13. Pistachios are stalking me.
Niall mi aveva avvertita. Mi aveva messa in guardia. "Non farlo, Mary." E invece? Io da cogliona che sono, non gli ho dato retta. Perché io sono così: non ascolto le persone e i consigli preziosi che mi danno. Faccio di testa mia.
E poi chi è che rimane chiusa in bagno tutta la notte? Io.
Dopo essermi sciacquata la bocca e fatta una doccia rinfrescante, mi infilo il pigiama pulito e mi sdraio nel divano, mentre Niall mi porta due coperte con fare materno. "Copriti bene."
"Grazie, bella biondina."
Harry, Zayn e Liam sono in piedi, pronti per uscire. "Allora, ho buttato tutti i pistacch...", inizia Payne, ma vedendomi sbiancare, si tappa la bocca. "Ho buttato i tu-sai-cosa. La camomilla è sul tavolo, quando ne hai voglia."
Camomilla. "Non è verde, vero?", chiedo. Solo a pensare a pistacchi e roba verde, mi sale il vomito. E' probabile che l'altra sera ne abbia mangiati troppi, nonostante le raccomandazioni di Niall. "Smettila di mangiarne, Mary. Ti fanno male." Ma non gli ho dato retta, così ho passato la notte a vomitarli.
Pistacchi puttani.
Harry ride. "No, la camomilla è gialla."
"E' arancione, veramente.", commenta Zayn.
"E' gialla.", ribatte.
Malik lo guarda con aria di sfida. "Gialla è la pipì. A meno che tu non abbia pisciato dentro la pentola e abbia riscaldato il tutto, la camomilla è arancione."
Alzo gli occhi al cielo. "Sentite. Io ho nausea, ho appena vomitato e sentir parlare di Styzza che libera la sua vescica nella pentola della cucina, non aiuta. Ok?"
Niall ride leggermente e mi abbraccia. "Se hai bisogno di qualcosa, chiamami."
"Ecco.", Harry da una pacca al biondo. "Chiama Niall, non me."
"Vaffanculo, stronzo.", gli dico.
"Ti scoperei anche io, amore.", si lecca le labbra.
Sbuffo e mi allungo per prendere il telecomando, mentre i ragazzi mi salutano ed escono di casa, lasciandomi completamente sola. "No, tranquilli. Mi fa piacere rimanere sola a casa dopo aver vomitato anche il pranzo di Natale del lontano 1898. Starò bene, non preoccupatevi.", grido.
Aspetto qualche secondo, per poi accasciarmi sul divano. Mi sento sola.
Non posso uscire di casa, perché a vedere le foglie verdi delle Hawaii, ci vomito tutto di nuovo. E non so se avete presente le Hawaii, ma lì tutto è praticamente verde. Non mi stupirei se gli Hawaiiani cagassero roba verde, o se i capezzoli delle donne Hawaiiane fossero verdi invece che... rosa? Insomma, i capezzoli non sono proprio rosa. Rosa carne, ecco.
Accendo la tv, sbadigliando.
Mi appare una donna con i capelli color platino e un cardigan... verde che discute di politica in una lingua non ancora identificata dal mio cervello. Tossisco e cambio canale.
"... I pistacchi della Spagna del Nord sono i migliori. Sapore ricco e salato al punto giusto, e la buccia è così tenera che si scioglie in bocca. Ma sarebbe meglio, comunque, non mangiarla..."
Orrore. Orrore. Allarme, allarme! Con gli occhi spalancati cambio canale, e mi fermo su una serie tv, presumo. Ci sono un ragazzo e una ragazza che parlano, seduti in un tavolino.
"Perché mi tratti così, Rachel?", domanda lui.
"Cory, io...", la ragazza prende una manciata di pistacchi e se li mette in bocca, buccia compresa. Delle risate registrate invadono la stanza, e il ragazzo, Cory, la guarda stranito.
"Hai mangiato anche la buccia?"
Basta, non posso reggere. Cambio canale altre mille volte, ma in ogni programma c'è sempre quel particolare che mi ricorda i pistacchi.
Spengo la tv, colta da un'improvvisa pazzia, e mi distendo a pancia in su sul divano. Respira, respira. E' solo una questione di respirare regolarmente e di cancellare dai miei ricordi la scorsa sera, quando ho deciso di mangiarmi tre buste di pistacchi.
Oh, cazzo, ci risiamo.
Chiudo gli occhi e tento di non pensarci, ma è impossibile. Cioè, vedo pistacchi ovunque. Nel buio delle mie palpebre - e la cosa suona strana, lo so - vedo tanti piccoli pistacchietti che ridono di me e delle mie tette.
Spalanco gli occhi e fisso il soffitto, che inizia ad apparirmi verde. Verde pistacchio.
Distolgo lo sguardo con uno scatto della testa e mi osservo le unghie, esaminando bene lo smalto, messo la sera prima... Porca puttana.
Lo smalto è verde.
Ma a cosa cazzo pensavo mentre me lo mettevo? Nascondo le mani sotto le coperte, notando solo in quel momento che il primo plaid è rosa con disegni di cibi. Ciambelle, tramezzini, paste, torte, fragole, tavolette di cioccolato, nocciole, pistacchi...
Mi alzo di scatto dal divano e tolgo la coperta, gridando. "Basta! Basta! E' una cazzo di persecuzione! Lasciatemi i coglioni in pace, pistacchi di merda!", grido quasi piangendo.
Appallottolo il plaid, apro la finestra, e lo lancio via, osservandolo atterrare in strada. Una signora sta osservando la scena, sconcertata. "Oh, Signore.", esclama. "E' piovuto un plaid dal cielo!", incomincia ad urlare e la gente intorno accorre per assicurarsi che non sia uscita fuori di testa.
Ok. Va tutto bene. Chiudo la finestra e mi avvio in cucina. Faccio respiri profondi e ritmati. Afferro la tazza di camomilla e inizio a sorseggiarla. Giro il filtro, prendendo a giocarci anche. Bevo un altro sorso, sentendo un sapore stranamente familiare.
Abbandono la tazza con un gesto secco e prendo la scatola della camomilla, rigorosamente verde. "Camomilla ai pistacchi e mandorle.", leggo a voce alta.
Oh, cielo.
I pistacchi mi perseguitano.
Corro via dalla cucina, disperata. Sto impazzendo, me lo sento. Forse ho la febbre e sto delirando per questo, ma vedo pistacchi ovunque. Non mi stupirei se al posto dei capezzoli, mi ritrovassi due pistacchietti che mi fissano. Cazzo. Cazzo.
"Ciao Mary.", sento una vocina ai miei piedi. Abbasso lo sguardo e incontro quello di un pistacchio, con il guscio, che mi saluta amichevolmente.
Porca puttana! Senza pensarci, mi volto verso il muro più vicino e mi sbatto la testa contro. "Minchia, basta!", grido.
Cado a terra, perdendo i sensi.
Din don.
Mh?
Din don.
Che cazzo? ...
Diiin, doooon, diin.
Mi sollevo di scatto dal pavimento, per poi ricadere rovinosamente, causa equilibrio di merda. "Sì?!", rispondo. Chi cazzo è adesso?
Mi passo una mano tra i capelli, disperata. Intorno a me è tutto normale, e nessun pistacchietto mi sta salutando con la manina pistacchiettosa. E' passata solo mezz'ora.
Fisso il muro, notando una lieve crepa. Cazzo. O ho la testa troppo dura, oppure ho dato una capocciata davvero forte.
"Mary?", risponde una voce da dietro. Chiudo gli occhi e incrocio le dita, mormorando: "non un altro pistacchio, ti prego." Silenzio. "Sono Louis."
Inizio a tossire. Con estrema lentezza mi metto in piedi e apro la porta. Incontro gli occhioni azzurri di Mr. Scordarello, che mi guardano preoccupati. Passa dalla mia faccia stravolta, al mio completino sexy. Sì, Louis, ammettilo che ti attizzo con un pigiama di tre taglie più grande.
"Ehi.", saluta.
"Ehi, entra.", gli faccio spazio e chiudo la porta. Ci avviamo verso il salotto, dove prendo posto sul divano.
Louis si siede nel tavolino davanti a me. "Ho incontrato il tuo amico biondo, Niall, e mi ha detto che stavi male."
"Male è un eufemismo. Sto delirando, Louis."
Aggrotta la fronte. "Che succede?"
Mi sporgo in avanti, con la faccia terrorizzata. "M-mi perseguitano. Ovunque mi volti, loro ci sono."
"Loro?"
"Sì. Sono ovunque e da nessuna parte, Louis. E' stalking, questo.", sussurro come a temere che possano sentirmi. Dei pistacchi, sì.
Louis ha un'espressione preoccupata. Tira fuori il cellulare dalla sua tasca e digita un numero, per poi porgermi il telefono. "Dobbiamo fare qualcosa. Devi parlarne. Non averne paura, Mary."
Sinceramente, non so di cosa minchia stia parlando. Prendo il suo I-Phone e me lo porto all'orecchio. "Pronto?", dico.
Louis mi stringe la mano libera, incoraggiante. "Dillo, forza."
Apro bocca, poi la richiudo. "Sicuro?"
"C'è qualcuno?", domandano all'altro capo del telefono.
Deglutisco. "Sono vittima di stalking." E non capisco a cosa serva dirlo a una persona sconosciuta.
"Continua.", mi esorta Louis.
"Ehm, mi seguono ovunque. Li ritrovo in ogni posto possibile. Penso anche che mi abbiano molestata mentre sono svenuta dopo essermi sbattuta la testa contro il muro.", la faccia di Louis è indecifrabile. "Li vedo nei plaid, alla tv, nelle scatole della camomilla, per terra che mi salutano e ora ho paura di guardarmi le tette per trovarmi i capezzoli a forma di pistacchi."
Silenzio. "Scusi, ma chi è che la perseguita?"
"I pistacchi."
Tututututututuu.
Osservo il cellulare. "Hanno riattaccato."
"Sei completamente uscita fuori di testa, per caso?", mi chiede Louis sconvolto. "Dei pistacchi!", sbotta.
Tocco lo schermo del telefono, notando il numero composto. 911. Il numero della polizia. Gli lancio il cellulare contro. "Sei coglione? Mi hai fatto dire alla polizia che dei pistacchi mi violentano?!"
Louis tiene stretto il cellulare, infuriato. "Credevo che fosse una persona!"
"No, erano dei pistacchi!"
"Tu stai male!"
"Non è colpa mia se vedo pistacchi ovunque!"
Tomlinson fa per ribattere, ma poi si zittisce e prende un respiro profondo. Mette il cellulare in tasca e mi prende le mani, stringendole. "Allora, calmiamoci."
"Sono calma."
"Si può sapere che è successo?"
Annuisco. "Ieri ho mangiato troppi pistacchi, e ho passato la notte vomitando. Di conseguenza, non posso ne vedere loro e tanto meno vedere roba verde, perché mi sale il vomito."
Il moro si sforza di non ridere. "E hai mangiato troppi pistacchi perché...?"
"Ho le tette piccole."
Ridacchia, coprendosi la bocca. "Be', ma non ce n'era bisogno. Non mi piacciono le ragazze con le tette grandi, sai? Poi è un casino sul decidere chi si mette sopra e chi sotto."
Spalanco la bocca e gli do un colpo. "Non l'ho fatto mica per te, stronzo."
"E per chi, allora?"
Ci guardiamo negli occhi, e non posso fare a meno di arrossire. "Ok, l'ho fatto per te..."
Le mani di Louis mi afferrano, avvicinandomi a sé e facendomi cadere dal divano. "Cazzo, Louis...", bofonchio con la faccia spiaccicata contro il suo petto. Lui scuote la testa e posa un bacio tra i miei capelli.
"Non dovevi. Le tue tette sono perfette così."
Mi allontano leggermente. "Non è molto romantica la frase."
"Allora... Le tue tette sono belle, perché non sanno di esserlo."
"Nemmeno questa."
Lui pensa, concentrato. "Ho bisogno di quella cosa. E le tue tette hanno quella cosa."
"Malato!", lo colpisco in testa, facendolo ridere. "Tu e il romanticismo siete due mondi paralleli."
"Senti questa!", esclama. "Le tue tette sono insicure, ma non so per cosa. Abbassano i capezzoli quando camminano per la stanza. Non hanno bisogno di make up, per coprire le imperfezioni. Essere la seconda che sono adesso, è già abbastanza. Tutti nella stanza possono vederlo, tutti tranne le tue tette.", fa una pausa. "Le tue tette illuminano il mio mondo come nessun'altro paio di tette. Il modo in cui flippano i capezzoli mi fanno rimanere senza parole. Ma quando sorridono è impossibile da descrivere..."
Gli copro la bocca con la mano, mentre una lacrima scivola sul mio volto e divento rossa come un peperone africano. "Cazzo!"
Tomlinson adotta una faccia da cucciolo. "Ti sei commossa? Visto che ragazzo dolce che sono?"
Tra le risate, borbotto un "vaffanculo."
Lou mi da una spinta. "Ne ho un'altra, vuoi sentirla?"
"No."
"Te la dico lo stesso.", sorride eccitato. "Sotto le luci, stanotte, le tue tette si sono voltate e hanno rubato il mio cuore con una sola palpata. Quando ho visto le tue tette, mi sono innamorato. Ci hai impiegato un minuto, ragazza, per rubarmi il cuore con le tue tette."
Scoppio a ridere ancora più forte e lo spingo via, accasciandomi per terra e rotolando come un tappeto persiano lanciato giù da una collina. "Smettila, ti prego!"
Si unisce alle mie risate. "Le tue tette sono na na na, e dopo yeah yeah yeah, sempre come na na na e dopo yeah yeah yeah."
"Soffoco, Louis, basta!", mi sventolo con la mano e mi metto seduta, accanto a lui.
Sorride come un bambino di cinque anni, soddisfatto di avermi fatta ridere fino alle lacrime. Si dondola, dandomi qualche spallata amichevole. "Tette, lo vedo nei vostri capezzoli che siete deluse, perché ho giocato con voi e nessuna tetta merita questo. Posso palparvi ancora una volta? Blocco il tempo e torno indietro. Ma se voi andate via, so che sarò distrutto, perché non ci sono altre paia di tette come voi."
Ormai calma, appoggio la testa sulla sua spalla, cogliendolo di sorpresa, probabilmente. "Grazie, Louis."
"Per le dediche tettose?"
Rido. "No. Per avermi fatta ridere."
"Non c'è di che, pistacchietta. Quando vuoi, io sono sempre qui.", mi accarezza la guancia.
Gli sorrido. "Lou?"
"Dimmi."
"Vuoi che ti vomiti addosso?"
"No."
"Allora non chiamarmi 'pistacchietta'."
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