{26° Capitolo}
[Capitolo ventisei]
Jane
Il giardino che circonda la casa dei Barnes, al numero dieci di Hurst Road, somiglia tanto ad un vivaio: l'edera che riempie la facciata bianca della casa, fino ad arrivare al primo piano, le conferisce un'aria molto rustica; sotto ad una finestra, un'aiuola gigante contiene innumerevoli margherite, ben tenute e curate, e alcune rose bianche all'esterno, che arrivano a toccare la recinzione in filo verde.
Piego la testa di lato, osservando questo piccolo giardino che sembra piuttosto appartenere ad una famiglia senza problemi e piena di vita.
«Non ti sembra tutto troppo normale?»
«Perché non dovrebbe?» chiede Sherlock, sistemandosi sulle mani i guanti di pelle.
«Beh, se mia figlia fosse morta, curare il giardino sarebbe l'ultima cosa a cui penserei» spiego. «Ma, ovviamente, quelle piante dovranno simboleggiare qualcosa di specifico»
«Le margherite indicano purezza, l'edera fedeltà e le rose bianche castità» sciorina Sherlock, alzando gli occhi al cielo. «John stava vedendo uno di quei documentari inutili e sto impiegando secoli a cancellare queste informazioni»
«Magari, perché ti interessano» gli suggerisco, ridacchiando.
«E perché mai dovrebbero? Non mi serviranno mai, nel mio lavoro»
«Mai dire mai, Sherlock» sorrido, incamminandomi verso il sentiero di ghiaia che porta alla porta principale. «Ad ogni modo, credi che questa scusa potrà sembrare abbastanza credibile?» gli chiedo, girandomi e continuando a camminare all'indietro.
«Fin'ora, si è rivelata quella più adatta» risponde lui, superandomi per raggiungere la porta. «Ricorda: sii distaccata e non farti prendere dai sentimenti. Sei un'agente di polizia, e sei abituata a disgrazie del genere. Quindi pochi convenevoli e evita i "Mi dispiace": non farai che girare il dito nella piaga» Volta la testa verso sinistra, per guardarmi negli occhi. «Tutto chiaro?»
«Cristallino, ispettore» rispondo, scattando sull'attenti.
Lui sospira, rassegnato, e bussa alla porta.
Ci apre, in pochi secondi, una signora sulla sessantina, con i capelli biondi raccolti in una coda. «Sì?» domanda, con voce fioca.
«Ispettore Lestrade e agente Donovan, di Scotland Yard. Siamo qui per indagare sulla morte di sua figlia, Tia» recita Sherlock, esibendo il distintivo.
«Sulla morte di mia figlia?» ripete la signora Barnes.
«Ci sono stati nuovi sviluppi nell'indagine, e abbiamo pensato che sarebbe stato meglio farle qualche domanda. Le ruberemo solo qualche minuto»
La donna continua a fissarci, poi apre la porta e si fa da parte per farci passare. «Entrate»
La casa è molto grande, a due piani. Forse lo è troppo, per due persone, ma sicuramente non lo era per tre. Adesso, mi sembra solo molto silenziosa e triste, nonostante sia davvero ben tenuta e ordinata. Numerose foto di Tia campeggiano sulle pareti del salotto nel quale siamo accolti. Sembrano fissarmi con una strana freddezza, come quella fotografia al liceo.
«Stavo preparando del tè: ne volete una tazza?»
«Oh, ehm...» balbetto. «Se non le è di troppo disturbo» faccio, con un sorriso imbarazzato.
La donna scompare dietro la porta della cucina, mentre io continuo a guardarmi intorno, smarrita.
«Non essere troppo caramellosa»
«E tu non essere troppo bastardo» ringhio, in risposta. «Dobbiamo cercare di guadagnarci la sua fiducia, altrimenti sarà schiva e non ci racconterà tutto. E poi, cavolo, ha comunque perso la figlia!»
«I suoi sentimenti non sono un mio problema. Risolvere questo caso lo è»
«Un po' di umanità non ti guasterebbe, sai?»
«E a te non guasterebbe un po' di coerenza. E ora smettila di discutere e calati nel personaggio»
«Solo una cosa: cosa deduci?» lo fermo, accennando con la testa alla cucina.
«Lei e il signor Barnes hanno divorziato da tempo. Ha un gatto dal pelo nero, è una giardiniera autodidatta e sa creare lavori d'uncinetto»
«Davvero?»
«Riviste di giardinaggio sul tavolino basso, peli del gatto sul maglione, il ricamo sul cuscino ha un'imperfezione dovuta ad una distrazione durante il lavoro e ogni coppia con un figlio morto divorzia. È un dato di fatto»
«Cerca di non farti sfuggire queste informazioni: la tua copertura salterebbe»
Lui non fa in tempo a rispondere, che la donna ritorna in salotto, tenendo un vassoio tra le mani.
«Sedetevi pure» ci invita, posando l'oggetto sul tavolino basso davanti al divano.
«Grazie, signora Barnes»
«Oh, la prego» mormora lei, versandomi del tè in una tazza bianca. «Non sono più la signora Barnes da un pezzo, ormai. Spesso succede così, alle coppie che perdono un figlio: si separano. E io e il mio ex-marito abbiamo pensato che sarebbe stata la scelta migliore da fare»
Noto con la coda dell'occhio il sorrisetto da saputello a cui Sherlock non riesce a fare a meno. Tanto vale farglielo sparire.
«Ci dispiace molto per sua figlia» mormoro, con tono comprensivo.
La donna abbozza un sorriso triste, mentre l'espressione di Sherlock muta del tutto. «Che razza di poliziotti siete?» dice. «Nessuno di voi mi ha mai fatto le condoglianze, a suo tempo»
«Siamo persone piuttosto fuori dal comune» scherzo, prendendo la mia tazza dal vassoio.
«Allora, signora...» comincia Sherlock.
«Leigh»
«Signora Leigh... Vogliamo sapere cosa accadde quel fatidico ventidue febbraio»
«Non è compito vostro scoprirlo?»
«Vogliamo anche la sua versione della storia» specifica. «Sapeva delle assenze di...»
«Un momento...» lo blocca la signora Leigh. «La sua faccia non mi è del tutto nuova...»
Spalanco gli occhi, e il mio cervello rimane frastornato: ecco, fantastico, siamo fregati.
«Ho una faccia piuttosto comune» risponde Sherlock, mantenendo il sangue freddo.
«No, invece. La sua faccia non è per niente comune» La signora Leigh aguzza la vista, scrutando il detective attentamente per qualche secondo. Poi sorride, con sguardo soddisfatto. «Non era necessario fingersi un ispettore di Scotland Yard, signor Holmes»
Sì, siamo proprio fregati.
«Vedo che ha letto i giornali»
«Non serve una memoria come la sua, per riconoscere il famoso "Eroe del Reichenbach"» risponde. «Soprattutto per una donna come me, che non fa altro che leggere riviste di giardinaggio e fare lavori all'uncinetto, non crede?» Poi volta lo sguardo verso il mio. «E posso supporre che questa signorina non sia l'agente Donovan, come si è presentata» dice, piegando la testa di lato. «Spero che non abbia rimpiazzato il suo blogger John Watson per dare il posto alla sua fidanzata»
«Fidanzata?!» faccio, indignata. «Di Sherlock Holmes? No, no, si sta completamente sbagliando: sono solo la sua vicina di casa, Jane Aldernis»
«La signorina Aldernis mi fa solo da spalla temporaneamente, mentre il dottor Watson è rimasto a Londra per condurre alcune indagini su questo caso, sotto mia richiesta» aggiunge Sherlock. «E, se non sbaglio, in questo momento dovrebbe essere a casa di David Barnes per fargli qualche domanda»
«Vedo che ha preso molto a cuore questa storia» dice la donna. «Sono impressionata, davvero»
«No, aspetti: questo vuol dire che non ha intenzione di denunciarci?» domando, stupita.
«Denunciarvi? Perché dovrei?»
«Oh, beh...» comincio. «Ci siamo spacciati per agenti di Scotland Yard per estorcerle informazioni su un caso archiviato tredici anni fa»
«Era ora che qualcuno si desse una mossa!» esclama lei. «Avevo intenzione di venire da lei, signor Holmes. Da quando è su tutti i giornali e le sue "imprese" sul web sono diventate così famose, ho iniziato a credere che lei fosse l'unico in grado di capire ciò che è successo a mia figlia»
«Voleva consultarmi?» ripete Sherlock. «Neanche lei ha mai creduto alla storia dell'incidente, non è vero?»
«Mia figlia che prende freddo, cade e sbatte la testa? Sembra assurdo persino per me» risponde lei. «Mia figlia è stata uccisa, signor Holmes. Ne sono certa»
«Per esserne così sicura, deve avere una sua personale teoria» dico io.
«È stato David Barnes, il nipote di mio marito» assicura. «Il colpevole non può che essere lui»
«Ha anche delle prove, signora Leigh?» domanda Sherlock.
«Beh, lui era l'unico ad essere con lei, quando mia figlia è morta. Non c'è bisogno che vi dica perché erano insieme, credo che già lo sappiate. Il momento del decesso, secondo il medico legale, risaliva più o meno a tre ore prima del ritrovamento. Perché non ci ha detto che non era più con lei, se non perché aveva qualcosa da nascondere?»
«Di solito succede il contrario»
«Come, prego?»
«Un presunto colpevole cerca di sviare i sospetti proprio per far credere che non abbia niente da nascondere» spiego, con aria convinta.
«Nessuno ragiona in maniera così lucida, in un attimo di terrore» ribatte la Leigh. «Deve essersi spaventato ed è scappato»
«Magari non erano soli» azzarda Sherlock.
«Come può dire una cosa del genere?»
«Signora Leigh... Lei sapeva delle assenze di sua figlia a scuola, proprio pochi giorni prima dell'accaduto?»
La donna rimane in silenzio per qualche secondo, poi scuote la testa, abbassando lo sguardo.
«E sapeva dei suoi colpi di testa, al liceo?»
«No, niente...»
«Sapeva di Roy Masting e della loro relazione?»
«No, va bene?» sbotta. «Non sapevo niente di tutto questo, ma quale adolescente non racconta la verità ai propri genitori?!»
«Lo so» risponde Sherlock con calma. «Ma adesso la domanda che le faccio è: come fa a sapere che non le abbia mentito un'altra volta?»
«Mia figlia non era una bugiarda compulsiva!» urla la donna, alzandosi di scatto. «Se mi ha mentito, doveva esserci un motivo più che valido!»
«Quale?»
«Beh, ecco... Io non lo so...» balbetta. « Ma conoscevo bene mia figlia, e so che dietro ad ogni sua azione c'era un ragionamento valido»
«Ha qualche idea?»
«Se è come lei dice, allora deve essere stato qualcuno che voleva proteggere. Qualcuno che non doveva, o non poteva, essere lì»
Sherlock sorride. Quel sorriso strano e misterioso di chi ha capito tutto. «Grazie per il tè, signora Leigh» dice, alzandosi. «Erano proprio le informazioni che mi servivano»
«Tutto qui?»
«Le avevo detto che saremmo rimasti solo qualche minuto» risponde. «Aldernis, possiamo andare»
«Davvero?» faccio io, confusa.
«Davvero» ripete. «Posa la tazza sul vassoio e andiamo»
«Da quando in qua mi dici cosa devo fare?»
«Vuoi metterti a litigare proprio adesso?»
Lancio un profondo sospiro, poso la tazza sul vassoio e mi alzo. «Scusi della scenata, signora»
«Avevo fatto bene a pensare che foste fidanzati» dice, sorridendomi dolcemente. «Sembrate una vecchia coppia sposata»
«Manca solo l'anello...» borbotto, con una smorfia. «Prima di andarcene, vorrei farle una domanda»
«Certo» fa lei, annuendo.
«Cosa sa dirmi di Allison Longers?»
«Solo che era la migliore amica di Tia»
«Sa, dei vecchi compagni di classe di sua figlia, ci hanno confessato che tra lei e Allison passassero un po' di... Cattive acque, ecco»
La donna sospira. «Tia era una ragazza testarda e a volte capricciosa» spiega, dopo un attimo di pausa, mettendosi a guardare una delle foto appese alle pareti. «E Allison riusciva a darle pane per i suoi denti»
«La ringrazio per la pazienza» dico. «Le faremo sapere al più presto»
Quando io e Sherlock ci ritroviamo nel giardino, la sua voce è la prima a rompere il silenzio. «Sei arrivata anche tu alla soluzione, a quanto vedo»
«Ci ho passato quasi tutto il pomeriggio, ma sì. Ho capito tutto» rispondo, continuando a camminare. «C'è solo un dettaglio che abbiamo trascurato»
«Davvero?» chiede lui, aprendo il cancello e lasciandomi passare.
«Ieri, al liceo, ci hanno raccontato che Allison Longers ha avuto un'adolescenza abbastanza infelice. Per quel che si sapeva, la sua famiglia stava crollando a pezzi»
«Ha qualcosa a che fare con questa storia?»
«Non hai sentito quello che ha detto la signora Leigh?» domando, appoggiandomi all'automobile. «"Qualcuno che non doveva, o poteva, essere lì". Magari, Allison è scappata di casa ed è andata insieme a Tia e a suo cugino»
«Non è una teoria del tutto malvagia» dice. «Guida tu: io devo sapere da John se ci sono novità»
Apro l'auto, salgo e infilo la chiave nella serratura del motore. Prima di accendere, lancio un'occhiata al maestoso albero che si trova accanto alla casa. Se non sbaglio, è un castagno, dalle foglie ingiallite che scendono dolcemente a terra.
«Per quel che ricordo...» comincia Sherlock, accorgendosi della mia attenzione rivolta all'albero. «Il suo frutto simboleggia la giustizia. Non mi stupisce che la signora Leigh ne abbia piantato uno»
Ad essere sincera, non stupisce neanche me. Volto lo sguardo alla strada con una smorfia, e metto in modo.
Tia avrà la sua giustizia. E questa è una promessa.
[Spazio Autrice]
Nonostante sia già passata la mezzanotte, e quindi anche il nove Settembre, ci tenevo a dirvi che 222B, Baker Street compie un anno. Proprio un anno.
Ringrazio tanto, approfittando di quest'occasione, tutti quelli che hanno contribuito allo sviluppo di questa storia. E il fatto che dopo un anno, sia arrivata a ben 17.371 e 1.096 voti mi fa sentire così realizzata...
A volte, preferirei arrivare a tipo DUE MILIONI di letture, ma quello che ho mi basta. E ci tenevo a ringraziare tutti voi per credere in questo sogno, e spero che mi supporterete (e sopporterete) per un altro anno (come minimo ahahah Sono una tipa lenta XD)
Comunque, oltre al momento dolcezza, ci tenevo a dirvi che il caso Barnes e il caso Masting saranno risolti nel prossimo capitolo (Eh, sì: questa storia infinita avrà davvero fine)
Credo che abbiate già capito chi è l'assassino della giovane Tia Barnes (anche perché, dopo quello che ha detto Jane, non penso sia tanto difficile da intuire)
Vi ringrazio ancora e, sempre se la scuola non mi uccide prima del tempo, vi farò avere al più presto il prossimo capitolo.
Un bacione e tanta cioccolata a tutti.
~Maddy❤
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro