28. Epilogo - Red
Louis.
Mi guardo lentamente intorno.
La chiesa è piena di gente.
Riesco chiaramente a vedere Niall in lacrime, Harry che poggia una mano sulla sua spalla con aria seria, Liam che guarda con aria assente il crocefisso in cui è posta la statua di Gesù, i parenti dei ragazzi, i parenti di Mary, Gigi e Roxy, Poncho e Douglas senza il suo pesetto, la nonna cinese fan di Britney Spears, gli altri clienti presenti durante la rapina e altra gente accorsa al funerale una volta che la notizia è stata diffusa in tutti i telegiornali.
Faccio due respiri profondi e mi siedo al mio posto.
Non perdo troppo tempo a guardare le bancate; vado oltre fino a lei. Al centro dell'altare c'è una bara chiusa con sopra poggiati dei fiori bellissimi di cui non conosco nemmeno il nome. Dentro quella cassa in legno lucido c'è il suo corpo. Senza vita.
E ancora una volta non posso fare a meno di pensare a quanto tutto questo sia terribilmente ingiusto.
Perché l'hai fatto, Dio? Non ho mai creduto nella tua esistenza, ma perché se tutti dicono che sei buono e misericordioso, hai permesso a Mary di morire? Non potevi fare un miracolo? O vale solo per chi vuoi tu?
«Louis.»
La voce del parroco mi richiama e tutti i presenti si voltano verso di me. Prendo il foglietto che ho in tasca e mi alzo dalla bancata per avviarmi verso l'altare. Il parroco mi da una pacca affettuosa sulla spalla e mi cede il posto.
Distendo il foglio sul leggio e fisso le persone davanti a me.
«Ho scritto un discorso, l'altra notte, per il funerale. Non sono mai stato bravo a improvvisare, e le parole non sono il mio forte. Spero non vi dispiaccia...» dico iniziando poi a leggere. «Mary era la ragazza più vitale, allegra e strana che avessi mai conosciuto. In se racchiudeva tutti i colori possibili. Aveva tutte le sfumature di rosso, celeste, grigio, arancione... Era una persona colorata. Colorata perché sapeva provare tanti sentimenti. L'amore, il rosso. La rabbia, il nero. La sofferenza, il grigio. La felicità, l'azzurro. Ma a sua volta colorava la vita degli altri.» incrocio lo sguardo di Niall, rosso in volto e mi sale un groppo in gola. «Perché amarla era rosso, baciarla era rosso, arrabbiarmi con lei era rosso, scherzare con lei era rosso, ridere di lei era rosso. Ma perderla è stato grigio, un grigio molto più scuro del nero stesso. Vedere la vita lasciare il suo corpo è stato grigio. Sentire il suo urlo straziato è stato grigio. I suoi occhi che si chiudevano per sempre è stato grigio, un grigio che mai avevo conosciuto in vita mia e...» mi interrompo notando la porta della Chiesa aprirsi. Una figura compare da lontano, e la riconosco subito.
Zayn. Il volto sciupato, la barba incolta, i capelli spettinati, una tuta addosso e l'aria stanca. Chiude le porte principali e si poggia in un muro distante da tutto e tutti.
E qui capisco che non ce la faccio.
Accartoccio il foglio e lo butto a terra, chinando il capo in avanti. «Io non ce la faccio.» mormoro sul microfono. «Questo discorso è solo un modo per ignorare il dolore. Ma la verità è che sto male. Sto male come te, Niall, come te Harry, come te Liam e come lei, che è la madre di Mary. Sto male perché tutto ciò per cui vivevo mi è stato strappato via. E' come se ti togliessero il salvagente in mare aperto. Cosa accadrebbe se effettivamente non sapessi nuotare? Annegheresti. E lo so che Mary si sarebbe incazzata se l'avessi paragonata a un salvagente, ma come similitudine ci sta bene. Mi sento come se mi avessero tolto l'unica via di salvezza in mare aperto, in un'acqua profonda mille metri. Mi hanno tolto ciò che mi teneva a galla, lei.» faccio una pausa e asciugo una lacrima.
«Magari non esiste nemmeno il paradiso. Cosa ne sappiamo noi, di dove finiscono le persone morte? Mi piace immaginarla sdraiata, in riva al mare, che ci osserva, come se questa scena le potesse apparire in cielo, su una nuvola. Ma non lo so. Non lo sappiamo. E mai lo sapremmo dov'è lei...»
Il dolore mi investe improvvisamente, come una raffica di vento gelido invernale. Sento le gambe tremare, i piedi non riescono a reggere il mio peso. Mi sento come perso. Perso perché realizzo che senza di lei non so dove girare la testa.
Avete mai amato così tanto una persona da annullare voi stessi? E' quello che provo io. Non potrei esistere, senza di lei. E' la mia metà mancante.
Una, due, tre lacrime rigano il mio volto. Eppure mi ero ripromesso di non piangere più. Invece mi ritrovo a singhiozzare sull'altare di una Chiesa, mentre c'è chi mi osserva con compassione, chi si unisce al mio pianto o chi china il capo.
Tic.
Il silenzio tombale nella Chiesa mi permette di sentire qualcosa cadere sul leggio in legno, vuoto.
All'inizio non alzo il capo e continuo a piangere, senza farci caso, ma quando ne sento un altro, mi decido ad asciugarmi le lacrime con il palmo della mano, come usano fare i bambini piccoli.
I miei occhi si spalancano, stupiti.
Sul leggio in legno ci sono due pistacchi.
Li prendo in mano, come se fossero la cosa più preziosa al mondo e guardo in alto, verso il soffitto. E improvvisamente realizzo qualcosa che non ero riuscito a capire prima. Realizzo di non essere solo.
Lei è lì. Lei c'è. Non se n'è andata. Ne sono sicuro.
Vorrei poterlo dire a Niall, poterlo dire alla madre, poterli consolare così... Ma come potrebbero capire? Niall è distrutto. Le lacrime non ne vogliono sapere di abbandonare il suo viso.
«Scusatemi...» dico dopo essermi schiarito la voce, ma qualcos'altro mi interrompe, ancora una volta.
Le due porte alte e imponenti dell'entrata si spalancano improvvisamente, con un boato. Fuori diluvia e tuona, ma non c'è vento.
Tutti si voltano in direzione della porta, stupiti, e il parroco alla mia destra si fa il segno della croce.
Rimango a fissare la pioggia abbattersi sul pavimento della Chiesa, mentre la mia mano stringe i due pistacchi, sperando in non so cosa.
Poi la vedo.
I miei occhi scorgono un bagliore inteso e luminoso al centro esatto della tempesta. E' qualcosa che si avvicina alla Chiesa lentamente e che poi si blocca all'entrata. Subito sento il calore invadermi, un calore familiare. Il solo calore che sentivo quando abbracciavo Mary.
«Mary.» mormoro muovendo solamente le labbra.
Non so di preciso come, perché e se anche gli altri abbiano visto, ma riesco a scorgere il suo volto. Vedo i suoi occhi osservarmi, poi il viso comparire leggermente, il corpo farsi spazio fino alle ginocchia.
Mary fluttua letteralmente fino alla bancata dov'è seduto Niall e poggia le sue labbra sulla fronte del biondo, che piange. Nessuno si accorge di niente, tranne me e Niall.
Niall spalanca la bocca e sussulta, sentendo il calore sul suo corpo. Poi le sue lacrime si asciugano improvvisamente e il sorriso più felice del mondo si fa largo sul suo viso.
Mary sorride dolcemente, soddisfatta e volta le spalle al biondo. Sta per incamminarsi, e io vorrei riuscire a rincorrerla e stringerla a me, quando si gira di nuovo.
I suoi occhi cercano i miei e li trovano. Li troverebbero sempre e comunque. Solleva il braccio e agita la mano, in segno di saluto. «Ci vedremo, un giorno, pistacchietto.» la sua voce è vellutata, suona leggermente diversa.
Mi dimentico della sua morte, mi dimentico del dolore e saluto anche io, incurante degli sguardi degli altri. «A presto, pistacchietta, ti amo.» sussurro.
Lei mi manda un bacio e la osservo andare via, stavolta per sempre.
La porta della Chiesa si richiude con uno scatto violento e tutto torna alla normalità.
Non ho più parole, perciò torno al mio posto, chinandomi in avanti e chiudendo gli occhi.
Non so se anche gli altri presenti abbiano visto il bagliore di luce e... il fantasma di Mary? Non lo so. Forse ho solo visto tutto io, accecato dal dolore e dalla sofferenza.
Ma quando sollevo la testa e incontro lo sguardo di Niall, una bancata avanti, non c'è spazio per i dubbi: anche lui ha visto tutto. E sarà il nostro segreto.
Mary.
«Magari non esiste nemmeno il paradiso. Cosa ne sappiamo noi, di dove finiscono le persone morte? Mi piace immaginarla sdraiata, in riva al mare, che ci osserva, come se questa scena le potesse apparire in cielo, su una nuvola. Ma non lo so. Non lo sappiamo. E mai lo sapremmo di dov'è lei...»
Non riesco più a reggere la situazione. Non reggo più il dolore di Louis, di Niall, di mia madre e della mia famiglia. Devo intervenire, subito. Ho bisogno di vederli, di mostrargli che va tutto bene e che la loro vita andrà avanti lo stesso.
E magari fossi sdraiata in riva al mare, porca putt...
«Mary, non dire parolacce.» la voce di Dio piomba nella stanza, come sempre quando penso una parolaccia innocua.
Sollevo le mani. «Scusa, Dio.»
«Sempre la solita. Ci farai l'abitudine, cara. Aw!» grida improvvisamente Michael Jackson, alzandosi in piedi e toccandosi le parti intime come è solito fare, nella sua tipica mossa di ballo.
Withney Houston lo guarda annoiata, mentre si lima le unghie. Lady Diana sta bevendo un tè con aria elegante, Marylin Monroe volteggia per la stanza facendo volare la gonna del suo vestito bianco.
Insomma, sono l'unica normale.
Ho bisogno di fare una follia. Magari Dio mi punirà dandomi da cambiare il pannolino agli angioletti per una settimana, ma tanto la mia vita qui è infinita, perché non farlo?
Esco dalla stanza e mi ritrovo sulle nuvole.
Il paradiso non è male. E' tutto così... allegro. E la sera i santi organizzano feste incredibili! Puoi bere vodka alle nuvole, o drink con il bicchiere a forma di testa di Gesù. E hanno pure i capelli con la barba!
Non credevo esistesse davvero un paradiso così, ma non è male.
Chiudo gli occhi, tornando seria per un momento e sento il mio corpo trasformarsi in un bagliore luminoso. La testa mi gira per lo sforzo, ma resisto fino a quando non sento la pioggia abbattersi contro di me. Le porte della Chiesa sono esattamente davanti ai miei occhi. Con un movimento le spalanco e mi avvicino lentamente.
Tutti si sono voltati, ma solo Louis può vedermi. Lui è lì. Gli occhi rigati di lacrime, il cuore che batte forte e i due pistacchi che ho fatto cadere dal cielo stretti nella mano.
Mi materializzo in parte e noto che sta trattenendo il respiro.
Sorrido dolcemente e mi avvio nella direzione di Niall. Poggio le mie labbra sulla sua fronte, aspettando. Le sue lacrime si asciugano velocemente e mi regala un sorriso fantastico.
Sto per andarmene via, soddisfatta di aver salutato il mio migliore amico, ma poi lo sento dietro di me.
Mi volto, ancora. Cerco i suoi occhi e li trovo. Li troverei sempre e comunque. Sollevo il braccio e agito la mano, in cenno di saluto. «Ci vedremo, un giorno, pistacchietto.»
Lui ricambia, sorridendo. «A presto, pistacchietta, ti amo.»
Mi mancherà il suono della sua voce. Mi mancherà noi e quello che eravamo. Ma la vita ha voluto così. Mando un bacio a Louis e gli do le spalle per sempre, perché questo, per ora, è un addio.
2 anni dopo.
«Ehi Lou.» mi saluta Gigi quando entro nel bar, come ogni mattina, per fare colazione.
Sorrido e mi avvicino al bancone, sedendomi su uno sgabello e tirando fuori un libro. «Un cappuccino con panna, grazie, Giggì.» poi mi rivolgo a Roxy: «Ehi, Roxita!»
Lei solleva il coltello in aria e mi saluta.
Gigi poggia il mio cappuccino sul bancone e io inizio a berlo lentamente, mentre leggo le prime righe del quinto capitolo del libro.
«No, porca minchia, ma che cazzo dici? Tu sei completamente partito di coglione, idiota!» qualcuno grida sedendosi violentemente nel posto vicino al mio.
Non mi prendo la briga nemmeno di guardare chi sia e continuo a leggere.
«Ma mi hai rotto il cazzo, tu e le tue stronzate. No, vai a fanculo, ok? Ciao, stronzo.»
Sbuffo. «Hai finito la telefonata, Miss Finezza?» chiedo voltandomi verso la ragazza.
I suoi occhi marroni mi inquadrano, e qualcosa dentro di me si agita. Ovviamente non parlo del mio Pollon, chiaro. Mi ricorda terribilmente Mary. I capelli biondi spettinati, l'aria incazzata con il mondo, il viso dolce.
«Hai finito di rompere il cazzo?» risponde.
«Tu ti sei messa ad urlare come una pazza per tutto il locale! E fossi almeno più fine, accidenti.» in realtà non mi importa. In realtà la sua "volgarità" mi ricorda lei. In realtà voglio solo parlarle, battibeccare come facevo con Mary.
E sono tentato di rimettere in scena la falsa perdita di memoria, sono tentato di riniziare tutto da capo, ma poi mi fermo.
Stavolta le cose voglio farle bene. Niente bugie, niente inganni e niente sofferenza.
Così allungo la mano. «Comunque io sono Louis.»
«Marie, per gli amici Mary.» stringe la mano con un sorrisetto.
E' un nuovo inizio, me lo sento.
Mary.
Osservo la scena, non riuscendo a bloccare una lacrima che scivola silenziosamente lungo la mia guancia.
Louis ha imparato la lezione, e quella ragazza sembra me in tutto e per tutto.
Lui sarà felice, e anche io sarò felice. Lo spero.
«Oh, ma andiamo! Il mio acuto in "I will always love you" è molto meglio dei tuoi "aw" seguiti dalla palpata ai gioielli, Jackson!» urla incazzata Withney Houston.
Michael fa il moonwalk fino a raggiungerla. «Io sono il King del Pop, piccola botte di colore, chiudi la bocca. AW.»
«Coglione, le botti sono già marroni e poi anche tu lo eri prima di sbiancarti fino a diventare trasparente!»
«Withney, tesoro, non dire parolacce.» ancora una volta la voce di Dio ci riprende quando facciamo qualcosa di sbagliato.
Mi allontano da loro e dalle altre persone per andare a sedermi su una nuvola. Un angioletto di passaggio mi fa l'occhiolino e io sorrido debolmente.
C'è qualcosa che manca. Ma non so cosa.
Non è Louis.
Non è Niall.
Non sono Liam e Harry.
Non è Douglas.
E non è nemmeno Gigi.
Sto ancora pensando, quando una mano si poggia sulla mia spalla. Mi volto, aspettandomi Amy Winehouse che vuole farmi i capelli come i suoi. Non ha ancora capito che il bozzo in testa non lo voglio e mai lo vorrò.
Invece spalanco gli occhi, trovandomi davanti Zayn.
«Zayn?!» gracchio.
«Sorpresa.» sorride stringendosi nelle spalle.
Deglutisco a vuoto. Indossa una maglietta bianca, dei jeans semplici e delle blazer. Gli occhi sembrano brillare, i capelli sono spettinati da una leggera brezza. «Che ci fai tu qui?» domando.
«Sono morto.»
I miei occhi si riempiono di lacrime e mi butto tra le sue braccia, stringendolo forte e a me e lasciandomi accarezzare dalle sue mani. «Non piangere, Mary... Va tutto bene. Ora sono qui.»
Lo guardo negli occhi, e il mio cuore perde un battito. «Perché?»
«Non potevo vivere una vita senza di te. Non potevo vivere in un mondo dove non c'eri tu.»
Senza pensarci le mie labbra cercano le sue, e in pochi istanti tutto quello che mi era sembrato mancare, è stato ritrovato semplicemente sentendo Zayn accanto a me.
Louis è felice.
Io sono felice.
Andrà tutto bene, me lo sento.
FINE.
Heilà ragazze,
Piangooooo ogni volta che leggo questo capitolo. Lo so è tristissimo. Eccovi l'epilogo della storia. Fatemi sapere voi cosa ne pensate.
Ps: non pensate che la storia sia finita qui, potrebbe non esserlo 😏😏
Bacioniiiii
Grace.
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