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Day 5

Ricordo che la storia non è mia e la potete trovare sul sito efp, detto questo buona lettura

Apro gli occhi.

È buio. Riesco a malapena a vedere qualcosa.

Riconosco il posto. È la prigione. Sono ancora nella prigione.

È così piccola e buia. Non c'è via d'uscita.

Non c'è aria.

Comincio a tremare mentre mi metto a sedere sul materasso.

Il cuore mi batte all’impazzata.

Sto sudando.

La mia mano vola al petto quando sento un lieve dolore lancinante provenire da lì.

Non c'è aria.

Sto soffocando. Apro la bocca, cercando di respirare, ma non c'è aria.

Lancio un grido silenzioso mentre cerco disperatamente di far entrare un po' d’ossigeno nei polmoni.

Dio, che cosa mi sta succedendo?

“Granger?” Sento una voce dall’altro lato della cella. “Che cosa stai facendo?”

Non riesco a vederlo. Cerco di rispondere, ma nessun suono esce dalla mia bocca.

Per favore, aiutami. Qualcuno mi aiuti.

Improvvisamente lui è accanto a me, mi afferra per le spalle, scuotendomi un po’, ma non aiuta.

“Granger!” Abbaia. “Respira! Prendi respiri brevi.”

Scuoto la testa, le mie mani attorno alla gola. “N-non posso-”

Puoi!” Dice con fermezza: “E lo farai.”

Lo guardo. Riesco a malapena a vederlo nel buio. Ma noto i suoi occhi, quei suoi occhi scuri. Così forti e decisi. Cerco di concentrarmi su questo.

“Respiri brevi.” Ordina e cerco di obbedire.

Ispira. Espira.

Posso sentire il calore delle sue mani e questo mi dà una strana sensazione di sicurezza.

Mentre i minuti passano riesco a rilassarmi.

Il Professor Piton mi prende la mano e controlla il polso.

“Stai bene.” Dice e mi lascia andare. “Non dimenticare di respirare.”

Annuisco, non ancora in grado di parlare.

Il mio cuore sta battendo normalmente e le mie mani non tremano più come prima.

Il peggio è passato.

Lui rimane lì, a guardarmi. É come se avesse paura che potessi star male di nuovo nel caso distogliesse lo sguardo.

“N-non so cosa sia successo.” Ammetto, dopo un lungo momento di silenzio.

“Hai avuto un attacco di panico. Non è una sorpresa.” Risponde lui.

“Che cosa intende dire?”

“Questo è il quinto giorno.” Spiega. “Cinque giorni rinchiusi in una prigione sotterranea provocano un danno terribile alla tua psiche. Era logico che avresti avuto un esaurimento nervoso prima o poi.”

Premo la mia mano sulla fronte e mi accorgo che sto bruciando.

“E lei?” Chiedo.

Lui alza un sopracciglio verso di me: “E io?”

“Avrà un attacco di panico?”

Posso quasi giurare che di aver visto una lieve contrazione del labbro, come un ghigno, ma lo nasconde immediatamente.

“Ne dubito, Miss Granger. Sono più vecchio, molto più esperto. Ho vissuto molto più di questo.”

“Davvero?” Chiedo prima di potermi fermare.

Si allontana subito. “Dovresti cercare di dormire un po’.”

Lo guardo mentre cammina nel buio.

Sforzandomi di distendermi di nuovo, non posso fare a meno di pensare al Professor Piton e al suo passato.

Che cose orribili aveva vissuto? Faceva veramente il doppio gioco?

E la domanda più importante: perché è qui con me? Perché hanno catturato anche lui?

***

Tengo gli occhi chiusi anche se non sto dormendo.

Ci sono così tante cose su cui ho bisogno di riflettere.

È il quinto giorno. E ancora non sappiamo nulla.

Non so per quanto tempo staremo qui. In questa prigione. Tutto quello che so è che diventerà sempre più difficile.

Non riesco a credere a quello che è successo ieri. È stato bello poter finalmente fare una doccia, ma il modo in cui è successo mi fa venire la nausea. Sembra surreale. Ero nuda e nella stessa stanza con il Professor Piton. Mi sono impedita di guardarlo. Tutto quello che ho accidentalmente visto era il suo petto quando si è tolto la camicia, ma poi mi sono girata, tenendo gli occhi fissi sul muro mentre le lacrime di umiliazione mi rigavano il viso. Posso solo sperare che non mi abbia guardato. Il solo pensiero che mi abbia visto, mi fa rivoltare lo stomaco sottosopra.

Il fatto che mi sia dovuta spogliare di fronte alle guardie è stato mortificante, ma essere nuda di fronte al mio Professore era molto,molto peggio.

Spingo via quei pensieri e apro gli occhi.

È un nuovo giorno.

***


Se solo potessimo parlare. Sarebbe tutto molto più facile.

Il silenzio mi sta uccidendo.

E che dire di lui? Come può stare in silenzio per così tanto tempo, limitandosi a fissare il muro, quasi non muovendosi?

“Cosa pensa che l'Ordine stia facendo?” Chiedo, rompendo il silenzio. “Stanno cercando di trovarci?”

Si lascia sfuggire un sospiro infastidito, poi risponde: “Non ti fa bene pensarci.”

“Allora a che cosa dovrei pensare?” La mia voce è un po’ arrabbiata, ma non mi interessa.

Mi guarda. “Pensa a te stessa. Pensa alla situazione in cui siamo. Accettala per quella che è. Non mentire a te stessa e non provare false speranze, quando non ce né nessuna.”

Quella frase mi trafigge come un coltello. “L-lei pensa che non ci sia speranza?”

Non dice nulla, ma non lascerò cadere il discorso.

“È così?” Mi alzo. “Pensa che non ci sia speranza?”

“Granger-”

“No, dimmelo!” Alzo la voce. “Se non c'è speranza, allora qual è il punto di tutto questo? Possiamo solo-" Mi guardo intorno. “Sbattere la testa contro il muro di pietra e farla finita!”

“Granger, calmati! Ordina. “Volevo solo dire che non dovresti essere troppo speranzosa. Concentrati su te stessa, concentrati sul rimanere a malapena in salute. Non perdere tempo pensando se saremo o non saremo salvati. Questo può richiedere del tempo. Può essere domani o il mese prossimo. “

“Beh, Professore, io ho fede nell'Ordine e so che non si daranno pace fino a quando non saremo salvi. E non ci vorranno mesi.”

Mi giro, incapace di guardarlo ulteriormente. So che non dovrei urlare contro di lui e litigare, ma non posso farne a meno. Come può sedersi lì e dire che forse non saremo salvati?

So che accadrà. Tutto quello che bisogna fare è essere pazienti e aspettare.

***


Poche ore dopo c'è ancora un silenzio terribile nella prigione.

E non posso fare a meno di pensare che forse dovrei scusarmi con lui. Il mio comportamento era fuori linea.

Ma così il suo.

Eppure, ho un disperato bisogno di parlare con qualcuno, riguardo qualsiasi cosa, non importa fino a quando c’è qualche contatto.

Ma lui non sembra essere interessato ad avere una conversazione con me.

“Professore?” Chiedo timidamente.

Lui alza gli occhi al cielo prima di guardare verso di me, aspettando che continui.

Per favore. Parla con me. Di qualcosa. Per favore.

Ma tutto quello che esce dalla mia bocca è: “N-niente.”

Silenzio.

***

“Tu.” La guardia indica Piton. “Vieni con noi.”

Cerco di nascondere la paura dal mio viso, quando due guardie entrano nella prigione.

Il Professor Piton si avvicina a loro, la sua espressione dura.

Non c'è bisogno di aver paura, mi dico. È probabilmente tempo per la visita al bagno.

Il Professore non mi guarda quando lasciano la prigione, sbattendo la porta e lasciandomi sola.

Tutto sta andando bene. Tornerà presto.

***


Non è ancora tornato. E sono passate già un paio d'ore.

Non posso fare a meno di farmi prendere dal panico. Pensieri orribili si fanno strada nella mia mente, ma cerco di ignorarli. L'ultima cosa che voglio è un altro attacco di panico.

Tornerà. È il Professore Severus Piton, dopo tutto.

***


Infine, le porte si aprono. Mi alzo immediatamente.

Due guardie entrano e spingono in avanti il ​ ​Professore. Lui cade a terra.

Mi inginocchio accanto a lui, completamente scioccata.

“P-professore-”

È ferito. Gravemente. Si sta stringendo il petto, emettendo gemiti di dolore silenziosi. I suoi vestiti sono un po’ strappati, c'è del sangue sul suo viso e il suo occhio destro sembra essere leggermente gonfio.

È un completo shock per me.

Sento le guardie ridere poi uno di loro dice: “Farai meglio a prenderti cura di lui, piccola.”

L'altro aggiunge: “È stato veramente coraggioso, ma non gli è stato di aiuto.” 

Sento una furia assoluta esplodere dentro di me mentre mi alzo in piedi. “Voi animali! Che cosa gli avete fatto?”

Loro scoppiano a ridere di nuovo.

Senza pensare salto addosso alla prima guardia, colpendolo con i pugni, urlando, prima che l’altra guardia mi spinga via, quasi rompendomi il braccio nel farlo.

Granger-” Sento dire il Professor Piton debolmente.

“Trattienila.” Ordina la prima guardia e improvvisamente le mie braccia sono dietro la schiena e non posso fare nulla, non importa quanto duramente io lotti.

La guardia tira fuori una bacchetta e la punta verso di me: “Forse un po’ di questo ti calmerà?”

Congelo per la paura, ma c'è ancora sfida sul mio viso. Mi mordo la lingua per rimanere in silenzio.

“Cosa potremmo provare? Cruciatus?” chiede, la punta della sua bacchetta premuta contro il mio collo.

“Aspettate.” Il Professore Piton li interrompe. “Lasciatela. Prendete me al suo posto. Si arrenderebbe alla prima maledizione. Cosa c’è di divertente in questo?”

Sento che ha problemi a parlare. Anche a respirare.

Non posso lasciare che subisca la mia punizione.

“No!” Rispondo: “Se vogliono torturarmi, lasci che lo facciano.”

Sto tremando di paura.

La guardia mi guarda con disgusto, poi scuote la testa e mi colpisce con un rovescio in pieno viso. Grido per il dolore immenso, assaporando il sangue in bocca.

“Lasciala.” Ordina e io cado sul pavimento, accanto al Professor Piton.

“Che sia di avvertimento.” Sono le ultime parole della guardia prima che entrambi lascino la prigione.

Nel momento in cui siamo di nuovo soli, guardo il Professor Piton, uno sguardo di preoccupazione sul mio viso.

“Che cosa le hanno fatto?” Chiedo, non sapendo cosa fare.

Lui è ferito e devo aiutarlo, ma non c'è nulla che io possa usare.

Poi mi viene in mente.

Il suo mantello.

Lo afferro dal mio materasso e con esso pulisco delicatamente il sangue dal suo viso.

Lui fa una smorfia al contatto e si sposta: “Sto bene, Granger.”

“Ma-”

“Nessun, ma. Sono stato in condizioni peggiori.” Dice. “Questi sono solo tagli e lividi.”

Scuoto la testa e apro la bocca per parlare, ma lui mi interrompe.

“E d'altra parte, hai un labbro spaccato.” Si accorge, prendendo il mantello dalle mie mani. “Lascia a me.” Dice prima di premere lentamente il materiale sulla mia ferita.

Fa male, ma lo ignoro.

Usa l'acqua rimasta dal nostro pasto per pulire il mio labbro rotto. Mi ritrovo a pensare a quanto dolci le sue mani possano essere. Così diverse dalla sua personalità fredda.

Non riesco a credere a quello che sta accadendo. È lui quello ad essere ferito in modo grave, ma è sempre lui a prendersi cura di me.

“Non avresti dovuto attaccare la guardia, Granger.” Dice con calma. “Usa il cervello. Sii intelligente.”

“Non avrebbero dovuto torturarla.” Rispondo. “Che cosa volevano?”

“Informazioni.”

“Su cosa?”

“L'Ordine, i membri, i luoghi segreti.”

“Non glielo ha detto.”

“Ovviamente.” Risponde.

Rimango in silenzio, persa nei miei pensieri.

“Continua a far pressione per fermare l'emorragia.” Ordina, porgendomi la stoffa.

Lo prendo, senza mai distogliere lo sguardo da lui.

Grugnisce lievemente per il dolore, cercando di alzarsi. Subito lo aiuto e in qualche modo riusciamo a raggiungere il suo materasso. Quando si siede, lo guardo goffamente.

Apro la bocca per parlare, ma la richiudo.

“Che cosa c'è, Granger?” Chiede.

“N-niente.” Rispondo.

“Riesco a vedere che c'è qualcosa.” Dice, infastidito.

Faccio un respiro profondo. “Ho ...”

“Allora?”

“Ho paura.”

Mi pento immediatamente di averlo detto.

Patetica. Sono patetica. Che cosa stavo pensando dicendoglielo?

Il suo viso si ammorbidisce un po' e non parla per un lungo momento.

Proprio quando sto per voltarmi, pensando che non commentasse, lui parla.

“Sembra reale ora, non è vero?” Chiede.

Annuisco.

“Prima eravamo semplicemente seduti in questa cella, in attesa, e ora è finalmente iniziata. La tortura. L'unica cosa che sapevamo sarebbe successo.”

“Ed ora che sta succedendo, I-io ... ho paura, terrorizzata.”

“Miss Granger, non c'è nulla che io possa dire per migliorare la situazione.”

La crudele realtà.

“Lo so.” Dico a bassa voce.

Silenzio.

“Ma che cosa posso aspettarmi?”

Il suo viso si indurisce e non parla.

“Che cosa hanno usato su di lei?” Chiedo.

“La maledizione Cruciatus, un paio di fatture pungenti e percosse. Soprattutto percosse.”

Tremo nel sentirlo. “Q-quindi è sicuro dire che posso aspettarmi la stessa cosa?”

“Miss Granger.” Inizia, poi si ferma. “Il fatto che tu sia una donna rende le cose diverse.”

Sento la gola serrarsi per la paura. Non ha detto molto, ma capisco quello che sta cercando di dirmi. Il suo sguardo dice tutto.

“Capisco.” La mia voce si rompe un po' alla fine.

Silenzio.

“Cercherò di proteggerti.” Afferma e lo guardo. “Dovranno vedersela prima con me. Ma ... non posso prometterti che non rimarrai ferita.”

Sorrido debolmente. “La ringrazio, Professore.”

Lui si limita ad annuire.

Tornando al mio materasso, scaccio via le lacrime, non permettendo a me stessa di essere così debole. C'era troppa debolezza per un solo giorno.

Chiudo gli occhi e cerco di non pensare a quello che porterà il sesto giorno.

Che ne pensate? Iniziano i giochi....

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