Noir
Mentre la psichiatria si occupa della domanda sul perché alcune persone diventino pazze, la vera domanda è perché la maggior parte della gente non diventi pazza.
Erich Fromm
È passata una settimana da quando io e Jason abbiamo parlato della mia famiglia. Più che dialogato abbiamo fatto altro, ma da quel giorno non mi ha chiesto più nulla su mio padre e mia madre. Forse spera che sia io ad aprimi di nuovo e a confrontarmi con lui. Il giorno dopo il nostro vis à vis, siamo andati da Charlotte a riprendere la mia Becky. Non abbiamo avuto molto tempo per parlare, ma le ho promesso che a tempo debito le avrei raccontato tutto, data la sua espressione, quasi sbalordita, nel vedermi con un "amico".
Negli ultimi giorni, io e Jason abbiamo iniziato a lavorare sulla conferenza per gli studenti di medicina, che a quanto pare sarà presentata a metà Gennaio. Non è stato un lavoro semplice, perché ho dovuto ricercare informazioni e leggere vari libri di psichiatria, per avere almeno una idea. Innanzitutto sono partita dalla base, ovvero che cosa significasse il termine psichiatria. Sostanzialmente si intende la cura di un disturbo psichico dovuto a elementi esterni alla persona: relazioni interpersonali, stress e ambiente. Poi sono andata più affondo e ho trovato vari testi e foto, che trattavano o mostravano dei metodi che si utilizzavano in passato per curare le malattie mentali, come il bagno nel ghiaccio, pungoli, camicie di forza, elettroshock e altri strumenti disumani. Oggi tutti questi mezzi sono stati aboliti e sostituiti con percorsi di terapia specifici. Ed è proprio questo che Jason andrà a trattare. Gli ho proposto di realizzare la presentazione, inserendo solo delle parole chiave e ha concordato. Naturalmente il lavoro è ancora ben lungi dall'essere finito, ma non demordiamo. Sicuramente sarà una presentazione perfetta!
Oggi, Jason ha deciso di portarmi alla villa dei suoi genitori perché, a quanto sembra, deve prendere dei documenti.
Quando la sua auto si ferma davanti alla villa, i ricordi del ballo mi ritornano alla mente: io e le mie amiche, la biblioteca e la reazione di Jason quando mi ha scoperta. Un brivido mi corre lungo la schiena, ma questo viene immediatamente scacciato via, nel momento in cui lui mi afferra la mano per condurmi verso l'ingresso, dove ad attenderci c'è un maggiordomo. È un uomo quasi calvo, alto e dalla corporatura snella, nonostante la sua età. Indossa uno di quegli abiti, che mi ricordano un personaggio di Downtown Abbey.
"Buongiorno, signorino Jackson - dice rivolgendosi a Jason e facendo un lieve inchino - e signorina."
"Buongiorno" rispondo con una punta di imbarazzo.
Il maggiordomo si avvicina per aiutami a sfilare il pesante cappotto blu, per riporlo all'interno di un armadio celato dietro una tenda color crema, insieme a quello di Jason.
"Lo sai che non mi piacciono i convenevoli, Benjamin. Mio padre e Rose sono in casa?" chiede Jason con profondo cipiglio sul volto.
"No, sono usciti poco fa con la signorina Polly e il signorino Ben, per sistemare gli ultimi preparativi prima della festa di Natale" risponde, sorridendo Benjamin.
"Perfetto. Noi andiamo nel mio vecchio studio al piano superiore."
"Certamente. Se avete bisogno di me, sapete dove trovarmi" proferisce Benjamin, prima di scomparire in uno dei tanti corrodoi della villa.
Jason mi prende di nuovo per mano per condurmi al primo piano. Nel percorre la scala, la mia attenzione viene catturata dai complessi disegni in ferro battuto, che adornano l'intera struttura. Delle foglie nere si intrecciano e plasmano fra loro in un gioco di luci e ombre, decisamente in contrasto con il colore bianco della pietra dei gradini.
Una volta arrivati, Jason svolta a destra in direzione di un lungo corridoio. Sempre mantenendo salda la sua presa sulla mia mano, si ferma davanti a una porta in legno di noce. Dalla tasca dei pantaloni estrae una antica chiave di ottone, che utilizza per aprire la serratura. L'interno dello studio è ampio e accogliente. Sulla sinistra una antica libreria ad angolo ricopre tutta la parte, fin quasi a toccare il soffitto e accanto ad essa, c'è un grazioso caminetto color crema in cui scoppietta un piccolo fuoco. Al di sopra del camino, un semplice specchio - racchiuso all'interno di due colonnine di legno - riflette l'immagine della stanza.
"Accomodati pure dove vuoi. Io intanto cerco un fascicolo" afferma, portando la sua attenzione sui cassetti della piccola scrivania.
Prima di accomodarmi sull'ampio divano in pelle verde, mi dirigo verso la libreria. Rispetto a quelle che avevo visto al ballo, questa contiene per la maggior parte volumi di psichiatria, psicologia e simili. Uno attira la mia attenzione. È un libro di piccole dimensioni intitolato "Raccolta di illusioni ". Sfogliandolo trovo raffigurate varie foto di opere di Escher, Gonsalves e altri. Osservale è quasi ipnotico e surreale, non è possibile capire dove inizia illusione e dove finisce la realtà. È una immersione quasi totale e agghiacciante in un universo parallelo. Un viaggio in un altra dimensione. A metà volume incappo in un opera, il cui autore mi risulta sconosciuto, Armand Vallée. Il titolo riportato in basso è Le camouflage à travers les âges. È una illusione ottica alquanto curiosa, al centro vi è raffigurata una donna dalla corporatura minuta, il cui volto corrisponde agli alberi ai suoi lati, mentre il vestito a sbuffo ai fiori del bosco. Non è tanto l'immagine in sé a impressionarmi, ma i suoi occhi. Due orbite nere, profonde e oscure. Un po' come la mia vita, un turbinio di eventi profondi e distruttivi.
"Hai trovato qualcosa di interessante?"
Mi volto di scatto.
Ecco lì. L'uomo del mio tormento. Seduto sulla scrivania con il corpo di un guerriero di altri tempi. Il petto ampio e muscoloso coperto da un pullover di lana grigio e le gambe strette e sode fasciate da un paio di jeans. Un cacciatore, un predatore sicuro di sé in tutto e per tutto. I suoi occhi mi scrutano, mi osservano, sfidandomi a fare la prossima mossa.
Alzo il braccio per mostragli il libro.
"Direi di sì. L'avevo acquistato durante un viaggio in Europa."
Con una mano scompiglia il folto ciuffo scuro e miei pensieri ritornarno a quella sera. La sua bocca sul mio sesso voglioso, la sua lingua esperta, i miei polsi intrappolati nei suoi palmi... Sono spacciata. E quando mi raggiunge in pochi passi, i miei capezzoli diventano duri e sensibili, sfregando contro il tessuto del maglione.
"Sei stato in molti posti?" chiedo, riponendo il libro e incrociando le braccia sul petto in modo da nascondere quel disastro.
"Sì" risponde, posando i suoi occhi felini su di me e sollevando il mio mento con l'indice. Le sue labbra seducenti si posano sulle mie e la sua lingua prova a schiuderle. Cerco di resistere alla sua tentazione, ma lui riesce a sfondare la mia barriera e a insinuarsi dentro con voracità e passione. Le nostre labbra si scontrano e si incontrano in una lunga lotta di dominio e predominio. A un certo punto, intreccio le braccia dietro al suo collo e spingo la sua nuca verso di me. La mia mossa lo coglie di sorpresa, ma in poco tempo riprende il controllo, sollevandomi per i fianchi e conducendo entrambi verso il divano. Posa il mio corpo sui morbidi cuscini e prende posto accanto a me.
"Non dovevi cercare dei documenti per il tuo lavoro?" domando, schiarendo la voce.
Mi scosto da lui per mettere un po' distanza tra noi e smorzare la tensione, ma è quasi impossibile. È come un magnete, una calamita.Per lui la mia resistenza non è altro che una sfida.
"Sì" risponde.
La sua mano risale, lentamente, sui miei jeans. È così calda, forte e sicura che quasi mi sciolgo sotto al suo passaggio.
"E li hai trovati?"
Respiro rumorosamente quando raggiunge il punto sensibile tra le gambe e inizia a sfregare con i polpastrelli lentamente e con decisione sul tessuto. È così rilassante e piacevole il suo tocco.
"Sì" risponde, sussurrando al mio orecchio e mordendo il lobo. Le sue labbra si spostano, per tracciare una scia di baci lungo la mascella fino a raggiungere le mie. Un altro bacio rubato con astuzia e furbizia.
Prima di perdere di nuovo il controllo, mi alzo dal divano e mi siedo sulla poltrona in pelle verde per mettere un fremo a tutta questa situazione. Accavallo le gambe tra loro, poi rivolgo lo sguardo a Jason. È ancora lì, fermo e un po' deluso dal mio allontanamento.
"Ho una domanda da farti" dico di punto in bianco.
"Tutto quello che vuoi"
Sul suo volto appare un sorriso stanco e quasi malinconico. In questo momento sembra un cucciolo ferito, più che un predatore sicuro di sé.
"Perché hai reagito così quella sera?"
"Quale sera?" domanda perplesso.
"Quella in cui ci siamo conosciuti" sibillo a denti stretti.
Jason si alza per andare verso la finestra. I suoi occhi scrutano il paesaggio alla ricerca di qualcosa, anche se non so cosa. Ha le spalle leggermente curvate in avanti e lo sguardo spento, mentre pensa e riflette. Forse è rimasto turbato dalla mia domanda? Ma non capisco come. Si gira e sospira.
"Io...Vorrei chiederti scusa per il mio comportamento, ma c'è solo un motivo per cui ho reagito in quel modo. Quella stanza era il luogo in cui io e mia madre passavamo più tempo insieme, prima che lei si ammalasse in modo irreversibile. Ogni angolo, fessura e libro mi ricorda lei. Quando ho visto che la porta era aperta e tu eri dentro, ho perso completamente la ragione. Nessuno entra in quella parte della casa a parte me" dice quasi con rammarico.
Le sue parole mi lasciano un po' perplessa e con qualche dubbio.
"Perdonami, Jason, ma francamente ho trovato la tua reazione un tantino eccessiva. Mi assumo la responsabilità per essere entrata di nascosto in una zona privata, però tu hai fatto di peggio. Mi hai chiuso in una stanza!" sibillo, alzandomi dalla sedia e aggirando il tavolino di legno per fronteggiarlo.
Lui mi guarda con tutta la calma possibile, prima di ribattere.
"Qualche volta i miei scatti di ira, mi portano a compiere gesti avventati."
Posa entrambe le mani ai lati della mia faccia, accarezzando le guance con il pollice. Sento tutto il corpo andare in fiamme e il cuore comincia a battere più velocemente.
"Anche quando mi hai baciata in ufficio è stato un gesto avventato?"
Sul suo volto compare un sorriso malizioso e i suoi profondi occhi verdi mi scrutano con passione e calore.
"No, quello era premeditato" sussurra, prima di posare un bacio sulle mie labbra.
Prima o poi Jason mi farà completamente uscire di senno e a quel punto la mia vita andrà totalmente in pezzi.
Ciao carissima lettrice o carissimo lettore ^^
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