Cartoline d'estate
Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che era stato lì, che la nostalgia prese il sopravvento.
Massimo viveva da anni ormai a Roma e solo qualche mese prima gli avevano comunicato un trasferimento stabile a Berlino, per lavoro.
Quando si avvicinarono le vacanze estive, quindi, decise di tornare a casa, come per respirare ancora una volta, prima di lasciare la sua terra per chissà quanto, l'aria fresca e frizzante di Misano Adriatico.
Parcheggiò l'auto all'entrata della Pensione Stella, che l'avrebbe visto ospite per un'intera settimana; tutto era perfetto, proprio come lo ricordava nelle sue memorie di ragazzo.
Non era stato facile trovare una camera libera in alta stagione, ma ce l'aveva fatta.
Sospirò soddisfatto, allungando il manico del trolley, e si diresse all'interno, dove lo accolsero la frescura dell'aria condizionata e una donna dietro al bancone della reception.
«Buon pomeriggio. Ho una camera prenotata a nome Tellibá» si annunciò, recuperando il portafogli; ma, vedendo che l'altra non reagiva, alzò lo sguardo su di lei.
La donna lo stava fissando inebetita, un sorriso bloccato, incantato sulle labbra, come un disco ormai impuntato nel tempo, e gli occhi luminosi.
«Tut-Tutto bene?» chiese titubante.
«Lo sapevo» proferì finalmente parola la receptionist: «Sapevo che eri tu.»
Si trattava quindi di qualcuno che conosceva. La guardò meglio: una donna minuta, magra e dalla carnagione scialba; portava i capelli raccolti in una lenta crocchia adagiata sulla nuca e aveva il taglio degli occhi con la coda rivolta all'ingiù, come se fosse perennemente triste.
Eppure ancora non si ricordava di lei.
«Sono io» disse quella, puntandosi una mano al petto: «Marina!»
Per un momento ancora Massimo rimase nella sua ignoranza. Poi il nome di Stella Marina gli attraversò la mente come un lampo.
L'immagine di una ragazzina, che ― ora che guardava meglio ― riconosceva in quella donna adulta, condannata a portare un nome per il quale tutti ― lui compreso ― la prendevano in giro, gli si parò davanti.
I suoi amici l'avevano sfottuto più di una volta, spifferandogli che Stella Marina gli andava dietro. E lui si era fatto le peggio risate a riguardo, non degnandola nemmeno una volta delle sue attenzioni.
E ora era lì, a fissarlo come un pesce lesso, probabilmente convinta di avere una seconda (o forse milionesima) possibilità.
«Marina! Certo!» Pensò velocemente a un modo per defilarsi: «Come stai? Non ricordavo che questa pensione fosse dei tuoi.» "In realtà lo ignoravo completamente" continuò tra sé.
«Mi è venuto il dubbio quando ho visto il tuo nome, ma ora...»
"Peggio di una stalker" pensò ancora Massimo. E invece disse: «Bene, quindi posso avere la chiave della camera? Sai, il viaggio...»
«Sì, certo» gliela servì solerte, con la mano quasi tremolante.
L'uomo afferrò tutto quello che poté alla velocità della luce e si dileguò.
Dopo qualche ora e dopo essersi assicurato che Stella Marina non fosse nei paraggi, Massimo riuscì a recarsi in spiaggia: respirò l'aria di mare a pieni polmoni, si perse tra gli schiamazzi dei bambini e gli odori dei panini venduti ai chioschi sul lungomare.
Poi ci pensò: e se fosse ancora esistito quel baretto, quello in cui si riuniva con gli amici, a giocare a biliardino e a calcio balilla? A guardare le ragazze che passeggiavano... A guardare lei, Elisa, la sua cotta del liceo.
Chissà cosa le era successo, se era ancora a Misano...
Cambiò direzione finché non lo trovò: Bar il 8. Era ancora lì, proprio dove ricordava.
Ne varcò la soglia con una riverenza degna di una chiesa, finché inaspettatamente non la captò, come un radar: Elisa, dietro al bancone, bella come il sole dell'Adriatico.
Si avvicinò, lentamente, incantato dalla sua eleganza, manifesta anche nello spillare una birra, ammaliato dal profumo che sapeva provenire dalla sua pelle. Sapeva di cioccolato. Avrebbe voluto morderle quel collo, anche se era segnato dal tempo, dalle rughe, dalle efelidi.
«Ciao» riuscì a dire, prendendo posto sullo sgabello davanti a lei.
«Ciao! Cosa ti porto?» gli sorrise. E lui morì.
«Non mi riconosci?»
La donna sbatté le palpebre un paio di volte, ma non dette segno di ricordarsi di lui.
«Sono io, Massimo» si portò una mano al petto, come a voler sottolineare la sua esistenza con quel semplice gesto.
Elisa scosse il capo: «Mi spiace...»
«Tellibá!» Avrebbe sicuramente ricordato il cognome. Per forza!
«Davvero» sembrava imbarazzata: «Mi spiace, ma non credo ci conosciamo.»
Splash! Una doccia gelata di indifferenza lo investì da capo a piedi. Elisa non solo non si ricordava di lui, ma non sapeva nemmeno chi fosse!
Lei, che aveva riempito i suoi sogni di adolescente.
Lei, che si ostinava a essere la perfezione anche decenni dopo.
Lei, che non sapeva quanto lui fosse stato ― e fosse ― patetico a morirle dietro.
L'uomo non riuscì a proferir altra parola, rimase a fissarla a bocca spalancata, finché non si sentì sfiorare una spalla.
«Ciao, Massimo!»
Si voltò verso quella voce, a tratti stridente, come se stesse graffiando la gola dalla quale usciva: Stella Marina era al suo fianco e gli sorrideva, sempre, comunque, senza aver perso quella sua disperazione, quel suo desiderio di approvazione.
E in quel momento Massimo capì: lui era la Stella Marina di Elisa.
Abbandonò il capo contro il petto, lasciandolo libero di ciondolarsi nella rassegnazione: «Ciao, Ste-... Ehm... Marina. Credo di essere ancora stanco e che me ne tornerò in camera.»
La donna si rabbuiò per un millisecondo, giusto il tempo di far prevalere la sua parte compassionevole nei confronti dell'uomo che aveva sempre amato.
Ma Massimo non aveva ancora finito con lei: «Senti... Che ne dici di venire con me e tenermi un po' compagnia?»
Lo sguardo di Stella Marina si riempì di tante piccole luci e gocce e quasi lacrime, per quanto si sentiva felice in quel momento.
Non era assolutamente così che Massimo l'aveva programmata, quella vacanza, quel tuffo nel passato, ma fu così che si fece travolgere completamente dagli eventi.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro