Day 25
Ron.
Posso vederlo chiaramente.
Proprio come lo ricordavo.
Non so come sia arrivato qui.
E non importa.
Lui è qui.
E io lo sto abbracciando.
Non è un sogno.
Posso sentirlo. Il suo calore.
E anche lui mi sta abbracciando, le sue braccia mi circondano con fare protettivo.
É finita.
Sono stata salvata.
Sono salva.
Poi provo a baciarlo.
Ho bisogno di un contatto del genere.
Ma lui sta indietreggiando.
Perchè?
"Ron..."
Mi sta respingendo.
Mi dimeno.
"Granger."
Da quando mi chiama Granger?
"Ron, smettila." Dico, cercando di stringermi a lui.
Provo a guardarlo, ma è tutto sfocato.
Poi il suo volto inizia a cambiare.
Capelli neri.
Naso ricurvo.
"Oh Dio." Le parole mi sfuggono.
Capisco dove sono.
Nella cella.
Sul materasso del Professor Piton.
E lui è seduto accanto a me.
Con un salto mi allontano da lui, svegliandomi completamente.
Poi l'imbarazzo mi travolge.
Nascondo il volto tra le mani. "Cos'ho fatto?"
"Tu... stavi sognando, presumo."
Non è a proprio agio, ma sta cercando di fingere che non l'abbia infastidito. Posso dirlo dalla sua voce.
Ancora incapace di guardarlo, mi allontano. "Mi dispiace così tanto! I-io non volevo..."
"Non hai fatto nulla, Miss Granger."
Lentamente, metto le mani da parte e lo guardo. "Non ho fatto nulla?"
"No. Parlavi soltanto."
Un sospiro di sollievo mi sfugge.
Poi mi guardo attorno, notando che la cella è ancora un po' scura. Devono essere le prime ore del mattino.
Mi volto per guardare il Professore. "Lei ha dormito?"
"Sì."
Questo è strano. Abbiamo dormito entrambi. É stata la nostra ultima notte su questo mondo e siamo stati capaci di dormire.
"Sta succedendo davvero?" Chiedo, con calma.
Ancora non posso crederci. Non sembra vero.
"Pare di sì." Arriva la sua risposta tranquilla.
"Come?"
Lui non risponde.
Io continuo. "Sembra che sia stato tutto inutile, non è vero? Tutto ciò che abbiamo fatto negli ultimi venticinque giorni. Tutto ha portato a questo. Stiamo per morire."
"Non è stato inutile."
"Lo è stato."
Lui mi guarda, "Avremmo potuto morire il primo giorno. Ma non l'abbiamo fatto. Siamo riusciti a sopravvivere. Per venticinque lunghi giorni."
Sorrido con fare triste. "Sì, e potrebbe essere una bella storia. Se sopravvivessimo. Ma stiamo per morire. Nessuno mai saprà di tutto ciò che abbiamo passato."
Lui non risponde.
Stiamo per morire. Non c'è niente che lui possa dire per rendere le cose migliori.
Abbasso lo sguardo sulla mia uniforme scolastica. Non avrei mai immaginato che sarei morta con essa addosso.
Mi aggiusto la camicetta e circondo il mio corpo con le braccia.
Lui mi sta guardando. Lo sento.
C'è questa strana, formicolante sensazione sulla mia pelle.
Il mio battito cardiaco accelera.
Lentamente, mi volto e lui mi sta guardando. C'è uno sguardo cupo nei suoi occhi e non sta nemmeno provando a nasconderlo.
"C-cosa c'è?" Chiedo.
"Siamo stati coraggiosi. Ricordatelo."
Deglutisco.
Perché sta parlando in questo modo?
Non voglio ascoltare. Mi farà piangere e non voglio farlo.
"Coraggiosi." Ripeto con calma.
"Sì."
Lo siamo stati?
"Granger, loro hanno perso."
"Come? Siamo noi quelli che stanno per morire."
Lui annuisce. "Non sono riusciti a portarci dalla loro parte. Non sono riusciti ad ottenere obbedienza da parte nostra. Moriremo perché loro non hanno trovato un modo per controllarci, per impossessarsi di noi."
"L-lo so, ma... Non mi sento molto vittoriosa al momento." Confesso, sentendo la gola chiudersi.
"Hai qualche dubbio?" Chiede.
I nostri occhi s'incontrano ancora e so esattamente cosa mi sta chiedendo.
Potrei ancora salvarmi.
Potrei passare dalla loro parte, offrire di aiutare Voldemort, usare la conoscenza che ho di Harry per buttare giù l'Ordine.
"No." Rispondo.
Una parola così semplice.
E credo di poter vedere rispetto sul volto del Professore per un breve secondo. Poi scompare.
"Cosa facciamo adesso?" Chiedo.
"Aspettiamo."
Aspettiamo.
Aspettiamo la nostra morte.
***
Non ho idea di quanto tempo sia passato.
Tutto ciò che so è che ce ne siamo stati seduti, senza parlare, semplicemente aspettando.
I miei occhi sono fissi sulle sbarre, aspettando che si aprano in qualsiasi momento.
Ma non succede nulla.
"Non ci faranno mica aspettare tutto il giorno?" Chiedo nervosamente.
"É nella loro natura torturare, quindi non ne sarei sorpreso."
Ogni minuto potrebbe essere l'ultimo.
Prendo un bel respiro e abbasso lo sguardo sul mio corpo. Ci sono così tante cicatrici, non ricordo nemmeno come me le sono procurate tutte.
Esamino le mie braccia, notando i lividi e i tagli.
Il mio labbro fa ancora male. Beh, presto non dovrò più preoccuparmene.
I miei occhi si spostano sempre più giù fin quando non noto una grossa cicatrice sul mio ginocchio. Quella me la ricordo. Me la sono procurata all'inizio, il secondo o il terzo giorno.
Sollevo leggermente la gonna, osservandomi le cosce. Sembra che mi procuri più facilmente dei lividi grazie alla perdita di peso.
"Granger, cosa stai facendo?"
Velocemente abbasso il tessuto. "Niente. Stavo solo... osservando."
"Forse dovresti tornartene sul tuo materasso."
Perché la sua voce è così... tesa?
"Perché?" Chiedo, un po' disperata. "Non possiamo stare insieme fin quando..."
Sembra quasi che non stia respirando.
"Professore?"
"Dovresti andartene, Granger."
"Andarmene?" Ripeto. "Che succede?"
"Fa' semplicemente ciò che ti dico. Senza fare domande."
"No."
Si lascia scappare un ringhio e questo mi incuriosisce e mi preoccupa ancora di più.
"Signore, che succede? Me lo dica."
Dopo un lungo attimo di silenzio, finalmente parla. "Io... temo che potrei fare qualcosa. Qualcosa che non è giusto."
"Mi sta spaventando." Dico, voltandomi verso di lui completamente. "Di che si tratta?"
Improvvisamente si alza all'in piedi. "Dovresti essere spaventata."
"Di cosa sta parlando?"
"Sei troppo ingenua." Dice.
"Non lo sono."
"Lo sei."
Mi alzo anch'io, avvicinandomi a lui. "Allora me lo spieghi."
Mi sta voltando le spalle e mi secca il fatto che non posso guardarlo in faccia.
"Sto avendo... un conflitto." Si sforza di dire.
"Con chi?"
"Me stesso."
Non posso fare a meno di sentirmi confusa, ma aspetto in silenzio che continui.
"Sono un uomo." Dice. "E siamo stati rinchiusi qui dentro per troppo tempo."
Lentamente, inizio a capire.
"Oh." É tutto ciò che riesco a dire.
Sta davvero dicendo quello che credo stia dicendo?
Si volta per guardarmi e posso vedere ciò di cui sta parlando.
La sua espressione è... come se qualcosa gli dolesse.
"Beh." Inizio. "Forse... non dovrebbe più respingerla."
Lui fa un passo indietro. "Ti rendi conto di cosa stai dicendo, ragazzina?"
Me ne rendo conto?
"S-sì?" Viene fuori come se fosse una domanda.
"Sono un tuo insegnante."
"Non ha più importanza. Stiamo per morire. Non m'importa più, ho solo bisogno..." Non riesco a finire la frase.
Di cosa ho bisogno?
Tutto ciò che so è che desidero qualcosa.
Un contatto.
Una carezza.
Qualcosa.
Ne ho bisogno prima che muoia.
Ho bisogno di sentire qualcosa prima che muoia.
Così mi avvicino a lui, tremando leggermente. "Non lo saprà nessuno."
"Io lo saprò." Risponde, guardandomi intensamente negli occhi.
"Non per molto. In un paio d'ore non esisteremo più." Dico.
Lui scuote la testa e io mi avvicino ancora.
Non so nemmeno cosa sto chiedendo.
Cosa vuole lui esattamente?
E poi qualcosa in lui sembra cambiare.
Si avvicina a me sempre di più, respirando a fatica.
Ogni secondo che passa è sempre più vicino a me e poi le sue labbra sono premute contro le mie.
Cosa sta succedendo?
Non mi muovo.
Sto baciando il Professor Piton.
La sua mano si posa sulla mia nuca mentre aggiunge pressione sulle labbra.
Il bacio è lento, dubito che possa essere anche più lento o gentile.
E poi lo sento.
É qualcosa che non può essere spiegato a parole.
É semplicemente qualcosa.
Qualcosa che mi è mancato.
Un contatto.
Un abbraccio.
Un tocco.
La presenza di un'altra persona.
Tutto in una volta.
Lentamente inizio a rispondere al bacio, ignorando quanto sia sbagliato. Non m'importa.
Moriremo.
Ho tutto il diritto di fare ciò che voglio.
M'irrigidisco un po' mentre sento la sua mano scendere e aprire la mia camicetta.
Adesso sta accarezzando il mio seno coperto dalla biancheria.
I miei occhi si spalancano e scopro che lui mi sta guardando.
I suoi occhi, scuri come l'ebano, stanno osservando il mio volto.
Si sta odiando, posso vederlo.
Improvvisamente interrompe il bacio e mi volge le spalle.
"Dannazione." Dice trattenendo il respiro. "Mi dispiace così tanto, Miss Granger. Cosa diavolo sto facendo?"
Io me ne sto lì, sentendomi completamente confusa e senza parole.
Non so esattamente cos'è successo. Ma so che mi è piaciuto. Non sono innamorata del Professor Piton, niente di tutto ciò sta accadendo, ma... Voglio ciò che lui può darmi.
Afferro il suo braccio e lo costringo a guardarmi.
"Non dica che le dispiace." Sussurro.
Il suo sguardo è perso nel vuoto.
"Mi guardi." Dico.
Dopo un lungo attimo lui ubbidisce, incontrando i miei occhi.
E poi mi alzo sulle punte dei piedi, circondando il suo collo con le braccia e baciandolo.
Mi aspettavo che mi spingesse via, ma con mia sorpresa, lui mi circonda con le sue braccia, stringendomi a lui.
Non è più gentile, è rude adesso.
Tutto d'un tratto la mia camicetta è sul pavimento.
Lui geme e afferra i miei fianchi.
Stiamo veramente per farlo?
Ci stiamo muovendo, camminiamo e poi ci abbandoniamo sul materasso.
Non so di chi sia e non importa.
Il suo peso sul mio corpo è confortante.
Il suo corpo è rigido. E lui sembra così disperato.
É bollente, sta andando a fuoco nelle sue vesti.
"P-professore - " La parola mi sfugge.
E poi lui si immobilizza.
Apro gli occhi per vedere cosa c'è che non va.
Improvvisamente lui si allontana da me, lasciandomi sola sul materasso.
Sta quasi correndo verso l'altra parte della cella, e cade sulle ginocchia, respirando affannosamente. Per un attimo credo che stia per vomitare, ma non lo fa.
"Professore?" Lo chiamo, mettendomi a sedere.
"Non chiamarmi così!" Dice con uno scatto, non guardandomi.
E poi la realtà mi colpisce.
Cosa stiamo facendo?
E adesso io mi sento come se dovessi vomitare.
Velocemente afferro la mia camicetta dal pavimento, indossandola e coprendomi.
"Sono un malato." Sussurra in tono sofferto.
"N-non lo è." Scuoto la testa. "Siamo entrambi semplicemente... confusi e - "
"Ho fatto molte cose orribili in vita mia, ma non ho mai toccato uno studente." Dice, disgustato.
"N-non sono più una sua studentessa."
Cosa c'è che non va in me?
Perché mi sento così sporca adesso?
Nemmeno una settimana fa gli ho chiesto di fare una cosa del genere e adesso sono disgustata da me stessa. E tutto ciò che abbiamo fatto è stato baciarci.
Si alza in piedi all'improvviso, colpendo il muro con i pugni chiusi. "Ho bisogno di uscire di qui!"
M'irrigidisco. "Nessuno può incolparci per ciò che abbiamo fatto."
"Possiamo incolpare noi stessi." Risponde in modo cupo.
"Signore..." Dico flebilmente, non sapendo cosa dire.
Alla fine si volta nella mia direzione. "Tu resti lì e io resto qui. Non dobbiamo più avere contatti tra di noi."
"Non può fare una cosa simile."
"Posso e lo farò." É la sua unica risposta mentre si abbandona sul suo materasso.
Segue un silenzio così orribile.
Non mi guarda nemmeno.
Perché è arrabbiato?
Si, forse abbiamo fatto uno sbaglio, ma ci è permesso farne uno, non è così? É sorprendente che non siamo diventati pazzi dopo tutto ciò che abbiamo passato.
So che non posso parlargli.
So che mi aggredirebbe anche se aprissi soltanto la bocca.
Come mai è diventato tutto così complicato?
***
Sono così spaventata.
E adesso anche di più, perché sono sola.
Il Professor Piton è nella cella con me, ma è come se non ci fosse.
Non parla.
Non mi guarda.
Perché non può semplicemente dimenticare? Fare finta che non è successo?
Abbiamo commesso uno sbaglio.
E io ho davvero bisogno di parlare con qualcuno in questo momento.
I miei occhi si riempiono di lacrime e le asciugo furiosamente.
Lo guardo.
Sta ancora fissando il muro, facendo finta che io non sia qui.
Non possiamo separarci così.
Non possono essere parole di rabbia l'ultima cosa che ci siamo detti.
"Signore." Inizio con fare agitato. "La prego, mi parli."
Niente.
Non mi guarda nemmeno.
"Dannazione!" Scatto. "Mi guardi!"
Questo attira la sua attenzione.
I suoi occhi si spostano su di me, ma ancora non apre bocca.
Mi umetto le labbra secche. "Mi parli."
"Cosa vuoi che ti dica?" La sua voce è tranquilla, ma comunque cupa.
Scuoto la testa. "I-io non lo so."
"Non è una cosa molto matura, vero?"
"Non m'importa essere matura. Non adesso."
Lui sospira. "Dovremmo mettere fine a questa conversazione."
"Bene." Concordo. "Possiamo parlare di qualcos'altro allora."
"Del tipo?"
"Chi crede che abbiano con loro? Chi è il traditore?" Chiedo con calma.
"Potrebbe essere chiunque, Granger. Te l'ho detto."
Annuisco, ricordando la conversazione. "Non fidarti di nessuno."
Lui non risponde.
***
Non ce la faccio più.
Dove sono loro?
Perché ci stanno torturando così?
La tensione nella cella è mortificante.
É come se non ci fosse aria.
É impossibile respirare.
Voglio che le guardie vengano e la facciano finita.
No. Non voglio questo.
Non voglio morire.
Ma non posso più sopportare di trovarmi in questa situazione.
***
Loro sono qui.
Le sbarre vengono aperte. Posso vederlo come se fosse a rallenty.
E non riesco a respirare.
Ci siamo.
In qualche modo mi alzo sulle mie gambe tremanti.
Il capo entra. E altre due guardie lo seguono.
Lasciano la porta spalancata.
Se solo potessi correre sorpassandoli, verso la libertà.
Ma questo è solo un sogno.
Me ne sto nel mezzo della cella e poi sento il Professor Piton muoversi e venire accanto a me.
Mi è vicino.
Aspettiamo entrambi.
Ho bisogno di ricordarmi di respirare.
"Non sprecherò il mio tempo in chiacchiere inutili." Dice il capo. "Tutti sappiamo perché sono qui."
La mia vista inizia ad oscurarsi e sbatto le palpebre un paio di volte. Se solo potessi svenire, rendendo le cose più facili.
"Qual è la vostra decisione?" Chiede.
Non riesco a parlare.
Ho dei problemi persino a stare in piedi.
"Allora?" Chiede la guardia, guardandomi. "Sai qual è la domanda. Qual è la tua risposta?"
Un'immagine dei miei genitori prende vita nella mia mente e sto mentalmente dicendo loro addio. Spero di essere stata la figlia che hanno desiderato. La figlia di cui possono andare fieri.
"Hermione Granger." Il capo alza il tono di voce, tirandomi fuori dai miei pensieri. "Qual è la tua risposta?"
Per poco non mi strozzo con le mie stesse parole, ma in qualche modo riesco a parlare. "N-no."
"No?"
"La mia risposta è no."
Silenzio.
Sto per morire.
Il capo mi guarda in modo cupo. "Ti rendi conto che stai decretando la tua stessa sentenza di morte?"
"Sì."
La mia voce non sta tremando, dovrei essere fiera di me stessa.
"D'accordo." Annuisce. "Come ti pare."
La mia gola si chiude e guardo il Professor Piton.
Ma lui non mi sta guardando.
Sta fissando le guardie.
E... non è spaventato. Non c'è paura nei suoi occhi.
Non sembra una persona che presumibilmente sta per morire.
Mi scappa un urlo silenzioso mentre osservo di nuovo la guardia.
Un sorriso malato nasce sulle sue labbra. "C'è ancora un'altra cosa. Come ho promesso. Desideri vedere chi è il traditore?"
No.
Non voglio.
Per favore, smettete di giocare con noi.
Il capo si schiarisce la gola. "Invito questa persona a fare un passo avanti."
I miei occhi si dirigono verso le sbarre mentre aspetto che il traditore entri.
Giusto l'ultimo colpo prima che muoia.
E poi il Professor Piton si muove.
Lo guardo, sorpresa.
Con naturalezza si dirige verso le guardie, poi si ferma e si volta a guardarmi.
Cosa?
Cosa sta succedendo?
"Professore, cosa sta - ?" Chiedo, incapace di metabolizzare ciò che sta accadendo.
"Prova ad arrivarci, Miss Granger." Dice il capo.
No.
Mi sento come se qualcuno mi abbia buttato un secchio d'acqua fredda addosso.
"I-i-io non capisco." Sussurro, guardando il Professor Piton in cerca di qualche spiegazione.
Il suo volto è impassibile e non mi sta nemmeno guardando.
"Sei una ragazza sveglia." La guardia fa un sorrisetto. "Sai cosa sta succedendo qui."
Lo ignoro e fisso lo sguardo sul Professor Piton. "Signore, cosa... perché se ne sta lì?"
Finalmente lui mi guarda, i suoi occhi sono scuri e freddi. "E io che pensavo che tu fossi intelligente."
Questo commento mi colpisce come un coltello allo stomaco.
No.
No.
Non può essere.
Scruto il suo volto per un qualsiasi segno che possa indicarmi che sta mentendo, scherzando, ma non c'è nulla a parte la freddezza.
Nessun'altra emozione.
Niente.
Non posso... sopportarlo.
Mi piego in due, con le mani sulle ginocchia, ansimando in cerca d’aria.
Credo che sverrò.
O vomiterò.
Mi fa male lo stomaco.
"Lei... lei è passato dalla - " Non riesco a parlare.
"Oh no, lui non è passato dalla nostra parte." Dice la guardia, "É sempre stato dalla nostra parte fin dall'inizio."
Grido, sbattendo le palpebre un paio di volte per schiarire la vista.
Non sta succedendo.
No.
Lui è ancora accanto a me. Deve essere così.
Alzo lo sguardo.
Lui sta accanto a loro. Non vicino a me come ha sempre fatto.
Lui è un loro eguale.
É uno di loro.
"É stato carino giocare con te, Miss Granger." Dice il capo. "Ma il gioco sta diventando noioso."
Mi sento come un pesce, in cerca d'aria.
"E no, non morirai stanotte." Continua. "É solo l'inizio del secondo tempo."
Le sue parole non hanno senso per me.
Non riesco più a stare in piedi.
Cado sulle ginocchia, cercando di fare chiarezza nella mia testa.
La voce della guardia mi colpisce. "Buonanotte, ragazzina. Finalmente avrai la cella tutta per te."
Se ne stanno andando.
Riesco ad alzare lo sguardo solo per vedere il Professor Piton voltarmi le spalle e andare via.
Senza esitazioni.
Le sbarre si chiudono con un colpo.
Sono sola.
Lui era con loro.
Lui è malvagio.
É stato con loro per tutto questo tempo.
Grido.
Forte.
Grido.
E grido.
Fin quando non mi brucia la gola.
Fin quando non ho più voce.
Mi stendo sul pavimento freddo, con gli occhi spalancati.
Non mi muovo.
Presto l'oscurità scende nella cella.
Fa freddo. Lo so.
Ma non posso sentirlo.
Non sento nulla.
É buio.
E io sono sola.
Sorprese??? Io sclero ogni volta che rileggo questo capitolo😝😝😝
Aggiorno domani...
Sclerate in pace
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