da quel coso annuì con vigore. Cominciai ad osservare ogni dettaglio, poi chiusi gli occhi per prendere una lunga boccata d'aria. Mi era mancato l'odore del sale e quel leggero venticello, sufficiente a farti scompigliare i capelli, ma quella sensazione non potevo più provarla. Però nella mia mente si focalizzò l'immagine di una bambina, seduta a riva intenta a fare castelli di sabbia, con il vento che le scompigliava i capelli.
Shane scese dalla moto per poi porgermi una mano e aiutarmi a fare lo stesso, la spiaggia di Cape Florida State Park era bellissima.
" come mai il mare?" non mi sembrava il tipo, ma forse lo stavo giudicando un po' troppo frettolosamente e basandomi solo sul suo aspetto. Prese un telo dalla moto per poi stenderlo sulla sabbia.
" mi è sempre piaciuto e mi calma molto, vengo qui molto spesso " disse osservando anche lui la distesa d'acqua situata dinanzi a noi. Ci sedemmo sul piccolo telo da spiaggia e in silenzio ammirammo il mare. Ma dopo un po' il silenzio cominciò ad essere opprimente, e la mia testa cercava di dare una risposta sul perché questo ragazzo abbia deciso di fare qualcosa per una sconosciuta.
" perché fai tutto questo? " chiesi continuando a guardare il mare davanti a me. Mi misi ad osservarlo come da bambina per attimi infiniti, il movimento continuo delle onde del mare. Di come si infrangevano sugli scogli e di come la sabbia cambiasse colore quando veniva bagnata.
" perché so cosa vuol dire " riuscì a sentire il suo sguardo su di me, non c'era bisogno che mi voltassi per averne la conferma
" non credo " nessuno riusciva a capire cosa volesse dire restare per ore in un ospedale. Effettuare trapianti, visite, esami e aspettare. Ecco l'attesa forse era una delle cose più brutte, un'attesa lunga, per quanto breve, che ti faceva vivere attimi, istanti, giorni, come se fossero lunghi anni di angoscia. Non sapevi mai se sarebbe andato tutto bene, o tutto male. Mi girai a guardarlo, il suo si era rabbuiato e notando il mio, ritornò a guardare il mare.
" mia madre è morta di tumore quando avevo dieci anni " decisamente l'ultima cosa che mi aspettassi. Non ero brava a capire le persone, ma i miei genitori li capivo benissimo, capivo bene anche i miei fratelli e quello che dovevano passare avendo una persona in famiglia malata. Ma lui era piccolo, e mi si formò un groppo in gola nel pensare ad un bambino, ai piedi del letto d'ospedale della propria madre.
" mi dispiace " so che le persone non volevano sentirselo dire, ma io sapevo realmente cosa volesse dire quella parola, che peso avesse. E mi dispiace che quel bambino non abbia potuto fare niente per la propria madre. Vidi un leggero sorriso sulle sue labbra, capì anche dal suo sguardo, che stava cercando di ricordarla.
" non mi ricordo molto, ma so solo che non sono riuscito a fare niente " come un gesto meccanico la mia mano si posò sulla sua spalla. Per certe cose non si può fare niente. Decisi di non rispondere, limitandomi ad ascoltare le sue parole
" volevo almeno renderle migliori gli ultimi giorni, invece no. Non volevo andare a trovarla perché non mi piaceva vederla in quello stato. Quando lei in realtà voleva solo vedermi. Non l'ho mai salutata, non le ho mai detto quanto le volessi bene. Ed ora che il ricordo di lei è così lieve, mi pento di aver preferito stare dai nonni che essere con lei " era solo un bambino, si sta incolpando di troppe cose che non era in grado di comprendere appieno. Decisi di fare una cosa che sorprese entrambi, lo abbracciai
" avevi dieci anni. Eri un bambino che non accettava di vedere la madre morire. Non è una brutta cosa, stavi solo cercando di soffrire il meno possibile " lo guardai negli occhi, io stavo per mettermi a piangere, mentre lui era freddo e gelido. Credo sia ancora arrabbiato con se stesso
" ma non me lo perdonerò mai " disse non staccando gli occhi dai miei
" be, siccome io sto per morire e questo mi dà poteri speciali, ti perdono io. E dirò io a tua madre, che la ami. Anche se credo lo sappia già " cercai di fare il sorriso più sincero e sano possibile, ma credo sia solo uscita una smorfia un po' sbilenca. Ritornai a guardare il mare, forse mi ero allargata un po' troppo.
" Nikky! " chiamò il mio nome, forse non aveva apprezzato la mia iniziativa, ma io sua madre l'avrei cercata comunque
" si " gli dissi girandomi a guardarlo. Il suo viso si era rasserenato, e sul suo volto c'era un sorriso enorme, tanto che mi serrò il respiro
" dammi la possibilità di rendere questi ultimi mesi, i più belli della tua esistenza " stava veramente dicendo sul serio. No, impossibile. Nessuno vuole passare le proprie giornate con una malata terminale.
" non sei obbligato a farlo James " non volevo la carità di nessuno, a me andava bene vivere anche così. Poi avevo la mia lista con Jade a cui stavo lavorando.
" per favore, non sono riuscito a salvare mia madre. Posso sempre salvare te " io non potevo essere salvata. Io sarei morta, non credevo nei miracoli, e anche se avessero reso il tutto più sopportabile, sarei mora comunque
" ho una lista " non so se era giusto parlarne con lui, ma lui si era confidato con me. Non avevo ancora accettato, perché non volevo che sottraesse del tempo alla sua vita universitaria, per una come me.
" di che si tratta? " mi chiese, si sedette più vicino, non mi diede fastidio, anche se nessuno si era mai seduto vicino a me. Di solito la gente mi fissava e basta.
" ci sono tutte le cose che voglio fare prima di morire, la maggior parte le ha scelte Jade perché le mie sono irrealizzabili " come andare in moto, era un sogno della bionda non mio.
" quali sono queste idee irrealizzabili?" Jade era stata gentile, le aveva comunque inserite, anche se non le avrei mai fatte
" sono troppe, decisamente troppe, ma mi piacerebbe volare e fare un viaggio in auto per tutta l'America " mia madre non mi lascerebbe mai fare un viaggio da sola e figuriamoci farmi precipitare da un aereo.
" voglio aiutarti, voglio darti una mano a depennare tutti i punti su quella lista " scossi la testa. Questo ragazzo era pazzo se pensava che avrei potuto fare tutto questo. Lo vidi cominciare a togliersi le scarpe per poi sfilarsi la canotta, mi girai ad osservarlo con un sopracciglio alzato. Ero confusa. Quando venni a contatto con il suo fisico rimasi un attimo bloccata. Era super muscoloso e molto attraente, era totalmente ricoperto di tatuaggi, non c'era una parte bianca. E i piercing al capezzolo mi provocarono un brivido lungo tutta la colonna vertebrale, erano sexy su di lui e molto accattivanti. Ma solo un pazzo avrebbe potuto fare una cosa del genere.
" cosa hai intenzione di fare?" gli chiesi cercando di far prendere ai miei pensieri un'altra piega, smettendola di mangiare con gli occhi il ragazzo di fianco a me.
" tu cosa credi?" se le sue intenzioni erano davvero quelle, era proprio un pazzo
" ma ti ammalerai, è congelata l'acqua " era maggio e non eravamo ancora in piena estate, oggi era stranamente caldo, ma l'acqua era ancora fredda.
" forza " mi disse porgendomi la sua grossa mano una volta che si spogliò tutto restando solo in boxer. Era pazzo, se credeva che l'avrei seguito
" fuori discussione, è troppo freddo per me " viaggiavo come se fosse pieno inverno. Sarei morta congelata li dentro.
" ti scaldo io " no, decisamente no. Sarei potuta svenire se mi avesse anche solo guardata, figuriamoci abbracciata. Scossi la testa con vigore.
" di cosa hai paura?" mi chiese con sguardo divertito. Di morire, ecco di cosa avevo paura. Ma non l'avrei mai ammesso a nessuno
" di nulla, ma di certo non voglio morire così " lo sentì ridere, di una grossa risata
" ti prometto che non morirai. Ti perderai una bella cosa, che potresti depennare dalla tua lista " ma non era nella mia lista. Mi stava pregando con gli occhi, d'altronde non ho nulla da perdere, a parte aggiungere alla mia lista un'altra esperienza fatta. Quindi afferro la sua mano, e prontamente lui mi tira su, finisco per ritrovarmi a pochi centimetri dal suo corpo muscoloso. E l'unico modo per riuscire a guardarlo negli occhi è alzare la testa verso di lui, è sorprendente la mia statura in confronto alla sua, visti da lontano potremmo benissimo sembrare papà e figlia.
" ora via i vestiti " a quelle parole percepisco un leggero colorito rosso sulle mie guance, ho quasi caldo. Divertito dal mio imbarazzo sorride per poi farsi più vicino e avvicinarsi al mio orecchio
" se hai bisogno di una mano, non esitare a chiedere " stizzita mi allontano da lui, suscitandogli una risata. Molto spiritoso il ragazzo
" girati " gli dissi nella maniera più minacciosa possibile, ancora divertito alzò le mani e si girò.
" dimmi quando hai fatto " feci di nuovo un grosso respiro, in che diavolo di situazione ero finita.
Feci scorrere la cerniera della giacca molto lentamente. Pur essendo un'idea allettante, non è che morissi dalla voglia di fare questo bagno. Ma non avevo nulla da perdere, e in fondo mi era sempre piaciuto il mare. Quindi perché no?
" ho finito " dissi a Shane con i denti che battevano. Stavo morendo di freddo e anche se mi stavo coprendo con le braccia non stava funzionando, avevo comunque freddo. Il moro si girò, be essendo maschio mi aspettai ciò, si mise a scannerizzare il mio corpo dalla testa ai piedi, ed io ero più che in imbarazzo. Prima perché il mio fisico era qualcosa di diverso e secondo perché nessuno mi aveva mai vista così, nemmeno il dottore. Indossavo delle semplici mutandine di cotone rosa antico e un reggiseno, per quel poco che doveva sorreggere, blu elettrico.
" manca quella " indicò la cuffia e scossi la testa. Non l'avrei tolta per nessuna ragione al mondo. Quando capii le sue intenzioni, feci uso dei miei scarsi riflessi, ma riuscii a fermare il suo braccio.
" ho detto no " gli dissi con l'affanno. Il freddo mi stava giocando un tiro mancino e mi stavo decisamente pentendo di questa cazzata.
" volevo dirtelo anche l'altra sera, non ti facevo tipa da tatuaggi " mi disse osservando l'intricato tatuaggio sul mio braccio sinistro.
" non sai tante cose di me " era vero, era un estraneo per me come io lo ero per lui. Nessuno sapeva molto di entrambi. Mi girai un attimo per mostrargli anche quello sulla schiena, quando ritenni che aveva visto abbastanza tornai a guardarlo negli occhi.
Lui annuì per poi senza alcun avvertimento prendermi in braccio a modi sposa.
" cosa diavolo fai?" gli chiesi mentre cominciò a incamminarsi verso il mare
" ti porto io, così si fa prima e ti scaldi un po'?" disse per poi cominciare a correre verso l'acqua ghiacciata.
" no aspetta " cercai di fermarlo ma fu troppo tardi. Il mio corpo fu invaso dall'acqua ghiacciata, o si che sarei morta. Neanche un agoaspirato midollare mi aveva mai fatto venire i brividi come adesso. Ma non era quello il problema, l'acqua aumentava soltanto e cominciava a tirarmi giù, la mia forza era inutile, perché di forza non ne avevo. E ogni mio intento di risalire era nullo. L'acqua aumentava, e facevo sempre più fatica a respirare. Sapevo che sarei dovuta morire, ma non credevo oggi e tanto meno in questo modo. Ma la vita è inaspettata, quindi tutto è possibile. Però non ho detto ancora addio, non ho salutato le persone che amo. Non posso morire così. Ma le forze mi abbandonano e diventa sempre più difficile tenere gli occhi aperti. Addio mondo, ci vediamo dall'altra parte. Ma che merda morire così.
Due braccia, sento solo la presenza di due braccia che stringono i miei fianchi e poi l'aria. Mi aggrappo a Shane quando mi resi conto di essere all'aria aperta. Cercai di prendere fiato nella maniera più veloce possibile. Ho freddo, voglio andare a casa.
" Nikky " il tono di Shane è più che allarmato, così dopo essermi ripresa mi girai a guardarlo. Non prima di aver allacciato le mie gambe al suo bacino e stringere le sue braccia con le mie mani, non ritornerò laggiù.
" tutto ok?" mi chiese, cominciò a far scorrere la sua mano sulla mia schiena, avevo freddo. I suoi occhi erano dispiaciuti, una tormenta di azzurro, non volevo che fosse così. Era più bello quando sorrideva.
" si, ma non so nuotare " gli dissi prendendo ancora una boccata di aria. Dalla mia bocca usciva vapore a causa dell'aria fredda
" mi dispiace " disse per poi stringermi a sé in un grosso abbraccio
" mi sono spaventato a morte quando non ti ho più vista " a chi lo dici, credevo di morire io.
" non è colpa tua, non te l'ho detto " anche se non mi ha nemmeno lasciato il tempo di dirglielo.
" scusa " disse per poi continuare a stringermi. Eravamo fermi, abbracciati, nella vastità dell'oceano. Ho avuto seriamente paura di morire. Non ho mai provato nulla del genere, nemmeno quando i medici mi dissero che non avevo speranze. Eppure, avevo appena assaggiato un po' di ciò che voleva dire. Avrei sentito freddo, o era solo per via dell'acqua? La mente non pensa niente? Sarebbe stato veloce e indolore? Be, dovevo aspettare ancora un po' per scoprirlo, a meno che il ragazzo che mi stava abbracciando, non abbia voglia di trovare un nuovo modo per farmi fuori.
" vuoi uscire? " mi chiese, mi limitai ad annuire. Mise le braccia alla base della mia schiena per impedirmi di cadere, per poi a passo lento avviarsi verso la spiaggia, dove avevamo lasciato le nostre cose.
" scusa " disse di nuovo una volta che mi fece scendere, afferrò velocemente la spugna e me lo avvolse attorno, continuando a far scorrere su e giù le sue mani
" ti ho già detto che non potevi saperlo, smettila di scusarti " gli dissi facendo un sorriso, non volevo stesse giù di morale. Ma non mi rispose, abbassò semplicemente lo sguardo
" non ti ho nemmeno dato il tempo di dirtelo " alzai gli occhi al cielo per la cocciutaggine di questo ragazzo. Poi allungai una mano sul suo volto e lo indirizzai verso il mio
" ti ho già detto che non potevi saperlo. Ormai è passato " annuì verso di lui per confortarlo, ma l'espressione sul suo viso rimase immutata.
" saresti potuta morire " adesso, stizzita, sbuffai per poi allontanarmi da lui e avviarmi verso i miei vestiti, incazzata, e cominciai a vestirmi.
" fai bene ad essere arrabbiata con me " disse mentre anche lui inizia a vestirsi. Mi stava dando sui nervi.
"la smetti. Sono incazzata perché ti stai dando colpe stupide. Non potevi saperlo e non ci hai pensato, perché è una cosa normale. Nessuno pensa che di questi tempi ci sia qualcuno che non sappia nuotare soprattutto quando vivi vicino al mare. Ma io non lo so fare perché l'acqua mi ha sempre fatto paura. Ora smettila di darti la colpa perché mi stai dando sui nervi" sbraitai contro Shane che mi guardava allibito, forse non si aspettava che potessi avere una grossa quantità di rabbia rinchiusa in questo piccolo corpicino. Be, la mia rabbia è da vendere, perché ho diciotto anni e non ho ancora visto il mondo, non conosco le cose più belle della vita, non saprò mai cosa vuol dire essere grandi e adulti, mi perderò molte cose, non potrò mai comprare alcolici e tutto questo perché morirò tra nove fottutissimi mesi. Non rispose, continuando a vestirsi. Mi sedetti sulla sabbia per poi guardare di nuovo il mare. La gente cercava di tenermi in vita, ma non si può cercare di tenere in vita qualcuno che morirà di sicuro
Quando la moto si fermò davanti a casa mia, mi diede una mano a scendere, sul suo volto c'era ancora la consapevolezza di ciò che era accaduto pochi attimi prima.
" smettila di darti la colpa. O stai pur certo che non vorrò più avere niente a che fare con te " gli dissi a denti stretti porgendogli il casco
" forse sarebbe meglio " sussurrò afferrando il casco, lo sentì benissimo.
" a me piacerebbe rivederti. Ma fai come vuoi " gli dissi per poi fare dietrofront e avviarmi in casa mia, dove sbattei la porta con quanta più forza possibile. Appoggiai la schiena sul legno scuro e mi lasciai cadere a terra, sentì poco dopo una moto sgommare. Pomeriggio decisamente interessante.
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