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Vecchi ricordi


Just stop your crying, it's a sign of the times

Welcome to the final show

Hope you're wearing your best clothes

You can't bribe the door on your way to the sky

You look pretty good down here

But you ain't really good

Sign of the Times, Harry Styles


Tutto parte da un semplice e unico contatto: un bacio, una carezza, un tocco.

In quel preciso istante entra in moto un meccanismo complesso di emozioni, che ci spinge a reagire in diversi modi.

Se fosse un bacio, le prime reazioni sarebbero quelle della sorpresa e dell'incredulità. Se fosse un tocco o una carezza, sarebbero quelle del conforto o del piacere. E se al posto del contatto vi fossero le parole? Quale sarebbe la reazione? Nessuna, almeno in un primo momento.

E quindi io mi chiedo: Devo credere alle sue parole? Posso fidarmi di lui? La decisione che prenderò, sarà quella giusta?

Mentre rimugino sui miei pensieri, Jason si inginocchia e poggia una mano sul coperchio del baule, ai piedi del letto, con fare pensieroso.

Colta dalla curiosità e dall'intenzione di voler scoprire il contenuto di quel magnifico oggetto, piego le gambe e mi siedo accanto a lui.

"Tutto bene?" domando.

Continua a fissare il baule senza rispondermi. È come se, in questo momento, la sua mente fosse imprigionata in un limbo di ricordi, intrappolata in un abisso di straziante dolore. Forse apparteneva a una persona molto importante per lui, qualcuno a cui era molto legato. Cerco di richiamarlo dai suoi pensieri, scuotendolo dolcemente.

Jason sbatte più volte le palpebre, poi con gesti quasi meccanici solleva il coperchio.

La prima cosa che mi colpisce è un forte profumo di fiori - bucaneve per la precisione -, poi la gran quantità di cimeli riposti, con cura, al suo interno: un vestito di pizzo bianco, tre libri rilegati  in pelle, un portagioie d'argento, una anonima scatola rettangolare nera e una cornice ovale.

Quest'ultimo oggetto attira particolarmente la mia attenzione, non tanto per il complesso intreccio di rami, che circonda la foto, quanto per i soggetti in essa ritratti: una donna seduta su una antica sedia a dondolo, che culla con amore un neonato. I suoi folti capelli castani sono acconciati in una lunga treccia a spina di pesce e legati con un nastro rosso, mentre il suo esile corpo è avvolto in un vestito di pizzo bianco - lo stesso contenuto nel baule. Sullo sfondo dello scatto, riconosco il bellissimo giardino di villa Jackson.

Nella mia testa si affollano mille domande e tutte hanno come unico oggetto quella donna.

"Jason, chi è quella donna nella foto?" chiedo con cautela.

Lui prende la cornice e la osserva con volto inespressivo.

"È mia madre. Ricordi, quando ti ho detto che lei si è suicidata?"

Annuisco.

"Lei non si è soltanto tolta la vita, ma l'ha fatto anche davanti a miei occhi - dice con voce spezzata - si è gettata dalla finestra della sua camera."

Ora tutto è molto più chiaro: il suo strano comportamento, i suoi sbalzi d'umore e la sua ossessione per me. Tutto è dovuto a sua madre. Una perdita che ha segnato per sempre la sua vita.

"È per lei, che ho scelto di diventare uno psichiatra. Per aiutare le persone a trovare una luce nell'oscurità." afferma con voce seria.

Lui crede veramente in quello dice, spera di poter aiutare i suoi pazienti a uscire da quel tunnel senza fine, ma purtroppo non tutti vogliono essere salvati, alcuni preferiscono restare in quel angolo buio perché hanno paura di vivere e affrontare la realtà.

"Capisco" dico non troppo convinta.

"Voglio darti una cosa."

Sistema la cornice nel baule e prende la custodia nera. Dalle dimensione sembra contenere qualcosa di molto prezioso, forse un gioiello. Prima di posarla tra le mie mani, la osserva per qualche minuto con indecisione e poi me la consegna. Rigiro la scatola tra le mani: è fredda al tatto e non presenta alcun dettaglio su entrambi i lati. Con qualche sforzo la apro e al suo interno trovo una collana. Il laccio è costituito da un semplice filo nero, mentre il ciondolo è un cammeo con una base rosa e una donna. È davvero bellissima e sicuramente molto costosa, non capisco perché vuole darla a me?.

"Questa collana apparteneva alla mia trisnonna, Catherine Jackson - sfilo la collana dall'astuccio - secondo la tradizione della nostra famiglia, viene data al primo figlio maschio per donarla alla persona che ama." pronuncia le ultime parole con una punta di indecisione.

"Tu pensi di aver trovato quella persona?" domando.

"Forse sì, ma non so se lei vorrà ricambiare." risponde guardandomi negli occhi.

Le sue parole dovrebbero lusingarmi, rendermi felice, ma in realtà tutto quello che provo sono solo emozioni confuse.

"Jason, quello che c'è tra di noi non è amore, ma solo una malsana attrazione fisica. Non puoi pretendere, che una persona provi un sentimento così profondo in poco tempo." sospiro.

Jason abbassa la testa con rassegnazione - le mie parole devono averlo ferito. Forse sono stata troppo dura con lui, ma che posso farci? Ho detto solo la pura e semplice verità.

"Spero che un giorno cambierai idea, ma fino ad allora tu resterai per sempre con me." sorride malizioso.

Come non detto.

Dopo vari tentativi, riesco a convincere Jason a portarmi a casa per prendere qualche vestito e Becky. Sono quasi tre giorni che indosso sempre la stessa tuta e mi manca tanto la mia gattina.

"Se non ti dispiace, vorrei guidare io dato che la macchina è mia." puntualizzo.

"Come vuoi tu, piccola." scherza.

Quanto vorrei schiaffeggiarlo!

Mi lancia le chiavi e va a sedersi dal lato passeggero, mentre io prendo posto dal lato guida. Finalmente, sono tornata in possesso della mia adorata Ford Mustang Fastback. Lo zio Frank mi regalò quest'auto per il mio diciottesimo compleanno e mi disse: "Ricordati, Emily, le macchine sono come le donne, vanno trattate con gentilezza." e così ho fatto fino a oggi. Era un uomo dal carattere esuberante e spiritoso, che non faceva altro che tormentare la zia Dotty. Ricordo che, quando andavo a trovarlo nella sua officina, indossava sempre una maglietta rossa con la scritta Massachusetts e dei vecchi e logori jeans blu. Quanto vorrei che fosse ancora qui con me.

Allaccio la cintura e metto in moto la macchina.

"Allora... Come mai una bibliotecaria guida un'auto del genere?" domanda con sarcasmo.

Se continua così, perderò le staffe e lo butterò fuori dalla macchina.

"E perché non ti fai gli affari tuoi?" ribatto.

"Che cosa mi nascondi, Emily. Forse fai corse clandestine dopo il lavoro?" chiede ridendo di gusto.

Ecco, la goccia che fa traboccare il vaso. Inizio a respirare rumorosamente e a stringere il volante con forza. Mantieni la calma, Emily, lui non sa niente. Ricordalo.

"No, è un regalo di mio zio Frank. Ogni anno viaggiavo con lui per comprare i pezzi di ricambio e poi al mio diciottesimo compleanno decise di regalarmela." rispondo, cercando di contenere le mie emozioni.

"Perché parli di lui al passato?" domanda, entrando nella modalità dottore.

"Perché è morto l'anno scorso. Aveva un tumore ai polmoni." rispondo e con la manica della felpa asciugo una lacrima solitaria senza farmi vedere da lui. Jason non parla più e restiamo nel silenzio più totale fino a quando arriviamo a casa mia.

"Siamo arrivati." annuncio.

Finalmente, casa dolce casa.


Grazie per aver letto!!!


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