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18. Did you say that you like me?









5:00 del mattino.

It doesn't matter if you love him, or capital H-I-M.
Just put your paws up, 'cause you were born this way, baby!

Spalanco gli occhi. Le opzioni sono due: Lady Gaga è in camera mia che canta "born this way", oppure qualcuno mi sta chiamando nel bel mezzo della notte. Direi che l'ultima opzione è la più probabile.
Non ho la forza di sollevare la mano e rispondere, perciò lo lascio squillare e aspetto che il coglione di turno mi lasci le ovaie in pace. Chiunque tu sia, il papa, Obama, la Regina Elisabetta, sappi che non ti risponderò mai.
Parte la segreteria telefonica. «Ciao sono Mary, se non ti rispondo è perché sto facendo cose più importanti. Quindi, che minchia vuoi?»
«Ehm, Mary? Sono Louis.» cado letteralmente dal letto e afferro il cellulare con uno scatto veloce, portandomelo all'orecchio. «Scusami se chiamo a quest'ora...»
Figurati, mi sembra normale chiamare le persone alle cinque del mattino, eh. «... è solo che mi manchi.»
Mi lascio scappare un colpo di tosse. Anche tu mi manchi, idiota. «E so che magari io non ti manco per niente, mi sembra ovvio.»
Cosa?«Probabilmente io non ti piacevo prima, e dopo quello che ho fatto ieri notte, ti piacerò ancora di meno. Forse hai reagito così perché eri gelosa che Zayn si fosse portato a casa quelle puttanelle...»
No, io ero gelosa di te! Non me ne fotteva un cazzo di Zayn! Può portarsi a casa pure un pino silvestre e scoparselo in bagno, ma a me non importa! A me importa di te, coglione! Mi mordicchio un'unghia. «So cosa stai pensando adesso...» continua Louis.
Ah, davvero, coglione?Sto pensando che mi piaci, che non mi fotte niente di Zayn e che se mi dici che eri solo ubriaco, vengo anche a casa tua seduta stante. «Stai pensando che mi odi, che non mi perdonerai mai di aver baciato quella troia. Ma vedi, ero ubriaco quanto Spongebob immerso in una bacinella di vodka. Non capivo un cazzo, e non ho realizzato di averti detto quelle cose.»
Io non ti odio, coglione! «Lo so che mi odi, lo so.»
Minchia, Louis, sei proprio un'idiota. Mi batto il palmo della mano sulla fronte, facendomi male e sibilando un: «aia!»
«Mary, sei lì?» domanda Louis.
«No, sono là.»
«Là dove?»
«Là lì.»
«Ma allora sei lì?»
«No, sono là!»
«Ma là dove?»
«La lì!»
«Vedi che sei lì!» esclama.
Mi tappo la bocca, maledicendomi mentalmente in mandarino e in arancino. Sempre che l'arancino esista come lingua. Ma forse quello è il dolcetto. «Senti, mi dispiace per quello che è successo ieri notte. Stamattina mi sono svegliato, ho letto il diario, tutto quello che ho scritto credendo di avere ragione, invece pensavo così solo perché ero ubriaco. Adesso, a mente lucida, ho capito dell'enorme cazzata che ho fatto!»
Ma sul serio, idiota? «La mora l'ho portata a casa, ci siamo baciati qualche volta, ma poi mi ha infilato una mano nei pantaloni e l'ho allontanata.»
Brutto puttano di merda! Ti odio, ti odio, ti odio, ti odio! «So cosa stai pensando. Stai pensando magari che io ti piaccio e sapere che quella mora mi ha toccato Pollon, ti fa soffrire. E' così?»
No, cazzo, Louis! Non azzecchi mai quello che sto pensando, razza di coglione. Se ti incontro per strada, ti prendo a colpi Pollon, brutto idiota del cazzo! «Comunque sia, ti ho chiamata per dirti una cosa importante. Non so se troverò mai le parole adatte, però voglio provarci.»
Forza, parla, stronzo.
«Ieri notte, mentre ficcavo la lingua nella bocca di quella mora, ho capito varie cose. Mentre le palpavo le tette, ho capito tutto. E ancora mentre le sue mani si infilavano dentro i miei pantaloni...»
«Emerito coglione del cazzo! Credi di migliorare la situazione dicendomi queste cose?» urlo al telefono, imbestialita. Da un momento all'altro i vestiti potrebbero esplodermi e la mia pelle potrebbe diventare verde. Hulka.
Silenzio. «Allora sei lì.»
«No, sono là.»
«Ma là dove?»
«Là lì.»
Sbuffa. «Non ricominciamo con questa storia, per favore, Mary.»
«Bene. Allora hai finito? Ciao.»
«Aspetta!» grida.
«Ma cazzo ti urli?» grido di rimando.
«Urlo che mi piaci, che quella mora non significava niente per me, urlo che sei bellissima, urlo che non sei mai stata una semplice migliore amica per me. Urlo che in quella fottutissima foto ti ho morso la guancia, per evitare di baciarti. Urlo che ti voglio, sebbene avere un ragazzo come me possa essere difficile. Urlo che mi piaci, Mary.»
Spalanco la bocca, e la mascella potrebbe toccare terra. «Hai detto che ti piaccio?» sussurro.
«Veramente l'ho urlato.» ribatte in tono semplice.
Scuoto la testa, sedendomi nel letto, e accorgendomi solo ora di essere rimasta per terra per tutta la durata della chiamata. «Rispondimi: hai detto che ti piaccio?»
«Be', sì.»
«Ok.» chiudo la telefonata.

5:35
Premo una volta il dito sul campanello di casa Tomlinson.
Nessuna risposta.
Premo ancora, stavolta lasciandolo un po' più a lungo.
Sbuffo e mi stringo nel maglione lungo, iniziando a tremare per il freddo. Non è stata una buona idea mettere un maglione sopra il pigiama e uscire con le pantofole con la testa di coniglio.
Suono un'altra volta, ma nessuno mi risponde.
«Vaffanculo!» grido.
«Anche a te!» mi risponde un signore affacciato nella casa davanti.
Lo ignoro e faccio il giro del giardino, per arrivare davanti alla finestra di Louis. Per poterci salire, devo scavalcare il muretto e arrampicarmi su quel cazzo di albero che ha davanti alla finestra.
Faccio un respiro profondo e mi aggrappo con una mano al bordo del muretto, poggiando la pantofola e tentando di salire. Un passo. Un altro. Con cautela mi sollevo con tutte e due le mani e mi metto seduta sul muretto.
Ok, ce la posso fare.E' solo un salto Mary. Fai finta di essere uno di quelli di High School Musical e salta come loro. Mi metto in piedi sul muretto e fisso il pavimento sotto di me.
Non morirò, lo so. Non si può morire per un salto di tre metri. Non morirò. Ce la posso fare. Forza, Mary. Pensa a Gigi, a Roxy... No, così peggioro la situazione.
Uno, due...
«Mary?!» esclama qualcuno.
Dallo spavento, cado in avanti, saltando come un pollo. All'ultimo momento metto le mani davanti, ma questo non mi impedisce di sbattere violentemente contro il terreno. «...Cazzo, aia.» borbotto con la guancia spiaccicata contro l'erba del giardino e una mattonella all'altezza della tetta. Perfetto, adesso avrò la tetta sinistra piatta a forma di mattonella e l'altra leggermente più sporgente. Che merda. Devo ricordarmi di chiedere a Niall di comprare pistacch... Oh, cielo. Sento nausea.
«Mary? Cazzo, ma che volevi fare?!» esclama Louis venendomi incontro e aiutandomi a sollevarmi, mettendomi seduta. Ho lo sguardo stravolto e la tetta sinistra mi fa male.
Mi porto una mano alla tetta, palpandola. «Ho ancora la tetta? Incredibile.» lui arrossisce. «La trovi più piatta del normale?» chiedo ondeggiando la testa.
Louis sospira e mi afferra per le braccia, stringendomi a sé e portandomi dentro, verso la sua stanza. «Mi spieghi che ci facevi in piedi su quel muretto?»
«Volevo saltare e arrivare in camera tua.»
Lui scoppia a ridere. «Come?»
Gli do una gomitata debole. «Coglione, io mi faccio tutto il tratto di strada a piedi, in pigiama e pantofole, con il vento gelido delle cinque del mattino, mi arrampico su un muretto per vederti dopo che hai fatto lo stronzo, e tu ridi di me?»
Notando che non risponde, mi volto, incontrando i suoi occhi azzurri e sento il cuore smettere di battere per un secondo. «Credevo fossi arrabbiata con me, e invece sei qui...» mormora.
Arrivati in camera sua, mi siedo nel letto, accertandomi per la seconda volta di avere ancora la tetta sinistra. «Sono qui, Louis.»
«Tranquilla, ce l'hai la tetta.»
«Ah. Bene.»
Per un po' rimaniamo in silenzio, e la cosa si fa decisamente imbarazzante. Il letto cigola, e sento il calore del corpo di Louis accanto al mio. La sua mano prende la mia, stringendola. «Mi dispiace per quello che è successo ieri notte. Non so cosa mi sia preso.»
«Nemmeno io.» ribatto ricordando le sue parole.
«Non so perché ho detto che non mi importava di te. Sappi che è l'esatto opposto.» mi costringe a voltarmi, per guardarlo in volto. «Mi importa tantissimo di te. Sei la prima ragazza che prova a frequentarmi nonostante il mio problema di memoria. Poncho e Doug mi hanno raccontato di altre ragazze che appena saputo il mio problema, scappavano via, inventando che non ce la facevano a sopportare una situazione simile.»
Abbasso il capo, non ancora del tutto convinta.
«Non mi credi? Non credi al fatto che tu mi piaccia da morire?»
Sospiro. «Io...»
Le sue mani mi afferrano il volto. «Non nascondere quello che provi. Dimmelo, per favore.»
«Vuoi sapere davvero quello che provo?» chiedo.
«Sì.»
«Vuoi che non lo nasconda?»
«Esattamente.»
«E vuoi che...» non riesco a finire la frase, perché si avventa su di me, poggiando le sue labbra sulle mie e baciandomi dolcemente. Le sue labbra sono morbide e calde, al contrario delle mie fredde a causa della camminata sotto il gelo. Incredula, lo lascio fare, ricambiando timidamente il bacio di Louis.
Lui si stacca di poco, per sorridermi e accarezzarmi la guancia. «Scusami, non reggevo altre domande.»
«Sei...» ancora una volta le sue labbra mi interrompono, baciandomi per la seconda volta.
Si stacca, ancora, e ridacchia. «Scusami, ma ogni volta che apri bocca mi viene voglia di baciarti.»
Rimango qualche istante in silenzio. «Ma...» Louis mi interrompe di nuovo, baciandomi. Tento di parlare, ma lui mi zittisce ancora e ancora, baciandomi sempre con più dolcezza.
«...Sei...un...coglione!» grido ridendo e spingendolo via.
Lui mi riafferra, dandomi un bacio a stampo e stringendomi in un abbraccio. «Lo so, che ci posso fare?»
«Non farci mai niente, perché mi piaci così, coglione.» sussurro.
Louis si china su di me, facendomi cadere all'indietro e strofinando il suo naso sul mio, facendomi agitare come un opossum epilettico. «Lou! Louis...!» sghignazzo.
«Cosa, pistacchietta mia?» chiede dandomi un bacio sul naso. «Adesso sei la mia pistacchietta, vero? Io sono il tuo pistacchietto e tu sei la mia pistacchietta?»
Sorrido annuendo e dandogli un bacio io. La mano di Louis mi accarezza la schiena e...
«Oh Crifto.»
Ci stacchiamo di scatto. Douglas è sulla soglia della porta. «Doug!» lo richiama Louis.
«Papà! Diventerai nonno!» urla.
Louis afferra un cuscino e glielo lancia contro.

«Louis, perché hai chiamato il tuo pene Pollon?»
«Solo Justin Bieber può dare un nome al suo uccello?»
«No, figuriamoci.»
«Che fai, lasci un uccellino senza nome?»
«...uccellino?»
«No, tranquilla, non è proprio "ino".»

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