8. Why not?
Avanzo sicura di me verso il bar Domenica D'Agosto. Apro la porta e mentre il vento mi scompiglia i capelli, lancio un'occhiata di sfida a Roxy che sta pulendo il bancone con uno straccio.
Appena mi vede, spalanca gli occhi. «Ma che cazzo?», leggo il suo labiale.
«Ehi, Roxy!», la saluto poggiando una mano sul bancone.
Lei mi squadra da capo a piedi, sconvolta. «Che cazzo ti è successo?».
Scrollo le spalle. Cosa mi è successo? Niente. «Niente».
Passo una mano sulla mia gonna rossa a pois neri, sistemo bene il corpetto di paillettes, batto un tacco sul pavimento e schiocco le labbra. Tiro fuori dalla pochette una matita nera, e osservandomi sullo schermo del cellulare mi ritocco il neo finto sulla guancia, che fa molto spagnola.
Metto un altro po' di rossetto - giusto perché non mi accontento dei cinque strati che ho già - e tiro fuori il pezzo forte del mio travestimento.
Le nacchere. Le faccio schioccare. «Olè!», grido attirando l'attenzione delle poche persone presenti quella mattina.
Una di queste è Louis, che ride sotto i baffi.
Mi avvio verso di lui. Lo sanno tutti che le spagnole non sono timide, ma tendono sempre ad essere espansive, no? Oppure è il contrario? No, quelle erano le eschimesi. Che si chiudevano in loro stesse, cioè negli igloo.
Scuoto la testa e mi fermo davanti a lui. «Hola, chico muy bonito!», saluto.
Louis sputacchia il cappuccino in avanti.
Pulisco la mia gonna. «Oioia, tus seis moltos birbantes. Quiero che sì?», improvviso. Lo sapevo che dovevo farmi insegnare qualcos'altro da Liam. Ma sapeva solo frasi come: "leccami tutto", "sono un coniglietto furbetto", "la mia anima è spagnola e arde solo per te".
«Cosa?», mi chiede confuso.
«Yo e tu, vamos da quelca partes, bello muchacho?».
Dalla sua faccia, presumo che la risposta - in ogni caso - sia "no".
«Jah, pello ariano, io eczere tetesca. Io venire da tedeschia, tu piacere tedeschia, ja?».
Louis socchiude gli occhi. «Scusami?».
La sua espressione non sembra gridare "ja, seczo tedesco, me piacere, ja". Sospiro. «Io, noi teteschi piacere seczo violento, ja?».
«Roxy!», grida.
Con mio grande orrore, Roxy esce dalla cucina con un coltello in mano, gridando. «Che succede qui?!».
Indietreggio, fino a ritrovarmi a correre verso l'uscita del bar.
Cazzo.
Irrompo nella stanza di Harry, ancora avvolta dalle tenebre. Lo raggiungo nel letto, vedendolo muoversi. Probabilmente l'ho svegliato.
Peccato.
Gli punto la luce della torcia contro, facendogli spalancare gli occhi e subito richiuderli, con un grugnito. «Cazzo!».
«No, Styzza, io ho un'altra cosa lì in basso», commento divertita. «Forza, apri quegli occhietti verdi, camon».
Lui si rigira nel letto, sotterrando la testa sotto il cuscino. «Levati dai coglioni, Mary», protesta.
Insomma, ma siamo amici o no? Ecco. Un amico c'è sempre nel momento del bisogno. E questo posso definirlo "momento del bisogno", quindi Harry mi serve. «Mi serve il tuo aiuto, Styzza!».
Lui rimane immobile, per poi voltarsi di scatto e mettersi in piedi, afferrandomi il volto tra le mani. Quando penso che stai per baciarmi, dice: «Mi spieghi perché ti serve sempre il mio aiuto? Non puoi rompere i maroni a qualcun altro?».
Scuoto la testa. «No», dico semplicemente. «Ma se mi aiuti, puoi baciarmi», propongo.
«Ti aiuto, ma non lo voglio un tuo bacio», commenta alzandosi dal letto. Cammina per la stanza, fermandosi davanti alla finestra e sollevando la serranda, lasciando entrare la luce in questa caverna.
«E perché? Bacio bene, che credi?».
Ride. «Ci credo, ma ti preferisco come amica. Mi ricordo ancora cosa hai fatto passare a Josh. Quel povero ragazzo».
Spalanco la bocca. Io non ho fatto niente! Era lui che mi chiamava ogni giorno, mi inviava i messaggi della "buonanotte", del "buongiorno", della "buona colazione", del "buon pranzo", della "buona merenda" e della "buona cena". Mancava solo quello della "buona cagata".
«Era opprimente!», ribatto.
«Era il tuo ragazzo. Cosa pretendevi, che non ti cercasse mai?», mi chiede aprendo la porta, diretto verso il bagno.
Be', sì. Io dovevo cercarlo, e se non lo facevo, doveva capire che non volevo sentirlo nemmeno se stesse agonizzando per terra con Dr. House che tenta di risolvere il suo caso. «Con questo che vorresti dire?».
«Che se fossi in Zayn, nel caso tu vincessi la scommessa, e scopassi con te, starei bene attento a non innamorarmi».
«E' impossibile innamorarsi facendo sesso», ribatto.
«Questo lo dici tu, baby».
«Chiamami di nuovo "baby", e ti mostro come finire in carcere a diciannove anni».
Apro la porta del bar Domenica D'Agosto e mi guardo furtivamente intorno. Louis non c'è. Perciò entro e mi avvio verso il bancone, dove Gigi sta suonando la chitarra.
«Ciao, Giggì», saluto emozionata. Sento che il piano di oggi funzionerà.
Lui mi sorride debolmente. «Ciao».
Ma è ancora offeso per la storia della "Bella e la Bestia"? Sospiro. E' il momento di ammettere i propri errori. Sono una ragazza che lo fa, che si scusa e che impara dagli sbagli fatti. «Senti, Giggì, per la storia dell'altro giorno, sui capelli e la tua cessità, io non volevo dirtela... in quel modo. Volevo essere più delicata. Scusa se sono stata troppo dura».
Gigi mi fissa. «Ti stai scusando per come mi hai offeso?».
Annuisco.
«E non per avermi offeso?».
Annuisco ancora. Ma ci sente?
Scuote la testa. «Quindi le pensi davvero quelle cose?».
«Be', che sei cesso sì. Ma non credo ti abbiano fatto un incantesimo. Anche se, se fossi in Roxy, proverei a baciarti. Magari ne esce un figo palestrato e senza problemi cutanei», sorrido incoraggiante.
Gigi mi guarda, con gli occhi spalancati da cucciolo di foca indifeso, poi con gesto fulmineo mi mostra il dito medio, e nasconde subito la mano. «Ecco, l'ho fatto. Ti ho mostrato il medio, contenta?», grida.
Non ho il tempo di rispondere, che scappa via, dentro la cucina, e al suo posto sbuca Roxy, incazzata, con un coltello in mano.
Oh, no.
Mi volto, coprendomi la fronte con la mano e osservo Harry, nascosto dietro un cespuglio, parecchio incazzato anche lui.
«Mary», mi chiama il puma.
Mi giro, sorridendo. Le mostro il pollice in su. «Ehi, Roxy!», saluto allegramente. «Bella giornata per raccogliere fragoline di bosco con l'orso abbraccia tutti, vero?».
«Bella giornata per affettare le tette di qualcuno, direi».
Scuoto la testa. «No, non fare così, Roxyna».
«Non chiamarmi Roxyna», sibila.
«Buongiorno Roxyna!», fortunatamente arriva Louis, che si siede due sgabelli lontano da me e le sorride radiosamente.
E' proprio carino quando sorride. Ha un sorriso davvero... luminoso. Non che mi piaccia, per carità. Lo dico solo perché illumina tutto quando sorride. Forse usa il nuovo Mentadent. Lo dico solo perché da grande farò la dentista e devo informarmi, ovviamente.
Louis si volta e mi sorride, preoccupato. Così mi accorgo che lo sto fissando come un cane fissa un osso, come Niall fissa Nando's e come Rocco Siffredi osserva la telecamera, nella pubblicità delle patatine, con lo sguardo perverso che grida doppi sensi silenziosamente.
Prendo il cellulare dalla mia borsa, accorgendomi che Harry è ancora dietro il cespuglio.
«Che minchia stai facendo lì dietro, la pipì? Louis è qui, muoviti!», digito velocemente.
Mi arriva quasi subito la risposta. «Mi scappava, arrivo x».
Quando vedo la porta del bar aprirsi, e il familiare procione in coma sulla testa del mio amico, torno a Gigi, che sta preparando un caffè con la macchinetta. «Un caffè al ginseng, per me, Giggì», dico.
«Offro io alla signorina», esordisce, come previsto dal copione che ho scritto alle due di notte, Harry.
Questo si siede alla mia destra, quando io ho scritto chiaramente alla sinistra, e cioè tra me e Louis, in modo tale che lui senta tutto.
«Siediti a sinistra, idiota», sibilo.
«Perché?!».
«Senti, io ho fatto il copione, e tu lo rispetti. Muoviti!», sibilo.
Lui si sposta, obbedendo. «Comunque, offro io alla signorina», dice di nuovo.
Finirà male, lo so. «Oh. Non c'è bisogno, davvero», commento imbarazzata. Per finta, ovviamente.
Styzza scuote la testa. «Le belle ragazze come te non possono pagarsi da sole il caffè al ginseng, non credi?».
Abbasso lo sguardo e noto che Louis ci sta osservando, con discrezione. «Io? Be', grazie».
Si sporge verso di me. «Dimmi un po', ma tuo padre spaccia droga?».
«Eh?». Questa frase non c'era nel copione che ho accuratamente scritto dalle due di notte alle quattro.
«Chu...», si blocca. «No, perché il tuo sorriso mi manda in estasi», mi fa l'occhiolino. E devo ammettere che è carina. Anche più dell'astronauta e del terrorista.
Annuisco e vedo Louis ridacchiare, sconsolato. «Bene».
«Seriamente, penso che noi due dovremmo uscire insieme. Sento che c'è feeling. Tu non lo senti questo feeling?».
Cosa cazzo sta dicendo? Io non ho mai scritto queste cose! Mi avvicino, con la faccia assatanata. «Cosa stai dicendo, Harry?! Non ho mai scritto queste coglionate! Finiscila!».
Lui sbuffa. «Andiamo! "Il tuo sorriso è come la rugiada che si poggia sull'erba la mattina presto che conferisce al paesaggio un'aria fresca e paesaggistica"? Che stronzata è? Io non la dico».
Ah, non la dice? Sempre meglio delle sue battutine da quattro soldi. Accidenti, ma perché a me? Mi massaggio le tempie, sotto lo sguardo esterrefatto di Roxy. «Dì quello che ho scritto, subito!».
«No, erano dieci pagine di adulazioni nei tuoi confronti! Lascia fare a me», mi rassicura. «Ora, lo vedi quel contenitore di fazzoletti alla destra di Louis? Avvicinati e prendine uno».
Mi alzo e vado dalla parte di Louis, afferrando il contenitore metallico e tirando un foglietto bianco, che sembra tutto tranne che un fazzoletto. Davvero, sono tutto tranne che morbidi. Fanno schif...
Una mano si posa sul mio sedere, facendomi spalancare la bocca.
Ma che cazzo?!
Harry ha una mano sulla mia chiappa, e sorride beffardo. «Mi hai toccato il culo?».
«Ti sto toccando il culo, è diverso».
E capisco il suo giochetto. «Come ti permetti? Levami le mani di dosso, pervertito!», grido.
Styzza si avvicina ancora di più, mordendosi il labbro. Se le rimorchia così le ragazze, devo dire che queste hanno ragione a svenire ai suoi piedi come trichechi colpiti da tricheco-cupido. «Ma dai, che ti importa? Andiamo in bagno...».
«Ehi, levale le mani di dosso. Subito».
Ci voltiamo tutti e due. Louis è in piedi, con le mani strette a pugno e osserva Harry con aria minacciosa. «Perché? Altrimenti che mi fai?», nemmeno questo era nel copione. Doveva levarsi dai coglioni e basta.
«Sposta la tua sudicia mano, ora».
Woho! E' arrapante questo Louis.
Harry fa come gli ha detto, e si allontana lentamente. «Come vuoi. Anche se l'avevo vista prima io».
Louis mi si avvicina, non perdendo di vista Harry, che è seduto ad un tavolino, soddisfatto del suo risultato. «Tutto bene?», mi chiede premuroso, poggiando le mani sulle mie braccia.
Sorrido dolcemente. Almeno so che tipo di persona è in queste situazioni. «Sì, grazie per quello che hai fatto. Sei stato molto gentile», mormoro.
Lui scrolla le spalle e ammicca. «Figurati, quando ci sono donzelle in pericolo, super Tommo accorre».
Sorrido ancora. «Be', viva super Tommo».
«Grazie», fa il saluto tipico della Regina, muovendo lentamente la mano, chiusa a "gru".
«Be', hai da fare stasera?».
Vedo Harry darsi uno schiaffo in fronte. Che vuole? Devo arrivare al punto, no? Questo si dimentica tutto ogni notte, cosa cazzo aspetto, a domani? Quando non sa nemmeno che esisto?
Louis ride. «Mi dispiace, ma sono fidanzato».
Spalanco la bocca. «Fidanzato?».
«Già», scrolla le spalle. «Con, ehm, Rachel...».
Inarco un sopracciglio. Sta mentendo. «Bilson? L'attrice?».
«No, Berry. Rachel Berry».
Ma si droga? «Quella di Glee?».
«Sì, esatto. Ha un nasone davvero eccitante. Se te lo facessi crescere anche tu, potrei fare un pensierino su di te».
«Sei malato». Mi volto leggermente verso Harry. «Styzza, andiamo, dai».
Lui mi raggiunge, accigliato. «Non dovevi chiedergli di uscire subito! Dovevate iniziare con una colazione, e vedi che la finivate nel bagno del bar».
Louis è confuso. «Vi conoscete?».
Ah, giusto. «Sì. Sono suo amico. Abbiamo messo in scena tutto sperando che tu le chiedessi di uscire, ma visto che è andato tutto a puttane, ce ne andiamo».
Afferro per il braccio Harry, e lo spingo velocemente verso la porta, pronta ad andarmene. Devo chiudermi in camera e pensare ad un piano più efficiente e furbo. Qualcosa di...
«Aspettate», ci richiama Louis. Noi ci voltiamo. «Perché l'avete fatto? Perché proprio con me?».
Mi mordo il labbro. «Una scommessa. Se riesco a "conquistarti", un ragazzo per cui ho una cotta, verrà a letto con me», ammetto. Tanto dimenticherà tutto domani.
«Se vuoi posso dirgli che mi hai "conquistato", così saremo tutti più contenti. Tu eviterai di provarci anche domani, e avrai quel che vuoi».
Io e Harry ci scambiano un'occhiata complice. «Lo faresti davvero?», mi accerto.
Louis annuisce, con un sorrisetto sghembo. «Perché no?».
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro