Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Incidente (in revisione)


Love is blindness, I don't want to see

Won't you wrap the night around me?

Oh, my heart, love is blindness

Love Is Blindness, Jack White 


"Jason, possiamo fermarci a casa mia?" chiedo con fare esistente.

"Perché?" stringe le mani sul volante e gira la testa verso di me. 

"Devo controllare come sta Becky." stringo le mani tra di loro per riscaldarle. 

"Chi è Becky?" 

"È la mia gattina" dico guardandolo in faccia e incrociando le braccia. Se solo osa definirmi una vecchia zitella, giuro che lo butto fuori dalla macchina senza pensarci due volte. "È passato molto tempo da quando sono andata via di casa, potrebbe avere fame o sentirsi sola" la mia voce è determinata. 

Passa una mano tra i suoi folti capelli neri e dopo un tempo quasi interminabile mi risponde. "Facciamo così, tu chiami una tua amica e le chiedi di controllare lo stato di Becky, mentre noi andiamo nel posto in cui voglio portarti"

Sento la rabbia ribollire nelle vene; come può avere questo atteggiamento, non capisce quanto sono affezionata a Becky, lei è il mio mondo, la mia ancora di salvezza.

"No, voglio vederla di persona" ho la mascella contratta dalla rabbia "Adesso gira la macchina e portami a casa"

Frena bruscamente l'auto e vado a sbattere contro il vetro del finestrino. Un dolore lancinante si diffonde per tutta la testa. "Ma sei impazzito, perché l'hai fatto?" porto una mano sulla fronte e sento un liquido scivoloso. Sangue. "Jason" una striscia color cremisi scende dall'attaccatura dei capelli fino al naso. 

"Emily, mi dispiace" spalanca gli occhi e tentata di toccarmi, ma spingo via la sua mano "tu sei pazzo" scendo dall'auto e corro verso il centro della strada. Stringo le braccia intorno al corpo per proteggermi dal freddo. In quel momento vedo i fari di una macchina avvicinarsi e faccio dei segnali con le mani. L'auto è sempre più vicina e invece di rallentare, accelera. Cerco in tutti i modi di farmi notare, ma è troppo tardi. È finita, chiudo gli occhi e penso a mia madre. L'impatto non avviene subito, non sento le ossa frantumarsi. Anzi non sento proprio nulla. Alzo lentamente le palpebre e vedo Jason. Le sue braccia muscolose avvolgono il mio corpo con fare protettivo. Il mio cuore salta un battito e tutto il mio mondo va in frantumi. Lui mi ha salvato. Ha rischiato la sua vita per me, una sconosciuta. 

Dopo il mio quasi incidente, Jason mi porta al St. Patrick hospital. È stato costruito non più di dieci anni fa grazie a delle donazioni di privati, prima per un qualsiasi problema dovevi recarti a Boston o a New York.

Devo essere sincera, odio gli ospedali, ma il St. Patrick ha qualcosa di rilassante, forse per il colore blu cobalto della struttura o per il personale sempre gentile e disponibile.

Jason parcheggia la macchina e ci dirigiamo verso l'entrata del pronto soccorso. Alla reception una signora mora sulla cinquantina chiede i miei dati e mi fa accomodare in una stanza. All'interno vi sono tre lettini separati da tende verdi e in fondo c'è un' ampia finestra. Decido di sdraiarmi sul letto vicino alla finestra. Quando poggio la testa sul cuscino, l'odore nauseante del disinfettante invade le mie narici. Qualche minuto dopo arriva un'infermiera per visitarmi, dal cartellino appuntato sul suo petto leggo il nome -Jo Marquez- che nome particolare.

"Allora mi faccia vedere la sua ferita" dice Jo. I suoi capelli biondi sono acconciati in una elaborata treccia, indossa una maglietta e dei pantaloni rossi, che le calzano a pennello. Prende dei guanti di lattice da un contenitore e l'indossa per controllare la mia ferita. Le sue mani sono fredde quando entrano in contatto con la mia fronte. "Bene, non è nulla di grave, quindi medicherò la ferita e potrà andare" sorride gentilmente.

Dopo aver finito l'operazione, l'infermiera mi lascia per andare ad occuparsi di altri pazienti. Cerco di alzarmi dal lettino, ma un capogiro mi costringe a sdraiarmi di nuovo. "Non dovresti alzarti così velocemente" la voce di Jason mi coglie alla sprovvista. Perché è ancora qui con me ?

"Non saresti dovuto intervenire" sono ancora arrabbiata con lui "Davvero? Quindi dovevo lasciarti morire?" controbatte con voce seria.

"Sì"

"Perché ?" in pochi passi raggiunge il letto e si siede accanto a me. Il materasso sprofonda sotto il suo peso. "Così avresti posto fine alla mia sofferenza" tento di alzarmi una seconda volta e riesco a fare solo qualche passo, prima di avere un altro capogiro. Delle braccia forti mi affermano appena in tempo e mi riportano sul letto.

"Emily, resta sdraiata" sospira "ascolta, non so che cosa ti spinge a dire queste parole" prende la mia mano e la stringe nella sua "ma nessuna vita merita di finire " nei suoi occhi leggo un misto di dolore, sofferenza e compassione. Come se lui potesse capire il mio stato d'animo; come se potesse spazzare via anni e anni di dolore con poche parole. Stacco la mano dalla sua e lo fisso dritto negli occhi.

"Come puoi capire" dico stringendo il lenzuolo sotto di me "tu non sai niente, sei solo uno stupido psichiatra arricchito che pensa di conoscere tutto della vita" il mio corpo viene colpito da violenti spasmi e delle lacrime scendono lungo le mie guance. "Sei una sciocca, io conosco la sofferenza più di quanto tu possa immaginare".

In quel momento mi ritornano in mente le parole della Schulzmann. "Scusa" dico con cautela "Eliza mi ha raccontato qualcosa di te" sul suo volto compare un sorriso triste "Davvero? Che cosa in particolare ?" chiede incuriosito "Ha detto che eri un bambino molto problematico"

La sua faccia si contorce in una espressione di rabbia, si alza dal letto e tira un calcio contro il muro "Problematico? È così che definisce un bambino che ha visto morire sua madre?" le pupille dei suoi occhi sono talmente dilatate da farlo sembrare un tossico in preda ad un attacco di astinenza "I...io non lo sapevo" dico con un filo di voce.

Jason riesce a riprendere il controllo di se stesso e torna a sedersi sul bordo del letto "È successo quando avevo dieci anni" sussurra "mia madre soffriva di disturbi mentali" la sua rivelazione mi lascia senza parole "come è morta ?" chiedo con un certo timore.

Jason cade in uno stato catatonico. I suoi occhi fissano il pavimento con fare assente. È perso nel mondo dei ricordi e io non posso fare nulla per aiutarlo. Dopo qualche minuto tocco la sua spalla e il suo corpo ha un tremolio. Sbatte le palpebre varie volte e poi alza la testa. Non parla, non dice nulla, così prendo il coraggio e glielo chiedo di nuovo.

"Jason, come è morta tua madre?" gira la testa verso di me "Si è tolta la vita una domenica di dicembre" con queste parole tutte le mie certezze crollano, perché capisco quanto io e lui siamo uguali, simili. Due anime perse in cerca di un perdono che non arriverà mai.




Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro