Day 24
Mi sveglio.
E sono nauseata e stanca di svegliarmi qui. Sempre lo stesso.
La cella.
Se solo tutto questo si rivelasse un sogno. Un lungo, realistico sogno.
Ma so che è impossibile.
So di essere sveglia.
Sfortunatamente.
La prima cosa che faccio è di lanciare un’occhiata al Professr Piton. Ho bisogno di accertarmi che è ancora là e che sta bene.
E mi accorgo che sta dormendo.
Questo è strano.
É di fatto sul suo materasso, addormentato.
I suoi abiti sono in ordine, le braccia incrociate sul petto, il viso rigido.
Vederlo dormire è un evento raro, così decido di trarne il meglio. Non farò l’errore che ho fatto l’altra volta che l’ho scoperto addormentato. Riesco ancora ricordare con chiarezza la sua rabbia nell’avermi scoperta vicina ad…osservarlo.
Così resto dove sono e mi limito a guardarlo.
È un essere umano dopo tutto.
È divertente come non sembri rilassato, nemmeno nel sonno.
Dopo un minuto o due i suoi occhi si spalancando all’improvviso. Si mette immediatamente a sedere e sbatte le palpebre un paio di volte prima che i suoi occhi si posino sui miei.
“B-buongiorno.” Mormoro, sperando che non si arrabbi di nuovo.
Mi guarda confuso. “Perché sei già sveglia?”
“Non lo so.” Scuoto la testa. “Mi sono semplicemente svegliata.
“Hmm.”
Lui fa un respiro profondo, poi si appoggia contro il muro.
Ovviamente non è dell’umore per delle conversazioni.
Inizia la nostra giornata.
***
“Cosa crede sia successo ieri?” Chiedo, non in grado di spingere fuori quelle domande dalla mia mente. “Quando le guardie non ci hanno fatto visita?”
Lui esala un lungo respiro e capisco che è irritato con me. “Non lo so. Sarebbe privo di senso pensare a diverse teorie. Lo sapremo quando decidono di dircelo.”
“Sì, ma cosa pensa?”
“Sono possibili molte cose.”
“Del tipo?” Voglio sapere.
Lui mi guarda annuendo. “Potrebbe essere il loro piano. Farci morire di fame. Isolarci.”
“O?”
“O è successo qualcosa.”
Mi irrigidisco. “Crede che l’Ordine-?”
“Non lo so, Granger.”
Lentamente mi invoglio a parlare. “E se fossimo nascosti da qualche parte lontani? E se l’Ordine catturasse tutti i Mangiamorte e sconfiggesse Tu-sai-chi…e se non fossero in grado di trovarci? E noi restassimo qui, soli, a morire di fame?”
Quel pensiero orripilante non sembra aver alcun effetto su di lui. Non c’è paura sul suo viso, niente.
“N-non è spaventato?” Chiedo.
Impiega dei secondi prima di rispondere. “Ho paura delle cose che vedo, delle cose che stanno accadendo. Non mi permetterò di aver paura delle cose che potrebbero succedere.”
“Questo è saggio.” Ammetto. “Ma difficile da seguire.”
“Provaci.”
Lo faro.
***
Il cuore quasi mi tradisce quando sento la porta aprirsi.
Le guardie.
Finalmente.
Solo una guardia entra e mi indica.
La visita al bagno.
Mi alzo e lentamente mi avvicino a lui.
E non posso fare a meno di chiedere. “Dove eravate ieri?”
Lui si limita a guardarmi.
“Dove eravate?” Chiedo di nuovo. “Ci avete lasciato qui l’intero giorno. Niente cibo, nulla.”
“Granger, stai zitta.” Ruggisce il Professor Piton dietro di me.
La guardia mi fissa con durezza. “Ascolta il tuo Professore o non ci sarà alcun cibo nemmeno oggi.”
Questo mi zittisce immediatamente. Per lo meno lo sto trucidando con gli occhi.
Ma non sembra curarsene.
Mi afferra rudemente il braccio e mi guida fuori dalla prigione.
***
Vengo riportata nella cella.
E ora è il turno del Professor Piton.
Ci scambiamo qualche sguardo prima che venga portato via. E sono di nuovo sola.
Questo mi da qualche minuto per pensare.
Che giorno è oggi?
Non riesco nemmeno a ricordarlo.
Ero solita sapere esattamente quale giorno della settimana fosse, esattamente quante classi mi stessi perdendo, ma ora…ora non più.
Non mi importa più.
Tutto quello di cui mi interessa è di ricevere il cibo e delle visite al bagno.
Patetico
***
Non riesco più a sopportare il comportamento del Professore. Sembra arrabbiato. Irritato.
É ovvio che non sembra voler più parlare con me. Non ha menzionato le lezioni di Occlumanzia, anche se avevamo in programma di continuarle oggi.
E…so perché si sta comportando così. Si sta distanziando da me.
“Signore.” Inizio.
Lui sposta pigramente gli occhi su di me.
Mi sforzo di continuare. “I Mangiamorte sono dei bugiardi. Lo so questo.”
“Che vuoi dire?”
“Hanno mentito su molte cose, hanno mentito sul fatto di avere i miei genitori. E…” Mi fermo per un momento. “Sono stata stupida a dubitare di lei. Sono stata stupida a dar una seconda voce alle loro menzogne.”
Lui si irrigidisce e so che non si sente a suo agio a parlare della conversazione di due giorni fa.
Continuo. “So che lei non è violento con le donne.”
Lui solleva un sopracciglio. “ E come puoi esserne così sicura?”
“Lo so.” La mia voce suona molto sicura.
Mentre aspetto che lui risponda mi accorgo presto che non ne ha intenzione.
Così passo alla parte più difficile. “E non mi importa di suo padre. Non è affar mio. Ha fatto quello che pensava fosse giusto.”
Di nuovo, non parla.
Ma mantengo lo sguardo, determinata nel fargli capire che sono seria e certa di quello che ho detto.
Lentamente si rilassa. “Grazie.”
Cosa?
Mi sta davvero ringraziando?
“Um… Prego.” Rispondo non appena ritrovo la voce.
Un piccolo sorriso si forma sulle mie labbra e distolgo lo sguardo.
***
Cibo.
Riesco a malapena a controllarmi quando la guardia appella due pezzi di pane e due bicchieri d’acqua. Mi sforzo di rimanere calma, ma nel secondo in cui lui lascia la cella, quasi salto verso il cibo, godendomi la sensazione di averlo in bocca.
Chiudo perfino gli occhi per concentrarmi sul gusto.
“Dovresti mangiare lentamente, Miss Granger.”
Apro gli occhi. “C-osa?”
Il Professor Piton lentamente di fa strada verso il suo bicchiere d’acqua, raccogliendolo. “Mangia lentamente.”
Guardo meravigliata mentre lui beve con calma la sua acqua. E non posso fare a meno di chiedermi come faccia a comportarsi così. Perché non sta morendo di fame? Sta solo facendo finta di non esserlo?
Beh, io sto morendo di fame e non lo nasconderò.
I minuti seguenti passano in silenzio.
Mi accorgo con tristezza che ho già mangiato tutto.
Niente altro cibo fino a domani. Se decidono di darci da mangiare.
Darci da mangiare.
Come se fossimo i loro animali.
All’improvviso avverto un forte ansito dall’altra parte della cella.
“Professore?” Chiamo, notando che c’è qualcosa di sbagliato in lui.
Si irrigidisce, ovviamente nel dolore. Ma perché?
“Signore?” Provo di nuovo, alzandomi dal materasso e camminando verso di lui. “Che sta succedendo?”
Lui prende un respiro profondo attraverso il naso, ma non risponde.
E poi lo noto.
Sta stringendo il suo braccio sinistro.
Il suo avambraccio.
Spalanco gli occhi per lo shock. “Il suo Marchio Nero?”
Mi guarda, i suoi occhi scuri un po’ nel panico.
“Lui sta…la sta chiamando?” Chiedo
Ma…che sto dicendo? Questo non ha alcun senso.
“Professore, che cosa sta succedendo?” Pretendo di sapere.
“Cosa pensi che stia succedendo?” Mi sibila contro. “Lo scherzo malato di qualcuno.”
“Ma perché lui dovrebbe chiamarla?”
“Non mi sta chiamando. Mi sta torturando.”
Resto in silenzio, aspettando che continui, che spieghi.
“Ovviamente si è stancato che i suoi Mangiamorte compiano l’impresa, così li sta aiutando.”
Riesco a percepire il dolore nella sua voce, malgrado il fatto che sta cercando di nasconderlo.
Lentamente mi lascio cadere sul materasso accanto a lui, i miei occhi fissi sul suo braccio sinistro.
“Me lo faccia vedere.” Dico a bassa voce.
“No.”
“Signore-”
“Granger.” Mi avverte. “Lascia perdere.”
“No, me lo faccia vedere.” Insisto. “So già che c’è. E voglio solo vederlo.”
Mi sta fissando con rabbia e tutto quello che voglio fare e correre lontano da lui, ma in qualche modo mi obbligo a star ferma.
Alla fine si muove, spostando le vesti e sollevando lentamente la manica.
Non posso crederci.
Sapevo che il marchio sarebbe stato là, ma è una cosa completamente diversa vederlo.
Sul Professor Piton.
È evidente che c’è davvero o che c’era un tempo un lato oscuro in lui.
Non posso fare a meno di fissare in sgomento e shock al verde teschio con il serpente sporgente dalla sua bocca.
“Abbastanza per soddisfare la tua curiosità?” Chiede con amarezza.
Silenzio.
Il serpente si sta realmente muovendo. O forse me lo sto solo immaginando.
È alquanto ipnotizzante.
E poi mi sporgo e lo tocco leggermente, ma il Professor Piton allontana di scatto il braccio.
“Cosa stai facendo?” Chiede.
“V-volevo solo-”
“Toccare un Marchio Nero non è mai una buona idea, Granger.”
Questo sembra svegliarmi dalla trans in cui ero.
“Mi dispiace.” Mormoro. “Fa ancora male?”
“No.”
Bene.
Vuole che torni sul mio lato della cella, lo vedo dal suo viso. Sto invadendo il suo spazio personale.
Ma non posso farci nulla, ho bisogno di sapere di più sull’argomento.
“Com’ è stato?” Chiede. “In che modo fa male?”
Sembra un po’ sorpreso che io voglia parlarne, ma poi si ricompone in fretta.
“Brucia.”
Una risposta così semplice.
“E non può ignorarlo?”
Quasi rotea gli occhi nella mia direzione. “No, Miss Granger, non può essere ignorato.”
“È davvero nero.” Commento e lui immediatamente spinge giù la manica, coprendolo.
Mi giro, schiarendomi la gola. “Ho s-sentito che è impossibile da rimuovere. È vero?”
“È vero.”
Così lui dovrà portare quel marchio sul braccio per il resto della vita. E ogni volta che lo guarderà, gli ricorderà chi era stato un tempo.
“Non c’è un modo-” Inizio, ma lui mi interrompe.
“Non c’è nessuno. Credimi, ho provato.”
Sospiro sconfitta, poi annuisco.
“Dovresti tornare sul tuo materasso, Miss Granger.”
Ovviamente non vuole più parlare con me, così velocemente mi alzo e lo lascio solo.
***
Non posso far meno di pensare al suo Marchio Nero.
Era così terrificante.
E nero.
Non volevo dirglielo, ma ho letto a riguardo.
E ho imparato che se il Mangiamorte non è attivo, esso sbiadisce.
Ma quello che ho visto sul braccio del Professor Piton era un Marchio Nero molto nero.
Dovrei preoccuparmi di questo?
Potrebbe essere che è nero perché è ancora in contatto con Voldemort. Sta facendo finta di essere attivo, è una spia dopotutto.
Era una spia.
Cerco di calmarmi con quei pensieri, ma ancora non riesco a spingere fuori dalla mia testa l’immagine del Marchio Nero.
***
Sento delle risate.
E stanno venendo verso di noi, verso la prigione.
Rivolgo delle occhiate preoccupate al Professor Piton.
Finalmente la porta si apre nuovamente.
È successo così tante volte fino ad ora e non mi sono ancora abituata. Ancora aspetto con anticipazione cosa e chi entrerà da quella porta.
E sono sempre loro.
Le guardie.
Chi altro posso aspettarmi?
Il capo entra, un'altra guardia lo segue.
Guarda me, poi il Professor Piton.
“Come stanno i nostri prigionieri preferiti?” Chiede con un largo ghigno.
C’è qualcosa di sbagliato nel suo sorriso. So solo che qualcosa di terribile è successo.
Lui continua. “Mi scuso per avervi lasciati tutti da soli ieri. Avevamo…un impegno.”
Apro la bocca per chiedere di cosa sta parlando, ma mi fermo in tempo.
E lui come se mi avesse letto la mente, alza un sopracciglio per l’interesse. “Beh, non hai intenzione di chiedermi cosa è successo?”
“Non ce ne è bisogno.” Interviene il Professor Piton. “Sono sicuro che ce lo dirai in ogni caso.”
La guardia annuisce. “Hai ragione.”
Mi irrigidisco, non sicura di voler sentire l’informazione.
“Bene.” Inizia la guardia. “Diciamo che non siete più gli unici prigionieri da Hogwarts.”
“Cosa?” Le parole di sfuggono. “C-chi?”
Lui si limita a guardarmi. “Non ti piacerebbe saperlo?”
“E perché dovremmo crederti?” Dice lentamente il Professor Piton. “Questa potrebbe essere un’altra delle tue bugie.”
“Potrebbe. Ma non lo è.”
Molte persone mi passano per la mente.
Studenti.
Insegnanti.
Chi potrebbe essere?
“Credetemi.” Ci assicura la guardia. “E qui arriva la parte che non vi piacerà.”
Silenzio.
Quando capisce che non otterrà alcuna risposta da noi, continua. “Quella persona è già passata dalla nostra parte. Non ci è voluto molto. E ora noi abbiamo un altro alleato. Non è stupendo?”
Faccio un passo indietro, avendo bisogno di tempo e spazio per immagazzinare tutto quello che ho sentito.
“Stai perdendo il tuo tempo qui.” Dice freddamente Piton. “Non so cosa ti stai aspettando di ottenere dicendocelo.”
“Oh, nulla. Proprio nulla.” Risponde la guardia. “Volevo solo spiegare la mia assenza per il resto del giorno e la maggior parte di domani. Abbiamo molto di cui discutere col nostro nuovo collega.”
Il Professor Piton annuisce. “Non perdere il tuo tempo qui allora.”
La guardia si volta per uscire, ma poi si ferma. “Oh, un’altra cosa. Incontrerete quella persona domani. E domani sarà il vostro ultimo giorno per decidere cosa fare della vostra vita.”
“Che significa?” Chiedo.
“Significa, che se non sceglierete noi, morirete. Semplicemente questo. Domani potrebbe essere l’ultimo giorno della vostra vita. Scegliete saggiamente.”
E con quelle parole se ne va, l’altra guardia al suo seguito.
Guardo il Professor Piton, notando la strana espressione su suo viso e realizzo che probabilmente ho la stessa faccia.
Un miscuglio di emozioni.
Paura.
Panico.
Sollievo.
Sgomento.
Nessuno di noi parla.
Non per un lungo tempo
***
Non sono sicura di quanto tempo sia passato.
Ma siamo ancora senza parole.
Alla fine mi decido di rompere il silenzio. “Tutto qui?”
“Cosa intendi dire?” Arriva la domanda dall’altra parte della cella.
“È tutto qui? Stiamo per morire solo per…solo…”
Non riesco nemmeno a finire la frase.
“Morire?” Chiede.
“Sì.”
Sono intontita. Non riesco nemmeno a provare qualcosa. Mi sento solo…intontita.
“Dopo tutto quello che abbiamo affrontato.” Continuo. “Mi ero aspettata di più.”
“Un eroico salvataggio? Una fuga spettacolare?”
A dire il vero mi aspettavo proprio questo.
Lui sospira. “Forse ci sarà una morte spettacolare.”
“La smetta.” Alzò la voce.
Si volta, fissandomi.
Sto quasi urlando ora. “Perché non può per una volta comportarsi come…come se questo la toccasse per davvero? Stiamo per morire!”
“Vuoi che gridi? Che inizi a prendere a pugni la porta? Che pianga come una ragazzina?” Mi schernisce.
“Non lo so! Come può starsene seduto lì e basta?”
Si alza, il suo volto arrabbiato. “Granger, abbassa la voce.”
Mi alzo a mia volta, affrontandolo. “No. Non abbasserò la voce. Non siamo più a scuola. Non può più dirmi cosa fare. E se voglio gridare, griderò!”
“Mi stai facendo saltare i nervi.” Dice con tono pericoloso.
“Davvero? Come potrei saperlo, visto che non mostra mai alcuna emozione, alcun pensiero! Stiamo per morire! Non le importa?”
“La morte non è qualcosa che avevo nei piani, Granger. Ma non mi comporterò da pazzo.”
“Ma…non vedremo mai più nessun altro. Non…vedrò mai più i miei genitori, non finirò la scuola…”
“Non posso dirti cosa fare. Ma sai che la morte non è la tua unica possibilità.”
Lo guardo scioccata. “Cosa sta dicendo? Che dovrei voltare le spalle ad Harry? Che dovrei tradire l’Ordine?”
“Sai cosa sto dicendo.”
“Perché non lo fa lei?” Chiedo. “Ha molte più informazioni di quante ne abbia io.”
“Non ho la tua età.” Dice, la sua voce più morbida. “Ho vissuto e sperimentato molte cose nella mia esistenza. La mia vita è finita.”
“Come può dirlo?”
Sta mollando? Così? Non posso crederci che sia d’accordo a morire.
“Perché senti il bisogno di interferire con la mia vita personale?” Scatta. “Preoccupati per te stessa, Granger.”
“Non posso! Non posso nemmeno…lottare se lei sta rinunciando.”
“Perché importa ciò che faccio?”
“Perché,” Inizio. “Mi sono…abituata a lei.”
“No. Tu ti stai appoggiando a me. Troppo per il tuo stesso bene.”
“E ne ho il diritto. Lei è stato tutto quello che avevo negli ultimo ventiquattro giorni. È stata l’unica persona con cui potessi parlare. Ho il diritto di preoccuparmi per lei.”
Lui mi sta fissando e poi apre la bocca per parlare, ma nulla ne esce fuori mentre ascolta le mie ultime parole.
“Tu…ti preoccupi per me?”
Mi calmo un po’. “Si, lo faccio. Perché è così sorpreso?”
Non dice nulla, ma riesco a vedere che forse ho detto troppo.
Silenzio.
E ora mi sento stupida per aver esagerato e essermi comportata in una tale maniera.
“Smettila, Granger.” Dice alla fine. “Smettila di far conto su di me. Cosa sarebbe successo se fossi stata da sola tutto questo tempo?”
“Sarei morta ben prima.”
“Non puoi saperlo.”
Mi limito a scuotere la testa, non essendo d’accordo con lui.
“Non lo puoi sapere.” Ripete. “Non puoi capire quanto sei forte fino a che…farsi forza è l’unica opzione.”
Forse ha ragione.
Ma non lo sapremo mai.
Fortunatamente ho lui con me.
E non dovrò mai preoccuparmi di essere da sola.
***
Si sta facendo buio.
Mi accorgo con orrore che questa è probabilmente l’ultima notte della mia vita.
E io me ne sto seduta, a far niente.
Niente.
Non avrei mai immaginato di morire così.
Mi sono sempre vista anziana e morente nel mio letto, circondata dalla mia famiglia, o lottando per la giusta causa.
Lottando. Con una bacchetta in mano.
Non stando seduta in una prigione, aspettando che loro mi uccidano quando meglio preferiscono.
Mi sfugge una breve risata. “Immagino che a questo punto sarebbe inutile far pratica di Occlumanzia.”
Poi le lacrime mi riempiono gli occhi.
Avviene in un secondo.
Un attimo prima sto sorridendo e quello dopo ci sono lacrime che rotolano giù per le mie guance.
Ho bisogno di farmi forza.
“Granger… non so cosa dire.”
Sembra sconfitto.
E questo è ciò che mi spaventa di più.
Voglio che menta, che mi dica che tutto andrà per il meglio.
“Posso…” Poi scuoto la testa. “Lasci stare.”
“Cosa c’è?”
“Niente.”
“Granger.”
Prendo un respiro profondo. “Posso…sedermi vicino a lei?”
Lui ovviamente non se lo aspettava e resta in silenzio per dei lunghi istanti. Sembra un’eternità a me.
Alla fine parla. “Va bene.”
Sorrido, anche se non può vederlo nell’oscurità.
Immediatamente mi alzo e mi affretto verso il suo lato della cella, lasciandomi cadere sul materasso al suo fianco.
Stiamo entrambi in silenzio, appoggiati contro il muro.
Riesco a sentirlo acconto a me ed è confortante.
Anche se ho disperatamente bisogno di un abbraccio, so che non c’è la minima possibilità che lo riceva questa sera.
Questo sarebbe decisamente troppo.
“Non penso che riuscirò a dormire stanotte.” Ammetto.
“Comprensibile.”
“Ha paura?”
“Hmm.”
È un ‘sì’ o un ‘no’?
“Come crede che faranno? Con una Maledizione o-?”
“Granger, smettila di parlarne. Smettila di pensarci.”
“Non riesco a pensare nient’altro.”
“Provaci.”
“Che cosa lei sta pensando, signore?”
“A come farti smettere di parlare.”
Sorrido, scuotendo la testa.
“Beh, non ha mai sentito di ‘il miglior modo per zittire una ragazza è baciarla’.”
Silenzio.
Oh Dio.
Che cosa ho appena detto?
Lo sento irrigidirsi accanto a me.
“I-io n-non intendevo…”Balbetto, cercando di sistemare le cose. “Non so nemmeno perché l’ho detto. M-mi è semplicemente saltato in testa. M-Mi dispiace.”
“Forse dovresti tornare sul tuo materasso.”
“No! Per favore, non intendevo dirlo. Lo giuro, doveva solo essere uno scherzo.”
“Cambia argomento.” Dice a bassa voce.
Mi rilasso. “Uh…”
Non mi vieni in mente niente.
Nulla di cui vorrei discutere.
E noto che mi sto lentamente inclinando verso il Professor Piton.
Che c’è di sbagliato in me?
Rapidamente mi allontano da lui, sperando che non abbia notato nulla di strano.
Dopo qualche istante non è più imbarazzante.
Ci siamo abituati l’uno all’altro.
O forse potrebbe essere perché stiamo entrambi per morire domani.
Non parliamo.
Restiamo seduti lì, aspettando ansiosamente l’arrivo del giorno seguente.
Il nostro ultimo giorno
***
Non posso morire.
Ho così tante cose di fronte a me.
Voglio vivere.
E ora non riesco a respirare.
“Granger, calmati.”
So di che cosa si tratta.
L’ho già avuto prima d’ora.
Attacco di ansia.
N-non riesco a respirare.
Sono fredda, ma sto sudando.
Le sue mani sono sulle mie spalle. “Shh,repsira. Stai bene, Granger.”
“N-no.” Scuoto la testa furiosamente. “S-stiamo p-per morire.”
“Calmati.”
Non ci riesco.
E poi sento le sue mani sul mio collo.
Delle mani così calde.
“Shh.”
E qualsiasi cosa stia facendo sta davvero funzionando.
Sento qualcosa attraverso le sue mani e mi sta calmando.
“Chiudi gli occhi.” Ordina.
Obbedisco.
Riesco a sentirmi cadere contro di lui, ma vengo gentilmente spinta via e appoggiata sul materasso.
“Dormi.”
Chiudo gli occhi, realizzando solo ora quanto sono esausta.
“D-dorma pure lei.” Bisbiglio.
“Lo farò.”
E poi l’oscurità cala su di me.
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