Day 26
Non riesco a muovermi.
Mi fanno male gli occhi per la troppa luce.
È di nuovo giorno.
Dove se ne è andata la notte?
E perché sono da sola?
Dov’è il Professor Piton?
Aspetta.
So dove si trova. E cosa è successo.
No, non voglio pensarci.
Mi fa troppo male pensarci.
Ma non importa quanto duramente ci provi, i pensieri non vanno via.
Come ha potuto?
Sto così tanto male che non riesco nemmeno a muovermi.
Non avevo mai pensato che le emozioni potessero fisicamente ferire. Mi sento come se ci fosse un gigantesco buco nel mio petto e stesse bruciando e bruciando e non penso smetterà mai.
Come ha potuto farlo?
Come ho potuto essere così stupida?
Per tutto questo tempo stava giocando con me.
Mentendo.
Pretendendo.
E mi sono fidata di lui.
Anche quando c’era la prova che non avrei dovuto, avevo deciso di fidarmi.
Sono stata così idiota.
Stupida.
Mi sono fidata così tanto e lui probabilmente stava ridendo nel profondo.
Le lacrime mi riempiono gli occhi e non riesco a vedere chiaramente la cella.
Perché lo stanno facendo?
Non sono nemmeno così importante, non so nulla che potrebbe aiutarli.
Perché mi stanno torturando?
Mi rannicchio a palla e resto sul pavimento, sperando che qualcuno mi uccida e basta.
E tutto finisca.
***
É davvero silenzioso nella prigione.
Un silenzio orribile.
Ci sono davvero solo io.
Non riesco a sentire nulla.
Non sono affamata.
Non ho sonno.
Nulla.
Sento dei passi.
E all’improvviso la porta si apre.
Ma non alzo lo sguardo. Non mi importa chi è.
Nessun movimento, resto sul pavimento, i miei occhi fissi su qualcosa di lontano.
C’è solo una persona.
Si avvicina a me e vedo i suoi stivali neri accanto al mio viso. Probabilmente è la guardia.
Che cosa vuole?
Non mi importa.
Non ho nemmeno intenzione di far caso a lui.
Non dice nulla, si avvicina solamente, poi si ferma per un lungo istante.
Lo sento guardarmi e lo odio.
Poi si allontana, esce dalla cella, chiudendo la porta dietro di se.
Se ne è andato.
Chiudo gli occhi.
***
Così va bene.
Se chiudo gli occhi, allora non posso vedere ciò che mi circonda, dove sono. Posso perfino far finta di essere da qualche altra parte.
E poi lo sento di nuovo.
L’apertura della porta.
Serro gli occhi, sperando che la persona se ne vada semplicemente via e mi lasci da sola
O mi uccida.
Anche questo andrebbe bene.
L’uomo chiude la porta dietro di se e poi si avvicina con lentezza a me.
Faccio finta di essere addormentata, anche se so di non essere molto convincente.
Silenzio.
Non si sta muovendo e per un lungo istante penso di essere da sola nella cella, ma poi lo sento respirare.
Dovrei aprire gli occhi?
No.
Lo ignorerò e lui se ne andrà via.
“Mi è stato detto che non ti senti bene.”
Mi irrigidisco, il mio corpo diventa freddo per lo shock.
È la sua voce.
Ma non lo guarderò.
Non lo farò.
“Miss Granger, cosa stai facendo sul pavimento?” Chiede, con calma. “Sono sicuro che il materasso è più confortevole.
Sto tremando ora.
Tutto questo è troppo.
Non posso permettergli di divertirsi a mie spese o di anche solo parlarmi.
“Granger, alzati.”
Lo ignoro.
La sua voce mi sta facendo venire la nausea.
La sua presenza mi sta facendo venire la nausea.
E così lo ignoro, i miei occhi chiusi, il mio corpo immobile.
E poi all’improvviso vengo afferrata per il braccio e alzata. Spalanco gli occhi per lo shock.
E allora lo vedo.
Lui è…pulito.
Le sue vesti sono pulite, probabilmente nuove.
Il suo viso è rasato, i suoi capelli…più in ordine.
È come se non fosse mai stato in cella con me.
Come se mi fossi immaginata tutti questi giorni.
Mi fa male guardarlo, ma allo stesso tempo non riesco a distogliere lo sguardo.
Non posso far a meno di guardare quegli occhi neri, occhi così profondi, pieni di mistero e oscurità. Come ho potuto non notare la malvagità in essi? Come ho potuto essere così cieca e stupida?
E anche lui mi sta guardando.
Come si permette?
Non si vergogna?
Sono sicura di sembrare patetica.
Sporca.
I miei occhi gonfi e rossi.
Non voglio che sappia che ho pianto a causa sua, a causa di quello che mi ha fatto, ma non ha senso ora.
E mi sta toccando.
La sua mano è sul mio braccio, trattenendomi.
Alla fine parlo. “Lasciami.”
Il suo sopracciglio si alza in finta sorpresa. “Oh, puoi parlare?”
La rabbia mi scuote e gli sputo contro. Lui sobbalza, ma il suo viso mostra solo irritazione quando si pulisce, lasciando finalmente il mio braccio.
Mi getto sul materasso e mi siedo, stringendomi contro le ginocchia.
Lui resta nel centro della stanza, osservandomi.
Perché è qui?
Per tormentarmi?
“Miss Granger-”
“Non chiamarmi in quel modo, tu…traditore.”
Si irrigidisce. “E come dovrei chiamarti allora?”
“Perché sei qui?” Chiedo, non guardandolo.
“Sono qui per parlare con te.”
Non dico nulla.
“Granger,” Continua. “Ci sono forze dietro la tua comprensione. Non tutto è nero o bianco.”
“Bastardo.” Bisbiglio, il mio labbro inferiore tremante..
“Bada a come parli.”
Questa volta lo guardo. “No, io non baderò a come parlo.”
Lui sospira. “Forse dovrei tornare quando ti senti più rilassata e pronta per avere una conversazione civile.”
“Forse non dovresti affatto tornare.”
Lui sogghigna. “Non lo vuoi, Granger. Credimi.”
Lo guardo freddamente, gli occhi pieni di rabbia e odio ma non sembra aver alcun effetto su di lui.
Non posso credere che sia la stessa persona che stavo baciando ieri. Non posso credere di aver realmente abbracciato quella persona, cercando conforto.
Lentamente lui annuisce. “Ti lascerò da sola per un paio d’ore. Quando tornerò parleremo.”
No.
Non parleremo.
Non ho nulla da dirgli.
Non posso far a meno di guardarlo senza provare vergogna.
Senza aggiungere altro lui esce dalla cella.
E sono di nuovo sola.
***
Sembra tutto un sogno.
Ho la sensazione che mi sveglierò da un istante all’altro e lui sarà qui con me.
Il Professor Piton.
Ma no.
Lui è un traditore.
Un Mangiamorte.
Gli ho detto così tante cose.
Gli ho raccontato di quel ragazzo ubriaco nel Mondo Babbano, gli ho detto che l’ho sempre rispettato come insegnante. Gli ho perfino detto cosa dire ai miei genitori nel caso morissi.
Mi sono fidata così tanto di lui.
E fa male.
Fa male sapere di non significare nulla per lui. Che lui ed il resto dei Mangiamorte stavano probabilmente ridendo alle mie spalle, pensando a nuovi modi per umiliarmi.
Non mi sono mai sentita così sola in vita mia.
E così terrorizzata.
Non verrò mai salvata.
***
“Sanguesporco?”
Apro gli occhi, la voce di qualcuno che mi trascina lontano dal sonno.
E poi lo vedo.
La guardia. Il capo.
Si sta inginocchiando accanto a me, fissandomi con quel ghigno disgustoso sulle labbra.
Immediatamente mi allontano da lui, sperando che il muro possa ingoiarmi intera.
“Come stai, piccolina?” Chiede. “Posso immaginare che tutto sia stato un grande shock per te ieri.”
Non parlo. Cosa c’è da dire?
“Come ti senti sapendo che non c’è più nessuno a proteggerti?”
Come mi sento?
Terrificata.
Desiderosa di morire.
E non perché non c’è nessuno a proteggermi, ma perché non c’è nessuno qui per me, nessuno con cui posso parlare, affidarmi.
Non c’è nessuno.
Ma non dico nemmeno una di queste cose.
“Odio dover sostenere un monologo.” Dice. “Allora parla.”
Non lo faccio.
Chiaramente questo lo fa arrabbiare, perché all’improvviso mi afferra per la gola con la mano e mi spinge contro il muro. Annaspo, cercando di liberarmi dalla sua presa, ma lui stringe soltanto. Grido, disperatamente in cerca di ossigeno. E poi mi accorgo di qualcosa. Non devo lottare. Forse questa è la soluzione.
Così mi rilasso.
Ancora qualche attimo e scivolerò nell’inconscio. Con un po’ di fortuna seguirà la morte.
Appena inizio a vedere dei puntini neri, rilascia il mio collo.
E respiro di nuovo.
E questo fatto non mi rende felice.
Prendo qualche respiro profondo, il battito del cuore che lentamente sta tornando normale.
“Lui non è più qui a proteggerti. Se fossi in te, Miss Granger, farei molta attenzione.”
Che cosa vuole da me?
Lo fisso, lasciandogli sapere quanto disgustoso e vile sia e quanto io lo odi, ma lui si milita a sorridere.
Allora mi decido a parlare. “Fa quello che vuoi. Non mi importa più.”
“È questo che pensi?”
“Sì.”
E poi mi distendo, dandogli le spalle.
Potrebbe fare molte cose, calciarmi o maledirmi, tutto. Ma non lo fa.
Dopo un lungo momento lo sento lasciare la cella.
E poi ho una piccola epifania.
Posso ignorarli.
E loro se ne andranno.
***
Non posso più rimanere qui.
Sto impazzendo.
Odio questa prigione.
Odio loro.
Le emozioni esplodono dentro di me e io devo fare qualcosa per cancellare il dolore e la frustrazione che mi assale.
Senza nemmeno pensarci, mi porto alla bocca il polso, mordendo forte, lasciando che tutta la rabbia e la paura mi assalgano. Sento il gusto del sangue in bocca, ma non sento il dolore.
Alla fine smetto, togliendo la bocca e guardando giù alla ferita che mi sono procurata.
Sangue.
E ora sta iniziando a far male.
Davvero male.
E a bruciare.
Sobbalzo per il dolore, osservando i segni dei denti sulla mia pelle.
E poi mi accorgo di qualcosa.
Non posso più farlo.
Lentamente, mi metto composta, guardandomi attorno, cercando qualcosa, qualsiasi cosa possa aiutarmi.
Non verrò mai salvata. Non vedrò mai il mondo di fuori.
In qualche modo so che sto per morire. Tutta sola.
E no.
Non morirò così.
Se morissi, sarà solo perché deciderò io così. E non loro.
Mi ricordo quando il Professor…no, quel traditore ha detto che c’era probabilmente un incantesimo anti suicida nella cella. Ma non ho mai cercato di testarlo. C’era stata una volta in cui pezzi di vetro rotti erano scomparsi, ma non ho mai davvero provato a farmi del male da sola.
Fino ad ora.
Non c’è alcun punto a vivere.
Ma…come farlo?
Non c’è nulla nella cella che possa aiutarmi, nulla.
Potrei provare a schiantare la testa contro la pietra dura del muro, ma…non posso.
Sono una codarda.
Disperatamente, mi lascio cadere sul materasso di nuovo, chiudendo gli occhi.
***
Lui è qui di nuovo.
Riesco a sentirlo.
E so che è lui, lo riconosco dai passi.
Chiude la porta e poi resta al centro della stanza.
Lo ignoro.
Resta in silenzio per dei lunghi attimi e quando si decide a parlare, il suo tono è freddo. “Ti sei calmata, Miss Granger?”
No.
Non gli parlerò.
“Granger, so che non sei addormentata.”
Silenzio.
“Smettila di comportarti come una bambina.” Dice.
“Vada al diavolo.”
Le parole mi sono appena uscite e so che è sorpreso.
“È questo il modo di rivolgersi ad un tuo insegnante?” Chiede.
“Non è il mio insegnante.” Gli sibilo.
Perché gli sto parlando?
Perché non riesco a calmarmi e smettere di parlare?
Non merita alcuna risposta.
“Guardami.” Ordina.
E ha ragione.
È lui quello che dovrebbe vergognarsi, non io. Perché mi dovrei nascondere?
Lentamente mi metto a sedere, voltandomi per affrontarlo.
Le sue labbra si incurvano in un sottile ghigno. “Bene. Ora-”
“Cosa vuole?” Ringhio.
“Non interrompermi, Granger.”
Alzo un sopracciglio in segno di sfida.
Lui continua. “Sono ancora la stessa persona che era qui con te. Più o meno.”
Come può parlare così?
Bugiardo.
“Come ha intenzione di spiegare la mia assenza da Hogwars?” Chiedo. “Non è un po’ sospettoso che lei sia scomparso all’incirca quando me?”
Lui scuote la testa. “No. Di questo è stato preso provvedimenti.”
Quasi grido a questo. Nessuno sospetta nulla.
“Lo sapevo.” Sussurro. “C’era qualcosa di strano in lei. C’erano delle cose che non quadravano. I-io lo sapevo.”
“E allora perché ti sei fidata di me?” Chiede. “ Sapevi che c’erano delle cose strane, che c’erano molte cose, ma tu ancora ti sei fidata di me.”
“Sono stata stupida.”
“Sì, lo sei stata.”
Ho gli occhi umidi, ma allontano le lacrime. Non posso credere che lui sia la stessa persona che era con me, la stessa a cui mi ero affidata.
È come un estraneo ora.
Non riesco a distogliere lo sguardo da lui, continuo a guardare cercando qualcosa che possa dimostrarmi che è una persona diversa, che di fatto è la guardia che pretende di essere il Professor Piton, ma non trovo prove.
E lui mi sta a sua volta guardando, i suoi occhi neri fissi sul mio viso.
Ma poi abbassa lo sguardo, le sopracciglia aggrottate.
“Cos'è quella cosa sul tuo collo?” Chiede, non ancora incontrando i miei occhi.
Istintivamente mi tocco il collo, cercando di scoprire di cosa sta parlando.
Poi ricordo.
Si avvicina. “Di chi sono quelle impronte?”
“Non sono affari tuoi.”
Ora vedo la rabbia riflessa nei suoi occhi, ma non mi importa.
“C’era qualcuno qui?” Chiede.
Resto in silenzio.
Perché si sta comportando così ora?
Non dovrebbe sapere se qualcuno era qui o no?
E poi, si è dimenticato che non è più il mio protettore?
“E quei segni di denti?” Chiede, il suo tono serio.
Immediatamente nascondo il braccio dietro la schiena. “Niente che la riguardi.”
Lui prende un respiro profondo. “Rispondi alla mia domanda.”
“No.”
All’improvviso mi afferra il braccio, tirandolo verso di se. Lotto, cercando di liberarmi. In qualche modo ci riesco e striscio via da lui.
“Non toccarmi.” Urlo. “Non osare toccarmi!”
C’è rabbia sul suo viso. Le sue labbra formano una linea sottile ed è più pallido del solito.
Mi guarda. “Io oso, Granger. Posso fare molte cose, non solo toccarti. E tu risponderai alla mia domanda.”
No.
Non lo farò.
Sto tremando ora, furiosa con lui, ma spaventata allo stesso tempo.
“Chi c’era qui?” Chiede di nuovo.
“Ha giocato bene la sua parte. “Ammetto. “Tutti quei dettagli, tutto, era così ben pianificato.”
“Grazie.”
Come una pugnalata al petto.
Lui continua. “Ora, rispondi alla mia domanda.”
“Chi credi che fosse qui?” Alzo la voce. Babbo Natale? Era quella guardia! Sai quale, sono sicura che voi due siete buoni amici! Sei stato probabilmente tu a ordinargli di fare tutte quelle cose a me, sapevi cosa mi avrebbe ferita più di tutto e lui ha fatto esattamente questo!”
Il suo viso rimane calmo. “Capisco.”
Poi si allontana, sedendosi sulla sedia al centro della cella.
Lo guardo sorpresa. “Cosa sta facendo? Non resterà qui.”
“Oh no, non lo faccio. Ho visto più che sufficiente di questa cella. Voglio semplicemente parlarti.”
La mia voce suona così debole e sconfitta. “Non ho intenzione di farle compagnia.”
“Capirai che questa è l’unica soluzione. Non verrai salvata dal tuo eroico Potter o dall’Ordine. Hanno già rinunciato a te.
Il mio cuore cede un battito. “C-cosa?”
“Cosa pensavi? È passato quasi un mese da quando sei scomparsa. E non c’è stato alcun segno di te ovunque. Niente.”
"Hanno…rinunciato?”
“Sì.”
Impiego un attimo, ma poi scuoto la testa. “Non le credo.”
“Credi quel che vuoi, Granger. Ma ti sto offrendo una soluzione. È la tua unica possibilità.”
“Grazie, ma no grazie.” Mi sforzo di simulare un sorriso.
Lui si alza. “ va bene. Oggi hai detto no.”
“ E dirò di no anche domani e il giorno dopo ancora.”
Lui sogghigna. “Lo vedremo.”
Con questo cammina verso la porta poi, lo fermo. “Aspetta. H-ho fame. Avete intenzione di farmi morire di fame?”
“Ovviamente no.” Dice, tirando fuori la bacchetta dalle vesti.
La agita verso il pavimento e all’improvviso appare un grande bicchiere d’acqua e un pezzo di pane.
Come sempre.
Perché mi aspettavo qualcosa in più da lui?
Mi guarda un’ultima volta prima di lasciare la cella.
Velocemente afferro il bicchiere d’acqua, bevendolo tutto in un paio di secondi.
Non ho fame.
Non è per questo che gli ho chiesto del cibo.
Mentre osservo il bicchiere nella mia mano, mi chiedo se sono capace di farlo.
Di porre fine alla mia vita.
Prendendo un respiro profondo, rapidamente getto il bicchiere a terra, rompendolo. Prima che tutti i pezzi scompaiano, afferro una scheggia, tenendola nelle mani.
E rimane li, non scomparendo con il resto.
Non mi importa come o perché non lo fa.
Tutto ciò di cui mi importa è che ora ho ciò di cui avevo bisogno.
***
Non posso farlo.
Sto cercando di portare la scheggia alla pelle, ma semplicemente non posso.
Sto facendo la cosa giusta?
Il suicidio non è mai la giusta scelta, ma…non posso più restare qui.
Ho bisogno di…
Sta lentamente diventando buio.
Non riesco a credere che fosse solo ieri quando eravamo convinti fosse il nostro ultimo giorno.
Ora tutto è diverso.
Allora decido.
Velocemente porto la scheggia al polso e senza pensarci o indugiare faccio un taglio profondo.
Brucia e c’è sangue, ma non è profondo a sufficienza.
Inghiottisco le lacrime e provo di nuovo, questa volta con più determinazione.
Oh Dio.
C’è così tanto sangue ora.
La scheggia cade dalla mia mano e mi limito a fissare il sangue.
Credo di aver reciso la vena.
La vista mi sta facendo venire la nausea.
Presto non riesco nemmeno a star seduta, la testa comincia a diventare pesante.
Così mi distendo, guardando il soffitto.
Avevo ragione quando ho detto che la cella sarebbe stato l’ultimo posto che avrei visto.
***
Ci sta mettendo troppo.
Perché non sono ancora morta?
Dovrei esserlo.
Ho gli occhi chiusi e non riesco nemmeno ad aprirli.
Tutte le mie forze se ne sono andate.
Aspetta.
Sento qualcosa.
Passi.
Poi una voce.
Qualcuno mi sta scuotendo, afferrandomi la mano.
Vorrei parlare, dire loro di lasciarmi sola, ma nessuna voce esce.
“…arrivati a questo?”
“…osservarla…”
“…troppo…”
Ci sono diverse persone nella cella.
Sento le loro voci.
Qualcuno mi sta stringendo la mano, cercando di fermare il flusso sanguigno.”
Gemo, tirando via la mano, ma è inutile. Sono troppo debole.
Vogliono riportarmi indietro, torturarmi ancora e non posso permetterlo.
Questa è la mia possibilità per fuggire.
“…andrà tutto bene…”
È la sua voce? Quella del Professor Piton?
Perché mi sta dicendo che tutto andrà bene?
Poi tutto diventa nero.
***
É buio.
Lentamente apro gli occhi
C’è una candela accanto al materasso, illuminando parte della cella.
Cerco di muovermi, ma non ci riesco.
Cosa sta…succedendo?
“É stato davvero stupido da parte tua.” dice una voce dall’altra parte della cella.
Aspetto in silenzio, ancora un po’ confusa.
Lentamente, quella persona si avvicina e riesco a vederlo.
Piton.
“Cosa…” Cerco di parlare, ma la mia gola è secca.
“Pensavi onestamente di poter fuggire in quel modo?”
Mi dibatto, cercando di muovermi, ma mi accorgo che sono legata al materasso.
Il panico mi invade e mi dimeno con più forza, respirando in brevi rantoli.
Le braccia sono legate sopra la testa.
Non posso muovere le gambe.
Ma non c’è alcuna corda visibile, probabilmente è la magia a tenermi ferma.
Vedo che c’è un bendaggio attorno al mio polso ferito e brucia ancora.
“Perché ti sei ferita?” Chiede.
Non rispondo.
“Granger, per prevenire eventuali ferite rimarrai legata per il resto della notte.”
“Non può farlo!”
“È per il tuo stesso bene. L’Oscuro Signore non vuole perderti. Puoi ancora dimostrarti utile.”
Resto in silenzio, mordendomi il labbro inferiore.
Ci sono così tante cose che vorrei dirgli.
Così tante domande che vorrei fargli.
Quando mi decido a parlare lo faccio a bassa voce e debolmente. “Come ha potuto?”
Lui si irrigidisce. “Saresti potuta essere ferita ben più gravemente.”
Dovrebbe farmi sentir meglio? Dovrei ringraziarlo per non aver permesso alla guardia di farmi troppo male?
Che razza di gioco malato sta giocando?
“Buona notte, Miss Granger.” Dice, soffiando sulla candela.
All’improvviso c’è un orribile oscurità tutt’intorno a me.
Lui esce dalla cella senza una parola.
Scherzavo!
Non ho forza di volontà... non ho una vita sociale e visto che mi annoio aggiorno.
Magari faccio anche io la spia per l'Ordine, almeno non mi annoio e poi con Severus non ci si annoia mai😏😏😏
Non sono l'unica Pervy, vero?😂😂😂
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