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To my parents

CAPITOLO 1

" non puoi ancora lavorare li dentro Skittle, il tuo talento è sprecato. Accetta la mia proposta e vieni a lavorare nel mio studio " dall'altro capo del telefono c'era Seth Donovan il figlio di Duncan Donovan, ed è qualcosa che andava decisamente oltre le mie aspettative. Duncan Donovan è, o meglio era, purtroppo, una leggenda vivente per chi come me lavorava nell'industria del tatuaggio; i suoi lavori vennero usati per stimolare la creatività nei diversi corsi che avevo fatto durante gli anni.

Ero riuscita ad incontrarlo una sola volta ed era stato emozionante, la donna che ha dato vita alla mia carriera era una sua carissima amica. La sua proposta mi stupì; non avevo mai conosciuto Seth e feci la conoscenza di suo padre pochi mesi prima che morisse e parlammo solo un paio di ore; ora suo figlio mi propone di entrare nel suo team di lavoro, ritenendomi all'altezza. Era decisamente l'offerta migliore che mi fosse mai capitata nella vita, anche perchè sapevo che Seth stava rendendo lo studio di suo padre qualcosa di eccezionale, aveva aperto un secondo negozio a Miami e stava cerca di renderlo una catena, ma, perchè che sempre un ma, mi sarei dovuta trasferire dall'altra parte del mondo, e la costa est dell'America era decisamente lontana, se mettiamo in conto che vivo a Praga.

All'età di diciotto anni, capì che continuare a vivere una vita che mi era scomoda e che opprimeva la me più profonda, mi stava logorando dentro; cercando di comprendere a pieno cosa volessi dalla mia vita, dovevo andarmene da Parigi, dalla mia ricca famiglia che mi aveva dato tutto e cominciare a cavarmela da sola. Non fu difficile scegliere il luogo in cui potermi esprimere al massimo, a Praga avevo lasciato il cuore. Non posso dire che sia stato facile, i Cechi non amano gli stranieri e non sono molto cordiali, la barriera linguistica non fu un problema ma fu difficile; più volte ripensai a tornare a casa, ma sono troppo orgogliosa.

Riuscì a trovare una stabilità, mi ero rimboccata le mani ed ero partita dalla cosa più semplice, trovare un lavoro che mi permettesse un alloggio e la retta per i corsi da tatuatrice, ero finita a fare la baby sitter ad una bellissima bambina che mi facilitò l'apprendimento della lingua. I corsi non li iniziai, decisamente troppo costosi, i soldi li avevo, fondo fiduciario da quando sono stata adottata, avrei potuto attingerci compiuti i diciotto anni, ma sapevo che mamma avrebbe voluto che li usassi per diventare un chirurgo come lei, la mia famiglia mi ha sempre dato tutto, ma a Praga volevo imparare a farcela da sola, e ci riuscì. 

Jana la madre di quell'adorabile bambina che consideravo come una seconda sorella, mi ospitò a casa loro, in cambio curavo Iva. Non pagare un affitto voleva dire risparmiare un sacco di soldi e Iva era a scuola la mattina, così trovai un lavoro notturno; un lavoro che non amavo e poco rispettabile, se mia madre mi avesse visto gli sarebbe venuto un infarto, lavoravo come cameriera in un locale di spogliarello, rimanevo vestita, per quanto reggiseno e perizoma possano essere definiti vestiti, ma pagavano bene e mi permetteva di seguire Iva e studiare all'università; si volevo prendermi una laurea e dare almeno una soddisfazione alla mia famiglia. All'età di ventun anni, con una laurea e un conto in banca cospicuo, riuscì finalmente a iscrivermi a un corso di tatuaggi e a vivere in un monolocale tutto mio.

Ora lavoravo come tatuatrice, vivevo da sola e Jana e Iva erano diventate la mia seconda famiglia - non manco mai ai pranzi della domenica, altrimenti Jana mi viene a prendere di peso a casa - faccio ancora la barista al Hot Peppers, i soldi in più non guastano mai, e non uso il conto fiduciario dei miei genitori, l'ho usato solo per l'università alla fine era per quello che è sempre servito. Molte volte mi hanno pregata di tornare, non amavano il fatto che fossi così lontana, anche se sarebbero arrivati in un'ora e mezza di aereo. Ormai solo Katia viva ancora con loro. Mio padre continuava a spronarmi a dire la verità alla mamma che mi avrebbe capita, si sarebbe naturalmente arrabbiata ma dopo avrebbe capito, che avrei potuto fare ciò che amavo anche a casa, che lui mi appoggia in tutto. Anche il giorno della mia laurea, papà cercò di farmi dire la verità, non ero pronta a dirle che avevo rinunciato al suo sogno di vedermi con un camice per colorare il corpo delle persone, lei si era impegnata tantissimo e vedevo quanto era piena d'orgoglio nel vedermi seguire le sue orme: la delusione era leggibile sul suo volto quando le dissi che era il suo sogno e non il mio, che volevo cambiare città per capire cosa volevo essere; se gli avessi detto la verità, non so cosa sarebbe successo... ma non sarebbe stato nulla di buono.

Se avessi accettato la proposta di Seth, voleva dire che era arrivato il momento di dire a mia madre cosa succedeva, si sarebbe arrabbiata anche con mio padre per averle mentito, avrei dovuto chiamarla per dirle che mi sarei trasferita in America, e da mamma chioccia, mi avrebbe voluta vedere prima della partenza. Erano un paio di anni che non ci vedevamo, limitandoci a telefonate. Era convinta che lavorassi in un laboratorio d'analisi e che fossi talmente impegnata che facevo fatica persino a tornare a casa per Natale perché la ricerca non si ferma mai, papà e i miei fratelli erano bravi a portare avanti la mia bugia, anche se ero consapevole che anche per loro fosse un peso.

Il tempo che avevo trascorso con Iva mi aveva fatto amare ancora di più l'arte, era una bravissima fotografa e teneva un paio di corsi l'anno all'università, lei e mio padre andavano molto d'accordo, dato che era un critico d'arte. Io e mio padre non avevamo nessuna percentuale biologica in comune, eppure ero la sua copia; stesse passioni, stesso spirito eccentrico e stesso carattere riservato.

Conoscevo mia mamma meglio di tutti, dirle la verità comprendeva perdere tutto quello che mi aveva dato una stabilità emotiva, e quindi fingevo, se pensavo a tutte le scuole costose, ai corsi e alle lezioni che mi faceva frequentare, mi sentivo una merda, ma mi ricordo quanto avrei voluto evadere da quella vita, non ho mai fatto quello che volevo da quando sono venuta al mondo, per una volta volevo fare qualcosa per me stessa.

Non avrebbero mai accettato una figlia ricoperta di tatuaggi e capelli di sfumature diverse di viola, per non parlare di quel famoso piercing alla lingua che all'età di sedici anni mi proibì di fare e che essendo lontana da lei, feci a vent'anni, avevo l'anello al naso - se mia nonna ci fosse ancora, mi direbbe che assomiglio a una mucca, ma io trovavo che mi donasse - in più avevo piercing simmetrici ad entrambi i lobi del naso.

Mentivo per il bene della mia famiglia - e bè, anche il mio, ho ventisei anni, ma so che mia madre sarebbe in grado di riportarmi a casa e io la seguirei - se avesse saputo la verità mi avrebbero detto che ero stata una delusione e mi sono sentita una delusione e un errore già per troppi anni della mia vita, e mi avrebbe messa a paragoni con i miei fratelli, e io odio i paragoni.

Mio fratello maggiore era a conoscenza di tutto come del resto gli altri, Praga era una meta da lui molto frequentata quindi era difficile nascondergli la verità; era venuto a trovarmi senza nessun tipo di preavviso, e una volta scoperto il tutto, si era anche fatto tatuare; Laurent si era creato da solo, aveva dato "vita" ad un'azienda farmaceutica che si stava ampliando un po' nel mondo.

Quando tornò a Parigi rivelò il tutto agli altri, all'inizio fu difficile pregarli di mantenere il silenzio. Persino Katia e Hamet erano meglio di me, katia era stata adottata all'età di nove anni ed aveva quattro anni in meno di me, studiava leggere ed era al termine degli studi, attualmente sosteneva un tirocinio in uno degli studi più prestigiosi di Parigi.

Hamet era stato adottato prima di me e aveva tre anni in più della sottoscritta, era laureato in nanotecnologie, l'MIT lo chiamava per tenere corsi e aiutare in nuovi progetti di ricerca. E poi c'era Thai, mamma e papà l'avevano adottato assieme a me, lo conobbi in SudAfrica, ci ero finita siccome i miei genitori biologici non mi volevano e quindi mi avevano venduto al primo offerente, che dire mi sono salvata - avevo solo cinque anni, anche se in realtà non era certo, dimostravo cinque anni siccome ero sottopeso e abbastanza piccolina, ma non c'era nessun documento che dimostrasse la mia età, l'unica certezza è che sono nata in Germania, il tedesco era l'unica lingua che conoscevo e i miei genitori biologici non mi volevano.

In Africa conobbi Thai, fummo adottati da una famiglia italiana, due geologi al pieno della carriera, andammo a vivere a Volterra, restammo con loro un paio di anni, poi a causa del loro lavoro, fummo costretti a tornare in un orfanotrofio... quando conobbi i Delacroix, non ero contenta, ero convinta che sarebbe stata l'ennesima famiglia che ci avrebbe abbandonato, poi scoprì che avevano adottato un altro ragazzo. Inizialmente volevano solo me, ma quando capirono che Thai era una parte di me adottarono entrambi. Ormai siamo inseparabili, e anche se siamo lontani lui lo sento sempre.

Tornando ai pro e hai contro, Duncan aveva tenuto una lezione al corso per volere di Penelope, l' amica di vecchia data, mi aveva informata che era rimasto impressionato dal mio modo di usare i colori, per la prima volta nella mia vita mi ero sentita valere qualcosa. Ma a quel tempo non sapevo chi fosse e quindi semplicemente lo ringraziai, anche se non credevo alle sue parole. Quando finalmente scoprì chi fosse e quanto valesse, non potei lasciarlo partire senza essermi prima fatta marchiare la pelle. Aveva dato vita all'unica opera sulla mia pelle che legasse bugie, passioni, doveri e passato. Era una sequenza di DNA che ricopriva tutta la mia coscia destra, ed era sorprendente come sembrasse vero e realistico.

Ogni volta che lo osservo mi torna alla mente la mia vecchia passione per la scienza e quella nuova per i tatuaggi, ma se mi soffermavo troppo a osservarlo, anche le bugie che continuavo a raccontare a mia madre, e il fatto che il mio DNA non ha nemmeno una minima percentuale di compatibilità con quello di Christine ed Etienne.

Il lavoro era durato circa otto ore, l'omone cercò di parlare con me, ma sono una ragazza chiusa, che non ama parlare di sé e che non ama parlare del suo passato, non era stato semplice e preferivo in tutti i modi dimenticare e andare avanti.

Era riuscito a scoprire solo pochissime informazioni, che amavo i tatuaggi e che non ero di Praga, nemmeno inglese o americana, la mia pronuncia era troppo sporcata dall'accento inconfondibile francese, è difficile sbarazzarsi della R arrotolata.

" è un problema se le facessi sapere tra un paio di giorni, non è semplice lasciare tutto per trasferirsi dall'altra parte dell'oceano nel giro di una settimana " e poi avevo questo dannato chiodo fisso di mia madre. Non avevo la più pallida idea di cosa fare, ma sapevo che mi sarei messa nei guai.

" non c'è problema, aspetto una tua risposta. E smettila di darmi del tu Skittle mi fai sentire più vecchio di quello che sono " gli dissi che ci avrei provato, avevo avuto una buona educazione e davo sempre del lei alle persone che non conoscevo, anche se tra i due ero io quella anziana. Skittle faceva sempre uno strano effetto sentito su bocche estranee, era un nomignolo stupido che mi aveva affibbiato la mia migliore amica e per quanto fosse una parola inglese, la persona che me lo affibiò è francese, quindi lo pronuncia diversamente.

Era un nomignolo che mi portavo dietro dai tempi del liceo, Odette riteneva che fossi uno spirito eccentrico, frizzante e brillo, le sue parole erano "anche da sobria sembri brilla"; Bevevo, una parte dei ricordi legati ai miei sedici anni vede me i sabato sera un po' troppo ubriaca, mi piaceva bere e fare festa, mi sfogavo e lasciavo tutti i problemi alle spalle.

Quando cominciai a lavorare all'Hot Pepper ci chiesero un nickname per la privacy, mi era sembrato il più adatto, da lì era diventato abituale per tutti chiamarmi così. Solo pochi erano a conoscenza del mio vero nome, ormai non lo usavo più nemmeno io.

Posi fine alla telefonata per poi lanciare il cellulare sul letto del mio monolocale. Mi erano sempre piaciuti i monolocali, per una semplice ragione, era tutto a portata di mano. 






Ancora pensante sul da farsi, mi preparai per andare al lavoro; jeans con ricami quà e là di fiori e foglie esotiche, un top corto e senza maniche giallo - al salone faceva terribilmente caldo mentre fuori si gelava - abbinati a una giacca e una decoltè gialla. Legai la mia chioma viola in una coda alta, afferrai la giacca di pelle, guanti e cuffia, a Praga non si scherzava con il freddo.

Il mio look era particolare ma mi piaceva un sacco, a primo impatto potevo sembrare una di quelle ragazze snob e svampite che va a lavorare in tacchi a spillo gialli molto costosi, che è impossibile faccia la tatuatrice siccome stravede per le cose costose; per altri ero da evitare, perchè probabilmente mi drogava o bevevo e faceva stupidaggini, che non sapeva come mangiare a tavola con quattro forchette, tre coltelli e tre diversi tipi di bicchiere, che non aveva mai visto una villa in stile rinascimentale e un letto a baldacchino, che non sapeva cosa volesse dire indossare una divisa di uno degli istituti più prestigiosi di Parigi quasi ventiquattr'ore su ventiquattro. Non rientravo in nessuna categoria, e per quanto l'avessi accettato, fu un problema nella mia infanzia, già il fatto di essere stata adottata non era il massimo, non è visto bene dai ricchi viziati con cui vai a scuola, specialmente se erediti un quinto di un impero che non dovrebbe nemmeno essere tuo. Prima di uscire dall'appartamento afferrai il mio marsupio di pelle nera, odiavo le borse o gli zaini specialmente se avevano una capienza elevata, ero per le borse piccole. 

Il rumore dell'arrivo di un messaggio, mi fece distrarre dall'odore insopportabile che emanava la signora che era seduta alla mia sinistra. Vidi che era Jana e così mi affrettai ad aprire il messaggio. Una delle cose più difficili fu imparare il cieco, ma dopo sette anni ci ero riuscita e anche bene.

" ti va di pranzare da noi? Così ci racconti della telefonata " era stata come una sorella maggiore in questi anni, aveva cinquant'anni ma ne dimostra trenta sia di aspetto che di carattere, aveva avuto Iva quando non era più molto giovane, dal suo primo marito che se ne andò quando scoprì che era rimasta incinta. Così aveva dovuto crescere sua figlia da sola. Ammiravo la forza di quella donna, la stimavo dal profondo e speravo di diventare almeno un po' forte come lei.

" volentieri, passo a prendere io Iva a scuola " le risposi velocemente, posai il cellulare nella tasca posteriore dei miei jeans e mi alzai quando sentì Namesti Miru, era la mia fermata, dista a circa una decina di minuti dal mio appartamento, forse anche meno.

" Camy " mi girai verso la voce di Pavel, era un bel ragazzo, ma sin da quando ci eravamo conosciuto all'Hot Pepper, aveva messo in chiaro che il sesso opposto non gli piaceva; si trovava al locale solo perché i suoi amici erano tutti etero, due dei quali ci avevano provato. Notai che oggi i suoi capelli avevano qualche ciuffo viola tra la tinta bianca che risaliva a due settimane fa - spuntavano dal colbacco in pelo nero, cambiava colore di capelli come le mutande. Indossava un lungo cappotto grigio con jeans attillati neri e scarpe d'alta classe, vicini io ero la barbona e lui il principino.

" buongiorno " gli dissi per poi stampargli un bacio sulla guancia, mi porse una brioches e io il suo caffè, per me Starbucks era sulla strada come per lui quella fantastica pasticceria che mi costringeva ogni sera ad aumentare la mia serie di addominali. Da ragazzina ero in sovrappeso, non mi ero mai piaciuta. La gente già mi indicava perché ero altissima e in più avere la pancia non aiutava. Così mi ero iscritta in palestra, ora avevo delle curve da invidiare e una tartaruga che amavo sfoggiare di tanto in tanto.

" cosa fai per pranzo?" mi chiese mentre ci avviamo al lavoro, lui faceva il commesso in un grande negozio di alta moda, l'avevano preso per il suo bell'aspetto e perché anche se aveva un piercing in mezzo agli occhi e aveva un paio di miei tatuaggi qua e là tra le braccia, ci sapeva dannatamente fare con i clienti

" Jana mi ha invitata a pranzo, dobbiamo parlare della proposta di Miami " gli dissi addentando la mia succulenta brioches al cioccolato.

" sai come la penso " Pavel voleva che accettassi, quel ragazzo mi aveva chiamata due volte e scritto circa una dozzina di mail dicendomi che il suo studio a Miami aveva bisogno di me, e il fatto di trasferirmi mi attirava parecchio. Ma forse non ero pronta a lasciare tutto questo. Anche se ero consapevole del fatto che se volevo farmi un nome dovevo andarmene dal Colossal. In più sono sempre alla ricerca del mio posto da chiamare casa, la mia vita è stata turbolenta, prima che i Delacroix mi adottassero, ma anche durante, nel mentre non ho mai sentito nessuno di questi posti come casa mia, ecco perchè mi piace cambiare posto di tanto in tanto o viaggiare. Quando si è in difficoltà, si tende a girarsi e tornare indietro, quasi sempre dietro hai la famiglia, eppure per me, tornare indietro non voleva dire Delacroix, c'era una tela bianca, non vedevo persone e nemmeno un posto.

" non è semplice come credi, devo dirlo a mia madre e sai cosa crede che io faccia. Vorranno sicuramente vedermi prima di partire. Ma non mi immagina con questo aspetto " lui sapeva tutto, come gli altri tre idioti a cui volevo bene, presentatimi da Pavel dopo la sua conoscenza, ai quali avevo spifferato tutte le mie bugie, guarda il caso, mentre ero ubriaca.

" sai che per il tuo aspetto basta che togli i piercing, metti una parrucca o facciamo una tinta, e... devo ricordarti dove lavoro. Sarà facilissimo darti l'aria di una donna in carriera che tiene al suo lavoro, e riusciremo a coprire i tuoi tatuaggi giusto che non ne hai ne sulle mani ne sui piedi " anche questo era vero. Mi era sempre piaciuto il modo in cui riuscisse sempre a trovare delle soluzioni e a farmi da sostegno, non avrei saputo come fare senza di lui a Miami se avessi deciso di andarci. I miei quattro amici - che ormai erano una terza famiglia - mi avevano supplicato di accettare, che sarebbe stato giusto per me e che me lo meritavo, ma soprattutto perché un talento come il mio era sprecato nella catapecchia in cui lavoravo.

" ok va bene. Oggi ne parlerò con Jana e se anche lei sarà così felice di sbarazzarsi di me. Accetterò il lavoro a Miami " dissi a Pavel - che battè le mani entusiasta - una volta davanti al suo posto di lavoro.

" non vogliamo sbarazzarci di te. E poi, verrò sicuramente a trovarti, mi manca il caldo e il sole, sono un po' stufo della pioggia. " gli diedi un bacio sulla guancia

" ciao Heda, ci vediamo sta sera " lo saluta per poi girare l'angolo del negozio e avviarmi verso il mio lavoro. 





Quando entrai nello studio, il mio appuntamento delle nove mi stava già aspettando, anche se erano a malapena le otto e mezza. Ma Harry era così, aveva vent'anni e almeno una volta al mese si faceva tatuare dalla sottoscritta, potevo dire che era una mia creazione. Lo feci accomodare alla mia postazione e decisi di iniziare subito. Mi aveva commissionato un complicato tatuaggio su tutta la sua schiena, avevo già lavorato più di otto ore ma eravamo solo a metà, veniva tutte le mattine e io volevo assolutamente finirlo prima di andarmene, se mai me ne fossi andata. Era una grossa Pin Up dalle curve formose vestita da pirata, intorno c'era la più svariata vegetazione, e ai suoi piedi una scimmia con zampe di tigre - aveva voluto che fossero identiche a quelle della mia sulla schiena - in lontananza il mare dei caraibi con un veliero fantasma. Diciamo che quando mi aveva detto la sua idea, ero rimasta abbastanza a bocca aperta, ma mi ero limitata a disegnargli ciò che mi chiedeva e fui felice di notare che gli era piaciuto. Ci eravamo subito messi al lavoro, e mi mancava solo la nave, il mare e la vegetazione. Avevo finito la Pin Up che copriva la maggior parte della pelle sulla sua schiena, era molto complicata e piena di dettagli e non solo, la scimmia tigre era parecchio grossa.

Lo feci sdraiare e incominciai a lavorare per le prossime quattro era di fila

" Harry ci vediamo domani mattina, mi raccomando la crema " gli dissi, in quattro ore ero riuscita a completare il veliero e una parte della vegetazione. Gli porsi la sua maglietta, poi mi tolsi i guanti e li buttai nel cestino sotto la mia piccola scrivania. Il ragazzo mi ringrazio per poi rivestirsi e uscire.

Presi la mia giacca e mentre mi avviavo verso l'uscita sentì la voce di Julie, mi fermai sui miei piedi e mi girai verso di lei. Era la figlia del proprietario e non capiva niente né di tatuaggi né di piercing, però faceva la saccente sul mio lavoro e non la sopportavo per la maggior parte del tempo. Circa due mesi prima avevamo dovuto ripagare copiosamente un cliente, perché era venuto a chiedere un semplice piercing al sopracciglio, ma lei scrisse sulla scheda del ragazzo tutt'altra cosa e tornò a casa con un piercing al centro del naso. Quando ripensavo a certe cose, che erano successe qui dentro, mi chiedevo come non avessi già accettato la proposta di Seth e non avessi già preso il primo aereo per Miami.

" dimmi?" mi camminò incontro, sui quei tacchi da quindici centimetri, in cui lei non riusciva nemmeno a camminare. La cosa che mi piaceva era che comunque ero ancora più alta io.

" il tuo appuntamento delle tre ha avuto un problema, e arriverà alle cinque. Quindi hai il pomeriggio libero " mi limitai ad annuire per poi lasciare lo studio. Odiavo persino la sua voce, non riuscivo a parlare con lei più di cinque minuti.

Quando uscì, liberai i miei capelli dalla coda, e li lasciai ricadere morbidamente sulle mie spalle, di natura ero riccia, ma a causa delle continue tinte erano diventati mossi, e mi piacevano, ondulati al punto giusto, mi arrivavano leggermente sopra i fianchi. 






Mi appoggiai alla parete di fianco al cancello d'entrata della scuola di Iva, non mi davano fastidio gli sguardi, anche se ne ricevevo parecchi per via del mio aspetto. Ma Praga era venti mila volte meglio della Francia, ed io avevo già passato la mia adolescenza ad essere qualcuno che non ero solo per evitare quegli sguardi. Ero crescita, e vivevo in una grande città dove la gente non si soffermava ad osservarmi. Jana aveva iscritto Iva in una scuola molto prestigiosa per darle la migliore educazione che potesse avere. Quindi ero circondata da donne che mi ricordavano la mia famiglia, macchine costose, snob e felicità comprata con i soldi, il tutto avvolto in un tailleur dai colori sbiaditi. Ora potevo essere chi ero senza vergognarmi.

Tra me e Iva c'era una sorta di codice, lei mi confidava tutto e io in base a ciò che mi diceva gli davo consigli, ma soprattutto gli dicevo se era il caso di dirlo a sua madre oppure no. Ora aveva sedici anni e gli argomenti ve li lascio immaginare. Io non mi intrometto, le faccio semplicemente da guida e le do il mio sostegno e cerco di farle capire, con l'esperienza che pur poca è sempre maggiore della sua, ciò che forse è meglio fare. Quando vidi la sua chioma bionda scendere dalle scale, non le andai incontro. Io mi ero sempre vergognata quando veniva mia madre a prendermi, quindi l'aspettavo sempre qui, e lei ne era contenta.

Però quando vidi il suo faccino triste camminare verso di me, mi preoccupai leggermente e mi staccai dal muretto. Senza dire niente si catapultò tra le mie braccia e si mise a piangere. Lo strinsi forte a me e la coccolai come se fosse una sorella.

"che succede Iva? " le chiesi staccandola da me per guardarla negli occhi, e tolsi le piccole goccioline salate che si erano depositate sotto i suoi occhi

" la mamma dice che te ne andrai " la guardai con occhi dolci, Iva era così, non aveva paura di piangere o mostrarsi debole davanti agli altri, a volte credo che avrei dovuto prendere più esempio da lei.

" è un forse. E poi cosa ti preoccupa? Noi staremo sempre in contatto Iva, non ti abbandono " da quando aveva scoperto la verità su suo padre, aveva sempre paura di essere abbandonata e io quel sentimento lo conoscevo forse meglio di chiunque. Ma a differenza della sottoscritta, che non si addentra in situazioni scomode per non soffrire, Iva faceva esattamente il contrario e anche se magari le conclusioni erano tristi lei le accettava. Le avevo raccontato la mia storia, anche se la parte violenta e dolorosa l'avevo lasciata solo per sua madre, questa piccola bambina, che ormai tanto piccola non era più, sapeva che i miei genitori non mi avevano voluta e mi avevano dato in adozione.

"dai ora andiamo a casa " le dissi per poi prenderla a braccetto e dirigerci verso casa.

" devi accettare " mi disse Jana mentre mi posava il piatto di anatra con patate davanti. Appena avevo messo piede nel suo bellissimo appartamento arredato secondo il suo stile, ero stata messa all'angolo con il terzo grado sulla questione di Miami.

" Ma scusa io sto già bene qui, perché dovrei andarmene dall'altra parte dell'oceano dove non conosco nessuno " le dissi mentre addentavo un pezzo dell'anatra. Io e Iva facevamo da cavia ai suoi numerosi piatti che preparava dopo i corsi di cucina che frequentava. Quando si limitava a cose semplici era molto brava, ma se cercava di fare qualcosa di più complesso, era come mangiare cibo avariato.

" non è vero che stai bene qui, non sai cosa vuol dire avere del tempo libero. Vivi in quello studio quasi ventiquattr'ore su ventiquattro per non parlare del locale e sai che ti basta un solo lavoro per sopravvivere dato che i soldi non ti mancano, ma ti ostini a vivere così. E non dirmi che ti trovi bene, non hai mai parlato dei tuoi colleghi e sorrideresti quando devi andare al lavoro. Fai tutto questo perché ti manca quella cosa che ti fa venire voglia di vivere davvero " non aveva tutti i torti, però non mi dispiaceva lavorare tanto, non mi pesava, facevo ciò che amavo e mi era costato tanto.

" ma a me non dispiace lavorare tanto " Jana si sedette esattamente di fronte a me e mi guardò negli occhi, ok, non portava a nulla di buono.

" sei qui da cosa, otto anni e le uniche persone che conosci al di fuori di noi sono Pavel e i ragazzi, ma solo perché vengono spesso al locale e hanno interagito con te, altrimenti li avresti ignorati. Sappiamo che non sei fatta per le relazioni e bla bla bla. Ma non dirmi perché non volevi, è che tu non hai tempo. E sappiamo entrambi perché non accetti quella proposta... " sulle relazioni aveva ragione, mi ero trovata uno straccio di fidanzato circa un anno fa, ma che avevo scaricato dopo sei mesi perché stava troppo addosso, e cercava cose che io non ero disposta a dargli, come la convivenza, conoscere la sua famiglia e magari un anello al dito dopo un anno. Io ero uno spirito libero e volevo continuare ad esserlo.

" e sarebbe?" tanto sapevo che avrebbe risposto mia madre, e non aveva tutti i torti. Ma non era solo l'unica ragione

" tua madre è solo una piccola parte, perché non ti è mai importato molto di lei se rientrava nelle tue scelte di vita. La verità è che tu hai paura di non essere all'altezza. Ti va bene lavorare al Colossal perché nessuno verrà mai a dirti fai schifo, ti licenzio. Ma li potrebbero farlo, ma ancora non capisci che sei più che brava " mi piaceva la schiettezza e la sincerità di Jana anche se a volte era molto scomoda, ma la stimavo come persona e sapevo che lo faceva a fin di bene. E poi le docce fredde a me avevano sempre fatto bene.

" ok, hai ragione. Solo che se mi dovessero licenziare, io devo ritornare qui dall'America. E non credere che sarà tutto come prima. Il Colossal non manderebbe via qualcuno pur essendo una merda, ma non assumerebbe mai chi li ha piantati in asso nel giro di pochi giorni. E sai comunque che devo avvisare mia madre, e dovrei raccontarle i miei cambiamenti in questi anni. E mi riporterebbe a Parigi e io non voglio tornare a Casa per sentirmi dire che non valgo niente e che una figlia come me era meglio non averla " di solito non mi scaldavo mai con loro, non alzavo mai il tono di voce, ma mi capitava spesso quando ritenevo di avere ragione e le cose che dicevo mi erano a cuore molto di più di quando volessi lasciare immaginare.

" perché pensi che ti manderanno via Camille? Duncan Donovan ti ha incontrata quando avevi appena iniziato e già ti reputava brava, ora sono due anni che non smetti di tatuare nemmeno per dormire quasi. E poi è forse anche giunta l'ora di dire a tua madre come stanno le cose, e se non ti accetterà, ormai sei maggiorenne in tutti gli stati e la mia porta sai che sarà sempre aperta per te, ti ha scelto quando tutti ti voltarono le spalle, non sottovalutarla mai, tua madre è meglio di ciò che credi. E non descriverla come un mostro perché lei amata te e i tuoi fratelli allo stesso modo, o non saresti qui se non ci fossero stati lei e tuo padre. Camille tu non ti rendi conto di quante persone hai intorno che ti amino " annuì alle sue parole, io comunque ero spaventata come sette anni fa, solo che allora avevo la determinazione di fare ciò che volevo da tutta la vita.

Ero una tipa che si stufava delle cose, non amavo i cambiamenti repentini e questo lo era a tutti gli effetti, io dovevo prendermi il tempo per ragionare sulle cose, in più questa proposta mi faceva paura.

Quando ero piccola non vedevo l'ora di andarmene, ma non solo da casa, dalla Francia in generale. Non l'avevo mai sentita mia e volevo viaggiare, quando ero arrivata a Praga mi era subito piaciuta, avevo pensato che forse era questa la mia vera casa. Ma pensare all'America mi stava facendo pensare alla bambina che ero un tempo, magari era quello il posto giusto per me, eppure avevo così tanta paura di accettare. Forse dentro di me c'è un pizzico di desiderio che mi porterà ad accettare, ma per adesso la paura è forte

" non devi per forza dirlo ai tuoi! " ci girammo entrambe verso Iva che era intenta a giocare con le patate nel suo piatto, non le erano mai piaciute ma Jana insisteva con il fatto che la verdura e la frutta andava mangiata tutta. Iva alzò la testa verso di noi quando si rese conto di essere fissata.

" scusate era solo una stupida idea che mi era venuta in mente, non fate caso a me e andate pure avanti con il vostro discorso " disse muovendo le mani verso di noi

" no, no, adesso parli " la invitammo all'unisono. Fece un lungo respiro per poi sedersi meglio, si sporse sul tavolo e appoggiando i gomiti, come se volesse che la prendessimo più sul serio.

" puoi semplicemente andare in America, tanto i tuoi chiamano sempre per dire se vengono o no, perché sanno che sei impegnata. Quindi quando loro chiamano prendi il primo aereo e vieni qui. Se invece si dovessero presentare di sorpresa, gli diciamo che sei due settimane via per un grosso lavoro su qualche cosa e balle varie. Noi ti chiamiamo, ti raccontiamo la bugia tu li chiami e glielo spieghi. Oppure dici che vieni qui per trovarli. Ti facciamo una tinta, mettiamo vestiti coprenti, togliamo i piercing, e ritornerai la bambina che hanno sempre avuto... e poi ricordati che tuo padre sa già tutto, credi non ti dia una mano? " rimasi sorpresa dalle parole di Iva, aveva decisamente una mente brillante. Mio padre mi avrebbe appoggiata, ma mi avrebbe detto che il caso aveva fatto avvenire tutto ciò per farmi capire che era ora di dire a mia madre come stavano le cose.

" spero che tu non ti comporti così anche con me? " le chiese sua madre puntandole il dito contro

"nooooo" era decisamente una pessima attrice, ma Jana fece finta di niente. Ripensai alle sue parole, e non era una cattiva idea. Si poteva fare come cosa, mamma non sarebbe mai arrivata a tutto quello che c'era sotto.

" ora spetta a te decidere " mi disse la mia sorella maggiore con occhi dolci.

Ora non avevo più vie di scampo, avevamo trovato un modo per scampare alla furia della mia famiglia e avevamo anche messo in chiaro che ero brava e che non dovevo sempre scegliere la via più facile per paura di un rifiuto. Era tutto nelle mie mani e spettava a me decidere.

Ho una proposta di lavoro per Miami parlare con Thai era una sorta di medicina, era la mia ancora e avere la stessa età voleva dire tanto, se penso alla mia infanzia non c'è giorno in cui lui non sia con me, al mio fianco a supportarmi.

quando parti? ora arrivava la parte peggiore, odiava chi si lasciava sfuggire delle opportunità, quando da bambina gli confessai che avevo paura che i Delacroix mi avrebbero abbandonato anche loro dopo un po', lui mi disse che era meglio avere una famiglia anche per poco che non averla affatto.

In realtà non so se accettare

scusa?? cosa ti lega di tanto speciale a Praga?? ti sei innamorata? - spero di no perchè mi sentirei molto deluso dal fatto che tu non me l'abbia detto. Poi signorina sei alla ricerca di un posto da chiamare casa da quanto? anni!! E non mi pare sia praga dato i lavori che fai e i grandi amici che ti ritrovi dietro... quindi alza quel culo e monta sul primo aereo per Miami. E poi sono a L.A. a girare un film quindi verrò a trovarti era un bravissimo attore, mamma era fiera di lui e non si perdeva mai una prima dei suoi film, molto spesso quando finiva sui red carpet o altro si faceva accompagnare da mamma, dopo tutto lei le aveva dato un modo per andare avanti. Aveva fatto carriera a sedici anni, aveva partecipato ad un reality e ad una serie tv francese, poi diamine, quale idiota non nota un asiatico di un metro e novanta di muscoli e super carino... in poco tempo i contratti erano aumentati, per ordine di mamma fino ai vent'anni aveva fatto film francesi che non lo distrassero molto dallo studio e che non gli facessero lasciare il paese. Dopo aveva aperto le ali e ora girava il mondo.

Ho la stessa sensazione che avevo ogni volta che mi adottavano, era da anni che non la provavo e la cosa non mi piace. Sai che il non avere amici e essere circondata da poche persone è dovuto al mio passato. Tutti gli amici che ho avuto in precedenza è solo grazie a te!!

Smettila di avere paura delle persone, il mondo ne è pieno, se non trovi amici giusti vuol dire che sono dei coglioni e che devi fare altra ricerca di mercato, ma se stai chiusa in casa o al lavoro, non li troverai mai. E poi che mi dici di Odette?

Odette, la mia migliore amica, l'unica che mi abbia capita e che mi abbia letto dentro, non la sento spesso e la cosa mi rende triste, ma ogni volta che parliamo e come se non avessimo mai smesso

mi stai dicendo che devo saltare

salta Cam... vedrai che ne sarà valsa la pena

cosa ho fatto per meritarmi la tua conoscenza?? grazie Tahi

Milele

Milele

Era il nostro per sempre in Swahili, era la promessa che ci eravamo fatti da bambini

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Sono tornata e spero che questa nuova avventura vi possa piacere come 36 settimane

grazie e buona lettura

un bacio

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