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{16° Capitolo}

[Capitolo sedici]

Jane

Le luci di Londra illuminano la strada. Sono così numerose, frequenti, abbaglianti. Vedo scorrere decine e decine di persone davanti ai miei occhi, mentre affollano locali, ristornati, pub. Le mie mani stringono il volante con decisione, con un silenzio opprimente che aleggia nell'abitacolo, e la mia testa che non sa decidere tra il parlare e il rimanere zitta. Holmes ha gli occhi chiusi e sembra intento a pensare, in quella sua strana posizione con il mento retto dalle mani unite.

Alla fine, apro la bocca per fargli una domanda, ma lui mi blocca prima ancora che io possa pronunciare alcun suono.

«Non parlare» dice con calma, scandendo bene le parole.

Arriccio le labbra e riporto la mia attenzione alla strada. Il silenzio si impossessa di nuovo della situazione.

«Perché mi hai seguito?»

La voce di Holmes mi fa sobbalzare: mi volto verso di lui per un secondo, ma tiene ancora gli occhi chiusi.

«Dovrei risponderti?»

«Hai intralciato le mie indagini. Direi che sarebbe il minimo»

«Anche io potrei chiederti cosa diavolo ci facevi in un'autorimessa chiusa, ma mi faccio gli affaracci miei» ribatto.

«Fai bene, Aldernis, sono fatti miei. E ora rispondi» sbuffa.

«Una risposta per una domanda, Holmes» dico. «Prendere o lasciare»

«Non ho bisogno di risposte, ma di conclusioni. Sono certo di sapere tutto»

«Oh, giusto» faccio, sarcastica. «Dimenticavo che tu sei quello che capisce ogni cosa con la telepatia»

«Si chiama "spirito d'osservazione", e credo proprio che tu non lo conosca»

«Attento a quel che dici: posso lasciarti per strada sbattendoti fuori a calci. Vedi di non irritarmi»

Con la coda dell'occhio, noto un angolo della sua bocca incurvarsi.

«Sei più testarda di quel che sembri»

«Mai sentito parlare del detto "l'apparenza inganna"?» chiedo, retorica.

Rimane in silenzio, anche se per poco. «D'accordo, accetto»

Sul mio volto appare un sorrisetto soddisfatto. «Voglio solo risposte sincere, okay?»

«Vale per entrambi?»

«Le regole le faccio io, e posso cambiarle come mi pare e piace» rispondo. «Quindi dipende»

Holmes ridacchia. «Questo tuo modo di fare è sleale» dice. Posa i suoi occhi su di me: riesco a sentire il suo sguardo trafiggermi la pelle.

«Lo so» rispondo, semplicemente. «Comincio io». Roteo il volante per svoltare a destra, sotto indicazione del GPS. «So che stai indagando in modo poco legale. Voglio sapere cosa pensavi di trovare in un'autorimessa chiusa»

«Indizi» risponde lui, evasivo.

«Questo lo sapevo anche io» ribatto, infastidita. «Che tipo di indizi?»

«Hai avuto la tua risposta, Aldernis. Ora tocca a me»

Sbuffo, scocciata. «D'accordo...» borbotto.

«Perché mi hai seguito?» ripete.

Resto zitta per qualche secondo, cercando di trovare le parole giuste. «Curiosità...» mormoro, infine. «E prima che tu me lo faccia notare, so benissimo che si tratta di un motivo semplice, banale e stupido. È il mio turno»

Holmes si lascia andare sulla spalliera del sedile e, con un gesto infastidito della mano, mi cede la parola.

«Che tipo di indizi cercavi?»

«Quelli che avrebbero potuto rendermi più facile il lavoro» Si ferma. «Ne hai parlato con qualcuno?»

«Nessuno che tu conosca»

«Per esempio?»

«Mio il gioco, mie le regole. Non dimenticarlo» ribatto. «Hai trovato qualcosa?»

«Più di qualcosa: ho un movente e il luogo in cui è tenuto il bambino rapito. Mancano i colpevoli»

«Lo hai già risolto?» esclamo, sbalordita.

«Se rispondo, ho diritto a due domande»

«No» replico, decisa.

«Era un'affermazione, Aldernis»

«Va bene, ti concedo due domande, ma ora rispondi»

«Ti ho già detto che manca il colpevole» dice, con un ghigno. «E non considero un caso risolto se non ho un colpevole»

Sbuffo una risata, tanto per sdrammatizzare la sua risposta idiota.

«Chi lo sa, Aldernis?»

«Mio fratello, ma sa farsi benissimo i cavoli suoi» rispondo. «E smettila di chiamarmi Aldernis»

«Oltre al GPS del cellulare, hai usato qualcos'altro per trovarmi?»

«Alcune conoscenze»

«Questa non è una risposta»

«Neanche la tua era una risposta!» rispondo.

Sbuffa. «Come sei irritante»

«Grazie» dico, sorridendo. «Compenso con un'altra domanda: perché ti sei fermato in un incrocio, ad oltre un chilometro di lontananza dall'autorimessa?»

«GPS del taxi?» dice, con una risatina.

«Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda»

«Di' solo "sì" o "no"»

Rimango in silenzio per un po'. «Mio fratello ha un amico vigile, e mi è stato molto utile»

«Non avresti fatto prima ad usare il localizzatore del cellulare?»

«L'idea me l'ha data John. Non ci ho pensato subito»

«E con questa, hai risposto alla mia domanda di prima»

Scoppio a ridere. «Furbo» ammetto. «Complimenti» Faccio una pausa, prima che un'altra domanda mi affiori alla mente. «Perché non siamo scappati subito, quando siamo saliti in macchina?»

Sospira, con rassegnazione. «Due uomini ti inseguono, e tra poche decine di secondi potrebbero raggiungerti. Hai l'auto e vuoi fuggire, ma se metti in moto e parti a tutta velocità, attirerai l'attenzione dei due, che prenderebbero la targa e ti ritroveresti con una possibile denuncia per effrazione. Se, invece, rimani fermo per un po' e ti nascondi come puoi, crederanno che hai continuato a correre e tralascerebbero l'auto» Incrocia le braccia al petto e si mette a guardare fuori dal finestrino. «È logico, no?»

«Vorrei sapere come fai a pensare a cose del genere» ridacchio.

«Uso il cervello, Aldernis. Dopo un po' di allenamento, viene quasi naturale»

Alzo gli occhi al cielo: odio sentirmi chiamare per cognome, e cinque volte sono davvero troppe.

«Mi aspettavo una risposta del genere»

«Mi aspettavo che tu dicessi questo»

«Sei altezzoso e credi di sapere tutto, come ogni genio del resto» Faccio una breve pausa. «E se dobbiamo dirla tutta, ogni tanto ti comporti come un perfetto idiota, ad esempio quando ti sei fermato nel bel mezzo di un inseguimento»

«Hai sfondato la porta!»

«Una ragazza non può essere la più forte, ogni tanto?»

«Non dico questo. Ho già conosciuto una donna che era più forte di me» replica. «Si è messa a picchiarmi con un frustino da cavallo»

Cerco di trattenere la risata che sento tra poco esploderà.

«Che c'è?» fa lui.

«Niente... Solo che mi pare strano che tu venga a raccontarmi delle tue sconfitte, visto l'orgoglio che hai»

«Non vedo dove sia il problema, visto che, alla fine, ho risolto il caso» Inarca un angolo della bocca. «Dove hai imparato a picchiare la gente?»

«Sono cintura nera di karate e judo» rispondo. «Lo faccio da quando avevo quindici anni»

Silenzio. Non so cos'altro aggiungere. Forse, entrambi vogliamo solo rimanere un po' in pace. Il navigatore mi annuncia l'arrivo in Baker Street. Parcheggio l'auto sotto al portone del mio appartamento. Spengo il motore e mi lascio andare sullo schienale, sfinita.

«Non ti permetto di prenderlo come un appuntamento»

«Direi che abbiamo un diverso concetto di "appuntamento"» rido.

Apro la portiera e scendo dall'auto, e Holmes fa lo stesso. Ci incontriamo davanti alla macchina, l'uno di fronte all'altra: io con le braccia incrociate e lui con le mani nelle tasche dell'impermeabile.

«Fammi sapere di ulteriori svolte nelle indagini»

«Perché dovrei?»

«Beh, se non vuoi essere pedinato di nuovo...»

Sorride leggermente. «D'accordo, te lo concedo»

Ricambio il sorriso. «Grazie» mormoro, per poi tendergli la mano.

Lui la stringe, osservando le nostre dita che stringono i palmi dell'altro. Poi, inizia a squadrare le mie scarpe con fare concentrato. «Cos'hai sullo stivale?»

Abbasso anche io lo sguardo. «Non lo so...» mormoro.

«Sembra sangue» osserva lui.

«Forse è del tipo a cui ho dato un calcio» dico. «Credo di avergli fatto saltare un dente...»

Holmes scatta verso l'auto, dalla parte del conducente.

«Cosa stai facendo?!»

«Sali» mi ordina, mettendo in moto.

«Io non salgo da nessuna parte, se prima non mi dici cove andiamo»

«Mi sei debitrice di una prova di fiducia: direi che questo è il momento adatto»

«È la mia macchina: guido io!»

«Sei inesperta a Londra, ci metteremmo troppo»

Sbuffo e, rassegnata, salgo in auto. Holmes parte.

«Ora vuoi dirmi dove andiamo?»

«A trovare una mia amica» dice, vago.

«Potresti essere un pochino più preciso?»

«Fidati di me»

«Senti, mi prendi alle spalle tappandomi la bocca, con il rischio di farmi prendere un infarto, e tutto quello che dici per farmi riacquistare fiducia in te è "fidati"?»

«Non voglio che tu riacquisti fiducia in me» risponde. «Fa' meno domande e fidati, Aldernis»

«Smettila di chiamarmi Aldernis!» gli ordino, scocciata. «Il mio nome è Jane, e dimmi dove stiamo andando. Adesso»

Ci fermiamo ad un semaforo. «Saint Bartholomew's Hospital» risponde, infine. «Devo fare alcune ricerche»

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