{8° Capitolo}
[Capitolo otto]
John
La tavola è perfetta: coperta da una tovaglia rossa, i piatti di porcellana bianca, due per ognuno dei lati lunghi del tavolo, le posate avvolte da tovaglioli neri e delle ciotole poste al centro.
«Bell'abbinamento...» commento a bassa voce, mentre controllo i segnaposto, messi davanti ad ogni piatto.
«L'ha fatto Amy» risponde Jane, con un sorriso.
«Cosa diamine sono questi cosi?!» urla Amanda, sventolando il foglietto di carta con su scritto il suo nome.
Sherlock alza gli occhi al cielo e, con le braccia incrociate al petto, sospira leggermente.
«Il tuo segnaposto, Amanda» dice Jane, senza scomporsi minimante.
«Non era nei piani che tu decidessi anche la disposizione dei posti!»
«Sei stata tu a darmi carta bianca, ricordi?»
Amanda mi scocca un'occhiataccia. Io alzo le spalle, abbozzando un sorrisetto, per poi sedermi a tavola. Lei sbuffa e si siede accanto a me, con rassegnazione.
«Strano che sia stata lei a fare questo abbinamento» dice Sherlock, prendendo anche lui posto accanto a Jane.
«Perché?» gli chiede Amy, con aria indifferente, mentre comincia a disporre l'insalata di pollo nei piatti.
«Perché, da come ha abbinato il suo vestito, deduco che sia una tipa abbastanza insicura, visto che utilizza diverse sfumature dello stesso colore» spiega, giocherellando con la forchetta.
«Io insicura?» ride lei. «Quella che è venuta da lei per farle la predica per la sparatoria? Si sta sbagliando di grosso, signor Holmes: io non sono affatto insicura»
«Io non sbaglio mai» replica il mio amico.
«C'è sempre una prima volta»
«Io direi di cominciare a mangiare» li interrompe Jane.
«Già!» la assecondo io. «Buon appetito» continuo, afferrando la forchetta e infilzando un pezzo di pollo.
Jane mi lancia un'occhiata e un sorriso riconoscenti, per poi iniziare a mangiare anche lei, seguita dagli altri due.
La prima parte della cena è silenziosa, forse anche troppo. Sherlock mastica lentamente, osservando Amy di fronte a lei, con gli occhi ridotti a due fessure. Sembra che si stia divertendo, a studiarla.
«Parrucchiere» dice.
«Come?» fa la ragazza, confusa.
«È andata dal parrucchiere, stamattina» ripete lui. «Ha le punte dei capelli di una sfumatura diversa, rispetto a ieri»
Amanda sorride, sorpresa. «Holmes, è sensazionale! Si può sapere come fa?»
«Osservando, cosa che non tutti fanno. Di solito si limitano a vedere» risponde lui, rivolgendomi un sorrisetto derisorio.
«Deve insegnarmelo assolutamente!»
«Non credo che qualcuno possa imparare la scienza della deduzione»
«Cosa le fa credere che non possa riuscirci?»
Jane alza gli occhi al cielo, come se si aspettasse una simile reazione della sua amica. «Amanda, potresti smettere di obiettare ogni cosa, per favore?»
«Questo è uno scambio di opinioni, nel caso non lo avessi capito»
Jane sospira.
«Amanda, se proprio vuole imparare darmi prova che potresti esserne capace, cerchi di capire qualcosa su John» dice il mio coinquilino.
Alzo lo sguardo dalla mia insalata, puntandolo su Sherlock con occhi sgranati. Lui ricambia, con un sorriso.
So cosa stanno dicendo i suoi occhi.
"È tutto sotto controllo, John. Sta' tranquillo"
"Tranquillo?! Mi stai mettendo nei guai, come tuo solito, Sherlock! Ti avevo chiesto di non fare l'idiota!"
"So quel che faccio. Fidati"
Amanda si sistema sulla sedia e inizia ad osservarmi con occhio critico. Incrocio le braccia al petto, e sostengo il suo sguardo, fino alla fine, quando ritorna con gli occhi verso il centro della tavola.
«La camicia che indossa è nuova. Il colore rosso è ancora vivido, e profuma di negozio» dice, infine.
«Tutto qui?» fa Sherlock, con un sorriso canzonatorio.
«Mi dia il tempo di fare pratica: sto imparando a dedurre solo da alcuni minuti». Arriccia le labbra, con fare divertito. «E lei cosa può dedurre di Jane?»
«Viveva a Nottingham, come dicono le foto sparse in giro, recita da parecchi anni ed è una lettrice accanita. Suona il pianoforte, come si può vedere dalle dita lunghe e la conformazione della mano, sta per studiare giurisprudenza al King's College, anche se non è molto sicura della sua scelta, adora i film in bianco e nero e...»
Si ferma un secondo, prendendo il polso libero di Jane per avvicinare la dita alla punta del naso. «È germofobica, come suggerisce l'odore pungente di disinfettante che le impregna le mani» Poi alza lo sguardo verso la ragazza che, inerme, ancora non capisce quello che sta succedendo. «Detergente antibatterico, vero?»
La ragazza, alla fine, tira bruscamente il polso indietro. «Sì» risponde semplicemente. «Ha ragione»
Si volta di nuovo verso Amanda, rivolgendole un sorriso di sfida. «Direi che possa bastare»
Lei ride. Credo sia la prima volta che la sento ridere. «Credo anche io»
Non ho mai visto Sherlock così a suo agio in mezzo a delle persone... O delle persone che non si sentono in imbarazzo per le deduzioni del mio amico.
«Scusate, potrei andare in bagno?» chiedo.
«Certamente!» dice Jane. «Amy, accompagna John al bagno, per favore»
Amanda inarca un sopracciglio e la squadra in maniera altezzosa. «Perché proprio io?» dice. «Non potresti andarci tu?»
«No, perché l'ho chiesto a te, okay?!» ribatte Jane, acida.
Amanda sbuffa e si alza. «Da questa parte, signor Watson» dice, infastidita. Mi scorta verso il corridoio e, dopo qualche passo, si ferma davanti ad una porta. «Le serve compagnia o può farcela da solo, dentro?»
«No, grazie mille» rispondo, freddo, pentendomi subito del mio tono scortese.
Entro e faccio scattare la serratura, poi poso i palmi delle mani sul ripiano del lavandino, con lo sguardo rivolto verso il basso.
Non riesco a capire... Sono stato io quello a scusarsi, non Sherlock ma, a quanto pare, lui fa lo strano effetto di sembrare quello dispiaciuto e in colpa, anche se non lo dà neanche a vedere, continuando sempre a tenere quello sguardo freddo. Eppure... Sembro io quello dalla parte del torto.
Che cosa stupida! Mi sto facendo mettere strane idee in testa da una ragazzina scorbutica! Dovrei smetterla di creare inutili problemi: l'importante è avere un rapporto vivibile con le nuove vicine, senza troppi impegni.
Mi do un'ultima occhiata nello specchio, sistemandomi i capelli ed esco. Sorrido debolmente ad Amy, alzando solo un angolo della bocca.
«Pensavo fosse annegato nel WC» mi dice, con un risolino.
«Lo sperava, eh?»
Il sorrisetto sul suo volto muta immediatamente, lasciando posto ad un'altra espressione «Va tutto bene?» mi chiede.
«Certamente»
«Non le credo» continua, inarcando un sopracciglio.
«Se ho o non ho qualcosa, dovrebbe comunque interessarle?»
«Ovviamente, visto che è mio ospite»
«Siamo in un paese libero, signorina Devine» le dico. «E io sono liberissimo di non farle sapere i fatti miei, d'accordo?»
Amy mi rivolge un sorriso, il primo vero sorriso da quando ci siamo incontrati.
«Faccia uscire più spesso questo suo lato oscuro, John» mi dice, incamminandosi verso il corridoio. Poi si rigira e, con il solito sorriso, mi squadra da capo a piedi. «Mi piace»
Jane
«Non crede di aver esagerato?»
Amy e John scompaiono nel corridoio, facendomi rimanere da sola con Holmes.
Un odioso ma breve silenzio si intromette tra le nostre parole.
«Come?»
«Lei non è una persona insicura. Potrà sembrare così, forse perché cura molto il suo aspetto esteriore per "apparire" o perché indossa un abbigliamento tutto della stessa sfumatura di colore, ma è solo perché adora il blu» dico.
Holmes mi guarda e sorride freddamente. «Sta mentendo» risponde.
«Perché dovrei?»
«Per proteggere la sua migliore amica. Lo fanno tutti» spiega. «Non ho mai sbagliato una deduzione, non vedo perché dovrei cominciare ora. E poi non sta parlando di quello vero?»
«Che intende dire?»
«Si sta riferendo alla mia deduzione di ieri, sul tradimento del fidanzato della sua amica»
Aggrotto la fronte, confusa e stupita insieme. «Come fa a sapere che si è trattato di un tradimento?»
«Non l'avevo detto?»
Scuoto la testa, perché che la mia espressione sorpresa sia molto più eloquente di qualsiasi parola.
«Oh, beh, ora l'ho detto» Si gira verso di me, con uno sguardo stanco. «Tra tutti i motivi del mondo, è quello più scontato e frequente per lasciarsi»
«Beh... Sì...» bisbiglio. «Ma lei sta ancora malissimo per questa storia. È un tasto che non dovrebbe toccare»
Mi blocco, vedendo Amy e John riemergere dal corridoio.
Holmes mi lancia un'occhiata, seguita da uno dei suoi soliti sorrisi indifferenti, per poi afferrare un fetta di pane dal cestello a centro-tavola
John
«Beh, è stata una serata piacevole, no?» dico, voltandomi per guardare Sherlock dal pianerottolo.
«Anche la parte della Sclerotica Acida di Amanda ti è parsa piacevole?» replica lui, raggiungendomi. «Sai bene quanto avrei preferito un omicidio˝
«O un pacchetto di sigarette...» sospiro io. «'Notte Sherlock. Ci vediamo domani»
«John» mi ferma. «Le piace il blu e tingersi i capelli. Da quel che ho capito, adora anche il nero, è stata lasciata da poco per tradimento e soffre ancora. Se vuoi provarci, tieni a mente queste cose»
«Dovrebbe essere un "Buonanotte, John"?»
Lui non mi risponde, limitandosi a salutarmi con un grugnito scocciato e sparire all'interno dell'appartamento.
Alzo gli occhi al cielo e mi dirigo in camera mia, al piano superiore. Mi metto una mano in tasca per prendere le chiavi ma, oltre al freddo metallo, tocco anche un oggetto di carta. Tiro fuori un biglietto dalla calligrafia femminile e la associo subito a quella di Jane.
"Questo è il numero di Amanda. Ho capito subito che hai una simpatia per lei, per questo l'ho fatta sedere accanto a te. Scusala se, ogni tanto, ti tratta male, ma è fatta così. Spero di esserti stata utile.
Con affetto, Jane.
P.S.Mandale un messaggio e non fissare questo quasi inutile pezzo di carta, ti è chiaro?"
Sorrido, pensando al gentile pensiero di Jane. Dovrei ricordarmi di ringraziarla
Entro nella stanza, lanciando la giacca in un angolo, e mi siedo sul letto. Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e lo poso davanti a me.
Non ho il coraggio di comporre quel numero e inviarle un messaggio... Ma devo farlo.
Prendo un respiro e le invio un SMS.
"Grazie per la piacevole serata. Cercherò di far uscire più spesso il mio lato oscuro. JW"
Mi metto a guardare lo schermo con insistenza, come se fissarlo possa far arrivare il messaggio più velocemente.
So per certo che non riuscirò a calmarmi, se non mi vado a preparare una camomilla, così decido di scendere di sotto in cucina.
Mentre sono per le scale, mi arriva una chiamata: Amanda.
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