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"Stephan, tanto piacere!"

Katheelyn guidò Remus in un intrico di vicoli, finché non raggiunsero un ampio spiazzo d'erba, sul quale si affacciavano molte case, ben diverse da quelle che Remus aveva visto in precedenza, e tutte, nessuna esclusa, con la porta chiusa e sigillata.

Non volava una mosca, probabilmente a causa del tardo orario in cui Remus era arrivato sul posto. Guardò l'orologio che aveva al polso segnare le ore 23:40.

La donna lo guidò fino ad una casa, che doveva essere la sua.
Era fatta di cemento, con un tetto di tegole che lasciava intendere la presenza di una soffitta, le finestre chiuse da persiane che avevano l'aria di essere ben più pesanti di quelle normali, e una porta massiccia, di quello che sembrava ferro.

Ma la particolarità che Remus aveva visto subito, era che questa, come le altre case, era colorata di grigio e di bianco.

Non era una brutta casa, almeno dall'esterno, ma sembrava, probabilmente per il colore, simile a ad una caverna, e quindi non granché accogliente. Impressione totalmente sbagliata.

Non appena mise piede in quella casa, Remus si accorse dell'aria di tranquillità che vi si respirava all'interno. Era calda, ben più del fuori, ed era arredata con semplicità e gusto.

C'era tutto quello che poteva servire: un tavolo, un divano, una cucina, un salotto, addirittura una televisione e una libreria. Non c'erano tappeti, ma si capiva che la cosa fosse fatta intenzionalmente, poiché il pavimento era fatto di parquet. Le pareti erano bianche con dei piccoli disegni rossi che ricordavano forme sferiche.

Dalla stanza si accedeva ad altre tre, così come testimoniavano le porte che apparivano alle pareti.

«Entra pure» gli fece Katheelyn «Siediti.»
Remus si accomodò, mentre la donna spariva dentro una delle porte.

Dopo poco, si sentì una voce infantile provenire dall'altra stanza.
«Ma mamma... papà mi stava leggendo un libro!»
«Mi dispiace, Steph» fece una voce maschile, udibile grazie alla porta, che si era appena aperta «Finirò di leggertela un'altra volta. Adesso dobbiamo presentarci al nostro ospite.»

Nella stanza, fece il suo ingresso la famigliola al completo.

Remus si stupì della somiglianza che c'era tra l'uomo e il piccolo che aveva a fianco, il quale era senz'altro suo figlio.
Avevano entrambi i capelli neri, il primo tagliati corti, il secondo con un piccolo ciuffo sulla fronte, e il naso piccolo, con la punta rivolta all'insù, e si somigliavano anche nel mento, spigoloso e sottile.

Le uniche differenze erano le orecchie, che il bambino aveva leggermente a sventola, come la madre - anche se così poco che quasi non si notavano, specialmente con i capelli a coprirle - e gli occhi di un verde chiaro e tenue.

Quelli erano solo suoi, non li aveva presi da nessuno dei due.

Remus si alzò in piedi, facendo ridere l'uomo.
«Sedetevi, sedetevi. Non sono un professore Babbano che esige rispetto da parte degli allievi.»

Remus si sedette.
Il bambino si sganciò dal fianco del padre e gli si sedette accanto.
Remus gli sorrise.

«Ciao, piccolo. Io mi chiamo Dagon, tu come ti chiami?»
«Stephan, tanto piacere!» rispose il bambino, sorridendo «Se tu ti chiami Dagon, posso chiamarti Dag?»
«Ehm... certo» replicò Remus, colto alla sprovvista «Chiamami pure Dag.»
«Yuppi!» fece il bambino, battendo le mani.
«Fa' piano, Steph» gli fece sua madre.
«Su, smettila» rincarò suo padre, poi si rivolse a Remus.
«È un piacere, Dagon. Il mio nome è Matthew, e sono il padre di Steph, nonché marito di Kate.»
«Piacere» rispose Remus, stringendogli la mano.

Aveva una stretta decisa, il tipo di stretta che si addiceva ad un possessore di bacchetta.

«Suppongo che Kate te l'abbia già detto, ma domani dovremo presentarti al resto del branco. Non preoccuparti, è una procedura normale. Dunque, per adesso, e se resterai, per le settimane a venire, puoi sistemarti nella stanza degli ospiti. La seconda porta a destra. Ha anche un bagno, non preoccuparti.»
«Io... Non so davvero come ringraziarvi...»
«Oh, inizia pure col non darmi del voi. Poi, puoi dirmi la tua storia, se ti va. Sono un buon ascoltatore, mia moglie può confermartelo.»
Sorrise alla donna, che lo ricambio apertamente.

Un attimo dopo, Remus si lanciò nella spiegazione della sua storia.
Avendo capito di poter usare la magia - cosa che non aveva trovato nel branco dell'ultima volta - decise di cambiare un po' la sua storia.

Raccontò di essere stato morso dopo aver finito gli studi, e di essersi convinto solo di recente ad andare in un branco.

I tre intervennero ogni tanto, e così Remus apprese che Matthew, che sua moglie chiamava Matt, era stato morso poco dopo aver finito Hogwarts, mentre sua moglie era stata trasformata prima di iniziare gli studi magici, cacciata di casa, e infine accolta nel branco, dive suo marito le aveva insegnato ad usare la magia.

Con sua somma sorpresa, Remus scoprì che il bambino non era un Lupo Mannaro: il fato non gli aveva riservato questo destino pur essendo figlio di due che, invece, lo condividevano.

Continuarono a parlare fino a che il piccolo Steph, ormai finita l'adrenalina che aveva in corpo, si addormentò col capo sulla spalla di Remus. Sua madre sorrise, e disse che forse era arrivato il momento di andare a letto.

Così Remus riconsegnò il bambino nelle braccia di suo padre, diede la buonanotte a tutti, e si ritirò nella sua stanza.

Salve, gentaglia!

Lo so, oggi è lunedì, e quindi dovevo pubblicare ieri, ma non ce l'ho fatta, e per questo mi scuso.

Perdonatemi, ieri c'era il Lucca Comics.

Nel prossimo capitolo avrete la foto di quello che ho riportato e anche le risposte alle fantomatiche domande che mi dovevate fare, e che potete fare ancora.

Mi sembra giusto dirvelo: i nomi dell'allegra famigliola sono stati scelti da voi, per quello che prmai è il lontano "mille visualizzazioni" (c'è qualcuno che se lo ricorda?). Katheelyn e Stephan, non Matthew, quello è opera mia.

Dagon l'ha scelto mia sorella, dandomi un'ottima idea che scoprirete più avanti.

Il fatto che nel branco non si debba dire il proprio cognome è un'ispirazione presa da ilrisvegliodelfandom.

Adesso vi saluto, perché devo fare matematica e dopo ho l'allenamento.

Moro

P. S.
Ditelo che vi procuro delle belle foto di Remus e Tonks, avanti.

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