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{7° Capitolo}

[Capitolo sette]

Amy

«Dai! Dimmelo! Che ti costa? Almeno saprò cosa mettermi!»

«Te l'ho già detto! Deve essere una sorpresa. Vestiti sobria, niente roba troppo elegante»

«Ti odio...» borbotto, battendo le mani impiastricciate con cacao e farina l'una contro l'altra per tentare di pulirle, ma riesco solo a peggiorare la situazione.

Io e Jane siamo in cucina, a preparare la glassa per una torta sacher, dato che questa mattina mi ha detto che verrà a cena qualcuno, ma non vuole assolutamente rivelarmi chi.

«Vai a farti una doccia che sono quasi le sei e mezza e lo sai quanto tempo ci metto a lavarmi» mi consiglia, mentre continua a mescolare il cioccolato con la panna in un pentolino. «Qui finisco io»

Annuisco e corro in bagno, per ficcarmi subito sotto lo scroscio dell'acqua calda, che mi aiuta a pensare.

È strano che Jane abbia invitato qualcuno a cena, visto che non conosce nessuno a Londra. Forse è un tipo che ha incontrato all'università, però lei ancora non frequenta i corsi... Forse è il signor Mars, il padrone di casa, oppure è qualche parente che si trova qui temporaneamente. Ma se fosse così, perché non dirmelo?

Esco dalla doccia, mi avvolgo nell'accappatoio e creo un turbante con un asciugamano per inumidire i capelli.

«Jane! Ho finito!» urlo alla mia amica, uscendo dal bagno.

Lei arriva, con i capelli imbiancati dalla farina e la panna in faccia. Senza dire una parola, entra in bagno e chiude la porta.

Mi lascio sfuggire un sorriso, per poi andare nella nostra camera. Dato che il mio trasloco è stato del tutto improvviso, io e Jane siamo costrette a dormire nello stesso letto. Non che mi dia fastidio, anzi: lo facciamo praticamente da quando ci conosciamo! Però... È un po' scomodo, ma non posso lamentarmi, perché l'affitto è stranamente basso, per essere un appartamento del centro, e sarebbe una stupidaggine cercarne un altro.

Spalanco le porte dell'armadio e lo squadro con insistenza, indecisa su cosa indossare. Alla fine, scelgo di mettermi un vestito blu oltremare, con la gonna sfumata di blu elettrico. È lungo fino al ginocchio e si intona con le punte azzurre dei miei capelli. Ci abbino un paio di tacchi della stessa sfumatura e una collana che mi ha regalato Jane per il mio ventitreesimo compleanno. Mi trucco con del rimmel ed eyeliner nero per poi sciogliere i capelli, creando dei boccoli sulle punte. Infine, mi do un'occhiata nello specchio a parete nel corridoio, soddisfatta del risultato.

Rifinisco le ultime cose in cucina, poi prendo l'antipasto e lo poso sul tavolinetto davanti al divano.

Mi getto sulla poltrona e invio un messaggio a mio cugino Josh.

"Ehi, scemo! Com'è andata a lavoro?"

"Oh, il solito: un sacco di carte da firmare. Tu, invece?" mi risponde.

"A posto, come sempre"

Non mi piace molto parlare delle mie giornate, soprattutto in un periodo come questo. Neanche con mio cugino, o con Jane. Preferisco tenermi tutto dentro.

Suonano alla porta.

"Devo andare: Jane ha invitato qualcuno a cena"

"Cerca di non avvelenarli"

"Idiota"

"Anche io ti voglio bene"

Mi alzo e mi sistemo il vestito, mentre Jane si precipita verso la porta. Indossa, come sempre, dei pantaloni neri, una camicetta color panna in satin e le converse nere, con i capelli legati in una coda e niente trucco: lei lo detesta.

Preparo uno dei miei sorrisi più raggianti, pronta ad accogliere gli ospiti, ma la mia insolita gentilezza scompare non appena vedo il sorriso raggiante di quello psicopatico del signor Watson.

«Buonasera, ragazzi» dice Jane, facendoli entrare in casa.

In casa! Ma cosa le dice il cervello?!

«Buonasera» dice Watson, con un sorrisetto irritabile.

«Prego, accomodatevi» continua la mia amica, con fare gentile.

Entrambi si mettono a sedere sul divano di fronte a me, mentre Jane si appoggia alla poltrona accanto alla mia, vicino alla finestra.

«Avete davvero una bella casa, complimenti!» continua quello, tentando di cominciare una conversazione.

E, ovviamente, Jane ci cade in pieno. «Grazie! Se non fosse per questi scatoloni, ma dobbiamo ancora finire il trasloco e...»

Non sento il resto, dato che ho ripreso il cellulare per continuare a parlare con Josh.

"Ci sono gli psicotici della porta accanto!"

"Carino da parte loro imbucarsi a casa tua, eh"

"È stata Jane ad invitarli!"

"Magari perché sono persone simpatiche"

"Ne dubito"

"Come puoi dirlo?"

"Non è una cosa da tipi simpatici sparare per noia. Informati Josh"

"Beh, ti lascio alla tua cena"

"No! Ti prego!"

"E' maleducazione stare con il telefono a tavola, Amanda"

"Spero che la tua azienda fallisca"

"Ti voglio bene anche io. A domani"

Sospiro, irritata. Perché capitano tutte a me?!

Alzo gli occhi: Holmes si guarda intorno con fare inquisitorio, mentre Watson chiacchiera con Jane, come due vecchi amici.

«Hai ragione, anche io odio sistemare!»

«Jane, mi servi un attimo in cucina» dico, alzandomi.

«Abbiamo già finito di cucinare» ribatte lei, fingendosi confusa.

Odio quando fa la finta tonta.

«Sì, ma mi servi»

Inarca le sopracciglia. «Va bene» sospira, alzandosi. «Scusatemi un attimo solo»

Mi raggiunge in cucina, dove l'aspetto a braccia incrociate.

«Perché li hai invitati?» le sibilo, dopo qualche secondo.

«Perché mi sembrano persone simpatiche e vorrei fare amicizia» sussurra lei.

«Non si meritano la nostra amicizia: hanno sparato in casa tua!» le ricordo.

«Non voglio cominciare il mio primo mese facendomi già dei nemici!» replica.

«E secondo te con una cena si sistema tutto?!»

Jane apre la bocca per ribattere ancora, ma la zittisco con un cenno veloce della mano.

«Lascia perdere...» dico, sbuffando, per poi tornare in salotto.

Sento Jane sospirare e seguirmi.

Mi getto di nuovo sulla poltrona e ricomincio a fare l'asociale con il cellulare.

«Scusate, piccoli problemi tecnici con la...»

«È il vicedirettore di un'azienda, giusto?» chiede Holmes, interrompendo la mia amica.

Alzo gli occhi e lo guardo confusa. «Come?»

«Suo cugino è vicedirettore di un'azienda?» ripete.

«Dovrebbe interessarle?» chiedo, acida.

«Rispondere a una domanda con un'altra domanda è maleducazione, signorina Amanda» replica.

«Devine, prego» lo riprendo. «E non sono affari suoi» continuo, riportando lo sguardo sul display.

«Non credo abbia abbastanza soldi per comprare un Iphone» spiega, indicando il mio cellulare con un cenno della testa. «Probabilmente un regalo per il suo ultimo compleanno. Lei e la sua amica Jane non potete permettervi cose così costose, visto che abitate in una casa in affitto. Andate entrambe all'università, come dimostrano gli svariati libri nella biblioteca, e dovete pagare anche gli studi. Quindi, qualche parente deve averglielo regalato, qualcuno che abbia un lavoro dove si guadagna molto. Ma è troppo giovane per essere già direttore di un'azienda, probabilmente di famiglia. Quindi, ovviamente, è vicedirettore»

Spalanco gli occhi, stupita.

«Potrebbe trattarsi di suo fratello, ma lei non sembra avere un ottimo rapporto con la sua famiglia, dato che si è improvvisamente rifugiata in casa della sua migliore amica»

«Holmes, lei è un genio!» esclamo.

Forse mi sbagliavo su di loro... O forse no.

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