Non avere paura
Ci sono due forze motrici fondamentali: la paura e l'amore. Quando abbiamo paura, ci ritraiamo indietro dalla vita. Quando siamo innamorati, ci apriamo a tutto ciò che la vita ha da offrire con passione, entusiasmo, e l'accettazione.
John Lennon
C'è qualcosa nel nostro cervello, che ci spinge a reagire di fronte a una minaccia. Un recettore molto potente capace di mettere in allarme tutto il nostro corpo. Questa area o sezione invia dei segnali, che metteno in atto il nostro istinto di sopravvivenza.
Esistono delle persone che ne sono prive o altre in cui essa prende il sopravvento, dando origine a delle fobie o paranoie. La paura può paralizzare o può aiutare a fuggire in caso di pericolo.
Quella volta credo di aver provato una paura paralizzante.
Quella volta sono rimasta intrappolata nel mio stato di panico.
Quella volta ho perso una persona cara per colpa della mia esitazione.
Un brivido corre lungo la mia schiena, impedendomi di uscire dalla macchina e rifugiarmi in casa. Mi volto verso Jason, ma lui non è minimamente preoccupato o spaventato, anzi sembra, ancora, immerso nel suo stato di indifferenza di quando ha lasciato la villa.
Forse non è niente di cui preoccuparsi, ma non si può mai sapere.
"Jason" lo chiamo, ma lui mi ignora ed esce dalla macchina.
Ma perché deve essere sempre così cocciuto!
Scendo dalla Jeep per corrergli dietro e avvertirlo, per informarlo della figura incappucciata, però - prima di poterlo fare - lui si china per raccogliere qualcosa ai piedi dell'uscio.
Più vado vicino a lui e più mi rendo conto che qualcosa non va. Finalmente lo raggiungo e i miei occhi vengono attirati dalla busta nera tra le sue mani. Non c'è un nome o un indirizzo. Nulla che ne indichi la provenienza o l'origine. È anonima e sconosciuta.
"Che cosa c'è all'interno?" chiedo tra la curiosità e la preoccupazione.
"Non ne ho idea. - risponde - Forse è solo uno stupido scherzo di qualche ragazzino."
Le sue parole dovrebbero calmarmi, ma in realtà non fanno che aumentare le mie peggiori paure.
"Non credo, Jason. Perché poco fa ho visto qualcuno scappare al di là del bosco" dico turbata.
Più restiamo all'aperto, più la mia sensazione che qualcosa non vada aumenta di minuto in minuto e tutto è legato a quella maledetta lettera nera stretta tra le mani di Jason.
"È meglio entrare" dice aprendo la porta e varcando l'ingresso del cottage. Lo seguo, senza farmelo ripetere due volte.
Se devo essere sincera, non ho paura di restare al buio. Più che altro ho il terrore di quello che vi si potrebbe nascondere e non mi riferisco a esseri soprannaturali o creature mostruose - sono una persona molto razionale -.
Superata la soglia, la mia piccola palla di pelo - Becky - corre verso di me, miagolando tutta contenta di rivedermi. Quando mi raggiunge, la sollevo da terra e le accarezzo la testolina, rassicurandola con il mio affetto e il mio amore, anche se in questo momento il mio cervello è completamente concentrato sulla lettera. Dopo averla coccolata per un po', la poso di nuovo sul pavimento e mi tolgo il cappotto per sedermi sul divano. La preoccupazione cresce e quella fastidiosa sensazione di gelido terrore continua a permanere, anche quando Jason accende il fuoco nel caminetto per riscaldare l'ambiente.
Non mi piace questa situazione, non mi piace per niente.
La busta incriminata si trova sul tavolo della cucina, in attesa di essere aperta e di rivelare qualcosa di macabro, di sinistro e di catastrofico.
"Tieni. - dice Jason, porgendomi un bicchiere con un liquido ambrato - Bevi, ti sentirai meglio."
Non amo particolarmente le bevande alcoliche, ma in questo caso farò un'eccezione. Il liquido, che identifico come whisky, scende lungo la mia gola, lasciandomi una sensazione di bruciore durante il suo passaggio e riscaldandomi le vene.
Guardo Jason, che a sua volta fissa la lettera, sorseggiando il suo whisky.
"Aprila" dico, accovacciandomi di più sul divano.
"Perché?" domanda.
"Non c'è un perché. Aprila e basta" dico con una calma disarmante dovuta all'alcol.
Jason ci pensa un po' su, poi svuota il suo bicchiere in un solo colpo, appoggiandolo sul ripiano della cucina. In pochi passi raggiunge il tavolo e afferra la busta, aprendola con uno strappo netto. Dal suo interno estrae un foglio di carta ingiallito e piegato in tre parti uguali.
"Che cosa c'è scritto?" domando.
I suoi occhi scorrono sul testo più e poi volte e dall'espressione del suo volto capisco che qualcosa non torna. Sembra, allo stesso tempo, preoccupato, stupito e incredulo.
Che sia stato veramente uno scherzo di cattivo gusto?
"Che cosa dice? chiedo di nuovo con un po' di apprensione.
Lui guarda il foglio ancora per qualche secondo, forse per capire meglio o per decifrare il contenuto poi solleva la testa, puntando i suoi occhi verso di me.
"Non ne ho idea" risponde tra lo sconforto e la confusione.
"Cosa vuol dire che non ne hai idea ? - chiedo, quasi urlando - Fammi vedere."
Mi alzo dal mio piccolo posto confortevole e sicuro per andare verso di lui e strappargli la lettera dalle mani. Nel momento in cui ne entro in possesso, capisco che quello che andrò a leggere non sarà piacevole o divertente. Come ho notato prima, la carta - utilizzata per scrivere il messaggio - è molto vecchia, dato l'odore stantio di muffa e il colore giallo. Il testo non è stato composto a mano o a computer, ma è stato battuto a macchina. Il foglio riporta solo poche parole, che mi lasciano con l'amaro in bocca e un forte senso di terrore, di pericolo.
I peccati non restano sepolti per sempre.
Pagherai per ciò che hai fatto.
- Il passato
Oltre al testo e alla firma, la lettera non indica nient'altro.
Poso il messaggio sul tavolo e mi allontano, quasi a volerlo dimenticare e a cancellare questo momento orribile.
"Secondo te, che cosa significa?" gli domando.
"Come ti ho detto prima non ne ho idea" risponde, versandosi un altro bicchiere e svuotandolo in poco tempo.
"Ma perché qualcuno dovrebbe lasciarti un messaggio del genere?"
"Come fai a sapere che è destinato a me? - chiede, trafiggendomi con i suoi profondi occhi verdi - In fondo, non hai detto tu stessa di avere paura? Che cosa nascondi, Emily?"
Il mio cuore comicia a tamburellarmi nel petto e le mani a sudare come non mai.
Calmati, Emily! Lui è morto, non può farti più del male!
Faccio un passo indietro e lui fa lo stesso. I battiti del mio cuore diventano sempre più forti, più frenetici fino a risuonare nelle mie orecchie, come dei tamburi impazziti.
"Dove sono i tuoi genitori, Emily?" domanda.
"Che cosa c'entra questo con il messaggio?" ribatto, camminando all'indietro.
"Non hai risposto alla mia domanda" replica, avvicinandosi a un soffio dalla mia faccia.
Jason studia il mio volto, cercando qualcosa, un segno, una verità. Mi osserva e mi analizza per trovare un accesso e penetrare nelle foschia che circonda la mia mente.
"Sono morti" dico alla fine.
"Come?" insiste lui.
"Non sono affari tuoi" rispondo secca.
Ancora una volta il mio corpo sta raggiungendo quel limite, oltre il quale si ribella e collassa. Non posso permetterlo, non di nuovo. Devo allontanarmi e andare via da questo luogo, da questa situazione, prima che la mia mente ceda ancora alle ombre del passato. Mi giro, dando le spalle a Jason, per afferrare il cappotto dal divano.
"Dove vai?"
"Fuori" rispondo secca.
Il mondo vortica intorno a me e non per il whisky. Lo sento premere nel punto cieco della mia testa quel richiamo senza fine, quella voce agghiacciante che grida vendetta. Vuole distruggermi, spezzarmi, torturarmi all'infinito. Vuole farmi cedere, ma io non cadrò nella sua trappola.
Ho bisogno di aria. Di quella stramaledetta aria.
Infilo il cappotto e mi dirigo verso la porta, quasi correndo. Jason dice qualcosa - forse un avvertimento -, ma io non lo ascolto. Voglio uscire da questa stanza, da questa casa, da questo posto. Ho bisogno del mio amico freddo per scacciare i demoni del mio passato.
Con uno strattone spalanco la porta e finalmente posso respirare, buttare fuori tutto quello che mi turba e mi sconquassa. Fuori - all'aperto - sono libera da ogni preoccupazione o turbamento.
Il freddo penetra attraverso la mia pelle, consentendomi di schiarire la nube tossica degli orrori del passato. E la foschia come è arrivata così svanisce, dissolvendosi e diradandosi. Lontano da me, dal mio corpo e dalla mia mente.
Delle braccia calde e forti mi avvolgono da dietro, cercando di rassicurarmi.
"Mi dispiace" sussurra.
Due piccole, semplici, ma potenti parole.
"Anche a me" replico.
"Non volevo forzarti ad apriti con me" continua, stringendomi di più a sè.
"Lo so" dico, girandomi verso di lui per guardarlo negli occhi.
È corso fuori senza giacca per seguire me, ma il freddo non sembra scalfirlo o indebolirlo.
"Rientriamo"
Annuisco, camminando verso il cottage. Superato l'ingresso, Jason chiude la porta e mi aiuta a sfilare il cappotto.
Becky - ignara di tutto quello che accade nel mondo degli esseri umani - dorme tranquilla e beata nella sua cuccia con il suo gomitolo di lana blu. Le accarezzo la testolina, ma senza svegliarla dai suoi sogni. Ricordo che i primi anni per attirare la mia attenzione, quella birbona catturava i topolini e li lasciava ai miei piedi in attesa di essere ricompensata con qualche leccornia. Naturalmente, le davo ciò che voleva e gettavo il topo nella pattumiera. La lascio con una nuova consapevolezza, ma con una stanchezza a livello fisico e mentale.
Sospiro e mi accascio, di nuovo, sul divano.
"Sei molto stanca?" domanda, prendendo posto accanto a me.
"Un po'. - rispondo - Che cosa facciamo con la lettera?"
"Ci penseremo domani, quando saremo più lucidi"
"Va bene" dico con qualche dubbio.
Dopo qualche minuto di silenzio prolungato da parte di entrambi e il lieve scoppiettio del fuoco, le sue dita raggiungono il mio collo, dove pratica dei cerchi concentrici.
"Sei tutta contratta" constata.
La pressione dei suoi polpastrelli si concentra in un punto e con movimenti delicati, ma decisi comicia a sciogliere i miei muscoli irrigiditi dal freddo e da tutto lo stress della giornata. Chiudo gli occhi e chino la testa all'ingiù per dargli maggiore spazio e avere più benefici.
"Ti piace?" domanda, sussurrando.
"Mh mh" rispondo.
Ottenuta la mia approvazione, Jason continua a massaggiarmi il collo, poi - utilizzando tutte e due le mani - si dedica a ogni vertebra della colonna, facendo pressione nei punti giusti. Le sue dita scendono delicate e leggere fino a spingersi al base della schiena, per poi risalire e rifare lo stesso percorso.
Non riesco a descrivere le emozioni e le sensazioni, che provo in questo istante. È come se il mio corpo si stesse rigenerando e rilassando allo stesso tempo. Non voglio essere in nessun altro posto a parte questo. È forse chiedere troppo?
"Sei molto bravo" ammetto.
Lo sento sorridere dietro di me.
Le sue mani scorrono sulla mia schiena con maestria e precisione, mandandomi in estasi, così mi sporgo ancora di più verso di lui e Jason - furbo come una volpe - approfitta del mio momento di distrazione, per tracciare una serie di baci dal collo alla clavicola.
"Vuoi giocare con me, Emily?" chiede in tono provocatorio.
Pensa di potermi raggirare con le sue doti da maestro, ma questa volta sarò io a prendere le redini del gioco.
Mi sottraggo al suo tocco rilassante per voltarmi e agganciare il suo sguardo con il mio. I suoi occhi sono già diventati neri come la pece e mi guardano con lussuria a stento repressa, in attesa di poter divorare la mia bocca, il mio petto e il mio sesso.
"Sì, ma non secondo le tue regole" rispondo sardonica.
Mi alzo dal divano senza concedergli il tempo ribattere o protestare per la mia decisione.
"Guardarmi. - gli ordino - Voglio i tuoi occhi su di me."
Jason fa come dico e focalizza tutta la sua attenzione sulla mia figura, mettendosi in una posizione comoda sul divano. I suoi occhi non si perdono nessuno dei miei movimenti, mi osservano con bramosia e passione in attesa. Mi vuole e mi desidera, ma non mi avrà così facilmente, perché questa volta sarò io a stabilire le regole del gioco.
Senza chinarmi, sfilo rapidamente gli stivaletti, spostandoli lontano da me - per non avere nulla d'intralcio - e, con le dita, passo a slacciare il primo bottone dei jeans, senza perdere di vista la figura oggetto dei miei tormenti. Jason è concentrato su quello che sto facendo, perché non vuole lasciarsi sfuggire niente.
Sgancio il secondo bottone e un sospiro gli sfugge dalle sue morbide labbra.
Non così in fretta, Jason. Il gioco è appena iniziato.
Le mie dita fanno saltare il terzo bottone e con gesti sensuali lascio scorrere i pantaloni lungo le gambe, gettandoli via insieme alle scarpe e Jason si lascia andare a un altro sospiro di soddisfazione.
Purtroppo per lui ho appena iniziato e credo sarà una notte molto lunga per il mio caro dottore.
Ciao cara lettrice e caro lettore ;-)
Se ti è piaciuto ciò che hai letto, lascia un commento!!!
Alla prossima con un nuovo capitolo pieno di passione!!!
🙈🙈🙈
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