Day 27
Voglio ridere.
La situazione è bizzarra.
Sono sola in una cella buia. Legata ad un materasso.
Non provo nemmeno a muovermi, è inutile. Corde invisibili mi tengono stretta qui, forse anche troppo perché sto iniziando a perdere la sensibilità alle braccia.
La notte è stata una pura tortura.
Non sono riuscita a dormire. Volevo muovermi, era scomodo starmene nella stessa posizione per tante ore.
E adesso sono solo distesa qui, fissando il soffitto.
Ho cercato di suicidarmi.
Sembra così sbagliato adesso.
Ieri mi sembrava così chiaro ciò che dovevo fare, sembrava giusto. Ma adesso, alla luce del giorno, non posso credere che sia quasi successo.
Non avrei dovuto...
Non avrei dovuto provarci.
Adesso provo solo vergogna e dolore.
E adesso loro sanno di avermi stufata così tanto da provare ad uccidermi.
Posso solo immaginare come si sentano vittoriosi.
Volevo ammazzarmi e non me l'hanno lasciato fare.
Loro controllano tutto.
Chiudo gli occhi.
Sono così stanca.
***
Sento le sbarre aprirsi.
Immediatamente i miei occhi si spalancano e poi lo vedo.
Severus Piton.
Cammina verso di me con naturalezza, poi si ferma, abbassando lo sguardo sul mio corpo.
Cosa vuole?
Lo fisso, rifiutandomi di distogliere lo sguardo per prima.
"Come ti senti?" Chiede alla fine.
Non devo rispondere a questo.
"Mi sleghi." Ordino, sentendomi troppo vulnerabile standomene semplicemente distesa qui con lui torreggiante affianco a me.
"No."
Cosa?
"Mi sleghi." Alzo la voce.
Lui mi ignora e si dirige verso la sedia al centro della cella. "No." Ripete, poi si siede. "Ho la tua attenzione in questo modo e dobbiamo parlare."
Sbatto le palpebre un paio di volte, sforzandomi di restare calma. "Di cosa?"
"Devi convincermi che non tenterai di fare una cosa del genere di nuovo e poi, forse, ti slegherò."
"No. Non devo parlare con lei."
Lui annuisce. "Come desideri."
E con questo si alza.
Se ne sta andando?
"Aspetti!" Inizio ad andare nel panico. "Non può semplicemente lasciarmi così! I-io devo... andare al bagno."
Normalmente sarei arrossita, ma adesso non più. Abbiamo passato molte più cose insieme, anche se è stata tutta una recita da parte sua.
Lui sospira, poi si siede di nuovo. "Allora convincimi."
"C-cosa?"
"Perché dovrei fidarmi di te? Perché dovrei credere che non proverai a fare qualcosa di stupido di nuovo?"
"Non è stato stupido." Ribatto. "Necessita un bel po' di coraggio - "
"No." Mi interrompe. "É stupido. E immaturo. E da codardi."
La mia mascella s'irrigidisce, mi sta facendo arrabbiare e mi vergogno ancora di più di me stessa.
Mi guarda. "Sei codarda, Miss Granger?"
Silenzio.
Non lo so.
Non so più nulla.
"Rispondimi." Mi ordina.
"No."
"No cosa?"
Lo fisso. "Non le risponderò. Non devo fare nulla di ciò che mi dice lei."
"E come mai?" La sua voce è così calma, sembra che niente di ciò che dico abbia effetto su di lui.
"Perché la odio."
"No. Tu non mi odi."
Emetto una risata. "Allora è lei lo stupido, Professore."
"Granger, sono ancora un tuo superiore."
"Mi lasci in pace." Volto il capo in un'altra direzione.
Si sta muovendo, lo sento.
Ma non sta andando via, si sta avvicinando a me.
Improvvisamente sento le sue dita afferrarmi il mento e mi obbliga a guardarlo.
"Dobbiamo parlare." Dice. "Ma tu non devi parlare per forza con me. C'è qualcun'altro con cui ti sentiresti a tuo agio?"
Non posso parlare. Voglio solo che mi levi la mano dalla faccia. Il suo tocco mi disgusta.
Come osa toccarmi?
Continua. "Forse quella guardia?Hmm?"
M'irrigidisco, ma in qualche modo mi sforzo di parlare. "Persino lui è meglio di lei. Da lui almeno so cosa aspettarmi."
Alla fine lascia andare il mio mento e si mette in piedi, emettendo un bel respiro.
Mentre aspetto che se ne vada, lentamente tira fuori la bacchetta e fa apparire del cibo.
Non ho fame.
"Mangia. É un ordine." Dice con fare lento nella sua voce da insegnante. "Hai bisogno di energie."
Per cosa?
Un attimo dopo posso muovermi di nuovo. Qualunque cosa mi tenesse legata al materasso è scomparsa. Abbasso le braccia, notando la benda sul mio polso ferito.
"Posso assicurarti che abbiamo fatto numerosi incantesimi aggiuntivi su questa cella. Non troverai nessuna scappatoia questa volta. E ti suggerisco di non provarci." Piton spiega, rivolgendomi uno sguardo severo.
Io non dico nulla.
Lui continua. "Ti controlleremo regolarmente."
Pazienza.
Non lo guardo nemmeno mentre va via.
La mia attenzione adesso è rivolta al cibo che ha lasciato per me.
Succo d'arancia.
Uova strapazzate.
Due fette di toast.
Cos'è tutto questo?
Mi viene l'acquolina in bocca solo a guardare.
Improvvisamente sono affamata e raggiungo il cibo, senza perdere tempo.
É passato troppo tempo da quando ho mangiato qualcos'altro all'infuori di pane e acqua.
Un gemito mi sfugge, ma non importa. Sono sola nella cella, nessuno può sentirmi e non c'è niente di male nel godersi del cibo.
Noto con sorpresa che il bicchiere di succo continua a riempirsi da solo.
Ma non sono stupida. So che non hanno cambiato idea. É solo il loro modo per assicurarsi che non muoia. Mi vogliono viva. Voldemort mi vuole viva.
Beh, allora lui è stupido.
Non capisco come potrei essere loro d'aiuto, Piton ha già scrutato la mia mente più volte, hanno tutto ciò che so.
Adesso sono completamente inutile per loro.
Allora perché tenermi in vita?
Non importa adesso.
Tutto ciò che conta è il sapore che il cibo mi lascia in bocca. Provo a mangiare lentamente, ma non riesco a controllarmi.
Questo potrebbe essere il mio ultimo pasto delizioso.
***
Scommetto che non ci sarà più nessuna visita al bagno. Adesso che sono sola probabilmente dovrò usare quel buco nell'angolo.
Beh, potrebbe andare peggio.
Giusto?
***
C'è del sangue sul mio materasso.
Un sacco di sangue.
Coagulato e scuro.
É disgustoso.
E ce n'è una piccola quantità anche sul pavimento.
Sembra che abbia perso un sacco di sangue. E me lo sento anche. Sono debole e ho le vertigini. Tutto diventa nero davanti ai miei occhi se mi alzo troppo velocemente.
Non posso starmene seduta qui. É troppo disgustoso.
Lentamente, mi metto all'in piedi e mi dirigo verso il materasso del Professor Piton, abbandonandomi su di esso.
Il materasso del Professor Piton.
No.
Non Professor Piton.
Solo Piton.
Sì. É così che devo chiamarlo.
Non si merita il titolo di Professore, insegnante. É corrotto e vile e malvagio e... e come ha potuto farmi questo?
Smettila, Hermione.
Devo ricompormi e smetterla di pensare a cose del genere. Così mi raggomitolo sul materasso sul quale sono stesa attualmente.
Mi chiedo quanto abbia odiato essere obbligato a usarlo e fingere di essere nella mia stessa situazione.
É davvero un bravo attore.
Il materasso ha ancora il suo odore. Posso quasi avvertire la sua... presenza. Oppure me lo sto solo immaginando.
Chiudo gli occhi e decido di riposarmi un po'.
Non c'è altro che possa fare.
***
"Ciao, Principessa."
La voce mi riporta immediatamente alla realtà.
E il mio stomaco si contorce quando capisco chi c'è nella cella con me.
Quella guardia disgustosa.
E come mai mi sta chiamando Principessa? Un nuovo scherzo dei suoi, probabilmente.
"Come stai?" Mi chiede. "Ancora viva, vedo."
Lo odio così tanto.
So cosa ho detto a Piton, riguardo al parlare con questa guardia piuttosto che con lui, ma era una bugia.
Questo mi disgusta più di Piton, molto molto di più.
E spero solo che prima di morire possa vederlo soffrire e urlare dal dolore.
"Sono stato mandato qui per vedere come stavi." Continua con un tono da presa in giro. "Allora, come stai?"
"Meravigliosamente." Rispondo, ma la mia voce è rauca e debole.
Lui sorride. "Beh, d'accordo, allora forse dovrei andarmene."
Sì, grazie.
Vattene.
Come se avesse potuto udire i miei pensieri, sorride a trentadue tenti. "Oppure... potremmo parlare un po'."
No.
Resto in silenzio.
"Di cosa potremmo parlare, hmm?" Guarda in alto verso il soffitto con fare pensoso.
É allora che guardo dietro di lui e noto che non ha chiuso le sbarre completamente.
Non so perché, ma ciò mi rende nervosa. Una strana sensazione inizia a crescere dentro di me, come se dovessi... fare qualcosa.
Le sbarre sono state lasciate aperte molte volte in passato, ma questa è la prima volta che c'è solo una guardia nella cella con me.
C'è una possibilità, una davvero piccola, ma è comunque una possibilità che io possa... raggiungere quelle sbarre.
E poi...
E poi cosa?
"Potremmo parlare dei tuoi vestiti."
I miei occhi scattano nella sua direzione. "C-cosa?"
Fa una smorfia. "Sono sporchi. Li hai tenuti addosso per quasi un mese ormai. Vorresti dei nuovi vestiti?"
"No."
La guardia solleva le sopracciglia in finta sorpresa. "So che sei una Sanguesporco, ma non mi aspettavo che preferissi tenerti i tuoi vestiti sporchi piuttosto di - "
"Non cambierò i vestiti." Lo aggredisco.
In qualche modo non riesco a concentrarmi sulla conversazione, il mio sguardo continua a dirigersi verso le sbarre.
So cosa c'è là fuori.
Un lungo corridoio con molte porte.
Poi scale.
Dopo le scale c'è il bagno.
Ma dove conducono le altre scale?
Nelle mie tante visite al bagno non ho mai incontrato altri Mangiamorte in quel corridoio.
Quindi se in qualche modo riesco a superare questa... guardia, posso raggiungere le scale e...
"E se non fosse un'offerta, ma un ordine?" Mi chiede, gelandomi con lo sguardo.
Deglutisco rumorosamente, prendendo una decisione.
"Bene." Annuisco.
Questo lo sorprende.
Agita la bacchetta e un'orribile veste grigia appare nelle sue mani.
Mi alzo lentamente e mi avvicino a lui, con il cuore a mille.
Mi offre la veste e la prendo, dirigendomi verso l'altra parte della cella.
C'è ancora un bicchiere di succo d'arancia sul pavimento, affianco al piatto.
Cerco di rimanere calma e poi lascio cadere la veste a terra. Posso avvertire il suo sguardo su di me mentre mi abbasso per riprenderla. Poi tutto accade molto velocemente. Senza pensarci afferro il bicchiere, mi volto e glielo frantumo in testa. Sono sorpresa dalla mia forza. Da dove mi è venuto fuori quello?
Lui grida dal dolore, cadendo a terra e tenendosi la testa. Lascio cadere il bicchiere e corro verso le sbarre, senza guardare indietro.
***
"Lasciami andare!" Urlo, dimenandomi mentre vengo riportata nella cella.
La guardia mi spinge sul materasso e poi si volta per rivolgersi al suo capo che è ancora sul pavimento, reggendosi la testa.
C'è del sangue sul suo volto.
L'ho colpito davvero forte.
Senza muovermi, ascolto la conversazione.
"Cos'è successo?"
"Quell'animale mi ha aggredito!"
"Lei ce l'ha quasi fatta a..."
"Dove l'hai trovata?"
"Sulle scale."
É vero. Ho fatto metà strada, poi mi sono seduta, incapace di muovermi ancora. Tutto stava diventando scuro e l'ultima cosa che volevo era svenire e cadere per le scale.
Alla fine il capo riesce a rimettersi in piedi, avvicinandosi a me.
La sua espressione è orribile.
Mi ucciderà.
"Cosa sta succedendo qui?"
Ci voltiamo tutti per vedere il Profess - ...no, per vedere Piton entrare nella cella, il suo volto severo.
"Avremmo dovuto lasciarla legata!" Ringhia il capo. "Questa sgualdrinella mi ha aggredito!"
Piton solleva un sopracciglio. "Bada a come parli." Dopo un secondo, continua. "Ti ha aggredito?"
"Guarda la mia testa!"
Mi ricordo di respirare mentre assisto alla loro conversazione.
Il viso di Piton si rilassa e un piccolo sorriso appare sulle sue labbra. "Ti sei fatto battere da una ragazzina? Ricordami di non mandarti mai più da solo da lei."
"Non è divertente." Dice la guardia, poi la sua voce assume un tono più basso. "Ha quasi superato le scale."
Posso vedere il volto di Piton tornare di nuovo serio e c'è della preoccupazione nei suoi occhi, ma la nasconde immediatamente.
"Però sono riuscito a fermarla prima che finisse la gradinata." Dice l'altra guardia.
Piton annuisce. "Lasciatemi da solo con lei."
Il capo mi rivolge un'occhiata furiosa e so che tra me e lui non è finita, poi se ne va insieme all'altra guardia.
Mi rilasso un po'.
Perché lo faccio?
Perché mi sento sempre più al sicuro e più rilassata con la presenza di Piton? Lo vedo ancora come mio protettore, come qualcuno di cui possa fidarmi?
Se è così, allora sono io che ho bisogno di ricevere una botta in testa, non quella guardia.
Piton fa un respiro profondo, incrocia le braccia al petto, e infine mi guarda.
Odio guardarlo negli occhi. Gli occhi di un bugiardo.
“Perché era necessario farlo?" Mi chiede, con fare calmo.
Fa sul serio?
Sono stata sequestrata, torturata e lui vuole sapere la ragione del mio tentativo di fuga?
"Suonava bene." Rispondo.
"Suonava bene essere catturata e riportata nella cella? Se è così, allora possiamo provarci ogni giorno."
Faccio roteare gli occhi al suo sarcasmo.
Continua. "Hai davvero creduto di poter scappare? Che ci sarebbe stata anche una minima possibilità?"
L'ho fatto?
No, probabilmente no.
Ma ho solo... dovuto farlo.
Così che quando starò per morire potrò dire almeno di averci provato.
E poi colpire quella guardia disgustosa mi ha fatto sentire bene.
I miei occhi si dirigono verso quella brutta veste grigia sul pavimento e la raccolgo, lanciandola a Piton.
"Voleva che indossassi questa!" Alzo la voce.
La veste atterra sulla sua spalla e lui la prende in mano, guardandola.
"É pulita." É il suo unico commento.
"Non la indosserò mai."
Scuote le spalle. "Come desideri. Nessuno ti obbliga."
Lascia cadere la veste a terra e mi guarda di nuovo.
Perché mi... sta guardando in quel modo?
É come se avesse tanto da dire, ma la sua bocca resta chiusa.
Così parlo io, chiedendogli una cosa che ho in mente da due giorni ormai. "Lei era dalla loro parte fin dall'inizio?"
"Sì."
Ma questo non ha senso. C'erano così tanti momenti... non ha senso.
Quando ho dovuto intagliare la parola 'traditore' sul suo petto.
Quando la guardia l'ha tormentato con domande sulla sua famiglia.
Quando ci siamo baciati e lui... si è fermato.
Niente ha più senso.
"Perché si è fermato?" Alla fine raccolgo il coraggio per chiedere. "Quella mattina quando l'ho baciata e lei... abbiamo quasi..."
Non c'è nemmeno il minimo cambiamento sul suo volto. "Avresti voluto vedermi continuare?"
Scuoto rapidamente la testa. "No."
Non adesso che so tutta la verità.
"Ma perché si è fermato?" Ripeto la domanda. "Se davvero voleva ferirmi... avrebbe dovuto continuare. Lo sa."
Lui annuisce. "Sì, ma sarebbe stato troppo per te. Renderti conto di aver volutamente dato la tua verginità ad un Mangiamorte ti avrebbe portato alla pazzia."
M'irrigidisco alle sue dure parole.
"È-è solo questo il motivo?" Azzardo, volendo sapere tutto.
Lui solleva un sopracciglio mentre ci pensa.
Alla fine parla. "E tu non sei il mio tipo, Miss Granger."
"C-cosa?"
"Non sei esattamente una donna da sogno."
Sono senza parole.
Perché questo mi ferisce così tanto?
So di non essere bella, ma sentire queste parole pronunciate dalla sua bocca è semplicemente... crudele.
Prendendo un bel respiro, cerco di sforzarmi di non pensarci. É un disgustoso Mangiamorte, le sue parole non contano.
Perché m'importa di ciò che lui pensa di me?
"Grazie per la sua risposta." Mi sforzo di dire.
Silenzio.
"Ho ferito i tuoi sentimenti?" Chiede.
Bastardo.
Umetto le labbra nervosamente. "L-lei... quando ci siamo baciati, lei..."
"Ho fatto la mia parte." Mi interrompe. "Non sto dicendo che non è stato apprezzabile, ma non era niente di speciale."
Niente di speciale.
Prendo un respiro. "Cosa ci fa ancora qui? Può andarsene."
"Ho ferito i tuoi sentimenti." Dice, quasi prendendomi in giro.
Mi sforzo di ridere. "Creda ciò che vuole."
Silenzio.
Perché è ancora qui?
"Granger." Dice. "Smettila."
Lo guardo con fare sorpreso.
"Passa dalla nostra parte. Potresti esserci davvero utile. Accetta l'offerta e puoi andare."
I miei occhi s'illuminano. "Andare a casa? Andare a Hogwarts?"
"Sì. Tutto ciò che devi dire è che hai intenzione di aiutarci."
"Tradire Harry. L'Ordine."
"E lasciare finalmente questo posto."
"No."
"Granger. Potrai uscirne come sopravvissuta. Il Signore Oscuro premia coloro che lo aiutano."
Scuoto la testa. "Sono una Sanguesporco, giusto? Verrei uccisa non appena non avrò più alcuna utilità.”
"No."
"Sì, adesso vada via. Non tradirò nessuno. Non sono come lei."
Questo lo colpisce e il suo volto torna severo.
Ma se ne va.
Senza una parola.
***
Dovrei davvero cambiarmi i vestiti.
Mettere quella brutta veste.
Ma... non posso. Renderebbe tutto ancora più reale. Significherebbe che sono loro prigioniera, loro schiava.
E lo sono.
Aspetta.
No.
Sono Hermione Granger.
Studentessa di Hogwarts.
La strega più brillante della mia età.
E la mia uniforme scolastica me lo ricorda. Anche se è tutta sporca e logora. Mi ricorda che non appartengo a questa cella. Appartengo a qualche altro posto.
Se metto quella veste potrei dimenticare chi sono davvero.
E non voglio che accada.
Ho bisogno di continuare a ricordare a me stessa chi sono.
Hermione Granger.
E non sono sempre stata loro prigioniera.
C'era un tempo in cui ero libera.
E non posso permettermi di dimenticarlo.
***
La notte scende lentamente.
E c'è silenzio nella cella.
Per quanto ancora?
Per quanto ancora mi terranno qui?
Per sempre?
Fin quando non sarò vecchia e coperta di rughe?
Fin quando la Guerra sarà finita?
Quando succederà?
Cosa sta succedendo nel mondo esterno?
Hanno davvero smesso di cercarmi?
Quel pensiero è così orribile che lo scaccio dalla mia testa.
Poi lo sento.
Ma prima che possa muovermi, qualcuno improvvisamente afferra i miei capelli e mi obbliga ad alzarmi dal materasso.
Mentre mi volto verso il mio aggressore, posso quasi vedere la morte avvicinarsi.
Come ne uscirò viva?
É quella guardia, il capo, ed è arrabbiato.
Stufo.
Sapevo che saremmo arrivati a questo. Certamente lui non avrebbe lasciato perdere la mia aggressione senza avermi punito.
Mi spinge contro il muro e cado a terra, cercando di strisciare via da lui.
"Imparerai cos'è il rispetto." Ringhia lui. "Non puoi colpire qualcuno superiore a te, ragazzina."
Oh Dio.
Oh Dio.
Mi afferra la caviglia e mi tira verso di sé.
Urlo.
E urlo.
Anche se è inutile. Perché sto urlando? Chi mi aspetto che mi senta?
Lui si stende su di me e mi schiaccia più forte contro il pavimento. Sono stesa sullo stomaco e non posso nemmeno colpirlo o prenderlo a calci. Sono completamente intrappolata sotto di lui.
Mi afferra di nuovo i capelli e me li tira ed è come se volesse strapparmi via il cranio.
"Non si aggrediscono i superiori, capito?" Ordina.
Io non dico nulla.
Non dirò nulla.
Non può obbligarmi.
"E," Continua. "Indosserai ciò che ti ho ordinato di indossare."
Posso sentire la stoffa lacerarsi e improvvisamente mi rendo conto che la mia camicetta è andata.
Lui la lancia lontano e poi le sue mani sono sulla mia gonna.
"Fermo!" Urlo con tutta l'aria che ho nei polmoni.
Anche la gonna viene strappata e mi ritrovo solamente con la biancheria intima addosso.
"Che diavolo succede?"
É la sua voce.
É Piton.
Scaccio via le lacrime e mi volto per guardarlo.
É nella cella, fermo vicino alle sbarre.
La guardia si alza immediatamente e si allontana da me. Senza aspettare un secondo di più, afferro la mia gonna e cerco di coprirmi.
"Cosa stai facendo?" Piton chiede alla guardia.
"Le stavo semplicemente dando una lezione - "
"Una lezione su cosa esattamente?"
"Disubbidisce ai miei ordini. Stavo solo cercando di obbligarla ad indossare ciò che le è stato ordinato di indossare."
"Gliel’hai ordinato tu." Dice Piton in tono lento e strascicato. "Io non ricordo di aver dato alcun tipo di ordine riferito al suo abbigliamento."
Sto tremando.
I miei vestiti sono rovinati. Distrutti.
Non posso più indossarli.
La mia uniforme scolastica è andata.
Piton parla di nuovo, la sua voce è piena di rabbia e cupa. "Ciò che è successo qui stanotte è che tu hai molestato sessualmente la ragazza. Di nuovo. Stai ignorando i miei ordini di proposito?"
"Certo che no - "
"Vattene." Sibila lui. "Con te farò i conti più tardi."
La guardia sparisce in meno di un secondo.
Posso ancora ricordare il giorno in cui ho comprato l'uniforme. Ero con mia madre ed era un giorno di sole.
Me l'ha comprata lei. E adesso l'ho rovinata.
Non riesco nemmeno a vedere attraverso le mie lacrime.
"Tieni." La voce di Piton mi spinge a guardarlo.
Sta reggendo quella veste grigia in mano, offrendomela.
Ma non la voglio.
Voglio la mia uniforme. Quella che mia madre ha comprato per me.
Asciugo le lacrime e mi rendo conto di avere solo la biancheria addosso.
E Piton è accanto a me.
Immediatamente afferro la veste e la indosso, coprendomi.
Immagino sia meglio che non indossare nulla.
Lui mi si inginocchia affianco.
"Tutto bene?"
Il suo tono gentile mi stupisce.
"S-sì."
"Non ti ha fatto del male?"
Scuoto la testa.
Non sono ferita. Almeno non fisicamente.
"L'ho avvertito." Dice lui. "Sarà punito per ciò che è successo stanotte. Te lo assicuro."
Perché si sta comportando così?
É... premuroso e improvvisamente avverto il bisogno di appoggiarmi a lui, di trovare conforto in lui.
Non importa se è un Mangiamorte.
"Non ti si avvicinerà mai più." Dice.
É così bello sentire queste parole.
E il suo tono è così rassicurante.
Aspetta.
C'è qualcosa che non va.
Perché mi parla in questo modo?
"Vieni." Si alza in piedi, tendendomi una mano. "Ti accompagno al materasso."
Lo fisso per un paio di secondi.
"Allora?" Chiede.
"N-no."
"No?"
Scuoto la testa. "No, lei non mi aiuterà."
"Granger - "
"Perché si comporta così tutto d'un tratto?" Chiedo. "Perché vuole farmi sembrare che le importi di me? La smetta."
"Granger, non sono malvagio come credi. Non voglio che ti si faccia del male."
"C-cosa?"
"Non mi piace vedere che ti torturino. Sei stata una mia studentessa. Sei a mala pena una ragazzina."
Lo ascolto, senza credere a ciò che sento.
Voglio credergli.
Sarebbe così facile.
Continua. "Voglio che tu sia libera. E sfortunatamente c'è solo un'opzione per te."
Poi capisco.
"La smetta." Sussurro.
"Granger, ascoltami."
"No! Mi ascolti lei!" La mia stessa voce mi sorprende. "Non sono così stupida come crede. So cosa sta facendo!"
"E cosa sto facendo?"
Lentamente mi metto in piedi, parandomi di fronte a lui.
É più alto di me, ma lo guardo dritto negli occhi, senza lasciarmi intimidire dalla sua presenza. "Ho letto, Signore. E ho letto riguardo questa tattica psicologica usata per gli interrogatori."
Lui solleva un sopracciglio. "Illuminami."
"C-ci sono due interroganti che apparentemente si comportano in maniera opposta con il soggetto in questione. Uno prende una posizione aggressiva, negativa nei confronti del soggetto. L'altro apparirà come di supporto, comprensivo e mostrerà anche simpatia. L'ultimo difenderà il soggetto, in questo caso me, dall'interrogante aggressivo."
Lui resta in silenzio, fissandomi semplicemente.
Io continuo. "E questo metodo funziona solo con i soggetti deboli, ingenui e terrorizzati. E, Professor Piton, io ho già superato quella fase."
Silenzio.
Continuo a fissarlo, sostenendo ciò che ho appena detto.
Per quale altro motivo dovrebbe essere così premuroso e protettivo tutto d'un tratto?
Dopo una lunga pausa, c'è finalmente un cambiamento sul suo volto.
Un leggero sorriso.
"Molto bene, Miss Granger." Dice lui. "Apparentemente ti ho sottovalutata."
Improvvisamente sento molto freddo.
Tutto questo giocare con la mia mente, il tradimento, i film mentali, è troppo.
Lo supero e mi appoggio sul materasso.
"Molto bene." Ripete lui. "Puoi essere fiera di te stessa. E dico davvero."
Ma non volevo avere ragione. Volevo che si preoccupasse seriamente.
Resto in silenzio.
"Ti auguro una serena nottata." E poi se ne va, chiudendo le sbarre dietro di lui.
Dovrei sentirmi uno schifo.
E invece no. Non interamente, almeno.
Non ho lasciato che mi ingannasse.
L'ho battuto al suo stesso gioco.
Al loro gioco.
La mia uniforme è dovuta passarci per mezzo, ma per la prima volta sono io a uscirne come vincitrice.
Non hanno giocato con me come avrebbero voluto.
Chiudo gli occhi, preparandomi per andare a dormire.
Sono ancora prigioniera, sono ancora nella cella, ma oggi ho fatto qualcosa che mi ha fatto sentire meno... indifesa.
É strano. Giusto ieri volevo suicidarmi e oggi mi sento più forte che mai.
Non giocheranno più con me.
Non glielo permetterò.
I giochi mentali sono finiti.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro