"Dov'è?"
Tonks si svegliò sentendo un forte sbattere contro la porta della sua stanza.
Non fu esattamente un risveglio coi fiocchi, specie se si pensa che la giovane era riuscita a dormire solamente poche ore, vista l'orario al quale era tornata a casa. Colpa di una missione o due, ultimamente non aveva tenuto molto il conto. Per quel che ricordava, le missioni potevano essere due come venti. Numero non troppo lontano dalla realtà, probabilmente, tra le missioni dell'Ordine e quelle del suo Ufficio.
Se poi si considerava che quello che stava passando era proprio un brutto periodo, si poteva anche intuire che quel risveglio la infastidisse non poco.
Tonks si issò a sedere come se avesse avuto un coltello tra le costole, dopodiché si alzò in piedi, e, plausibilmente arrabbiata, si avvicinò alla porta della sua stanza, con intenti omicidi per chiunque avesse fatto l'errore madornale di non lasciarla dormire.
Apertala, si ritrovò davanti la faccia di Albus Silente. Lo stupore e l'espressione scura sul volto dell'uomo la fecero desistere dal mandare fuori l'anziano professore a calci.
«Preside...»
«Buongiorno, cara. Temo che in realtà non sia così buono, a dir la verità.»
Tonks cercò di non farsi prendere dal panico, ma non le riuscì molto bene.
«Mio Dio... È successo qualcosa a Remus? La prego, mi dica che è tornato...»
«Sì, è tornato. E hai anche centrato il nocciolo della questione, purtroppo: gli è successo qualcosa» rispose il Preside, cupo.
Contro ogni sua volontà, Tonks si impose di rimanere calma. Tuttavia non trovava le parole per parlare, anche se, forse - e probabilmente - a mancarle non erano la parole, bensì le forze di farlo.
Così, il Preside continuò.
«Non capiamo bene cosa sia successo, l'unica cosa che sappiamo, e questo solo perché la vediamo con i nostri occhi, è che Remus deve essere stato aggredito. Non c'è altra spiegazione» continuò il Preside «Le sue ferite sono troppe, e di certo non può essersele procurate in altro modo. Non è in pericolo di vita, ma le sue condizioni non sono per niente buone. Ho pensato che fosse giusto avvertirti e...»
«Dov'è?»
«Tonks, non sono sicura che sia una buona idea andare così a...»
«Preside, dov'è?»
«Nella sua stanza» si arrese il Preside.
Senza neanche rendersene conto, Tonks cominciò a correre.
La ragazza entrò nella stanza con la velocità di una Firebolt. Vi trovò un Remus sdraiato sul suo letto e il professor Piton che, dandole le spalle, stava preparando una pozione dall'aspetto piuttosto complicato, facendone fluttuare i componenti, liquidi compresi, in aria.
«Non c'era bisogno di bussare così forte» commentò l'uomo, sarcastico, senza girarsi.
Tonks era troppo concentrata su Remus per dar peso alla sua battuta.
Il volto del mago era pallido, forse più pallido di quanto Tonks l'avesse mai visto. I suoi occhi era chiusi, sigillati, quasi che le sue palpebre fossero saldate insieme. La bocca aveva uno spacco su un labbro.
Ma il suo viso non era niente in confronto al resto.
Aveva tagli da ogni parte, era ricoperto da lividi e ferite, persino il collo era stato dilaniato, e i capelli erano imbrattati di sangue, così come il resto del suo corpo. Le mani erano coperte di graffi, e tutto ciò che Tonks vedeva era la parte superiore del suo corpo, dato che il resto era reso invisibile da una coperta.
«Dovresti uscire.»
Tonks si girò verso Piton che, accusato la sguardo lanciatogli, sospirò infastidito, passandosi una mano tra i capelli corvini.
«D'accordo, se riesci a non svenire puoi restare. Siediti da qualche parte, non ho voglia di pregarti di andare fuori. Ho già vissuto questa scena all'inverso, ma qualcosa mi dice che, al contrario di Lupin, tu non ti farai buttare fuori così facilmente. Fa' silenzio» concluse, girandosi verso le sue Pozioni, che, presumibilmente, avrebbero salvato la vita di Remus.
Per una volta, Tonks decise di ascoltare le parole di Piton, e si mise a sedere. Provò a concentrarsi sulle mani del professore che si muovevano abilmente tra alambicchi e contenitori, ma nonostante di solito funzionasse, non le riuscì non guardare Remus. Chiuse gli occhi per costringersi a non farlo.
Nel frattempo, Remus cominciava ad essere medicato.
Sia Tonks che Piton persero la cognizione del tempo. A lei parvero passare millenni, a lui pochi attimi. Se c'era una cosa che faceva passare il tempo a Piton, quella era il preparare pozioni, mentre Tonks avrebbe potuto persino mettersi a prendere a pugni le pareti della stanza, e nonostante ciò non sarebbe riuscita a far passare quella maledetta ora.
Quando si fu calmata abbastanza, riuscì a spiccicare qualche parola.
«Come... Che cosa gli è...»
«Un'aggressione, presumibilmente. Di carattere Mannaro. Le ferite sono molto simili a quelle che si fa da solo, ma c'è troppo accanimento perché se le sia auto-inflitte, pertanto credo che qualcuno lo abbia attaccato la scorsa notte, durante la Luna Piena. Anche se la cosa è strana.»
«Strana?»
Piton si girò verso Tonks con le sopracciglia inarcate e lo sguardo sorpreso.
«I Lupi Mannari attaccano gli umani e nient'altro. Reagiscono al richiamo della loro specie, non attaccano i loro simili. In verità, credevo che gli Auror dovessero saperlo. Ma, a pensarci bene, una spiegazione c'è. Lupin non ha con sé la fiala che gli avevo dato, perciò l'ha bevuta, probabilmente per la trasformazione di ieri, e, per qualche motivo, ha attaccato un Lupo Mannaro, o ha dovuto difendersi da uno di loro.»
«E sarebbe stato ferito solo dallo stomaco in su?»
«Stomaco in su?» Piton diede una secca risata come risposta «Ha ferite anche sulle gambe, la coperta serve per riscaldarlo. Ha rischiato l'ipotermia. Comunque, la ferita peggiore è questa qui, taglia praticamente a metà tutta la parte addominale.»
Tonks, ancora con gli occhi chiusi, cercò di non vomitare.
«Ho finito» fece Piton, d'un tratto «Credo che potrai chiedergli i dettagli di tutto quando si sveglierà, ben sperando che le ferite non gli procurino febbre o allucinazioni... Sì, ho proprio già visto questa scena... Comunque, se da sveglio dovesse sentirsi male, chiamami. Per quanto a me non importi, se morisse avrei parecchi prediche da ascoltare.»
Detto questo uscì dalla stanza.
Ehilà, gente...
E da un po' che non ci si sente, e, lo ammetto, la colpa è solo mia.
Certo, ci si sono messe anche le due influenze che mi hanno preso e scaraventato a terra, ma in sostanza la colpa è mia.
Insultatemi pure.
Bene, se avete finito - in caso contrario, il punto precedente è sempre aperto a nuovi commenti - possiamo parlare un po' di questo capitolo, e magari della Remadora in generale.
Dunque, partendo dal capitolo, ci tenevo a precisare che è di transito, e quindi un po' noioso, ma pur sempre necessario. Tranquilli, il prossimo vi piacerà. È sicuro.
Secondariamente, come vi sembra la situazione adesso?
Potete scrivere quel che volete (tranne che Piton ha i capelli unti), vorrei solo un vostro parere.
Bene, ora passiamo alla Remadora in generale.
Forse molti di voi se l'aspetteranno, ma questo libro sta per finire. Voi non ve ne siete accorti, ma abbiamo superato i 60 capitoli, e la storia si concluderà in, credo, meno di dieci. Non perché io abbia scritto troppo o non abbia più voglia di scrivere o tempo di farlo (nel quel caso, credetemi, lo direi apertamente), ma perché, semplicemente, ho concepito la storia con un inizio e una fine, ed entrambi dovranno esserci.
È da quando ho cominciato a scrivere questa storia che avevo le idee chiare su cosa raccontare. Le ho raccolte in un elenco sulle note dell'iPhone, le ho sistemate, modificate e infine scritte, ormai quasi tutte.
Perciò credetemi, se la storia finirà, sarà perché deve finire. Dispiace molto anche a me, perché questa storia mi ha regalato così tante gioie che nemmeno potete immaginare, ma è giusto così, anche nei confronti della storia stessa.
Dunque, queste saranno le battute finali dell'opera, le ultime scene, poi calerà il sipario. Siate preparati, perché quando arriverà il momento, non prolungherò la storia solo per pura vanagloria.
Mi prendo ora un altro po' di spazio per ringraziare tutti per il traguardo delle 13.000 visualizzazioni. Grazie di cuore.
Una curiosità - anzi, tre.
Quanti di Roma (e non) non sono andati a scuola (o non andranno) causa neve? E quanti non andranno domani, come me e tutti i residenti dell'Empolese?
Nessuno ha mai letto "I Segreti di Nicholas Flamel - L'immortale"?
Qualcuno ha partecipato ai Giochi Linguistico-Matematici?
Un saluto,
Moro
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