L'alba di un nuovo giorno (parte uno)
Non sono un uccello; e non c'è rete che possa intrappolarmi: sono una creatura umana libera, con una libera volontà.
Charlotte Brontë
Emily 18 years old
La libertà non ha prezzo.
Queste sono parole sagge e forti, ma restano un'utopia, perché guadagnarsi la libertà comporta un onere da sostenere, un debito da pagare giorno per giorno. È facile dire o pronunciare questa frase, quando la questione, il fatto o la notizia non riguarda la sfera personale. Gli esempi sono tanti e ardui da rappresentare o descrivere, tuttavia uno mi riguarda direttamente: la famiglia.
Una ragazza innamorata di un ragazzo e dell'idea dell'amore.
Una bambina nata e cresciuta con un padre violento.
Una madre e una figlia scappano da un incubo per trovare un po' di pace, rivelandosi una mera illusione.
Un marito che ricompare, gridando vendetta per il tradimento.
La morte.
La libertà ottenuta.
Il prezzo pagato.
Io ho ottenuto la libertà e mia madre ha pagato il prezzo con la vita.
Day 1
L'odioso suono della sveglia mi avverte, che è arrivato il momento di alzarsi, risvegliandomi dal mio stato di torpore e di beatitudine dato dal sonno. Mentre schiaccio il pulsante dell'orologio nero e quadrato, infilo le mie comodissime e poco eleganti pantofole grigie, dirigendomi verso il bagno.
Oggi, è una giornata molto importante per tutte le sorelle del Woman Power Club, perché sfileremo insieme ad altri gruppi attraverso le strade di Boston per chiedere giustizia e sostenere Jane Thompson. Una ragazza come tutte noi costretta a subire le angherie e la brutalità del suo ragazzo, Matt Finch.
Quando ho letto la sua storia sul giornale locale, sono rimasta davvero sconvolta e impietrita, perché mi sono sentita profondamente coinvolta dalla sua tragedia personale. Per settimane abbiamo discusso e parlato di lei al Woman Power Club e non ci siamo solo soffermate sul cruento atto compiuto dal ragazzo, ma anche sulla totale indifferenza delle persone sulla tragedia di Jane.
È possibile che nel ventunesimo secolo si verifichino ancora episodi di questo genere?
È possibile che l'indifferenza sia ancora all'ordine del giorno?
È possibile che non cambi mai nulla?
La vita Jane non è diversa da quella di una normale adolescente delle scuole superiori. Una ragazza poco più che diciassettenne appassionata di chimica e fisica, figlia di una coppia di operai e con un grande sogno nel cassetto: diventare una scienziata. Le sue amiche, i suoi compagni di classe e i suoi insegnanti la descrivono come una ragazza solare, disposta ad aiutare chiunque e molto attiva nel sociale - ogni domenica si reca alla mensa dei poveri, per servire i pasti o per scambiare qualche parola con i frequentatori del locale -. Qualcuno l'ha paragonata ad Amelia Earhart per i suoi corti boccoli caramello e il suo grande spirito di avventura - che nonostante tutto è ancora presente -.
Un giorno Jane ha incontrato Matt Finch e la sua esistenza è cambiata in modo doloroso e funesto. A quanto sembra, i due si sono conosciuti al refettorio dove lei fa volontariato. La direttrice della struttura non ha avuto alcun sospetto o segnale sul comportamento del ragazzo, quando ha deciso di farlo entrare nella sua squadra di aiutanti - una leggerezza che le è costata cara -.
La loro relazione è iniziata nel modo più classico con un caffè, qualche scambio di parola. Dopo poche settimane di frequentazione sono diventati una coppia fissa.
"È stato gentile, perfetto in tutto quello che faceva, poi qualcosa è cambiato...Quel giorno è stato l'inizio di tutto" ha raccontato Jane al giornalista.
Un pomeriggio lei e alcune sue amiche sono andate al cinema e al fast food, per trascorrere un po' di tempo insieme prima della fine dell'estate. Tutto è andato bene, almeno fino a quando le sue compagne l'hanno riaccompagnata a casa, poi è successo il dramma. Jane non ha fatto in tempo a estrarre le chiavi dalla borsa per aprire la porta, che un violento schiaffo l'ha colpita in pieno volto, stordendola e buttandola a terra. Quando ha cercato di rialzarsi, qualcuno l'ha afferrata per i capelli, tirandole un man rovescio nello stesso punto e tramortendola.
"Sono stati i minuti più orribili della mia vita. Mai avrei creduto, potesse arrivare a tanto" ha confessato al reporter.
In momento di lucidità la figura, l'ombra si è avvicinata a lei ed è stato a quel punto che l'ha riconosciuto come il suo ragazzo, Matt Finch.
"I suoi occhi erano neri come la pece, la mascella serrata e il corpo completamente soggiogato dalla rabbia, dalla furia..." ha descritto al suo interlocutore.
Matt si è scagliato addosso a lei come un pazzo, un folle, urlandole di averlo tradito con uno dei suoi amici ed epitandola come una poco di buono. Jane ha cercato di difendersi in tutti i modi possibili - quella prima volta -, gridando aiuto, graffiandolo con le unghie e tirando calci.
I suoi genitori - allarmati dalle urla - sono corsi fuori appena in tempo per trovarsi di fronte a una scena raccapricciante: la loro figlia stesa a terra con il volto tumefatto e Matt sopra di lei intento a picchiarla. Il padre, Paul Thompson, ha scaraventato via il ragazzo colpendolo con un potente gancio destro e la madre, Amy Thompson, ha soccorso la figlia, mettendola al riparo dalla furia del suo fidanzato - che in quell'occasione è riuscito a fuggire -.
Dopo quel primo episodio, Jane ha sporto immediatamente denuncia contro il suo aggressore e per un po' di tempo tutto è sembrato tranquillo, normale, un ritorno alla vita fino a quando lui non è ricomparso qualche mese più tardi.
"È arrivata una chiamata sul mio cellulare da un numero sconosciuto e quando ho risposto una voce modificata con un distorsore mi ha minacciata di morte" ha continuato a raccontare nell'articolo Jane.
Da quella prima telefonata ne sono seguite altre - sempre dello stesso stalker - accompagnate da lettere anonime scritte con ritagli di giornale - naturalmente, ci sono state delle denunce contro ignoti -. Da quel giorno Jane non è più uscita di casa da sola, ma tutto ciò non è servito a nulla, perché lui ha mantenuto la sua promessa.
"È stato tutto così improvviso" ha detto la ragazza.
È successo un lunedì di Novembre.
Un giorno qualunque.
Un giorno come tutti gli altri.
Quella mattina Jane ha salutato i suoi genitori e il suo amico peloso, Wolf - un golden-retriever di appena cinque anni -, prima di prendere l'autobus per recarsi a scuola e seguire le lezioni con le sue amiche e i suoi compagni di classe. Tutto è sembrato tranquillo quel giorno. Tutto. Nessuna chiamata anonima o messaggio di minacce.
"Mi è sembrato anomalo quel lunedì, strano. Poi, durante l'ora di educazione fisica, lui mi ha intrappolata" ha continuato la ragazza.
Jane non è riuscita a urlare quel lunedì.
Jane non è riuscita a scappare quel lunedì.
Jane non è riuscita difendersi quel lunedì.
Lui ha aspettato di trovarla da sola e dopo ha colpito. È uscito dal suo nascondiglio, cogliendola di sorpresa e spaventandola. Lei ha cercato di scappare, di uscire dalla porta dello spoiatoio, ma lui l'ha afferrata per i capelli, sbattendole la testa contro uno degli armadietti di metallo e stordendola.
"Non ricordo molto di quel momento, forse solo il dolore lancinante della ferita alla testa, poi il nulla" ha concluso la sua intervista con queste parole piene di rabbia e dolore.
Quando i suoi compagni di classe si sono accorti della sua assenza, sono corsi immediatamente a cercarla, ma nulla ha potuto prepararli alla orribile vista del suo corpo. Il volto sporco del suo sangue e tumefatto dai tanti colpi ricevuti, le braccia e le gambe piene di lividi.
I medici hanno fatto di tutto per salvarla da una fine atroce, anche se poi è andata in coma, risvegliandosi dopo tre mesi in un corpo distrutto sia fisicamente che mentalmente.
L'aggressore o stalker è stato riconosciuto e incastrato tramite le telecamere della scuola, ovvero Matt Finch.
Questa volta il ragazzo non è riuscito a scappare . Tutta la polizia di Boston è stata mobilitata ed è iniziata una caccia all'uomo senza precedenti. Dopo tre giorni di ricerche, Matt Finch è stato catturato e arrestato al confine con il Canada, con ancora addosso i vestiti imbrattati del sangue di Jane e in uno stato confusionale.
La storia di Jane mi ha scosso profondamente, ma soprattutto ha lasciato una grande indignazione a me e a tutte le altre ragazze del Woman Power Club, quando abbiamo scoperto sui giornali della richiesta di infermità mentale per il ragazzo. Marshall è andata su tutte le furie, esprimendo tutta la sua rabbia contro Matt e il sistema giudiziario americano, così presa dall'impeto del momento, ha contattato altri gruppi di femministe per organizzare una marcia di protesta.
Dopo aver fatto una rapida doccia, esco dal bagno e ritorno in camera per prepararmi. Con l'accappatoio stretto in vita, apro le ante dell'armadio - semplice ed economico - per scegliere i vestiti da indossare durante la marcia. Opto per una camicia a scacchi blu e rossi con dei jeans a vita alta. Infilo gli abiti e le mie Converse nere, prima di afferrare la spazzola per districare i capelli, davanti al piccolo specchio rettangolare appeso dietro lo sportello destro.
Quando termino l'operazione ripongo l'oggetto sul ripiano della scrivania e indosso la giacca di jeans con il colletto di lana bianca - anche se siamo a Febbraio, a Creek Point la temperatura è ancora molto bassa -, ravvivando i capelli e lasciandoli ricadere liberi dietro alle spalle. Annuisco, soddisfatta del risultato e piena di energie per l'importante giornata che mi aspetta.
Oggi, tutte noi saremo pronte a combattere e a sostenere Jane.
Oggi, io scenderò in piazza per difendere i diritti e la dignità non solo di Jane, ma di tutte le donne vittime di abusi e maltrattamenti.
Oggi, diremo stop alla violenza contro le donne.
Prima di uscire dalla mia camera, raccolgo da sotto il letto il mio borsone kaki, dove inserisco lo striscione - realizzato da me e Mei Han per la marcia - e altri oggetti. Lascio la stanza, dirigendomi verso la cucina per fare una colazione frugale con latte e cereali. Quando apro la porta, trovo mia madre in vestaglia vicino ai fornelli, mentre riscalda in un pentolino un po' di latte. La mia dolce mamma, la mia gemella e la mia confidente, mi regala sempre un calore e un amore sconfinato, anche adesso nei suoi occhi contornati da piccole rughette vedo un profondo affetto.
Negli ultimi anni, con tanti sacrifici, abbiamo messo da parte un po' di soldi per il college. Mia madre ha chiesto dei turni extra al suo capo ufficio e io ho contribuito con qualche lavoretto extra scolastico, come commessa in un minimarket, nella biglietteria del Wizard - il cinema locale - e infine come contabile nell'officina di zio Frank. Non sono molti, ma sono stati sufficienti per coprire parte della retta universitaria - per il resto ho dovuto chiedere un prestito universitario -.
"Buongiorno cucciolina" esordisce mia madre, abbracciandomi e dandomi un bacio sulla guancia.
"Buongiorno" dico, ricambiando il suo affetto.
Resto tra le sue braccia qualche minuto per rubare tutto l'affetto e la dolcezza del suo amore, che mi è mancato in questi mesi di lontananza e di separazione.
Da quando ho iniziato il college, ho avuto pochi contatti con mia madre, perché tra i corsi da seguire e lo studio non ho avuto molto tempo a disposizione, neanche per me stessa.
"Mi sei mancata, mamma" confesso, affondando il volto nel suo petto.
"Anche tu, Emily - dice, stringendomi di più nella sua presa - Come va al college? Sei riuscita ad ambientarti? La tua compagna di stanza è simpatica?" domanda, liberandomi dal suo abbraccio ed estraendo il suo fazzoletto di stoffa dalla tasca della vestaglia, per tamponare le lacrime dovute a tutte l'emozioni degli ultimi giorni.
Mi allontano per lasciare un po' di spazio, ma soprattutto per nasconderle le mie lacrime, perché devo essere forte per lei, per entrambe.
Dopo aver eliminato ogni traccia delle mie emozioni, apro lo sportello della credenza per prendere i miei Choco Pops, mentre mia madre riempie una tazza di latte caldo - proprio come piace a me -. Sposto uno degli sgabelli, per sedermi alla penisola della cucina e consumare la mia colazione.
"Direi tutto bene. Seguo vari corsi questo semestre, poi deciderò che cosa fare. Non ho ancora una compagna di stanza, quindi per il momento sono sola" rispondo, versandomi una generosa porzione di cereali nel latte.
"Bene. L'importante è che tu sia felice e sicura delle tue scelte - dice, sorridendomi - Ora, finisci la tua colazione, perché fra poco arriva la signora Jenckins."
Mi lascia da sola per andare in soggiorno con una fumante tazza di caffè in una mano e il giornale nell'altra, godendosi la tranquillità mattutina prima di andare al lavoro.
Intingo il cucchiaio nella ciotola, portando una piccola quantità di cornflakes alla bocca. Mentre mastico lentamente il magro cibo, penso all'importante compito che dovrò affrontare nella mattinata di oggi e alle conseguenze, all'impatto che avrà.
Riusciremo a trasmettere il messaggio e ad aiutare Jane?
La nostra voce sarà ascoltata?
E se non dovessimo riuscirci?
Deglutisco l'ultimo boccone, prima di riporre la ciotola nel lavandino e recarmi in salotto da mia madre, che trovo comodamente abbarbicata sulla poltrona Charlotte. Chiacchieriamo del più e del meno, in attesa dell'arrivo di Owy. Le racconto di New York, dei posti che ho visitato come Central Park, Liberty Island e il Met, dei ristorantini che ho scoperto a China Town e Little Italy, della mia vita frenetica al campus, ma soprattutto delle mie paure, insicurezze e dubbi, come anche delle mie aspettative per il futuro. Anche lei mi aggiorna sugli ultimi avvenimenti - o eventi straordinari - di Creek Point, come l'apertura di un nuovo pub e la costruzione di un parco giochi per bambini.
"Come va al lavoro?"
"Come al solito" risponde, sorseggiando il suo caffè ed evitando di guardarmi negli occhi.
"Che cosa mi nascondi, mamma?"
La osservo di sottecchi dalla soglia della porta. La sua pelle troppo chiara e candida per nascondere le sue emozioni, si tinge di un rosso porpora all'altezza degli zigomi - una reazione sicuramente non dovuta al caffè bollente -.
"Nulla" risponde evasiva, continuando a bere il suo caffè e leggendo il giornale.
"Ah, sì? Allora perché continui a evitare il mio sguardo?" chiedo, avvicinandomi a lei.
"Non è vero. - risponde, rifugiandosi dietro il giornale - Non ti nascondo niente" continua imperterrita nella sua causa.
"Va bene, ma la prossima volta che mi chiederai di preparati i biscotti con la composta di mele, io mi rifiuterò."
Lei abbassa di scatto il giornale, guradandomi con un profondo cipiglio di disappunto sulla fronte.
"Sei una figlia ingrata, lo sai? Come puoi ricattarmi con i miei biscotti preferiti?"
I suoi occhi blu mi scrutano con finta rabbia e indignazione, ma io non mi smuovo dalla mia posizione e resisto, così alla fine cede.
Sospira, posando il giornale e la tazza sul tavolino di fronte a lei.
"Un mese fa, il signor Willson ha assunto un nuovo assistente veterinario, Mark, per affiancarlo e aiutarlo nel suo lavoro. È un uomo molto gentile e premuroso, ama gli animali, soprattutto i cavalli" spiega con una punta di imbarazzo.
"Chi? Il signor Willson? Il tuo capo?" chiedo confusa.
"No, certo che no. Intendo Mark, il nuovo assistente veterinario. All'inizio, ho scambiato solo qualche parola con lui, perché non mi fido molto degli sconosciuti. Non dopo la storia con tuo padre. - farfuglia con tristezza - Poi le nostre conversazioni sono diventate sempre più informali e oltre il semplice saluto, fino a che lui mi ha chiesto di uscire insieme" conclude, scrutandomi dal basso della poltrona.
Io resto imbambolata per qualche secondo, per riprendermi dalla notizia shock: mia mamma con un uomo, un nuovo compagno. Non so che cosa dire o fare, perché è una cosa difficile da accettare, da metabolizzare in poco tempo, soprattutto dopo la storia con mio padre. Tuttavia devo pensare al benessere di mia madre e se questo Mark la rende felice, chi sono io per impedirle di frequentarlo?
Mi accorgo dell'espressione angosciata sul suo volto, quindi per non tenerla ancora sulle spine, le dico quello che penso.
"Non devi cercare la mia approvazione, perché sei libera di fare ciò che più vuoi. Se Mark ti rende serena, allora frequentarlo e divertiti con lui" concludo a cuore aperto.
Lei si alza dalla poltrona per abbracciarmi con gioia e nello stesso momento un forte colpo di nocche fa vibrare la porta d'ingresso, annunciando l'arrivo di Owy.
"Ti voglio un mondo di bene, cucciolina mia. - confessa, strofinando il suo naso con il mio tra le lacrime - Ora, vai e fai vedere al mondo interno il tuo carattere impavido e forte."
"Sì, mamma" le dico con orgoglio.
Afferro la mia sacca kaki e corro fuori dalla porta di casa, dove ad attendermi ci sono Owy, Marshall e le ragazze del Woman Power Club.
"Tutto bene, ragazzina?" domanda Owy, mentre raggiungiamo il mezzo per andare a Boston.
"Sì, tutto bene" rispondo, notando la sua mise sobria costituita da un giubbotto marrone e dei jeans stretti con stivaletti scuri.
Dato che il nostro club non deve passare inosservato, anche l'automezzo scelto rispecchia perfettamente il nostro spirito coraggioso e combattivo. Si tratta di uno di quei caratteristici pulmini della Volkswagen di colore blu con l'aggiunta di disegni, che ricordano tanto il periodo hippy e Woodstock. Il muso del mezzo - dove si trova lo stemma - è decorato con dei fiori, mentre sulla fiancata sinistra vi sono dei graffiti, parole - Love & Peace - e altri elementi.
Appena arrivo vicino al pulmino della Volkswagen, Marshall apre lo sportello per farmi salire e sedere accanto a lei su uno dei posti in pelle bianca del divanetto circolare, mentre Owy va alla postazione di guida. All'interno del mezzo sono già sedute le altre ragazze: Mei Han, Sonja, Anne e Alison.
"Siete pronte per partire e fare la storia, ragazze?" chiede Owy, guardandoci dallo specchietto retrovisore.
"Sì" urliamo tutte quante in coro.
Che la lotta abbia inizio!
Ciao cara lettrice e caro lettore ;-)
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Ti aspetto nella prossima avventura 🐰🐰🐰
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