Lo specchio bugiardo
Crescere è sempre stato qualcosa che ho percepito come un'incombenza, qualcosa da fare perché andava fatto.
Ricordo che, quando ero piccola, il mio desiderio più frequente era quello di poter essere già grande: «Vorrei essere già grande, che ho studiato tutto, sono laureata, sposata, con i figli e la casa.» Questo dicevo, senza nemmeno capire bene quello che implicava.
Quando giravo per casa esprimendo questo bislacco desiderio, probabilmente facevo l'asilo o i primi anni delle elementari, perché ricordo che non sapevo molto della scuola e di cosa effettivamente significasse.
Men che meno potevo sapere cosa fosse una laurea! Nella mia mente, a volte, quando pronunciavo quella parola, prendeva forma il viso di una ragazza ― Laura, appunto ― e non capivo che ci dovessi fare con una Laura, visto che avevo già una sorella, una mamma, una nonna, ecc. Sapevo solo che per lavorare me ne serviva una; quindi forse mi avrebbe aiutato... Chissà, in qualche modo l'avrei scoperto.
Volevo un marito, dei figli... Quanti? Due, un maschio e una femmina, prima il maschio, così si responsabilizza... Volevo una famiglia, una casa.
Volevo tante cose, ma le volevo già.
Avrei fatto un salto madornale nella mia vita, di interi anni, da bambina a donna; volevo svegliarmi un giorno e ritrovarmi adulta, senza passare attraverso tutte le fatiche che una situazione simile comporta. Inutile dire che "Big" era uno dei miei film preferiti.
Così provavo ad accelerare i tempi, sfruttando quei pochi mezzi che avevo a disposizione.
Quando avevo la fortuna di rimanere a casa, mentre mamma usciva a fare la spesa, io andavo in cucina a recuperare lo sgabello che lei usava per arrivare ai ripiani più alti del buffet; lo trascinavo in bagno, davanti al lavandino e vi salivo sopra.
Finalmente potevo specchiarmi, perché ero alta!
Ero alta... e poco importava che sotto i miei piedi ci fossero in realtà trenta ― forse di più, ma tanto ero piccola e non sapevo misurare le cose ― centimetri di legno a sostenermi. Arrivavo allo specchio e a vedere la mia immagine riflessa, ma non ero più io: ero la io grande, quella adulta.
E cosa fanno le donne adulte? Si truccano.
Allora aprivo lo sportello della specchiera nel quale mamma riponeva i trucchi: quante volte l'avevo vista armeggiare con quell'antina, infilare le mani nei ripiani per tirarne fuori gli imbelletti colorati.
Cominciavo dalla cipria: quanto mi piaceva la scatola della cipria! Era tonda e rosa chiaro e aveva una specie di pompon che ― scoprii la prima volta ― era così morbido!
E poi c'era il pezzo forte: il rossetto. Era affascinante come, ruotando una parte di quell'aggeggio, venisse fuori quella specie di colore a cera; poi la forma, quasi appuntita, e il colore... Il mio preferito era un rosso brillante, come la mela di Biancaneve.
Un brivido mi percorreva la nuca mentre premevo con forza sulle labbra, pur tenendo le dita all'insù, come avevo visto fare a mamma tante volte; il risultato però non era lo stesso: lei era bella, io... Mi guardavo un altro po', sorridevo a quella buffa immagine e mi rispondeva di rimando l'imitazione di un folle clown. Corrucciavo la bocca e mandavo baci al mio amante immaginario, quello che un giorno avrei sposato e che mi avrebbe dato due figli, un maschio prima e una femmina poi.
Poi l'adrenalina mi scorreva in corpo, forse era tardi, forse mamma stava per tornare e mi avrebbe beccato. Dovevo lavarmi, ripulire tutto, mettere i trucchi a posto... Com'è che li avevo trovati? Stavo sempre ben attenta a rimetterli nelle stesse posizioni.
E giù con l'acqua calda, il sapone, a strofinare la bocca, piegata in due su un lavandino troppo basso per la mia me adulta, finché non mi sembrava di vedere più alcuna traccia di rossetto da nessuna parte del mio viso infantile. Perché... Eccomi di nuovo lì: una bambina che giocava a fare la donna, quando la mamma non era in casa.
Allora scendevo dal mio piedistallo improvvisato per riportarlo a posto e tornavo a giocare con il mio mondo fantastico, quello nel quale inventavo storie, delle quali ero la protagonista: avevo una mascotte che mi aveva donato poteri magici, potevo trasformarmi in una grande guerriera e sconfiggere il male. A volte ero Creamy e cantavo sul palco, altre ero Emi e facevo giochi di prestigio, altre volte ero Sakura e raccoglievo le carte dei tarocchi Clow, altre ancora ero Sandy e disegnavo cose magnifiche che prendevano vita.
Ero la regina di quel mondo incantato e presto avrei trovato il mio re e avremmo vissuto per sempre, felici e contenti.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro