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Capitolo 5: The Fifth Table In The Back

Crescere sapendo di avere una sorella in un'altra famiglia, rese l'adolescenza di Ryan piena di domande a cui nessuno ha mai trovato risposte. Non solo, perché lui non ebbe mai il coraggio di pronunciarle ad alta voce a nessuno se non alla sua coscienza, ma altresì perchè dubbi furono quelli che forgiarono la sua personalità sin da piccolo.

Prima fra tutte e sempre presente nei suoi pensieri, la domanda sorta il minuto dopo in cui sua madre lo aveva messo a conoscenza dell'esistenza di Emily: come sarebbe stato crescere con una sorellastra? Avrebbe finalmente avuto qualcuno con cui creare un rapporto molto più stretto di quello con Tommy? Il legame di sangue avrebbe significato qualcosa per lei come per lui?

Si era presto dato una risposta che purtroppo, fu un magone amaro per un ragazzino ancora sotto quel velo genuinamente romantico della vita. Una speranza persa in partenza che non pensava di riacquistare più. Fino a quel giorno.

Si era svegliato riposato, per la prima volta in settimane senza nessuna fitta alla spalla e, strano ma vero, pure di buon umore dopo la serata passata a messaggiare con Ava. Tommy era già uscito per la lezione di quella mattina lasciandogli la tranquillità del silenzio, che era un lusso di cui non godeva spesso.

A malapena aveva finito la colazione quando il cellulare squillò, e ad illuminare lo schermo, apparve il volto sorridente di sua madre, catturato in una foto di qualche anno prima alla festa di halloween che avevano organizzato a casa loro.

"Che figlio ingrato che ho" esordì la voce di sua madre. "Che ho fatto ora?" Ryan si lasciò cadere all'indietro, fino a toccare lo schienale con un sorriso flebile a dipingergli il volto.

"Boh non saprei visto che non ti fai mai sentire!" "Ma se ci siamo sentiti due giorni fa" "E ti sembra poco? Qualche volta tua madre vorrebbe sentirsi importante come quando vivevi sotto il suo tetto sai" "Va bene va bene." ridacchiò Ryan scuotendo la testa per niente sorpreso di quella richiesta e del tono familiare usato dalla madre, lo stesso che utilizzava quando era piccolo per riprenderlo. "Mi impegnerò di più" "Sarà meglio!"

"Come vanno le cose lì?" "Benone. Il signor Myers mi ha dato una promozione." "Che bella notizia! Sono felice che le cose si stiano sistemando"

Se la immaginava nella cucina del loro piccolo appartamento in città, dove per tanti anni gli aveva preparato la colazione, a saltellare come una cavalletta alla notizia della promozione e festeggiare poi con le sue amiche ed un bicchiere di spumante.

"Te l'avevo detto, non c'era bisogno di preoccuparsi. Fare pensieri negativi peggiora solo le cose. Te lo ripeto sempre ma non mi credi mai."

Gli ultimi mesi di sua madre erano stati a dir poco burrascosi. Dopo più di quattro anni e mezzo di relazione a distanza con il compagno di ormai un decennio, il rapporto tra i due si era frantumato, lasciando Jenny completamente sola. Tutto coincidente con la perdita del suo ultimo lavoro.

La madre non sapeva se ringraziare che Ryan non vivesse più con lei o rimpiangere il conforto che solo suo figlio le avrebbe concesso. Lui invece si rammaricava ogni volta che sentiva la voce della donna per non essere stato al suo fianco.

Finalmente dopo tre settimane di ricerche sua madre aveva trovato un lavoro ed ora erano ormai quattro mesi che sentiva nominare il nome di un nuovo capo, alquanto generoso.

"Lo sai che mi preoccupo" "Strano avrei giurato di essere il genitore tra i due"

"Il tuo reale problema è che mi vedi ancora come lo scricciolo che accompagnavi agli allenamenti. E lo sappiamo entrambi."

"é carino però sapere che ci tieni così tanto da farti rimanere in pensiero. Così almeno sai come mi sono sentita tutte quelle sere che uscivi." "Non ero mica così male" esclamò Ryan. "Mmh avrei da ridire. Quel Ryder che seguivi in ogni avventura mi ha procurato più colpi al cuore di quanto immagini." Sollevò gli occhi al cielo Ryan. La madre esagerava come sempre.  "Come sta il braccio?"

"Libero finalmente." Sospirò. La madre iniziò così la sfilza di domande alle quali il figlio era ormai abituato. Negli anni della scuola si era slogato un arto, più di qualche volta, arrivando una sola volta alla rottura di un dito.

"Quando ricomincerai gli allenamenti?" "Lunedì dovrei avere il via libera e Martedì mattina il primo allenamento." "Il dottore è sicuro sia una buona idea farti ricominciare così presto?" Crescere con solo una madre single contemplava il non essere mai curato abbastanza bene per gli standard di Jenny. Nessuno avrebbe mai saputo cosa fosse il meglio per lui, se non lei. Per ventidue anni non aveva avuto l'aiuto di nessuno e non ne vedeva il bisogno allora.

"Si mamma davvero stai tranquilla. Avrò comunque un allenamento meno pesante ed il fisioterapista mi ha già dato una lista infinita di esercizi obbligatori e noiosi"

"Se succede qualcosa non osare nascondere nulla. Se provi dolore ti fermi non mi interessa di cosa ti dicano" si raccomandò. "Sono professionisti mamma. Sanno cosa stanno facendo" "Lo spero per loro" Dopo che sua madre si allontanò dal telefono per qualche secondo ritornò sospirando.

"Comunque non indovinerai mai chi mi ha chiamato" dei rumori di sottofondo riempirono il silenzio dall'altra parte della cornetta prima che Ryan rispondesse. Se conosceva bene sua madre quanto diceva, avrebbe scommesso che lei stesse sistemando e pulendo la cucina. Avrebbe azzardato che si trattasse dello scomparto delle pentole quello che sentiva rimestare.

"Chi?" rispose "Non provi nemmeno a fare un'ipotesi?" "No perchè so che me lo dirai tu" replicò il figlio.

"Emily" "Emily Cooper?" Non era possibile! Ma era l'unica Emily che il ragazzo conoscesse, quindi doveva essere per forza lei. Quasi cadde dalla sedia a sentire quel nome ma non lo fece, si limitò ad irrigidirsi sul posto. Nella deserta sala da pranzo della confraternita, poggiò di colpo la tazza di caffè nero, che stava per toccargli le labbra, in attesa di una conferma da sua madre.

"Proprio lei" "Cosa voleva?" si schiarì la voce. "Non fare lo scontroso. Non ti si addice per niente."

"Se voleva passare un messaggio da parte di Dean perchè non ha le palle di farlo lui poteva benissimo-." "Non voleva fare nulla di tutto ciò." Lo interruppe.

"Sai certe volte le persone potrebbero stupirti sai" lo ammonì Jenny ed il ragazzo alzò gli occhi al cielo. "Da chi ha lo stesso sangue di quello non mi aspetto molto" borbottò più a se stesso che a sua madre.

"Devo ricordarti che tecnicamente anche tu hai il sangue di quell'uomo?" "Purtroppo no. Ma in pratica quello che mi scorre nelle vene, è il tuo non il suo."

"Ryan" lo riprese. "Si ok ok. Quindi se non era per passare un messaggio che voleva?" sbuffò. Il suo umore cambiò in poco, come ogni volta che il nome di Dean usciva in una conversazione. Il rancore ed il disgusto lo sorprendevano sempre per quanto aumentassero così esponenzialmente ogni volta. 

"Sapere di te" "Di me?" si crucciò "Si."

"Cosa voleva sapere in particolare?".

"Cose molto semplici. Come tu stessi, se ti piacesse ancora il baseball, che college frequentassi" Jenny non finì la frase e la lasciò scemare nel vuoto, riempito solo dal riflessivo meditare di suo figlio. Cosa avrebbe dovuto farci con questa informazione? Cosa significava? Si torturava il labbro perso nella sua testa.

"E perchè mai avrebbe dovuto chiederti queste cose?" "Secondo te?" lo incalzò la madre "Non so non ne ho davvero idea" "Dai sforzati un minimo. E così ovvio!" Lui non rispose. Sicuramente se avesse avuto più tempo per calmare la gamba che costante tamburellava al suolo, smorzare la tensione che sentiva gravargli sulle spalle da questa nuova notizia, ci sarebbe arrivato subito. Ma ora non riusciva a comporre il puzzle.

"Vuole mettersi in contatto con te. Non pensavo mio figlio potesse essere così poco intuitivo. Cosa ti insegnano all'università" "Te l'ha detto lei?" "No ma-" "E come fai a dirlo allora." Ribatté più piccato di quello che intendeva.

"Intanto cambia il tono quando parli con me, non sono un tuo nemico. Secondo poi, chiamalo senso materno. So quando una telefonata è più di una telefonata. Soprattutto se è la prima dopo troppi anni per non significare qualcosa."

Per anni aveva desiderato un rapporto con la sua sorellastra. C'era stata una volta in cui cercò di avvicinarsi alla bambina dai capelli castano chiaro come i suoi. Ma l'umiliazione provata a causa dell'interferenza del padre l'aveva lasciato scottato. Ancora troppo piccoli entrambi non erano abbastanza autonomi per avere un legame al di fuori dai genitori, e per molto tempo anche il senso di colpa nei confronti di sua madre lo aveva fatto desistere.

Ma la testa di un ragazzino adolescente a cui era stato inculcato il senso di inadeguatezza, il riconoscimento solo nella carta di un suo genitore, gli avevano fatto credere di non voler essere colui che obbligava sua madre a scontrasi con un uomo, che aveva sputato veleno sulla loro vicinanza in città per anni.

Perso in tutti questi pensieri che gli annebbiavano la mente non si era neanche accorto di star ancora mescolando il caffè con il cucchiaino.

"Cosa sta succedendo nella tua grande testa dura?" "Cosa dovrei fare?" esitò prima di rispondere Ryan. "Ciò che ti senti sia giusto" "E se volessi provare a contattarla? Tu cosa-"

"Allora dovresti iniziare a seguirla in uno di quei tanti social che hai e poi magari chiamarla con il numero che mi chiederai."

"Saresti davvero contenta? Non ti darebbe fastidio?" "Perché mai dovrebbe darmi fastidi? è, e sarà sempre una tua decisione."

"Ci devo pensare." sospirò "Va bene io ti mando il numero lo stesso. In caso che ti venga voglia di scriverle" "Va bene" sorrise flebilmente anche se Jenny non avrebbe potuto vederlo.

"Ora devo prepararmi, ho lezione fra un'ora ti richiamo presto." "Va bene. Ricordati di farti sentire di più" "Si lo so." "Ti voglio bene."

"Ti voglio bene anche io" e riattaccò.

Lo schermo si illuminò una seconda volta in poco tempo con un messaggio da parte di sua madre dove, come promesso, era allegato il numero di telefono di Emily. Lo salvò subito per poi cacciarlo in fondo alla sua mente per tutto il giorno. Di quando in quando il pensiero sul da farsi ritornava in superficie, ma grazie alla sua mattinata impegnativa ed esigente riuscì a non pensarci più di tanto.

Arrivato a casa poco prima dell'ora di cena si fiondò a salire le scale ed ignorò i saluti dei suoi compagni di squadra.

Finalmente dopo dodici giorni dalla festa, Ava e Ryan si sarebbero visti quella sera.

A Ryan sembrava essere passata quasi un'eternità da quando l'aveva accompagnata a casa dopo quella serata. Lontani l'uno dall'altro quella sera si erano ritrovati a ripercorrere le immagini di quel ritorno.

Con entrambi che si stringevano nei cappotti, Ryan con le mani nelle tasche ed i capelli castani coperti dal cappello da baseball, inclinava il viso mentre la guardava. Il sorriso solare che gli compariva ogni volta che si parlava di sua madre e la fossetta al lato destro del labbro che gli spuntava.

L'indecisione dell' arrivederci, l'esigenza di salutarsi con un abbraccio ma l'esitazione di un rapporto non del tutto stabilito. Se non l'avesse vissuto in prima persona, avrebbe detto che quei momenti fossero stati presi dall'illustrazione di una palla di neve. Con le foglie colorate d'autunno al posto dei fiocchi ma che nonostante ciò, era ferma nel momento che ritraeva la magia di quel legame agli inizi della fioritura.

Alla fine si erano scambiati i numeri e congedati poi, con Ava che prese coraggio per un bacio sulla guancia. Consentì al ragazzo di avvolgerla per qualche secondo con il braccio libero dal tutore.

Il "Ci vediamo" detto da Ryan quando si stava allontanando tenendo lo sguardo fisso su di lei. Non lo distolse nemmeno un secondo e per questo, quasi inciampò sul gradino del marciapiede.

C'erano state numerose telefonate da quell'arrivederci, chiacchierate notturne e addirittura partite a scarabeo online. Si erano fatti così tante risate durante le partite al computer. Quando Ava si staccava dai libri era quasi sempre troppo tardi ed i locali erano chiusi. Perciò una sera nel silenzio della notte nella camera di Ryan con dall'altra parte della linea Ava, andando a ripescare una delle loro prime conversazioni, lo sfidò a carabeo.

Una cosa era certa, entrambi erano troppo competitivi per fermarsi alle prime tre partite, e finivano sempre a fare le ore piccole.  

Ci vollero più giorni di quanto Ryan si sarebbe aspettato per il loro appuntamento ma almeno sapevano di avere una buona comunicazione. Nonostante si sentisse sicuro dell'interesse reciproco, un po' di dubbi gli erano sorti sul perché lei rimandasse sempre. Scherzandoci, le aveva anche confessato quelle preoccupazioni.

"Non è che non vuoi uscire con me e non sai come dirmelo?" scherzò disteso sul letto un paio di sere dopo l'inizio delle loro chiamate

"Non pensarlo minimamente" gli rispose "Ho solo tanto a cui pensare, tra esami e crediti da raggiungere in poco tempo, mi sembra uno sforzo persino fermarmi per bere dell'acqua" continuò Ava.

"Non sai quanto mi rilassi sentirci la sera, mi piacerebbe davvero uscire ma nella fortunata occasione in cui trovassimo un locale aperto, avrei paura di addormentarmi al tavolo prima che qualcuno riuscisse a prendere il nostro ordine."

"E sarebbe una cosa negativa, perché?" "Come perché? Sei pazzo! Se mai dovessi addormentarmi in pubblico ad un appuntamento preferirei non svegliarmi più. Sarei così mortificata che scapperei dal paese"

"Non che tu non lo abbia già in programma" sottolineò. "Si beh in questo caso sceglierei un posto in cui farla finita" rispose.

Quella sera Ava l'aveva passata seduta davanti la porta porta del bagno con il laptop sulle ginocchia ad ascoltare la voce di Ryan dall'altra parte del telefono.

"Non è così tragica"
"Oh sì che lo è invece. Non dirmi che tu ti sei addormentato con una ragazza davanti a te"

"No in effetti di solito sono aggrappate a me quando mi addormento" disse d'impulso, pentendosi il secondo dopo di averlo fatto uscire.

"Non ci credo che tu l'abbia davvero detto" si coprì gli occhi come se qualcuno in quella stanza deserta, di notte, avesse potuto scorgere il suo imbarazzo.

"Nemmeno io. Suonava meglio nella mia testa" si passò una mano sul viso Ava mentre soffocava le risate dallo scoppiare.

"Comunque se ti facesse sentire meglio, è normalissimo addormentarsi quando si è vicini a qualcuno, soprattutto se ci si fida. Quando si sta vicini il corpo rilascia ossitocina che viene chiamato anche 'l'ormone delle coccole'. Sarebbe un buon segno se ti rilassassi così tanto quando sei con me"

"Come rendere romantica l'ossitocina guida di Ryan O'Connell." "Hai ragione, dovrei scriverci un libro" "Tutto bello e carino ma l'hai detto solo per farmi dimenticare la tua battutina."

Lui seduto in soggiorno nell'ombra più totale venne scosso da una leggera risata. Gli stava già dando troppo potere sul suo umore si ripeté Ava. Doveva mettere un freno al rubinetto di emozioni che la pervadevano ogni volta che parlavano, si disse."Mi hai scoperto" ammise Ryan.

Dal canto suo neanche il ragazzo era riuscito a ripulire la sua agenda per passare in biblioteca, dove era sicuro, l'avrebbe trovata china sui libri. Era stato occupato mattina e sera con le sedute di fisioterapia, recuperi e poi l'organizzazione per la partita di beneficenza. Ma per fortuna si sarebbero rivisti quella sera. Aveva in mente di portarla in un posto nella piccola cittadina lì vicino che sembrava essere uscito da una favola.

"Quindi hai deciso che ti metterai stasera?" Shannon si lasciò cadere sul letto alle spalle di Ava  troncando quella reminescenza che aveva sentito vicino. Si stava ammirando allo specchio, senza avere ancora idea su cosa indossare.

Dopo il confronto avuto prima della festa, le due ragazze non erano più tornate sull'argomento. Per il primo giorno si erano ignorate a vicenda fino a quando, dopo il terzo giorno Shannon non era andata da lei offrendole del cibo come regalo del pentimento. Avevano passato delle serate a guardarsi serie tv senza parlare, condividere cene e pasti, ma un alone di disagio si poteva ancora percepire nitidamente.

"Non ne ho la più pallida idea. Vorrei vestirmi carina, ma non voglio dare l'impressione di aver passato giorni a pensarci" "Che è totalmente quello che tu non hai fatto." La sbeffeggiò accentuando il 'non' della frase. "Devo solo sembrare, non essere la verità."

"Dove andate?" "Non so. Mi ha lasciato all'oscuro di tutto. Ha detto di voler organizzare tutto lui." "Mmh romantico" "Vero!" esclamò Ava con ancora un appendino in mano. "Oppure da psicopatico. Siamo sicuri non sia uno stalker che ti porterà in un campo abbandonato per ucciderti e lasciarti marcire li." "Grazie Shan, sei molto d'aiuto" borbottò intanto che prendeva un appendino dall'armadio.

"Dai fattela una risata. Andrà bene" "Lo so non è quello il problema" si girò su se stessa per far vedere all'amica il capo nelle sue mani, lei scosse la testa ed Ava lo rimise al suo posto.

"E quale sarebbe?" "Che sta iniziando a piacermi più del dovuto" "Tesoro non farti nessuna aspettativa. Soprattutto perché non credo tu voglia sprecare così tante preoccupazioni verso una cosa che non ha futuro o no?"

"E questo da dove esce?" si voltò Ava "Cosa?" "Ciò che hai appena detto." "Perché non è la verità?" I capelli ricci di Shannon che prima le coprivano il volto si spostarono, mostrando il sopracciglio alzato. La noia era chiara nella sua voce, quasi come se dovesse essere scontato.

Non riscontrando risposta da Ava la riccia continuò: "Fra pochi mesi tu te ne andrai per un anno e lui si laureerà, non sai neanche se lui rimarrà qui o meno. Non sono esattamente dei buoni presupposti da cui cominciare" "Non ci ho pensato. Ci vedremo oggi per la quarta volta. Sono interessata ma non fino a quel punto. Non è che mi ci vedo sposata la prossima settimana" ribatté piccata.

"E questo dice che sei sana. In più vi sarete pure visti solo tre volte ma avete passato serate intere al telefono. Lo so perché ci ho perso il sonno." "Non è la stessa cosa, e ti ho già chiesto scusa." obiettò sulla difensiva. "Se lo dici tu" tornò a guardare il telefono Shannon.

Ava ignorò quello scambio di battute pieno di risentimento con la coinquilina. Non si sarebbe fatta condizionare un'ennesima volta. Non dopo l'uscita dell'ultima volta sul suo rapporto con Lex. E poi era troppo presto per fasciarsi la testa su qualcosa che sarebbe potuto finire in due giorni.

"Dico solo di parlare delle vostre intenzioni sin da subito. Nessuno ti da la certezza che per lui sia una cosa seria. Lo conosci così poco che lui potrebbe letteralmente andare in giro a flirtare con orde di ragazze ogni weekend" Ava sbuffò.

"Non capisco perché tu debba pensare a questi scenari quando nemmeno io mi sto facendo questi castelli" "Ma se hai appena detto che ti sta iniziando a piacere più del dovuto ed è un problema! L'hai definito tu così."

Lasciò cadere il telefono sul materasso per mettersi seduta.

"Si e avrei voluto che tu ti fermassi a 'vivitela' non continuare ad elencarmi ogni possibile opzione negativa""Sto cercando di darti un'altra chiave di lettura" "Che nessuno ti ha chiesto" "Che le amiche si danno quando tengono all'altra" la incalzò la riccia.

"Tenevi a me anche quando mi hai dato buca e mi hai invitato a tornare con il mio ex? Era anche quella una chiave di lettura? In quel caso non sarebbe stato sprecare il mio tempo prima di partire per la Francia?"

"Fai davvero? Non ne abbiamo parlato per giorni e lo riporti proprio il giorno in cui hai un appuntamento?" "Lo riporto perché mi ha ferita!"

"Ti ha ferita ma allo stesso tempo è il motivo per cui hai un appuntamento stasera. Credi che se ti avessi accompagnato vi sareste avvicinati così tanto?" "Quindi adesso è tutto merito del tuo geniale piano pensato in anticipo? Dovrei ringraziarti per caso?" Tanto era il nervosismo che scosse Ava, che i vestiti prima tra le sue mani, caddero sul letto, come se la sua presa fosse diventata di burro.

"Guarda Ava lasciamo stare che dici?" "Come vuoi" sospirò e scosse la testa prima di entrare in bagno a provarsi il vestito.

Un vestito dopo l'altro diventarono lo sfogo per la sua frustrazione. Cadevano lanciati sul letto dopo averli provati e successivamente scartati. Shannon di quando in quando alzava gli occhi dal cellulare ma non faceva altro che rimanere in silenzio a vedere Ava perdere la testa.

Si era fatto tardi, in meno di quindici minuti Ryan sarebbe passato a prenderla  e lei non aveva ancora deciso cosa si sarebbe messa. Ogni capo che prendeva e rimetteva in armadio controllava l'ora e la sua ansia stava crescendo sempre di più.

"Ti posso aiutare?" la voce di Shannon la destò. Si girò a guardare l'amica e con lo sguardo basso, attento a non incrociare quello della riccia, annuì. "Allora" si alzò dal letto per raggiungere la bionda davanti alle ante bianche. "Prima cosa. Pantaloni, gonna o vestito?" "è questo il problema non lo so!" esclamò. "Allora, le parigine se ne vanno" "Perché?" "Perché è arrivata l'ora di cambiare" esclamò.

"Questa!" squittì Shannon. Tirò fuori dall'armadio una gonna lunga lucido panna, molto semplice e morbida che avrebbe seguito la sua figura. "Con," ispezionò i cassetti "questo maglioncino. Elegante e Casual allo stesso tempo" indicò il maglioncino color cannella. "Va bene" accettò l'appendiabiti poco convinta. "Mettiti un rossetto rosso e sarai perfetta." Dovette sbrigarsi ed appena appoggiò il rossetto al suo posto il cellulare lasciato sul lavandino, vibrò.

"Sono fuori. Verrei dentro ma Oliver non mi fa entrare."

Trattenne un sorriso e senza distogliere gli occhi dallo schermo andò verso l'uscita. Oliver era l'agente di sicurezza addetto al suo padiglione, non avrebbe mai fatto entrare qualcuno che non fosse nella lista approvata dai supervisori. Solo i residenti o alunni resi noti da questi ultimi erano permessi negli alloggi. "Arrivato?" domandò l'amica mentre Ava si infilava le scarpe ai piedi.

"Si, è all'entrata" si alzò dal letto pronta ad uscire. Con le chiavi e la borsetta in mano, si avvicinò alla maniglia della porta. "Ava", la richiamò Shannon, "sono felice per te. Goditela"  la bionda accennò niente più di un sorriso e poi uscì.

La ragazza si chiuse la porta alle spalle e con un leggero brivido di eccitazione a percorrerle la schiena raggiunse l'uscita dove lo vide.

Lui non si era accorto dell'arrivo di Ava e lei sfruttò quel breve momento per studiare la sua figura. I capelli castano chiaro gli adombravano la fronte, china a guardare il telefono in attesa.

Per la prima volta lo vedeva senza il solito cappellino ed il tutore che aveva tolto solo tre giorni prima. Finalmente poteva ammirarlo in uno stile molto distante dal solito abbigliamento sportivo a cui era abituata. La maglia a maniche lunghe nera evidenziava le braccia e le sue spalle larghe, inoltre senza farlo apposta i pantaloni bianchi a sigaretta del ragazzo si abbinavano alla sua gonna.

"Ei scienziato pazzo" lo salutò. "Ei avventuriera" Aprì le braccia ad accoglierla in un saluto e lei si addentrò solo per dargli un bacio sulla guancia. "Qualche premonizione per stasera." "Potrebbe essere" "Ah si?"

"Già" si inumidì le labbra distese in un ghigno.

I due giovani si diressero verso il parcheggio senza spingersi a contatti fisici durevoli. Sebbene si erano trovati a proprio agio dalle parti opposte delle chiamate, in persona, uno di fianco all'altro, sembravano due cubetti di ghiaccio appena tolti dal freezer.

"Quindi, dove stiamo andando di bello?" spezzò il silenzio Ava con le mani in un groviglio di agitazione che andava sfogata. Non capiva la ragione di tanta insicurezza, non era la prima volta che uscivano insieme. D'altronde erano stati da soli tutto il tempo la sera della festa.

Forse era perchè si trattava del suo primo vero appuntamento, dopo la rottura con Lex. Era stata così tanti anni aggrappata ad una relazione insoddisfacente che non ricordava più come comportarsi.

"Spero ti piacerà." "Se non mi dici qual è la destinazione come faccio a dirti se mi piacerà?" "Una volta lì, mi basterà guardare la tua espressione" "Così sicuro di potermi leggere con tanta facilita?" lui annuì "Come un libro".

Arrivati alla macchina grigio scuro del ragazzo, Ryan aprì la portiera ad Ava. "Signorina" indietreggiò per farla entrare. "Che gentiluomo" Abbassò lo sguardo, alzandolo solo quando capì cosa si trovava all'interno del veicolo, nel sedile del passeggero.

"Sono per me?" Chiese "Si, ho pensato ti avrebbero fatto piacere" Ryan le aveva fatto trovare un piccolo contenitore con dei brownie al suo interno. "Ryan, non so davvero che dire. Certo che mi piacciono. Grazie" Si accomodò sul sedile e poco dopo partirono alla volta di un posto ad Ava sconosciuto.

Una manciata di canzoni dopo passate in sottofondo ed altrettanti discorsi iniziati nel disagio dei due, come se fossero due perfetti sconosciuti con niente in comune, cosa già appurata non essere realtà, Ryan imboccò una stradina di sassi. "Ho pensato," rifletté ad alta voce con le mani sul volante a fare manovra. "Che se andrai in francia ti converrebbe sapere un po' di più sulla sua cucina. Sai il cibo è la prima cosa che potrebbe rovinarti la permanenza lì."

Dopo l'ultima svolta presa da Ryan, di fronte ai due,apparve un insegna in corsivo rosa. Il "Courtois" era un ristorante non molto lontano dal campus. In una strada che conduceva in una variegata fusione di culture, era l'unico locale che serviva piatti ideati da uno chef francese.

"é un'idea davvero stupenda! Ci hai pensato davvero tanto a questa serata!" "Dovevo fare colpo su una ragazza piuttosto pignola" le porse una mano una volta aperta la portiera.

"Pignola dici? La conosco per caso?" "Potrebbe essere." Ava accettò l'offerta e Ryan chiuse lo sportello dietro di lei. "Ma non dirle che te l'ho detto, mi faresti perdere dei punti ai suoi occhi" le ammiccò. "Ah è così. Quindi mi stai usando solo come uscita di prova?" ricercò il braccio di lui la bionda appoggiandosi a lui. Preso di contropiede gli occhi di lui guizzarono verso di lei che ricambiò con un sorriso. "Fidati, sei tutto tranne un'uscita di prova"

"Quella ufficiale quindi?" lo incalzò.

Lo stabile era diviso dal parcheggio immerso nella vegetazione, da sponde di un piccolo corso d'acqua ormai essiccato che obbligava i clienti ad attraversare il piccolo ponticello per raggiungere l'entrata.

All'esterno erano sistemati pochi tavoli con lanterne e candele poste sulla superficie che creavano un'atmosfera immersiva ed intima, soprattutto una volta. All'interno altrettanti pochi tavoli da due, massimo tre persone, erano disposti ordinatamente nella sala. Il locale non permetteva una numerosa clientela nello stesso momento.

Accompagnati dalla cameriera che li accolse con un sorriso cordiale in volto, si accomodarono nel quinto tavolo nel fondo della sala. Rumori bianchi alloggiavano dalle casse e lo stile intimo, e quasi altolocatamente fiabesco del "Courtois" li ospitò.

"é bellissimo!" si guardò intorno Ava. "Come l'hai scoperto?"

"Preferisci la risposta più intrigante o la più noiosa?" "Intrigante dici?" afferrò uno dei menù sul tavolo. "Si beh" puntellò i gomiti sul tavolo intrecciando le mani.

"Era una mattina uggiosa e durante la mia corsa mattutina ho visto questo spettacolo. Ed era d'obbligo portarci un altro spettacolo." Poggiò il mento sulle mani conserte.

"Sarei io l'altro spettacolo?" Sorrise Ava e lui annuì. "E la versione noiosa sarebbe?"

"Ho semplicemente chiesto a mio cugino." Si guardo intorno il ragazzo "L'ultima volta ho scoperto il tuo amore per il vino rosso e qui ne servono di buonissimi."

Era sorprendente quanto di quell'appuntamento fosse stato pensato a misura di Ava. Nessuno l'aveva stupita così tanto. Si sentiva quasi in imbarazzo ad essere ricoperta da tutte quelle attenzioni.

Il ristorante si rivelò una strabiliante meraviglia. E la serata trascorse troppo veloce da perdere completamente la cognizione del tempo. I due caddero in un'armonia piacevole. Una delle più grandi paure di Ava prima di quell'appuntamento, era la possibilità di non avere argomenti di cui parlare, o per lo meno una conversazione faticosa. Alla fine le sue preoccupazioni risultarono inutili.

Non c'erano minuti di silenzio, e quando incombevano i loro sguardi parlavano per loro. Erano passati dal discutere dei loro anni al liceo, ai loro cartoni preferiti quando erano piccoli ed ancora; dal mostrare foto della fase da maschiaccio di Ava, al ridere per il racconto delle disavventure dei cugini O'Connell.

Si ritrovarono ad uscire dal 'Courtois' solo una volta che il sole era tramontato del tutto e Ryan le lasciò il cappotto a circondarle le spalle. Una volta riaccompagnata al campus si trattennero qualche momento in più nel parcheggio.

"Allora qual è la valutazione dell'esperta? Sai ho davvero bisogno di fare colpo", le chiese scendendo dall'auto.

"Riguardo l'appuntamento dici?" lui annuì. "Sono tutt'orecchi"

"Tutto molto ben organizzato", Si appoggiò alla portiera della macchina a braccia incrociate, "dovresti però ancora migliorare qualcosina" . "Ah si?" "Già"

"Vai, ti ascolto" "Sicuro?" lui annuì nascondendo le mani nelle tasche.

"Allora il posto era bellissimo. Quindi decisione azzeccata. Però ti sconsiglierei di portare più ragazze nello stesso posto. Sai, nel caso parlassero tra di loro."

"Non ci sarà questa possibilità" annuì compiaciuto. "Ah si?" si passò una mano tra i capelli lei mentre Ryan con gli occhi fissi sui suoi si avvicinò di un passo. La ragazza sciolse le braccia così a lasciarle cadere ai fianchi, e lui di riflesso le tolse dalle tasche.

"Tu però" iniziò Ava intrecciando le dita, solo due ma abbastanza per avere un contatto, a quelle di Ryan. "Hai ancora del lavoro da fare." "Ah davvero?" inclinò leggermente la testa con un leggero sorriso ad illuminargli il volto.

"Per esempio", Il cuore le batteva all'impazzata, la tensione la abbracciava e la vicinanza sembrava non bastarle mai. "Rendere chiare le tue intenzioni. Cosa succederebbe se vi capiste male e magari, tu volessi qualcosa di serio e lei invece no?" Inconsciamente le dita dei due si rincorrevano non desiderando mettere fine a quel contatto.

"Io voglio tutto ciò che vuoi tu." "Davvero?" rantolò in un respiro quasi mozzato dall'emozione. Ryan annuì accorciando la lontananza, a quel punto, quasi inesistente tra di loro."E un'altra cosa", ormai Ava si ritrovò a sussurrare. "Dovresti starle più vicino durante l'appuntamento. Una ragazza ha voglia di sentirsi desiderata"

"Sei sicura? Non è che poi mi fai fare la figura del pervertito?" "Diventi un pervertito se la ragazza non ricambia, ma te ne dovresti accorgere se la ragazza in questione ricambia l'interesse. Non credi?" Ava portò la mano libera prima, a sistemare il ciuffo del ragazzo e poi, la lasciò cadere sul suo petto.

"Visto che stiamo affrontando i difetti del nostro appuntamento penso sia più che giusto ricambiarti il favore, non credi?" "Vuoi darmi dei consigli per il prossimo appuntamento che avrò?"

"Proprio così."Ammise. "Solo se il prossimo sarà con me" dichiarò Ryan.

"Beh vedremo che cosa avrai da dire prima."

"Ho solo una cosa da contestarti." "Solo una? Non farti pregare allora." Lo incalzò.

"Vedi", lo sguardo del moro scivolò verso le loro dita intrecciate, "con un ragazzo è meglio che tu sia diretta. Se vuoi una cosa, dovresti dirlo esplicitamente e non nasconderti dietro un dito." "E cos'è che vorrei Ryan?" lo provocò in tono canzonatorio. "Secondo me?" Chiese il ragazzo ed Ava annuì.

"Vorresti starmi attaccata. Proprio come ora" "Addirittura?" "Una fra le tante cose, si" "Fra tante? Cos'altro vorrei?" "Questo dovresti  dirmelo tu. Ti ho detto che devi essere più diretta" Gli occhi nocciola di Ryan caddero ad ammirare le labbra della ragazza.

Lui si abbassò verso di lei, ed Ava lo incontrò a metà. Il ragazzo era avvolto dal profumo di lei e con il volto nascosto nell'incavo del suo collo, le lasciò un bacio troppo casto.

Lei era percorsa dai brividi, intanto che il respiro pesante di Ryan la sfiorava, nel percorso di carezze delicate della punta del naso. Partita da poco sotto il lobo dell'orecchio, per tutta la mandibola, fino ad arrivare alla clavicola. Ava si aggrappò a Ryan invitandolo ad avvicinarsi maggiormente.

Ma poi, l'intesa e la tensione, quell'emozione che confessava tutt'altro tipo di desiderio, venne infranta da rumore di rotelle in lontananza. Un inserviente ad alcuni metri di distanza dai due ragazzi stava buttando via la spazzatura. Proprio in quel momento.

Ryan ricacciò le mani dentro le tasche e fece un passo indietro. Ava avrebbe giurato di vedere del rossore sorgere nelle guance del ragazzo. Ma non era certa, non sotto le poche luci ad illuminare il cielo scuro.

Così i due si allontanarono. E Ryan riaccompagnò Ava fino all'entrata del dormitorio.

Cari lettori, ᥫ᭡
se siete arrivati a questo punto del capitolo, vi ringrazio. Grazie di cuore per aver dato alla mia storia una possibilità.
vi chiedo pazienza e vi assicuro (o almeno spero) che i miei personaggi vi toccheranno e raggiungeranno nel profondo.
I miei capitoli sono lunghi e lenti, come avrete potuto constatare, ma più avanti capirete il perché.
So che molte volte questo tipo di descrizioni, scene e dialoghi possano sembrare noiosi e spero con tutta me stessa che per voi non lo siano. Come obbiettivo mi ero prefissata di farvi sentire la tensione tra i due ma soprattutto l'intesa. ...
Se vi va, non siete obbligati in nessuna maniera, lasciatemi una stellina e qualche commento per farmi sapere come sta andando la vostra lettura e come me la sto cavando
Spero abbiate passato delle belle feste. Grazie ancora e al prossimo capitolo.
-Dairine ᥫ᭡

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