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Capitolo 4: The Fourth Glass Of Wine

Nelle ultime parole di Ryan, Ava non riscontrò bugie.

Una volta arrivati in mezzo alla folla la ragazza si accorse immediatamente della sua poca coordinazione. Tralasciando la rigidità dovuta al tutore, il moro cercava di ricreare le mosse più mainstream ma falliva miseramente concludendo con il dare vita a movimenti meccanici e senza senso.

Sembrava come se qualcuno si fosse appropriato del suo corpo per ridicolizzarlo. Una marionetta rigida ed alle prime armi. Ripensandoci addirittura il padre quasi sessantenne di Ava, era meglio. Questo voleva dire che persino la danza da robot rotto era più coordinata delle gambe del giovane davanti a lei che sembrava avere due piedi sinistri. E si chiedeva come fosse possibile fare uno sport ma essere comunque così scoordinati. Più lo guardava più rideva.

In mezzo alla calca, con i fianchi che seguivano il ritmo della musica, buttò indietro il volto per liberarsi di una risata gioiosa che contagio persino Ryan.

Lui, aiutato dalla birra in circolo, raggruppò il coraggio si decise a fare una mossa. Voleva davvero fare colpo su di lei. Certo non aveva la certezza di interessarle come più di un amico ma se non avesse agito, si sarebbe dovuto accontentare di rimanere etichettato come tale.

Le prese la mano e la fece girare su se stessa fino a farle scontrare  la schiena al suo petto. Ancora scossa di risate Ava si appoggiò a Ryan che seguiva i movimenti di lei. Spensierata ancheggiava seguendo il ritmo della musica. E quando il genere cambiò loro si adattarono alle melodie più tranquille e classiche delle pop ballad. Attaccati l'uno all'altra con lei che poggiava la nuca sul suo petto.

Quando arrivò il momento di allontanarsi dalla calca per prendere un po' d'aria, la ragazza afferrò la mano libera di Ryan con cui, dopo un suo cenno di assenso, ripercorsero la strada tra la folla questa volta, con lei al comando. "Spero almeno per te, che tu sia davvero meglio di quanto dici a baseball che nella danza" "Avevi promesso!" protestò bonariamente.

"Ops, perdonami mi sono proprio dimenticata." Esclamò con occhi vispi ed una mano portata alla bocca. "Non ci credo!"

Appoggiò i gomiti alla credenza della cucina alle sue spalle aggiustandosi al livello dello sguardo della ragazza. "Ma ti perdono" reclinò il volto verso il lato dove Ava si trovava.

"Se fossi in te ci penserei due volte. Voglio davvero sapere se sei così scarso pure a baseball." Lo stuzzicò trovando sostegno nello stesso ripiano in cui il ragazzo puntellava i gomiti.

"Più che capace in realtà." "Sembri così sicuro"

"Perché lo sono." Alzò il mento con fare orgoglioso e lo sguardo compiaciuto. "E dimmi," Un accenno di frase uscì dalle labbra della ragazza e mosse un passo verso di lui accorciando la distanza tra loro, poco prima di venir fermata però, da un paio di ragazzi che si diressero verso di lui, creando un muro tra i due, come se non l'avessero proprio vista.

"Finalmente ti fai vedere in giro. " Esclamò il più alto dei due sistemandosi il ciuffo lungo che gli era scappato dal codino tirato all'indietro.

"Ei Dec" ricambiò la stretta di mano. "Che hai fatto al braccio?" indicò il tutore "Storia lunga." A disagio gli occhi chiari della ragazza li osservavano mentre Ryan riservava un sorriso flebile e poco più che accennato ai due. "Spero per te che però giocherai la prossima stagione vero? Non ho bisogno di rivivere l'incubo dell'anno scorso" "Se i piani non cambiano non hai di che preoccuparti"

Non distogliendo gli occhi dai ragazzi che procedettero a fargli domande: sul campionato, il coach e la squadra, il ragazzo protese la mano verso Ava che in disparte ascoltava la loro conversazione non sapendo davvero che fare. Se cercare un modo per introdursi a chiacchierare o lasciarli fare. Era una ragazza di per sè molto estroversa ma non trovava educato intromettersi in una conversazione che non era rivolta a lei.

Ryan fermò i pensieri della giovane sul nascere quando le offrì la mano ed una volta che lei la accettò, la attirò a sè. Il gesto non passò inosservato. E come avrebbe potuto se per avvicinarla, lei era dovuta passare in mezzo ai due ragazzi che le stavano dando le spalle. "E questa bellezza chi sarebbe?" "Ava, piacere" allungò la mano.

"Declan. Piacere di conoscerti" gliela strinse il ragazzone con il codino.

"Finalmente ti sei sistemato pure tu!" Si congratulò l'altro con una pacca sulla spalla del ragazzo al suo fianco, senza calcolare minimamente la bionda o presentarsi. Lei in soggezione sorrise cordialmente. Ryan voleva fargli credere di essere finalmente impegnato o avrebbe voluto che lo correggesse? Magari era una di quelle situazioni in cui la confidenza non era tale da avere l'esigenza di rettificare errori del genere. Diverso era il caso se i tre fossero stati uniti.

Tuttavia se fosse stata quella specifica circostanza, avrebbero saputo che l'aveva invitata poco più di tre giorni prima. O non ne aveva parlato con nessuno?

"Parli come se lui avesse quarant'anni e una vita da scapolo alle spalle!" esclamò l'altro. "E poi ti pare il caso di mettere a disagio una ragazza così?" "Ma che ho detto di male?" "Non ti hanno mai insegnato a non dare voce a tutto quello che ti passa per la testa, vero Max?"

"Dec sta solo facendo l'ipocrita" ,si rivolse a Ryan e Ava, "pure lui vuole saperlo. Ha solo paura di aver perso la scommessa con Brody" indicò il compare.

Ryan scosse la testa e controllò la reazione della ragazza, i cui occhi guizzarono verso di lui. "Ancora dietro quelle cagate?" "Che scommessa?" chiesero quasi contemporaneamente con, tuttavia, due tipi di sfumature differenti. Se il primo scuoteva la testa con gli occhi rivolti verso il cielo, che poi si premurarono di fulminare il ragazzo bassetto davanti a Ryan. Lei passava gli occhi tra i tre ragazzi come se stessero parlando una lingua di cui lei non aveva nessuna nozione.

"C'è una sorta di storia per cui ogni atleta nel loro anno da senior incontrino una ragazza. In tal caso se diventa una cosa seria, il giocatore si ritiene arrivi sicuramente a  giocare nei pro." Iniziò a spiegare Declan. "Quindi si scommette quale dei senior inizieranno una relazione seria prima di laurearsi."

"Beh era iniziato per riconoscere le brave ragazze dalle, si sai, le scalatrici."

Come se fosse necessario e non bastassero le sue parole, sottolineò il sottotesto delle sue parole. Forse pensava che fosse un concetto troppo elevato e celato a molti, tanto che senza il movimento ripetuto delle sue sopracciglia che rimbalzavano più di una pallina da ping pong, nessuno avrebbe colto il preciso stampo di scalatrice.

Gli mancava solo mimare una scalata per essere più imbarazzante. "Insomma avete capito" "Max!" Borbottò Ryan. "Io ho scommesso su Ryan ovviamente." "E Ryan non ne vuole avere niente a che fare" lo ammonì lui.

Ryan sospirò ed avvicinando Ava a sé, le accarezzò il fianco opposto riuscendo a passarle il braccio sano dietro la schiena. Si abbassò e sospirò vicino al suo orecchio. La colonia di Ryan la avvolse e quasi istintivamente la sua postura dapprima rigida che emanava imbarazzo e disagio, si rilassò porgendosi verso l'avambraccio del ragazzo.

Sentiva lo sguardo del bassetto su di lei nonostante Declan lo stesse riprendendo con un'occhiata micidiale. "è una stronzata non farci caso, sul serio. Nessuno ci da davvero tanta importanza." "Non è proprio-"

"è stato bello rivederti." La voce di Declan sormontò quella di Max. "Anche per me" lo ringraziò silenziosamente Ryan. "Non volete darci più dettagli? Tipo da quanto state insieme o come vi siete incontra-" "Max lasciamo i due piccioncini soli." Borbottò fra i denti per poi spintonarlo verso l'altra stanza. "Vuoi vincere quella scommessa no?"

"Scusa se ti ha messo a disagio, non volevo accadesse. Certe volte Max è senza filtri. Sopratutto quando è mezzo brillo. Non mi diverte molto passare le serate con lui così." Ancora vicini, lei alzò lo sguardo e da sotto le ciglia gli sorrise. "Non scusarti per qualcosa che non hai fatto tu."

"Birra o vino?" "Ah proprio così dal nulla. Quanto hai intenzione di farmi bere stasera?" Ava si spostò così da avere il ragazzo frontalmente e non più al lato; come a tornare nella stessa posizione in cui si trovavano prima di essere interrotti. "Tanto quanto riuscirai a reggere." Sorrise.

"E quale sarebbe il tuo obiettivo?" Con la mano del ragazzo ancora sul fianco, lei avanzò di un passo verso di lui. "Farti vivere la serata migliore della tua vita" "Addirittura. E ti serve ubriacarmi per farmi stare bene? Sei così disperato?" Ava poggiò una mano sul torace di Ryan "No donna di poca fede." Sorrise compiaciuto

"E come pensi di fare allora?" lo incalzò lei. "Per quanto ti possa sembrare assurdo, ti informo che ho anche dei contenuti, oltre alla bellezza ovviamente"

Sebbene il continuo rumore di sottofondo nella cucina procurato da: insiemi di chiacchiere, risate ed altri rumori del via vai proveniente dalla porta tutto attorno ai due, l'atmosfera aveva acquisito un sentimento di intimità ed elettricità. Erano immersi nel loro gioco di sguardi ed il solo contatto tra i due ancora casto.

Lui si sentiva il cuore pesante da quanto lo sentiva battere e lei, proprio nel punto in cui era poggiata la mano del moro, percepì irradiarsi scariche elettriche simili a formicolii.

"Tante tante chiacchiere" E lui non dovette nemmeno aspettare per sapere di voler accettare la sfida: "Tu scegli tra vino e birra e vedrai." Con occhi attenti lo scrutò, si fece sfuggire un leggero sorriso e rispose: "Se il vino è un'opzione, assolutamente vino" si inumidì le labbra lei.

"Vado a prenderne uno buono. So dove lo nascondono. Mi aspetti?" Ava si morse il labbro ed annuì. "O se vuoi puoi intanto prendere una boccata d'aria nel retro. C'è una sorta di giardino con delle sedie e una panchina. Possiamo sederci a bere lì se ti va. Così magari c'è più calma e meno gente" "Ok certo" riuscì a dire.

Si divisero mentre lui scendeva le scale verso la taverna della casa a recuperare il vino, lei si diresse verso il giardino nel retro. Il cortiletto posteriore era illuminato da delle luci che pendevano dai rami dei piccoli alberi intorno, lasciati lì dalla festa del quattro Luglio. Quando alcuni dei membri rimasti in zona si erano ritrovati per festeggiare insieme. Al centro si trovava un tavolo da pic-nic di legno ed alcune sedie di plastica sparpagliate, quelle sopra le quali durante le sere d'estate si passano ore ed ore a parlare.

Quei momenti sola le lasciarono il tempo di respirare l'aria fresca di una serata di  ottobre. Il punto in cui Ryan aveva posato la mano lo sentiva ancora formicolare ed il cuore battere all'impazzata. Da quanto non si sentiva così? Forse troppo. Si sedette e si portò le mani alle guance calde.

Si era dimenticata quanto quella sensazione desse alla testa. Avrebbe potuto iniziare a ridere in quel preciso momento da quanto si sentiva leggera. Si passò una mano tra i capelli ed esalò un respiro per calmare il battito incalzante del suo cuore.

Poco prima di farsi strada verso la ragazza che ad occhi chiusi alzava il volto verso la luna, si volle godere qualche secondo la vista di lei in un momento di solitudine. Ava poco dopo, scorse Ryan spuntare dalla porta con la bottiglia di vino ed un cavatappi in mano. "Dovrai darmi una mano. Questo non mi lascia molto margine di movimento" Appoggiò la bottiglia sul tavolo ridendo sotto i baffi. "Certo!" si alzò.

Tra intrecci di braccia e risate imbarazzate in qualche modo, che nemmeno i due riuscirono a capire furono in grado di togliere il tappo. 

"Quindi tu vivi qui?" disse "Si purtroppo." "Purtroppo?"

"Non fraintendermi la maggior parte delle volte ci sta ed è divertente vivere con la squadra. Ma siamo pur sempre venti ed è praticamente impossibile avere un p'ò di privacy. Mi sembra di essere tornato adolescente. Dovevo fare i salti mortali per starmene da solo anche per un secondo, senza preoccupare qualcuno di non star attraversando una crisi esistenziale"

"Ma avete un caminetto!" esclamò. Per Ava avere un caminetto era già abbastanza da scavalcare tutti gli aspetti negativi di una convivenza forzata con così tante persone. E lo sarebbe stato anche per Ryan, che non ne aveva mai avuto uno nel piccolo appartamento in città in cui era cresciuto, se gli fosse stata concessa almeno una giornata alla settimana di silenzio.

"Viene a malapena acceso" "Che spreco." Bevve un sorso dal calice per poi continuare.  "I miei nonni hanno una casa in montagna a West Colesville dove di solito passiamo tre-quattro giorni tutti insieme per il compleanno di mia madre. Mangiamo castagne davanti al fuoco e facciamo giochi da tavolo tutto il weekend. Se potessi vivrei lì e lascerei il camino acceso dal primo di ottobre in poi." 

"Bello! Ci andrete anche quest'anno?" "Credo di si. Dipende tutto da mio padre, se riesce a prendersi dei giorni da lavoro. Ma sarebbe importante per me farlo almeno un'ultima volta prima di partire per la Francia"

"Parli come se non avessi più intenzione di tornare" "Beh potrebbe pure essere!" ridacchiò "Non si sa mai cosa può succedere." "Ed i tuoi cosa ne pensano?" Chiese Ryan.

"Sono felici. Anche se già malinconici." Ava passò un dito sul gambo di vetro del bicchiere sovrappensiero. L'ultima conversazione con sua madre su questo argomento era stata pesante. "L'altro giorno ero al telefono con mia madre. Si è messa a piangere. E non c'è stato momento in cui avrei voluto abbracciarla, più di quello. é contenta nel vedermi sperimentare la vita per conto mio. Solo, ha quest'abitudine di pensare e ripensare su come ci ha cresciute, se ha sbagliato in qualcosa. Credo come tutte le mamme. Ma lei ha paura che io qui mi senta stretta e che voglia andarmene ma di questo continua a darsi la colpa"

"Ed è così?" "Non lo so in realtà." Ryan la osservava mentre giocherellava con l'anello al dito. L'aveva vista farlo più volte e di solito la mente di Ava si stava perdendo in un limbo di riflessioni.

"Questa città mi fa sentire stretta in effetti. Non è proprio la città in sè. Ma di sicuro non voglio che i miei genitori pensino sia colpa loro." Sospirò di nuovo ancora non sollevando lo sguardo dalle sue mani. "Non volevo impensierirti" Ava scosse la testa finalmente con gli occhi sul ragazzo.

"Non preoccuparti. Quello che mi spezza il cuore è di non poter dare loro una certezza. Mi vedrei a rimanere e stabilirmi permanentemente. So che per loro l'importante è vedermi soddisfatta di quello che faccio, ma io detesto non avere tutto pianificato. Quando hai una risposta a tutte le domande nella lista dei tuoi piani è tutto così perfetto." Si sistemò uno dei ciuffi biondi caduti davanti la fronte.

"Per lo meno avranno mia sorella sotto lo stesso tetto per ancora un anno prima della prossima preoccupazione" ridacchiò "Quanti anni ha?" "Sedici quasi diciassette il prossimo anno finirà le superiori." Fece spallucce lei. "Vorrebbe fare l'università qui" "Dille di scappare." esclamò Ryan. "Ci ho già provato a dissuaderla. Ma quando si mette in testa qualcosa è sorda peggio di un mulo"

"Tu invece da qui a cinque anni come ti vedi? O dove? Hai già un piede fuori l'università immagino tu abbia dei piani. Sai essendo già così vecchio" ridacchiò per poi prendere un piccolo sorso di vino.

"Ora mi dai pure del vecchio. Di questo passo mi verranno dei complessi" "Lo sai che scherzo" Ava sopresse un sorriso con ancora il vetro freddo appoggiato sulle labbra.

"é difficile da dire." Ryan si sistemò di modo da avvicinarsi alle gambe di lei e poi unire i piedi così che le ginocchia rimanessero piegate sopra la panchina.

"Vorrei puntare al professionismo", lei annuì. "Ma è una strada complicata. Oltre ad essere statisticamente complicato entrare nella percentuale ad avere successo ad alto livello. Il baseball è uno sport e come tale, fai affidamento sul tuo corpo. E qualsiasi minimo infortunio può fermarti. Quindi mentre cerco di rimanere positivo mi tengo aperti anche altri piani di riserva" "Come la scienza" "Come la scienza" annuì. "Ed i tuoi genitori cosa ne pensano?" Ava ripropose la domanda fattale da lui poco prima.

"Oh mia madre non vede l'ora. Oltre a ripetermi ogni due minuti che ci riuscirò, scherza ogni volta sul fatto che quando arriverò a giocare per la lega dovrò ripagarle tutti questi ventidue anni. Con dei tassi di interesse per la gravidanza, ovviamente." "Ovviamente!Più che giusto." "Ah si?" inclinò la testa divertito.

"Tuo padre invece?" per la prima volta il moro interruppe il contatto visivo con Ava e si passò una mano dietro la nuca. Sotto gli occhi curiosi della ragazza bevve un altro sorso fino ad appoggiare il calice sul tavolo e schiarirsi la gola.

"Non mi importerebbe. Non è molto presente" sollevò le spalle. Lui sapeva che sarebbe sembrato tutto il contrario, era cosciente di come il silenzio precedente fosse stato pesante o come lui si fosse visibilmente irrigidito. Nelle poche serate in cui si erano visti lui aveva percepito chiaramente la natura empatica di Ava, quindi non gli serviva nemmeno domandarsi se lei lo avesse notato. Perché lo aveva sicuramente fatto.

Dal canto suo Ava non si sarebbe scusata. Lei odiava quando le persone lo facevano con lei. Come avrebbe potuto sapere di star toccando un nervo scoperto? Ed ogni volta che qualcuno le rispondeva "scusa" o "mi dispiace" quando si parlava di Lex si sentiva guardata con compassione. Non credeva quindi, che dirlo avrebbe sistemato la situazione o l'avrebbe resa meno imbarazzante.

"Hai sempre saputo di voler arrivare al professionismo?" "Non esattamente," finì il liquido rosso nel calice prima di proseguire "Ho sempre giocato ma ho iniziato a prenderlo sul serio solo l'ultimo anno di superiori. Tutto merito del coach che mi ha spronato dal giorno zero." Sorrise perso tra i suoi pensieri

"Tu invece, quando hai capito di voler partire per l'Europa?" interruppe il silenzio Ryan. "Allora" sorseggiò assottigliando gli occhi per ritornare alla prima volta che il pensiero le aveva sfiorato la mente.

"Ho sempre amato viaggiare. Ma ho sempre pensato che avrei girato il mondo piano piano non che mi sarei ritrovata a stabilirmici per un anno. Verso la fine del primo semestre l'anno scorso ho riflettuto e mi sono detta 'perché no?'" Gesticolò animatamente Ava con la luce della pura soddisfazione ad animarle gli occhi.

"Cambiare ambiente mi sembrava la cosa più adatta. Iniziare a sperimentare anche fuori dal mio solito cerchio insomma.  Mi sono detta: non c'è niente di male. In più se non lo faccio ora quando lo farò? Non era un momento di quelli brillanti per me, e avevo bisogno di uno scossone. E lo scossone è arrivato a forma di torre Eiffel" finì il primo calice. "Come mai tosto?" si schiarì la voce il ragazzo.

"Mi sentivo perennemente poco motivata e molto irritata dalle persone attorno a me. Era come se dall'oggi al domani non fossero più le stesse di prima. C'erano continue tensioni, continue incomprensioni. Ciò che prima funzionava d'un tratto non funzionava più. Non so se ti è mai capitato?" "A dire il vero, no." Si inumidì le labbra lui.

"Non so come spiegarlo." Guardó il cielo sopra di loro cercando a tentoni il modo giusto di esprimere una percezione così puramente astratta: "è come svegliarsi da un sonno lungo anni e le persone con cui uscivi solitamente avessero un colore tutto diverso." "Colore di carnagione?" disse Ryan con un sorriso sornione a dipingergli il le labbra.

"Fai il serio" Ava scosse la testa, appoggiò poi il braccio sulla sua spalla e lo spintonò leggermente con ancora il grande sorriso sulle labbra. Non aveva esercitato molta forza, si era mosso solo di pochi millimetri, peccato che Ava avesse proprio dimenticato il tutore. Ryan aggrottò la fronte e si coprì la spalla con la mano come a fermare una fitta inaspettata.

"Oddio perdonami" si mise una mano davanti alla bocca "Hai bisogno che vada a prendere del ghiaccio?" si alzò. "Calmati" le prese le mani. "Sono un grande attore vero?" "Sei proprio un'idiota" increspò lievemente le labbra e si risiedette con ancora le loro mani incrociate.

Uno davanti all'altro lo spazio tra di loro era diminuito e Ava non avrebbe potuto spiegare a parole l'importanza dell'involontario contatto fisico crescente tra di loro.

"Quindi, persone che hanno un colore diverso. Spiegati perché davvero non so cosa voglia dire" Persino lei si sorprese della risposta del suo corpo a quella vicinanza così prematura. Non era abituata essere così fisica ma scoprì di esserne piacevolmente meravigliata.

"Forse è una cosa solo mia. Ma dopo un po' di tempo che conosco una persona mi piace associarle dei colori. Si lo so è strano." "Nah non direi. Vuoi un altro bicchiere?" Ava annuì. "Vai continua ti ascolto" la incoraggiò mentre versava altro vino nel calice.

"Comunque, da un giorno all'altro queste persone ai miei occhi avevano cambiato colore. All'inizio non volevo darci peso ma poi ero arrivata a non essere più in grado di sostenere i loro comportamenti o le loro scelte. E quindi ho pensato: forse quella ad essere cambiata ero io. E da lì, ho deciso che sarebbe stato il momento giusto di sperimentare nuovi ambienti. Con nuove persone magari."

"Ed hai deciso l'Europa" "Un po' estremo in effetti." sogghignò "Un po' dici!" si portarono il calice alle labbra insieme. "Nessuno era così sorpreso della mia decisione." Riflette ad alta voce. L'unica ad aver avuto una vera reazione alla notizia della candidatura era stata Shannon, ma era più per il fatto che non gliel'avesse detto prima di candidarsi che per l'effettiva partenza. "Neanche questi tuoi amici?" "No, non direi" scosse la testa.

"Sei ancora in buoni rapporti con loro quindi?" Inizialmente esitò ma poi spiegò: "è difficile da-" sospirò "forse è brutto da dire ma credo siano quei rapporti di convenienza e di vicinanza quasi forzata." Ryan la osservava mentre le sue mani accarezzavano delineando cerchi immaginari sulla pelle della mano di Ava. Il silenzio da parte del ragazzo spinse la bionda a continuare.

"Ok lo ammetto. Non è una cosa di cui andare fieri e credo di essere abbastanza egoista a tenermeli vicini solo quando mi servono. Ma non è che gli altri non lo stiano facendo a loro volta con me. Siamo sinceri rimanere in casa quando tutti i tuoi coetanei hanno amici con cui uscire è piuttosto deprimente. Quindi meglio qualcuno che nessuno."

"Non è una giustificazione." le fece notare. "Lo so lo so" Si spostò la chioma di capelli da una parte all'altra. "Perché non ti distacchi se da quanto mi dici, non aggiungono nulla di bello, alla tua vita?" domandò Ryan. "è solo"  si fermò "certe volte preferisco sentirmi parte di un qualcosa che sentirmi sola, anche se quel qualcosa è palesemente una bugia."

"Ok penso sia normalissimo sentirsi così però non credo avrai problemi a farti altre amicizie" "Il fatto è che io ho sempre e solo conosciuto loro. Ci conosciamo dalle medie. Sono cresciuta con loro e non mi sembra giusto troncare i rapporti così dal nulla. E poi, legarmi, per me è qualcosa di complicato. Ho notato che la gente si stufa molto facilmente del mio vero colore"

"Ma non è proprio dal nulla e se si stufano così facilmente del tuo colore, trova qualcuno che non lo faccia." "La fai facile tu". Il silenzio cadde una seconda volta tra i due.

"Lo vedo" gli puntó un dito contro Ava, con espressione beffarda cercando di stemperare la tensione che era risorta. "Cosa?" gli angoli delle labbra di Ryan gli si sollevarono quel poco da portarla a rispondere: "Che mi stai giudicando." "No non lo sto affatto facendo!"

"Si! Vedo le rotelline della tua mente macinare giudizi. Ti si legge qui" passò un dito sulla sua fronte. "No credimi, stavo solo pensando" "A cosa?"

"A che colore potrei essere io" "Mmm forse-" si fermò a pensare prima di ritrattare "Un secondo.  Quindi mentre io ti parlo delle mie insicurezze tu pensi alla mia strana abitudine?" si portò una mano al petto teatralmente offesa. "Non è affatto strana!" ridacchiò. "C'è una branca della scienza che si dedica a studiare l'associazione di più percezioni. Quindi ora voglio proprio sapere il mio colore"

"Troppo presto " ridacchiò. "Aiuta sapere qual è il mio colore preferito?" Mentre la bionda beveva l'ultimo goccio di vino dal secondo bicchiere scosse la testa. "Non è detto che coincidano. Perciò no." "Almeno dimmi il tuo. Quale sarebbe il tuo colore?"

"Questa è una domanda da terzo appuntamento, e tu non mi hai ancora chiesto il primo" "Vorresti che lo facessi?" mentre lo domandò cambiò le sue carezze, portandole un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. Uno dei cliché più classici delle storie d'amore, e solo i suoi libri sapevano quanto le piacessero. Il ragazzo si inumidì le labbra e nello stesso istante lei fece cadere lo sguardo in quel punto che avrebbe voluto far combaciare con le sue.

"Potrebbe essere" ricambiò la leggera carezza sulla mano."Come no" Concluse trattenendo un ghigno. "Quindi se io ti chiedessi il numero quante sarebbero le probabilità che tu me lo conceda?"

"Avrei scommesso di averti sentito dire di essere bravo con i numeri per quella cosa dell'uomo di scienze eccetera." Ryan la afferrò per i fianchi trascinandola verso di lui. "Dovresti saperlo che sono del cinquanta e cinquanta. No?" sogghignò Ava, riprendendo equilibrio appoggiandosi alle sue spalle.

"Ah si?" nascose un sorriso divertito lui.  "Molto probabilmente è perché quando hanno spiegato statistica ero a piangere sul divano dopo che una ragazza mi aveva distrutto l'ego" "Mi spiace cosi tanto." Gli passò il pollice sotto il suo occhio come a raccogliere una lacrima immaginaria. "Cosa le avevi fatto di male per farti ridurre così?" "Perche mai dovrebbe essere colpa mia? Non potrebbe essere il contrario?" "No non direi" scosse la testa.

"Hai così poca stima di me?" "Stima per te? Quando mai" si morse il labbro per non scoppiargli a ridere in faccia. "Continua così e penserò che questo modo di scherzare è il tuo modo di dimostrare amore" "Amore no." Si interruppe mantenendo comunque lo sguardo fisso gli occhi nocciola del ragazzo "Affetto, ancora da vedere."

"Che ragazza vaga." Sospirò "Mi rende più bella vero?" buttò i capelli indietro in un gesto teatralmente esasperato.  "Già" Gli occhi di lui riflettevano le luci sopra di loro mentre non le si staccavano di dosso.

A contatto con le gote imporporate di Ava cadde una goccia di pioggia e se ne unì un'altra che finì sulle mano di Ryan ancora su quella della ragazza. La pioggia in meno di un secondo interruppe uno dei momenti forse più romantici della vita di Ryan. "Dovremmo," non concluse la frase e fece un cenno verso la porta dietro di loro e la bionda annuì. Lo seguì in casa.

Con il cellulare tra le mani, le morbide coperte a circondarla nel buio della sua camera Ava si ritrovava su Instagram a meditare se fosse giusto cercarlo, o fosse solo una perdita di tempo. Sotterrata dal piumone la luce dello schermo le accarezzava le pupille.

Si era data del tempo. Non voleva sembrare avventata o farsi prendere dall'impeto. Non voleva apparirgli una di quelle persone che al minimo cenno, cadono come pere cotte perché d'altronde credeva di non esserlo. Era già da tempo che aveva preso la decisione di non farsi abbindolare di nuovo prima della partenza per la Francia. Non desiderava legarsi e rischiare di limitarsi nell'esperienza che le avrebbe cambiato la vita. Non di nuovo.

Come l'avrebbe potuto spiegare a parole quello che stava provando?  Rimuginava girandosi sul letto. Si poteva fidare del suo istinto o sarebbe stato un abbaglio anche quella volta? Aveva imparato come andava quando si lasciava trasportare da subito, era davvero la scelta giusta? Aveva vissuto la fine di un legame iniziato con farfalle nello stomaco e fuochi d'artificio ad illuminare la strada, che poi era scemata in un'asettica tortura.

Anche se ad onor del vero in cuor suo non poteva davvero paragonarli. Questa connessione che sentiva con Ryan non aveva niente del dubitare ossessivo della scorsa relazione. Lo percepiva più come una coperta morbida e calda appena posata sulle sue spalle.

Non le sembrava corretto nemmeno trattenersi troppo, non era giusto nei confronti di Ryan far scontare le pene del suo cuore spezzato da una persona ad un'altra. Il torpore che l'aveva avvolta facendola perdere nella sua testa venne interrotto quando, tra le mani ancora fredde il telefono vibrò.

"E io che mi aspettavo che mi scrivessi per prima" le aveva inviato.

"Magari stavo già dormendo" rispose inumidendosi le labbra.

Ryan appoggiato allo schienale del divano della confraternita finalmente silenziosa , appena vide comparire il messaggio sorrise. I suoi capelli biondi che svolazzavano ovunque durante il ritorno, le sue movenze, addirittura il suo profumo lo aveva ammaliato.

"Sono contento che non sia così allora" premette invio e quasi subito gli arrivò una risposta dalla ragazza. Un unico punto di domanda.

"Avrebbe voluto dire che questa serata non ti era piaciuta quando avrei sperato"

"E chi lo dice che mi sia piaciuta anche se sono ancora sveglia?" Sotto le coperte si raggomitolò su se stessa quando si accorse che tra le sue mani il telefono iniziò a vibrare. Ryan la stava chiamando.

Si giró verso il letto singolo di Shannon, dove indisturbata dormiva con il cuscino tra le gambe e la mascherina da notte a forma di gatto posata sulle palpebre. Ava distolse l'attenzione dalla compagna di stanza quando il tra le mani ancora fredde il telefono aveva iniziato ritmicamente. Il cuore le partì a battere all'impazzata.

Ryan la stava chiamando.

Cari lettori, ᥫ᭡
se siete arrivati a questo punto del capitolo, vi ringrazio. Grazie di cuore per aver dato alla mia storia una possibilità.
vi chiedo pazienza e vi assicuro (o almeno spero) che i miei personaggi vi toccheranno e raggiungeranno nel profondo.
I miei capitoli sono lunghi e lenti, come avrete potuto constatare, ma più avanti capirete il perché.
Il primo vero momento per conoscersi l'un l'altro, i nostri due piccioncini. Spero non vi annoino queste scene, è letteralmente la mia più grande paura. ♡...
Se vi va, non siete obbligati in nessuna maniera, lasciatemi una stellina e qualche commento per farmi sapere come sta andando la vostra lettura.
Grazie ancora e al prossimo capitolo.
-Dairine ᥫ᭡

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