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Don't Rain On My Parade

CAPITOLO 2

Quando aprì la porta del negozi di Ocean Drive, ero atterrata da nemmeno due ore e siccome non avevo idea di dove andare mi ero precipitata sul posto di lavoro - ha ragione Jana a dire che vivo solo di lavoro - Miami era calda, forse troppo e percepivo già la mancanza del vento pungente. Tra l'altro credo di star sudando peggio di un cammello, presentarsi pezzata e puzzolente non era il massimo, ma non avevo idea di cosa fare e mi ricordò terribilmente la me di otto anni fa, da sola sul suolo Ceco.

Indossavo I miei adorati sandali in camoscio neri di Manolo Blahnik, avevo a tutti gli effetti una malattia per le scarpe, la maggior parte dei soldi per lo shopping finivano il più delle volte in scarpe di lusso, e la mania degli abiti firmati arrivava decisamente da mia madre, anche mia sorella aveva sviluppato una malattia per la moda.

Pantaloni neri di burberry a vita alta, accompagnato da un body molto audace di Versace con stampa barocca, l'avevo ricevuto come regalo da parte di mio padre - amava fare regali ai suoi figli- un paio di mesi fa, era difficilissimo da trovare e lui sapeva della mia passione per le cose in stile barocco, avevo in mano la giacca di pelle italiana e avevo dovuto per forza legare i capelli in uno chignon, dato che a causa del sudore si arricciavano sempre vicino alla cute ed era una cosa che mi dava molto fastidio perchè mi dava l'idea di essere spettinata. Fui costretta persino a tirare fuori i miei occhiali... di Valentino, il tutto sommato era una bella cifra, ecco perché ero definita una ragazza che spende soldi per cose inutili e per chi altri ne spendeva troppo pochi o nella maniera sbagliata.

Il campanello della porta suonò dandomi il benvenuto, era una cosa molto carina per accogliere i clienti, nessuno si prese la briga di arrivare per darmi il benvenuto, a dirla tutta era abbastanza deserto, mi presi del tempo per osservarlo. Le pareti erano di un grigio antracite mi ricordarono i vasi che Jana teneva sul davanzale, alla mia sinistra c'era un piccolo soppalco dove un muro di mattoni delineava una scrivania in ebano nero lucido, alle sue spalle una cassettiera anch'essa nera. Alla mia destra c'era un enorme divano di pelle marrone molto anni ottanta, si vedeva che erano oggetti datati e restaurati, mio padre l'avrebbe adirato. Inoltre le grosse vetrate illuminano il tutto rendendolo molto accogliente, non mi erano mai piaciuti quegli studi tetri e cupi con le pareti rosse tappezzate di tatuaggi, non li tolleravo. C'era una porta che non avevo idea di dove portasse, un muretto fatto con gli stessi mattoni che circondavano la scrivania, divideva la sala d'attesa dallo studio, dove vidi quattro postazioni, non vedevo l'ora di essere seduta su una di quelle. Una scala a chiocciola era situata all'angolo della stanza ed era in ferro battuto.

Una bambina dai folti ricci scuri, uscì dalla porta a me sconosciuta e mi venne incontro, la cosa mi sorprese parecchio, credevo di essere entrata in un negozio di tatuaggi e non in un negozio per bambina, non era decisamente il posto adatto per lei, che a occhio e croce dimostrava forse tre o quattro anni. Non ero una fanatica dei bambini, mi piacevano dai primi mesi ai sei anni, poi dovevi aver raggiunto la maggiore età per tornarmi a genio. Dopo anni di oratori estivi e bambini pestiferi, avevo capito che fare la madre non era ruolo per la sottoscritta. Iva era un'eccezione, l'avevo conosciuta quando aveva nove anni e mi era sembrata l'unica bambina che si salvasse, era dolce, carina, timida ed educata. Era stato molto semplice badare a lei quando sua madre lavorava, inoltre dovevo farmela piacere dato che badare a lei mi dava il modo di sopravvivere.

Non volendo fare la maleducata con una piccola bambina dall'aria molto dolce, mi piegai sulle ginocchia e mi misi alla stessa altezza di questo piccolo batuffolo. Aveva due occhi azzurri come il ghiaccio, ed erano dolci e caldi, notevolmente in contrasto con la pelle leggermente scura, adoravo i mulatti. Mi sorrise, così non potei fare altre che ricambiare

" come ti chiami?" le chiesi cercando di essere il più dolce possibile

" Robby " disse mentre allungava una piccola manina per afferrare una ciocca dei miei capelli lilla, che era scappata dallo chignon disordinato. Diciamo che facevano lo stesso effetto a molte persone, ma lei li guardava come se stesse guardando qualcosa di bellissimo.

" viola " disse per poi posare gli occhi su di me. Le feci segno di sì, e lei mi sorrise, quella bambina era molto dolce.

Quando sentì qualcuno urlare il suo nome, mi sollevai da quella posizione. Una ragazza, che a primo impatto mi ricordava un foletto, ma dovetti ricredermi a causa dei colori dei suoi vestiti - che amai - e a causa del suo taglio punk rock e del piercing al sopracciglio. La donna prese la bambina tra le sue braccia per poi osservarmi, se non l'aveste capito non amavo le persone che mi fissano e lei mi guardò proprio dalla punta delle mie scarpe firmate agli occhiali.

" credo tu abbia sbagliato posto " la guardai confusa e poi guardai fuori dalla finestra, il taxista mi aveva rassicurato dicendomi che era l'unico negozio di tatuaggi in zona

" starei cercando Seth Donovan " la vidi alzare gli occhi al cielo alle mie parole e sbuffare

" Se sei un'altra di quelle ragazze che viene per farsi tatuare sperando di poter avere una storia con lui mi dispiace, si è finalmente fidanzato " la guardai con un sopracciglio alzato e le sorrisi, questa tipa era veramente suonata, e mica male.

" se è questa l'accoglienza che date ai clienti fa più schifo di quella del Colossal, comunque sono Skittle " tolsi gli occhiali e le porsi la mano, che strinse, sul suo volto non c'era il minimo imbarazzo e non chiese nemmeno scusa per avermi dato della poco di buono, cambiò proprio discorso.

" porti le lenti a contatto?" in un primo momento rimasi confusa, poi ripensando a ciò che avevo condiviso sin da bambina, le risposi. La gente mi poneva sempre quella domanda, dato che avevo gli occhi dello stesso colore dell'ametista. Che poi, lei aveva un chiaro segno di eterocromia, la scienziata che era in me stava riflettendo a come esso fosse scientificamente possibile. Non feci in tempo a risponderle che ricominciò a parlare

" piacere io sono Lucy " strinsi la mano che mi porse e le sorrisi

" Skittle" ripetei di nuovo, ero decisamente in imbarazzo, diciamo che come primo incontro era un po' strano. La ragazza annuì nella mia direzione e fece un enorme sorriso divertito per il mio nomignolo, chissà come sarebbe cambiato se le avessi detto che era quello che usavo nel locale di spogliarelliste dove lavoravo, sicuramente avrebbe portato sua figlia lontano per paura che le insegnassi il mestiere.

Fece un urlo che avrebbe fatto invidia a qualsiasi uomo, avvicinandosi alla tromba delle scale

" la ragazza nuova è arrivata " un po' mi sorprendeva il suo modo di fare, ma era diretta e schietta e la cosa non mi dispiacque. Odiavo essere la "ragazza nuova". Man mano dalle scale scesero una valanga di persone. In prima fila c'era una ragazza dalla pelle scura ma non come quella della piccola Robby, i lunghi capelli neri erano legati in un'una acconciatura un po' retrò, e cercai di capire come fosse riuscita ad entrare in quella gonna corta attillata, senza apparire volgare. Ma la cosa che mi colpì fu il grosso sorriso accogliente che mi regalò. Dietro di lei scesero due ragazzi che parlottavano tra loro, il primo era leggermente più basso rispetto all'omone dietro di lui, ma leggermente più grosso. Era girato a novanta gradi mantenere un contatto visivo con il ragazzo con cui stava parlando, intravidi delle grosse ali che coprivano la sua testa. L'altro ragazzo mi sorprese, primo perché aveva una cresta verde elettrico e secondo perché incuteva abbastanza timore. Non ero brava con le presentazioni, e non sapevo se dovessi presentarmi io o loro, ma il folletto che prima era stata sfacciata sul colore dei miei occhi mi salvò

" ragazzi lei è Skittle. Loro sono Jessica, Seth e Tyrone" me li indicò uno per uno. Seth mi sorrise per poi venirmi a stringere la mano, ora capivo del perché della domanda della bionda, il ragazzo di fronte a me aveva lo stesso identico colore dei miei occhi. Mi avevano sempre detto che era raro nascere con questo colore, eppure ne avevo un altro paio sotto mano.

" sono contento che tu abbia accettato, mio padre ne sarebbe felice " quando sentimmo il campanello del negozio ci voltammo tutti verso la porta. Un ragazzo alto, credo superasse il metro e novanta, dal corpo statuario, fece il suo ingresso nello studio, per poi guardarci sorpreso.

Bè effettivamente lo stavamo fissando tutti, come lui mi stava guardando dalla testa ai piedi -come aveva fatto pochi attimi prima la bionda, ma con un pizzico di malizia- le ragioni che mi portano a guardarlo, erano decisamente diverse da quelle dei due omoni alle mie spalle.

Io avevo una debolezza, i ragazzi alti, con gli occhi chiari e il fisico statuario, con il quale avrebbero potuto distruggere una macchina con le proprie mani e capelli lunghi fino alle spalle indomabili e biondi. Il mio stereotipo erano i Vichinghi e credo di aver sognato troppe volte Ragnar e Bjorn negli anni. Quindi avere davanti a me il mio dio del sesso, non era un bene, specilamente se avremmo dovuto lavorare assieme, fai che sia un cliente.

" che coincidenza. Skittle lui è Niko, l'altro ragazzo che lavora qui. E sarà il ragazzo con cui condividerai l'appartamento di mio padre " Sono nella merda, in più condividere un appartamento con uno sconosciuto, avevo capito bene? Questa non ci voleva decisamente. Io non amo condividere, e non sopporto la gente che occupa i miei spazi, ero quella che andava spesso in giro nuda per casa, anche se sono convinta che non gli sarebbe dispiaciuto, molto spesso, facevo i miei esercizi in giro per casa e avevo abitudini strane. E poi non sarei mai riuscita a tenere a bada i miei ormoni con tutto questo ben di Dio davanti agli occhi, no assolutamente no, impossibile.

" spero non sia nessun problema? " problemi? Io non vedevo problemi, di nessun tipo, a parte che volevo strangolare il ragazzo che avevo di fronte e che avevo appena conosciuto, anche se comunque ci avrei fatto un pensierino prima di porre fine alla sua vita

" assolutamente no" ero una brava attrice, anche se chi mi conosceva sapeva che quando mentivo mi grattavo il polso destro, era una specie di tic involontario. Ma questo ragazzo mi stava dando la possibilità di lavorare in un grande studio e di riuscire a farmi un nome, quindi mi sarei fatta andare bene tutto e non avrei fatto la viziata, come era nella mia indole da ragazza ricca.

Jessica mi informò sulla gestione del negozio, che capì fosse gestito non solo da Seth ma che il suo amico di colore gli desse una mano, entrambi lavoravano al Twins che era il primo vero studio dei Donovan, insieme al folletto dai capelli biondi, mi informò anche che per qualsiasi problema o chiarimento potevo contare su di lei, che era la responsabile di questo negozio, e per adesso io e Niko eravamo gli unici tatuatori siccome aveva mandato via un ragazzo che non era all'altezza, e lui non voleva far perdere qualità al negozio, cosa che non mi fece restare tranquilla, anzi riempì il mio corpo di brividi fino alla punta dei piedi, non dovevo agitarmi, ce l'avrei fatta. Mi disse anche di fornirle un disegno della copia del tatuaggio che mi identificava, così l'avrebbe fatto stampare su una maglietta che avrebbe dovuto rappresentarmi, così da poterla vendere nel negozio al piano di sopra, ora capì dove portava quella scala. Capì che era una cosa che avevano tutti, infatti mi spiegò che Seth aveva le due ali tatuate ai lati della sua testa, Tyron il teschio sul collo che avevo già notato prima, e lei una ballerina di flamenco, Lucy aveva una farfalla dai mille colori e Niko un elfo ubriaco seduto su un unicorno, avrei voluto assolutamente vederlo, chi si tatua una cosa così stupida, sarà stato sicuramente ubriaco. Tutto sommato era una cosa carina, anche se non amavo l'idea che qualcuno potesse andare in giro sfoggiando qualcosa di mio. Ero abbastanza attaccata ai miei tatuaggi e volevo che restassero solo miei. Ma come avevo già detto, questo ragazzo mi stava dando una grossa possibilità.

" è tutto ok?" mi chiese Seth leggermente agitato, quando mi ero imbambolata davanti al foglio degli orari di lavoro. Bè ero rimasta un po' sorpresa, avevo il Lunedì libero e lavoravo fino a sabato mattina.

" si, è che ero abituata a lavorare tutti i gironi, e strano avere del tempo libero " gli dissi mettendo il foglio degli orari di lavoro nel mio zaino.

" Lunedì siamo chiusi, a parte qualche caso eccezionale, ma solo se si tratta di qualcuno di intimo. Mentre la domenica di solito ce la prendiamo per stare insieme e lavoriamo solo se non abbiamo finito un lavoro della massima importanza. E te lo ripeto, se sei qui e perché dove stavi ti sfruttavano soltanto " sorrisi alle sue parole

" quando comincio?" chiesi leggermente agitata. Non riuscivo a capire se fossi agitata per paura di far la fine dell'altro ragazzo quando avrebbero capito che non valevo niente, o se non vedessi l'ora di iniziare.

" domani, alle nove " mi porse un foglietto e un mazzo di chiavi.

" L'indirizzo con le chiavi dell'appartamento. Fai come se fossi a casa tua a Niko non dispiacerà " il ragazzo che era seduto alla sua postazione intento a tatuare non so cosa sulla spalla di una ragazza. Fermò per brevi attimi il suo lavoro e si girò verso di me

" puoi fare tutto quello che vuoi. Ma se tocchi le mie cose non rispondo di me " se credeva di intimorirmi aveva decisamente sbagliato persona. Ero stata un maschiaccio fin da piccola e sapevo cosa volesse dire difendersi.

" non ti preoccupare, non amo le cose sudice. Però anche tu stai lontano dalle mie di cose, non vorrei rovinare un bel faccino con un tacco quindici " Lucy fischiò divertita, mentre Tyrone gli disse ' ben ti sta'; non ero mai stata brava a tenere la bocca chiusa, il biondino fece un ghigno, ma non riuscì a capire se fosse divertito o sorpreso, ma poco importava, anche perché tornò al suo lavoro.

" lascialo perdere lui è così. Tutto fumo e niente arrosto " risi leggermente alle parole di Lucy, che apparve dalla porta sul retro con in braccio la bambina, beccandosi un'occhiataccia da Niko, lei gli rispose con una semplice linguaccia. Diciamo che a parte la nostra breve prima conoscenza, stavo rivalutando Lucy.

Salutai tutti cercando di sembrare il meno impacciata possibile e poi me ne andai dal negozio, il taxi che avevo copiosamente pagato, per far sì che aspettasse fuori mentre parlavo delle mie questioni di lavoro, era ancora lì. E la cosa mi fece pensare che avrei dovuto comprarmi una macchina. Mio padre mi aveva insegnato a guidare quando avevo diciott'anni, e siccome la nostra famiglia si occupava anche del campo automobilistico, specialmente ora che Hamet è diventato anche lui un uomo d'affari, avevo sempre guidato belle auto. Sarei andata dal primo venditore di auto sportive e me ne sarei comprata una, avevo un bel po' di soldi sul mio conto in banca, molti per via del lavoro e molti erano ancora i soldi dei miei che mi caricavano sul conto, papà è a conoscenza dei miei vizi e siccome sa di poterselo permettere mi carica soldi ogni mese anche se non mi servono, ma lui dice che tutti quei soldi nemmeno a lui servono, quindi perchè non viziare i suoi figli!? ogni volta con lui è una causa persa. A volte mi sembrava ingiusto usarli, ma poi pensavo che dopo tutto sono i miei genitori e i soldi che spendo per loro non sono nulla in confronto a quello che guadagnano, non li sperpero, li uso per cose necessarie se avere più scarpe della regina non è sperperare, quindi non ci vedevo niente di male. Tutti gli abiti che indosso me li sono comprati con i miei soldi, su questo non transigo. Ve l'ho detto fare la spogliarellista per sette anni dà i suoi frutti.

Mostrai l'indirizzo al tassista, il quale si fermò anche a darmi una mano con le valige quando arrivammo all'appartamento. Come se condividere l'appartamento con un estraneo non fosse abbastanza, dovetti provare tutte le chiavi del mazzo per riuscire ad aprire la porta del condominio. Però fui molto sollevata nel notare che era fornito di ascensore funzionante, perché portare su e giù le mie dieci valigie di Louis Vuitton oversize, di cui solo due di scarpe dato che le altre sarebbero arrivate più avanti, era decisamente complicato. Dopo tutto ero una donna, non potevo avere pochi vestiti. Quando salì sull'ascensore, capì l'utilizzo dell'altra chiave, serviva per farlo salire. Il mio appartamento era all'ultimo piano e andai decisa con le chiavi. La porta era scorrevole, non avevo mai visto una cosa così figa e mi piaceva. L'appartamento era molto meglio di come me lo aspettavo e dedussi che il ragazzo appena conosciuto fosse un tipo ordinato. Le pareti mostravano il mattone originale della struttura. Alla mia sinistra c'era la cucina molto ben arredata e con ogni genere di elettrodomestico. Un tavolo di legno a quattro posti, ma si vedeva benissimo che si poteva aprire per ospitare almeno una dozzina di amici, la zona pranzo dava direttamente sulla sala, con un bellissimo divano bordeaux che dedussi fosse nuovo. Una grossa televisione al plasma, con tanto di casse da paura e impianto stereo mica male. Di certo il ragazzino non se la passava economicamente male. Una scala chiocciola dava su un balconcino in acciaio nero, mi sarei presa del tempo per osservarlo meglio. La cosa che mi piaceva decisamente più di tutte erano i soffitti alti, e la finestra ampia sul salone che dava accesso a una vista mare e un terrazzo intimo mi fecero persino ricredere sulla possibilità di avere un coinquilino. Di fronte a me c'era un breve ma largo corridoio con una porta sulla destra e una di fronte, facendo due calcoli una doveva essere il bagno e l'altra la camera. Una camera, ma noi siamo in due quindi dove sta la mia stanza.

Quando aprì la porta sulla destra, mi rimangiai tutto, non era per niente ordinato dato che il letto era ancora sfatto e i suoi vestiti erano buttai a destra e a manca. Non avrei mai dormito con lui, piuttosto il divano.

Dopo tutto avrei dovuto sentirmi a casa, per i prossimi mesi... o anni... o forse poche settimane, ma non mi importava, volevo sentirmi a mio agio e mi misi comoda. Portai tutte le mie valige nel soppalco, dove pochi minuti prima avevo constatato che c'era un letto e un grosso armadio - dedussi fosse camera mia- ma non credo che i miei vestiti ci sarebbero stati tutti. Il tutto non prima di aver fatto una cosa – che avrebbe sicuramente fatto innervosire il mio coinquilino, ma non mi importava - attaccai il mio mp3 alle grosse casse e in men che non si dica la casa fu invasa dalla mia playlist. Mi piace ogni genere musicale, non avevo preferenze, l'unica condizione era avere un significato, un bel ritmo e che non fossero stupide. Anche se molte volte mi piace ballare sulle note di qualche canzone non proprio decente, ma che mi divertissero parecchio.

La prima cosa che feci, sotto le note di Beliver degli Imagine Dragons fu sistemare i miei vestiti nell'armadio, non ero una maniaca dell'ordine, anzi si può dire tutto il contrario della sottoscritta. Mia madre quando ero piccola perdeva sempre la voce nel continuare a sgridarmi per mettere in ordine la mia camera, amavo leggere, disegnare, i vestiti, le scarpe, mi piaceva andare a scuola e si poteva benissimo notare nella mia camera tutte le mie passioni sparse un po' ovunque ma principalmente sul pavimento e sulle pareti, senza un senso logico o ordine, il più delle volte, la mia camera era un porcile, ma sono sempre stata una ragazza che correva cercando di stare dietro al tempo che scorre, che aveva per la mente sempre qualcosa di nuovo da fare, quindi appoggiavo le cose qua e là, anche perché le avrei utilizzate da lì a pochi giorni dopo, a volte rimanevano lì anche per mesi. Mia madre non ha mai permesso alla cameriera di riordinare la mia stanza, cosa che faceva a quelle dei miei fratelli, perché riteneva che dovessi essere più ordinata, e solo quando ogni cosa fosse stata al suo posto allo Gemma la cameriera, poteva pulire.

Ma io ero così, mi trovavo bene nel disordine, l'unica cosa che non sopportavo era avere i vestiti sgualciti, li dividevo per colore, lunghezza, tipo di tessuto e stagione da indossare. Nei miei armadi non c'era mai una virgola fuori posto. Ero sia disordinata che ordinata, i quaderni di quando andavo a scuola erano assoluta precisione, bella calligrafia, il colore giusto per ogni cosa, niente orecchie ai bordi delle pagine e niente bianchetto, piuttosto strappavo la pagina e scrivevo tutto di nuovo.

Osservai l'ora sull'enorme orologio in stile vittoriano, era posizionato sopra la porta e segnava le sette, avevo impiegato circa la bellezza di tre ore solo per sistemare il mio armadio, ma adesso era perfetto come piaceva a me. I vestiti sistemati nel modo giusto sulle grucce e le scarpe in ordine di colore e altezza tacco.

Mi ero cambiata, indossavo una casacca dei Lakers, di un mio ex, che non si era preso la briga di venire a riprendersela, ma dato che comunque la usavo più io che lui, ne fui contenta. Anche perché non sapevo se gliel'avrei ridata indietro così facilmente. Mi arrivava a metà coscia – essendo uno e ottanta vi faccio immaginare com'era il mio ex - mi piaceva un sacco, era comoda e mi permetteva di muovermi come volevo.

Non feci in tempo a prendere il mio cellulare che cooler than me di Mike Posner riempì l'appartamento, risi al pensiero che quel biondino, dall'altro capo del mondo, dove da lui doveva essere la una di un martedì pesante, siccome lavorava mattina e pomeriggio, mi stesse chiamando, piuttosto che essere a casa a rotolarsi tra le lenzuola con il suo ragazzo.

" seriamente, non è ora che vai a dormire " in sottofondo sentiva la musica elettronica a tutto volume, dedussi fosse al KoKo, nostra meta ormai da anni.

" no, siccome quel coglione di Tomáš mi ha tradito, e non ho la mia amica qui a consolarmi e a trovarmi qualcuno con cui possa vendicarmi " rimasi a bocca aperta alle parole di Pavel, non ci potevo credere. Quei due stavano insieme da cinque anni. E io mi sentivo malissimo a non essere lì con lui, perché Pavel era sfacciato, ti diceva in faccia tutto, ma non parlava mai di sé così sfacciatamente, quindi doveva essere sicuramente ubriaco fradicio. Non ero brava in certe cose, di solito ascoltavo, e solo dopo davo un opinione

" dovrei essere li con te, ma non per farti distrarre, che è successo?"

" Sì dovresti essere qui, ma hai un fottuto fichissimo nuovo lavoro a Miami. E io sinceramente non sono poi così giù. Anche perché c'è un tipo molto sexy che mi sta guardando " non era capace di mentire, e capivo dall'inclinazione della sua voce, che se non fosse il ragazzo forte che conosco si sarebbe già messo a piangere. Scesi le scale del soppalco e mi sedetti sull'ultimo scalino.

" occhi blu?" Pavel impazziva per gli occhi blu, ma Tomáš li aveva neri come la pece, ma soprattutto decisi di portare avanti la sua farsa, ne avrebbe parlato solo quando ne avrebbe voluto voglia.

" decisamente blu " forse non ero una brava amica, ma gli dissi quello che si voleva sentir dire

" allora alza quel culo affascinante e vai e portatelo a casa. E se Tomáš è un coglione noi cosa ci possiamo fare, ha avuto la sua possibilità di toccare il paradiso, ha preferito un bidone dell'immondizia... problema suo. Pavel tu sei una diva, e come tale devi puntare al massimo " anche se la mia voce prese quell'accento persuasivo e d'incoraggiamento... sapevo che aveva capito cosa volessi dirgli. Era un ragazzo con un cuore d'oro che si preoccupava sempre prima degli altri e poi di se stesso – tutto il contrario di me – quindi ritenevo che dovesse avere il meglio.

" Mi manca vederti fare scintille, non sono nemmeno passate ventiquattro ore e mi manca già la nostra routine, e venire al locale da soli è brutto " era una bella pugnalata nel cuore. Mi chiesi dove fossero finiti gli altri tre e perchè non fossero lì a sostenere il nostro migliore amico.

" ma, è giusto che tu sia a Miami perché è giusto così, anche tu meriti di essere felice, quindi non pensare a questa stupida Heda e tienimi aggiornato in tutto " il modo in cui il suo tono di voce ebbe un cambio così repentino, mi fece capire che voleva il meglio per me come io lo volevo per lui e la cosa mi fece sorridere.

" allora sarai felice di sapere che condivido l'appartamento con un ragazzo "

" è sexy e carino? " sapevo che gli interessava solo questo

" In realtà è un Vichingo, è alto e con le spalle larghe, capelli lunghi fino alle spalle riccio selvaggio e biondi, sembra un re della savana " scoppiò a ridere per le mie ultime parole

" Tu adori le spalle larghe " si e gli addominali, e i capelli folti, gli occhi chiari e che non vogliano mettermi un anello al dito dopo pochi mesi.

" oh, si che le adoro " quando ero una ragazzina non venivo molto considerata dai ragazzi, la maggior parte delle volte ero più alta di loro, non avevo un fisico che dicesse " scopami " una cosa che contava a quel tempo, ma soprattutto non apprezzavano la mia personalità. Ero una persona solare, che si faceva notare, avendo una personalità spumeggiante, ma avevo un atteggiamento da maschiaccio a volte. Molti ragazzi che sono diventati miei amici, mi dissero che molte volte questa mia personalità li intimidiva, io rispondevo che non erano abbastanza uomini, non avevano palle a sufficienza per trattare con una come me. La mia migliore amica invece mi diceva la cosa più giusta, i ragazzi ti guardano, ma non vengono mai verso di te perché notano che il tuo comportamento così sfavillante era dovuto a una cosa sola, l'insicurezza verso te stessa. Mi diceva che se non imparavo prima ad amare me stessa, nessuno mi avrebbe amata. E ci avevo lavorato parecchio, a volte credevo di amarmi, ma poi avevo dei momenti in cui odiavo tutto di me. Ora era ormai da un paio di anni che avevo capito che amarmi era la cosa più giusta, non tanto per trovare una persona che mi amasse, ma per stare bene con me stessa. Perché alla fine sono io che ci sarò e resterò per sempre con me stessa.

" Dai ragazza, ti lascio andare. Anche perché occhi blu si sta avvicinando " lo salutai e gli dissi di nuovo che era Tomáš a perderci. Chiusi la telefonata, nel momento esatto in cui le casse riprodussero la mia canzone preferita, che era triste e vera e ogni volta mi faceva pensare a quando ero una ragazzina e l'unica cosa che volevo era qualcuno che combattesse per me.

Strofinai le mani sulla faccia e poi mi alzai, era meglio non rientrare in certi pensieri negativi e guardare solo al futuro e al presente, ero ancora giovane e avevo tutta la vita davanti. Non feci nemmeno in tempo a staccare la telefonata con Pavel che mi trovai un messaggio da Hamet, non sentivo i miei fratelli da due settimane e mi ero ripromessa che li avrei chiamati tra un paio di gironi informandoli sul da farsi, così poi l'avrebbero detto a papà che nel migliore delle ipotesi mi avrebbe chiamato, sarebbe capace anche di presentarsi qui.

Ora mi spieghi perchè sei a Miami ?

Ci credete se vi dico che è peggio di un Spia, a lui non sfugge mai niente e in questo preciso momento mi sono ricordata della geolocalizzazione. Da quando Katia all'età di sedici anni era scappata, Hamet aveva impostato nei nostri telefoni un localizzatore che ci permettesse di essere rintracciati con un semplice tocco

Mi pento ancora di averti fatto installare quel coso

Tanto lo so che mi vuoi bene sorellina, ma non cambiare discorso e spara

Glielo avrei comunque detto tra un paio di giorni, quindi tanto vale

Ok , ma non dirlo a Laurent sai quanto odia non sapere le cose per primo

Agli ordini signorina!!!

Mi hanno offerto un nuovo lavoro, e quindi mi sono trasferita a Miami, non dirlo tu a papà, avevo già in mente di chiamarlo domani o dopo. Ti prego Hamet sta zitto e non dirlo a nessuno, so che hai la bocca larga.

Per te farò un eccezione, però finalmente, al Colossal eri sprecata.

Continuate a dirmelo tutti, che palle.

E' perché è la verità, stammi bene sister, ci sentiamo quando lo dirai a tutti e credi in te stessa per una volta, non farti cacciare così io e Laurent verremo a trovarti ;) ;) E per la cronaca, mamma ti chiamerà in questi giorni, gli manchi sorprendentemente . Ti voglio bene.

Quando si dice tempismo perfetto. Vedrò di chiamarla prima io allora, così sarà contenta e non mi rinfaccerà che mi chiama sempre lei. Però prima chiamerò papà, ti voglio bene anch'io. Ed è possibile che tu alla bellezza di ventotto anni ancora pensi alle ragazzine, metti su famiglia che cominci ad essere vecchio.

Già mai, ne basta uno maritato, io e te siamo i ribelli, e tra l'altro mi manca la mia compagna di stronzate. E poi non sono vecchio, sono nel pieno della forma e dei miei anni, sono favoloso.

Anche modesto.

Ma come sei carina sorellina, comunque mi sono ricordata che è meglio che lo chiami subito Laurent siccome Annika è andata a Stoccolma dai suoi genitori, quindi direi che magari ha voglia di vederti e già che c'è devia verso Praga.

Merda, mio fratello Laurent aveva trent'anni e da quando ne ha venticinque è fidanzato con Annika, si sono incontrati durante uno scambio scolastico, lei fece un exchange student alla Sorbonne e da cosa nasce cosa. Sono stati per tre anni lontani, la Francia e Stoccolma sono lontane, ma ora vivono on the road, sono sempre in giro a causa del lavoro di mio fratello - ma era il suo obiettivo, sin da giovane diceva che voleva viaggiare per il suo lavoro, e c'è riuscito - lei lo seguiva ed ogni giorno era sempre più innamorata, io aspettavo solo i nipotini.

Ok piattola ora gli scrivo, ci sentiamo Bro.

Quando chiusi con il fratello di mezzo, mi misi subito a trafficare e mandai un messaggio a Laurent e a Katia, mia sorella, così avevo avvisato tutti. Papà l'avrei chiamato, si sarebbe offeso a morte se l'avessi informato per messaggio

Era ora che andassi via da quella catapecchia, sono contento, ci sentiamo in settimana, scusami ma sono alle prese con cose importanti.

le cose importanti erano rendere felici sua moglie, immaginate e non fatemelo dire, è imbarazzante pensare certe cose dei propri fratelli

Che figata assoluta, però che palle ormai sono l'unica a dover stare ancora in casa, mamma e papà sono vecchi... posso venire da te :(:( :(.

Kalashnikov, tu dai vita a mamma e papà, sei un vulcano in eruzione, comunque puoi venire quando vuoi, sai che per te la porta sarà sempre aperta, ti voglio bene cuoricino.

E pensare che appena era arrivata non la sopportavo, mi stava sempre addosso - io che amavo stare da sola - mi copiava in tutto, voleva stare con me e le mia amiche, voleva le mie cose... non la sopportavo, poi con il tempo avevo capito che erano tutti capricci. Quel nomignolo le era adatto, era proprio fuori dal normale.

Verso le nove mi accoccolai sul divano e accesi la televisione, il mio coinquilino non era ancora arrivato ma la cosa non mi preoccupava molto. Mi coprì con una coperta e incominciai a fare zapping, era strano che fossi a casa di sera, quando non lavoravo ero sempre in giro con Pavel e con i ragazzi, e ormai non sapevo più cosa voleva dire stare in poltrona, a Praga non avevo nemmeno una televisione, non la usavo, avevo ritenuto fosse uno spreco di soldi. Ma lasciai su un canale che trasmetteva un vecchio film, che non erano decisamente il mio genere.

Quando capì che il JedLeg non avrebbe retto ancora per moto, spensi la tele, chiusi la porta e spensierata salì in camera mia, con l'ansia che domani avrei dovuto dimostrare agli eredi di Duncan Donovan che valevo qualcosa. 

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