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{38° Capitolo}

[Capitolo trentotto]

Jane

"Nel considerare le correlazioni fra individuo e ambiente, va sottolineato che esiste in ogni tipo di comportamento umano una loro costante integrazione. L'aspetto più caratteristico di questa correlazione è rappresentato dal rapporto inversamente proporzionale fra le componenti di vulnerabilità..."

«Jane? Jane, mi senti?»

Qualcuno mi scuote dolcemente per una spalla, un gesto che mi fa alzare lo sguardo perso nel vuoto e voltare verso sinistra, appoggiando la guancia sull'avambraccio teso sul tavolo del laboratorio.

«Ehi» mormoro, con un sorriso, ritrovandomi davanti gli occhi gentili di Molly che mi guardano accigliati.

«Tutto bene?» mi chiede. «Mi sembri stanca»

«Stavo ripassando per un esame» le rispondo, raddrizzando lentamente il busto.

«A mente?» ridacchia lei.

«Quello che riuscivo a ricordare»

Mi stiracchio un po', per risvegliare i miei muscoli intorpiditi, poi inizio a massaggiarmi il collo indolenzito.

Devo essere rimasta immobile per un sacco di tempo...

Nel muovere la testa, poso lo sguardo su Sherlock, chino su un microscopio elettronico dall'altra parte del tavolo, tutto preso dal suo lavoro.

«Ha trovato qualcosa?»

«Non lo so...» sospira Molly, per poi arricciare le labbra e stringersi nelle spalle. «In realtà non so neanche cosa stia cercando»

«Cloroformio» la informo. «Crediamo che sia stato mescolato al profumo per ambienti»

«Idea intelligente» ammette lei. «Il cloroformio è facilmente solubile in alcol ed etere, e i profumi per ambienti sono composti principalmente da alcol e sostanze odorose: un nascondiglio perfetto per un anestetico»

«Non è troppo obsoleto?» chiedo, dopo qualche secondo di silenzio. «Insomma, il cloroformio viene utilizzato solo nei film d'azione. Nemmeno credevo fosse ancora in commercio»

«È un metodo obsoleto per anestetizzare un paziente da operare» spiega Molly, girando lo sguardo verso di me. «Da quando è stata scoperta la sua tossicità, il cloroformio viene menzionato solo nei polizieschi. Però si trova ancora in giro, su qualche sito internet»

«E c'è gente che lo compra?»

«Non ne sono sicura» dice. «Ma una volta veniva usato per tentare il suicidio o anche come droga ricreativa»

«Sul serio?» rido io, stupita da questa nuova rivelazione. «C'era davvero gente che lo usava per sballarsi?»

«Che ci vuoi fare? I drogati sono fatti così»

Nel dirlo, rivolge per un attimo il suo sguardo verso Sherlock, seppur involontariamente. Chissà se anche lui farebbe di tutto per scappare da uno stato di totale calma, senza che nessuno compia un crimine per far lavorare il suo cervello...

«Senti, io ora devo andare. C'è un nuovo cadavere a cui devo fare l'autopsia» mi dice Molly, rompendo il breve silenzio creatosi, mentre si avvicina alla porta del laboratorio. «Ti dispiace se ti lascio da sola?»

«No, figurati!» rispondo, agitando la mano. «Credo che tra poco tornerò a casa»

«D'accordo» fa lei, sorridendomi, prima di spingere la porta.

La saluto con una mano, prima che sparisca nel corridoio, lasciandomi sola con Sherlock, anche se in realtà è come se non ci fosse.

Questa volta, è così preso che non credo si ricorderà che il tempo intorno a lui scorre.

Lancio un'occhiata al mio orologio da polso, tanto per vedere quanto tempo è passato intorno a me. Mi aspetto di trovare le lancette che segnano un orario decente, e invece...

«Le due e cinquanta?!» esclamo, sbarrando gli occhi.

Quando siamo arrivati al Barts era appena mezzogiorno! Mi sono persino dimenticata di mangiare...

Mi alzo dallo scomodo sgabello su cui mi ero seduta, scoprendo con stizza di avere la gamba destra addormentata, prendo la tracolla poggiata sul tavolo e, facendone il giro, mi avvicino zoppicando a Sherlock, con lo sguardo ancora perso attraverso le lenti del microscopio.

«Sherlock...» lo chiamo, toccandogli una spalla. «Sherlock, devo tornare a casa»

Lui non sembra ascoltarmi. Non sembra neanche che si sia accorto della mia presenza accanto a lui.

«Sherlock...»

«Che c'è?» dice infine, con la voce leggermente impastata.

«Io devo andare» dico di nuovo, con tono un po' irritato. «Ho degli impegni»

«No»

«No?» ripeto, inarcando le sopracciglia.

«Non hai nessun impegno, e poi mi servi ancora» dice, alzando i suoi occhi di ghiaccio dal microscopio, per poi puntarli su di me.

«Sherlock, sono quasi le tre, sono fuori da stamattina, ho saltato il pranzo, mi rimangono un sacco di cose da fare e ho una fame da lupi» mi lamento, sbuffando. «Non potresti lasciar fare tutto a Scotland Yard?»

«Scotland Yard è solo una banda di incapaci»

«Dai, Sherlock, sto morendo di fame...»

«Non credi di mangiare troppo?» sbuffa lui, tornando con gli occhi sul microscopio.

«Sei tu che mangi troppo poco!» m'indigno, incrociando le braccia al petto, mentre una fitta alla gamba mi fa stringere i denti dal fastidio. «Ancora devo spiegarmi come tu faccia a rimanere in piedi»

Tira un respiro profondo, alzandosi dalla sedia. «D'accordo, ti porto a mangiare, basta che smetti di lamentarti»

Lo guardo superarmi con fare stizzito e mi rendo subito conto che c'è qualcos'altro che lo irrita, non solo il mio comportamento lagnoso. «Non hai trovato niente?»

«Neanche una traccia di cloroformio!» dice ad alta voce, indossando la sciarpa. «Non è possibile, ero convintissimo che ce ne fosse!»

Esce dal laboratorio indossando il cappotto, senza aspettarmi, come se non volesse che io mi accorga della sua svista. Lo seguo nel corridoio, fino all'ascensore, dove è fermo davanti alle porte con lo sguardo perso nel vuoto e le mani che indossano meccanicamente i guanti.

«Magari hai sbagliato» mormoro, ma mi rendo conto subito di aver fatto un errore, e la mia mente preannuncia, nel giro di neanche un secondo, la sua imminente reazione.

«Io non sbaglio mai!» sbotta infatti, girandosi verso di me. «Mai, capisci?! Credevo di avertelo già detto»

«Sto solo dicendo che...»

«Mai» ripete, e questa volta sembra non voler ammettere ragioni, con quel suo tono fermo, deciso e arrabbiato.

Lo fisso negli occhi, per non so neanche quanto tempo, ma questa volta non mi spaventano, non mi mettono in soggezione, non mi costringono ad abbassare lo sguardo e dargli ragione. Non questa volta.

Lo supero, schivando la sua spalla, avviandomi verso le scale che mi porteranno all'esterno, lontano da questo posto e da Sherlock.

«Jane» mi chiama lui. «Jane, dove stai andando?»

«A casa. Credevo di avertelo già detto» rispondo, imitando il suo tono arrogante.

«Non puoi, mi servi ancora»

«E a cosa?» replico, salendo imperterrita le scale, ignorando la gamba che implora pietà e senza degnarlo di uno sguardo. «Sono praticamente inutile, perché il grande genio, tra noi due, sei tu, mentre io sono soltanto quella che ti fornisce passaggi gratuiti per tutta Londra e prende appunti al posto tuo»

«Smettila di fare la bambina»

«E tu smettila di comportarti come un essere superiore!» urlo, fermandomi su un gradino per guardarlo negli occhi ancora una volta. E per dare una tregua alla gamba, ovvio. «Sei un essere umano, Holmes, e come tale può anche capitarti di commettere un errore!»

Lui, all'inizio, mi fissa un po' confuso, ma poi sorride, in un modo che, per lui, più somiglia al divertito.

«Che c'è?»

«Era da un sacco di tempo che non mi chiamavi per cognome, Aldernis»

Anche io, inizialmente, lo fisso con uno sguardo intimidatorio, per mascherare il mio disorientamento, finché non mi rendo conto delle parole che mi sono sfuggite, in preda all'ira, e allora inizio a ridere, in maniera quasi nascosta, come se cercassi di trattenermi.

Abbasso un secondo la testa, distogliendo lo sguardo da Sherlock, mi porto una mano alla bocca e cerco di calmarmi. Poi incrocio le braccia al petto e mi schiarisco la gola, ma non riesco a togliermi questo stupido sorrisetto dalla faccia.

«Stavo pensando che forse potrebbe non essere stata anestetizzata là» propongo, alla fine, dimenticando stranamente in un attimo il nostro battibecco.

«E dove, allora?» chiede lui, continuando a salire le scale.

«Magari all'aeroporto» dico, seguendolo. «Nel bagno, dove nessuno poteva notarla, e poi sono riusciti a farla passare inosservata, forse fingendo che si stesse sentendo male e portandola in...»

«No, avrebbe dato troppo nell'occhio» mi interrompe lui. «È sicuramente tornata a casa»

«Ma nessuno l'ha vista, ricordi?» ribatto io. «Potrebbe essere stata stordita prima di entrare in casa, non appena scesa dal taxi»

«In tal caso, dobbiamo trovare il tassista che l'ha presa all'aeroporto»

«Bell'idea impossibile, Sherlock. Hai la più pallida idea di quanti taxi ci siano a Londra?»

«Sai che ho i miei metodi» ribatte, voltandosi per lanciarmi un sorrisetto, prima di uscire nel freddo vento di Gennaio. «Ma prima ti porto a mangiare, almeno non dovrò sopportare il tuo stomaco per tutto il pomeriggio»

Alzo gli occhi al cielo, ma non mi irrito: continuo soltanto a sorridere.

Non appena saliamo in macchina, lasciandoci il Barts alle spalle, inizia a salirmi in testa una domanda che non posso fare a meno di porgli per avere un'idea più chiara della situazione.

«Senti...» comincio, senza guardarlo. «Prima, quando siamo arrivati al laboratorio, ho fatto delle ricerche sul cloroformio, e ho scoperto che da solo raramente riesce ad addormentare una persona»

«Lo so benissimo» replica lui. «Mi aspettavo di trovare anche delle tracce di Diazepam, infatti»

«Diazepam?»

«Meglio conosciuto come Valium»

«Lo psicofarmaco?»

«Pensavo fossi dipendente solo da Oxazepam» mi sorride in modo canzonatorio, distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada.

«Io non sono - Ah, lascia perdere» dico, con fare irritato, accompagnando le mie parole con un gesto della mano. «Lo conosco perché ho provato tantissimi tipi di ansiolitici, prima di iniziare ad usare l'Oxazepam. Ormai sono un'esperta di benzodiazepine»

«Non ho dubbi»

«Devo ricordarti che sei tu il vero drogato tra noi?» ribatto, incrociando le braccia al petto.

Lui scuote la testa, con un sorrisetto divertito, e io porto, come mio solito, gli occhi al finestrino. Evito di mettermi nuovamente a ripassare per gli esami, dato che non ho fatto altro per circa due ore di seguito. Mi capita, invece, di pensare a Carol Lovest, alla sua vita di tutti i giorni prima che le capitasse una cosa simile: chissà qual era il suo piatto preferito, o che marca di dentifricio usava, se aveva dei gusti particolari per le fragranze dei profumi, se prendeva anche lei qualche tipo di ansiolitico come me...

«Oh, Dio...» bisbiglio, mettendomi dritta e fissando la strada, in preda ad una improvvisa illuminazione. «Sherlock, sono un'idiota!»

«Per una volta dici qualcosa di sensato»

«Ma non capisci?» faccio, stupita dal fatto che ci sia arrivata prima di lui. «L'Oxazepam!»

«Cosa c'entra il tuo psicofarmaco?»

«Era lì, nella cucina!»

Non ci mette niente a capire, me lo dice la stessa espressione che continua a prendere forma sul suo viso da tutto il giorno. «L'armadietto dei medicinali!»

«Dal barattolo sembravano pillole»

Fa un'inversione a U piuttosto pericolosa, così da prendere la direzione opposta di York Way.

«Stai pensando anche tu a quello che penso io?» gli chiedo, sorridendo in modo fiero.

«Diazepam?»

Schiocco le dita della mano destra, per poi indicarlo con l'indice. «Bingo»

•••

I ruoli si sono stranamente ed improvvisamente invertiti, ma non mi preoccupa o turba più di tanto, non in questo preciso istante.

«A cosa vi serve sapere quali farmaci prendeva la signora Carol?» domanda May, arrancando dietro di noi.

«È solo un'ipotesi» rispondo, in testa alla fila. «Ma dobbiamo testarla»

Apro la porta della cucina ed entro con passo sicuro, avvicinandomi all'armadietto dei medicinali. Tiro lo sportello e prendo il barattolo di Oxazepam, stringendolo tra le dita.

«Ha portato una scorta di queste pillole con sé?» chiedo, mostrandolo poi alla cameriera.

«Penso di sì» dice lei, poco convinta. «Non se ne separava mai»

«Le ha prese da questo contenitore?»

«Non ne sono sicura...»

Sospiro in modo pesante: adesso capisco perché Sherlock è sempre così impaziente con tutti.

«Non importa, ma dobbiamo comunque requisirlo» la informo, avvicinandomi alla porta. «Spero che non ci siano problemi»

«No di certo» balbetta May, imbarazzata, seguendomi nel corridoio. «Io neanche uso quella roba»

Mi volto per rivolgerle un sorriso tiratissimo, il più tirato che abbia mai fatto. «La ringraziamo ancora per la sua disponibilità, May. Le faremo sapere il prima possibile» dico, riacquistando un briciolo dell'umanità che avevo perso a causa dell'euforia.

Esco nel giardino senza una parola di più, ritrovandomi sulla veranda della villa, con Sherlock accanto che mi guarda smarrito: il fatto che sia stata io a fare tutto, senza dargli neanche il tempo di dir nulla, deve averlo disorientato.

«Quanto ci metti ad analizzarne il contenuto?» gli domando, mettendogli sotto il naso il barattolo di Oxazepam.

«Ehm... Due ore, più o meno» risponde, riprendendosi dallo stato confusionale.

Scuoto la testa. «No, ci metteremmo troppo»

Svito il coperchio, mi verso due pillole sul palmo e le ingoio, in una serie di veloci gesti improvvisi.

«Jane, ma che fai?!»

«Ho letto che il Diazepam impiega solo quaranta minuti per far addormentare qualcuno» spiego, iniziando a scendere i gradini che dalla veranda portano alla strada. «Facendo in questo modo, risparmiamo tempo per fare qualcos'altro»

«E perché devi essere tu la cavia?» chiede, seguendomi.

«Perché il tuo cervello è più utile del mio, ricordi? Se mi addormento non sarà una gran perdita»

Dopo aver fatto il giro dell'auto, sbircio da sopra il tettuccio e lo vedo sorridere, mentre apre la macchina facendo tintinnare le chiavi.

«Oggi sei stranamente ragionevole»

«E tu stranamente sorridente» ribatto, salendo insieme a lui. «Adesso dove andiamo?»

«A fare un salto dai miei amici senzatetto» dice, mettendo in moto. «Devo sapere se hanno trovato in qualche cassonetto la borsa di Carol Lovest, dopo cinque giorni di ricerche»

«Mmh, vedo che ti sei mobilitato da tempo» ridacchio. «Devi spiegarmi come mai non ci siano riusciti prima»

«Londra è enorme e piena di cassonetti, e i senzatetto hanno un modo tutto loro di venire pagati»

«Beh, il mio è semplice» mormoro, per poi assumere la faccia di una bambina che aspetta un premio per aver fatto i compiti.

Lui sospira sonoramente, facendo sparire quell'insolito sorriso dal suo viso. «Va bene, d'accordo, prima ti porto a mangiare»

Sherlock

«Sei sicuro di non volerne un po'?»

Lancio un'occhiata al cartoccio di Fish&Chips tra le mani di Jane che, masticando velocemente, lo tende verso di me.

«Ti ho già detto che mangiare mi distrae» ribadisco, con uno sbuffo, continuando a camminare per il marciapiedi per tornare verso la Ford Anglia.

«Non che tu abbia da fare qualcosa che necessiti della tua totale attenzione» bofonchia, con la bocca piena.

Alzo gli occhi al cielo: devo ammettere che nonostante il suo fisico mingherlino, Jane sa essere un vero pozzo senza fondo...

«Smettila di abbuffarti» l'avverto, notando che è già arrivata a metà porzione. «Potresti strozzarti con una patatina»

«Oh, sta' zitto, sto morendo di fame» risponde lei, portandosi alle labbra un pezzo di pesce fritto. «E poi a te cosa importa? Scommetto che saresti più che felice della mia morte»

«Non prima che il Diazepam faccia effetto» le sorrido beffardo, e questa volta è lei a roteare gli occhi.

«Quanto tempo è passato, a proposito?» mi chiede, per poi addentare un'altra patatina.

Mi tiro leggermente su la manica per dare un veloce sguardo al mio orologio. «Poco meno di trenta minuti»

Lei annuisce, senza smettere di masticare. «Quindi ci siamo quasi»

«A quanto sembra...» mormoro. Poi mi fermo e mi volto verso di lei. «Avverti qualche sintomo di stanchezza?»

«In realtà no» ammette, per poi ingoiare. «Mi sento... Normale»

«Definisci "normale"»

«Come mi sento tutti i giorni alle quattro del pomeriggio» spiega, prendendo un'altra patatina, ma questa volta non la mangia. «Perché?»

«A questo punto, dovresti avere difficoltà nel parlare, nel camminare, nel concentrarti...»

«Io sto benissimo» mi interrompe, e sembra non capire la gravità della cosa: un altro buco nell'acqua.

Rimango ad osservarla per un secondo, poi riprendo a camminare verso la macchina, parcheggiata a qualche metro da noi. «Sbrigati a finire, così iniziamo a cercare i senzatetto»

«E se dovessi addormentarmi?»

«Non accadrà» rispondo, infilando la chiave nella serratura della Ford. «Date le circostanze, posso escludere che nelle pillole ci fosse il Diazepam»

«Dagli ancora un po' di tempo»

«Non hai alcun sintomo!»

«Magari ancora non si sono manifestati!» replica lei. «Aspettiamo ancora un po'»

Fisso i miei occhi nei suoi, che sembrano sfidarmi senza paura. Nessuno, oltre a John, ha mai avuto il coraggio di farlo. Nessuno.

«Finisci di mangiare» dico semplicemente e poi salgo in macchina.

Jane rimane per un po' fuori, fissando il cartoccio con sguardo assente e una mano appoggiata sul tettuccio dell'auto. Resta immobile per qualche secondo, poi sale anche lei, con la porzione ancora da terminare.

Non mi parla mentre metto in moto, né quando ci ritroviamo per la strada, né per i successivi cinque minuti. Finisce in silenzio le sue patatine, per poi buttare il cartoccio nel vano portaoggetti, insieme a penne e blocchetti di post-it.

«Allora...» comincia, senza aspettare per l'ennesima volta di ingoiare. «Da dove cominciamo?»

La guardo per un secondo con la coda nell'occhio: a quanto pare, si è decisa a darmi ragione.

«Dalla zona del ritrovamento» rispondo. «Anche se credo sia improbabile che l'assassino abbia pensato ogni cosa nel dettaglio e si sia lasciato sfuggire questo particolare, ma tutti commettono degli errori»

«M-mh» fa lei. «E poi?»

«Poi direi di espanderci da lì: Whitechapel, Hackney... Ma non penso di dover fare molti giri, dato che di solito sono i senzatetto a venire da me»

Jane non mi risponde, di nuovo. Quando mi fermo ad un semaforo, mi giro per guardarla, aspettandomi di trovare una smorfia imbronciata o gli occhi che guardano attentamente la strada, tentando di memorizzare le vie di questa Londra a lei del tutto sconosciuta.

Invece, ha la testa appoggiata al finestrino, gli occhi chiusi, un'espressione rilassata sul volto...

E sta dormendo.

[Spazio Autrice]

Ehilà! Sono tornata, genteh!

Ho un sacco di cose da dirvi... Ce la farò a mettere tutto in uno spazio autrice? Va beh, ci provo :)

Punto uno: devo chiedervi di chiudere un occhio (o anche due) per quanto riguarda l'idea di Sherlock, dato che non sono sicura che mescolare del cloroformio nel profumo per ambienti basti a far svenire una persona (ho fatto un solo anno di chimica, e pure male, quindi perdonatemi se sapete che quest'idea sia a dir poco impossibile >.< Ho bisogno di un consulente!).

Punto due: mi dispiace ancora una volta, ma non so quando riuscirò ad aggiornare di nuovo (cercherò in tutti i modi di rifarmi viva, ma sto passando un periodo un po' strano, di cui forse vi racconterò). Mi dispiace davvero tantissimo, anche perché io già sono lenta di mio a pubblicare, mettiamoci anche le complicazioni e abbiamo fatto tombola... Tornerò tra voi il più presto possibile, promesso *mano sul cuore*

Punto tre: c'è una mia amica, Riky26, che ha pubblicato da qualche settimana una storia, a mio parere fantastica ed intrigante. Si chiama "My Moon", e la potete trovare sul suo profilo. Vi lascio qui sotto la trama, così, se vi incuriosisce, potete darci un'occhiata: a lei farebbe molto piacere! ;)

"Adelaide Mentis, 17 anni; si trasferisce da Salem a Flagstaff insieme ai suoi genitori. Qui cercherà di stare lontana da tutti, con la paura di essere ferita di nuovo, sia in amicizia che in amore. Nella nuova scuola tutti le diranno la stessa cosa: "Stai lontana da Kei Fost"... Ma a quanto pare è proprio il ragazzo ad avvicinarsi e Adelaide non si tirerà indietro. Kei è uno strano ragazzo, con numerosi segreti e sparizioni improvvise; non si fida molto, se non delle persone che conosce e che sono come lui. Adelaide sospetta qualcosa, Kei non sa che lei sa già tutta la verità su quelli come loro..."

Ultimo, ma non ultimo, volevo farvi notare che siamo arrivati a più di 30.000 visualizzazioni e 2.000 voti... Io boh, non so più cosa dirvi, sul serio... Ripetervi che vi ringrazio non so quanto e che vi voglio bene sembra brutto? Davvero, non so cos'altro dirvi...

Grazie di tutto, Sherlocked: non so cosa farei senza di voi ♥

Ci vediamo con il prossimo capitolo!

~Maddy♥

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