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Borje Bergman se ne stava seduto sulla vecchia poltrona del salotto di casa, picchiettando la punta delle dita sui braccioli imbottiti. Aveva la faccia contratta in un'espressione che la moglie aveva sempre sperato di non dover mai vedere rivolta verso il figlio. Era glaciale, ma diveniva molto più feroce quando l'uomo spostava lo sguardo verso la finestra. Rosalia riusciva a malapena a concentrarsi sui documenti che stava visionando, non aveva chiuso occhio quella notte, preoccupata al pensiero di cosa sarebbe accaduto quella mattina. Non era strano che alla sua età Frans cercasse un po' di indipendenza, lei non vi vedeva nulla di sbagliato, ma spiegarlo a Borje era un'impresa impossibile. La donna temeva il peggio. La tensione riempì la stanza all'abbassarsi della maniglia, quando loro figlio fece il suo ingresso, aveva il viso arrossato e gli occhi lucidi di pianto.
Frans, cos'è successo? *lascio i fogli e faccio per raggiungerlo, ma Borje mi ferma con un cenno della mano*
Nel silenzio, il capofamiglia Bergman si alzò in piedi, portandosi faccia a faccia con il ragazzo, il quale non si mosse, tenendo testa e spalle basse, aveva il respiro un po' accelerato. La sensazione fu terribile per Frans, il genitore torreggiava su di lui minaccioso, senza dire una parola, ma era di certo pronto a scattare da un momento all'altro. Il biondo non ebbe il tempo di ipotizzare quale terribile punizione gli sarebbe stata inflitta, che l'altro si mosse spingendolo a chiudere d'istinto le palpebre. Un attimo dopo era a terra, la guancia sinistra formicolante di dolore, l'angolo del labbro spaccato e sanguinante, non l'aveva nemmeno visto arrivare. Il primo riflesso del ragazzo fu quello di stringere i pugni, con l'intenzione di alzarsi per reagire, ma poi ripensò al giorno prima e le parole di Leonard imbrigliarono la sua rabbia tenendolo lucido. La voce profonda del padre gli fece vibrare la cassa toracica.
Alzati Franz *sposto la mano lungo il fianco, la sento umida ed intorpidita* Subito.
*mi rimetto in piedi cercando di mostrarmi sicuro, nonostante la mia vista sia annebbiata* - Non pensavo mi avrebbe colpito... - * ho il lato della faccia insensibile e ormai prossimo a gonfiarsi* - Cosa pensa di fare? Picchiarmi fino allo svenimento? - *mi tiro su dritto, sfidando il suo sguardo con il mio, ricacciando giù la paura* - Non questa volta, non sono più un bambino. Certo, non posso rispondere con la violenza, ma almeno non mi farò ammazzare -
Rosalia aveva il cuore spezzato, sapeva delle punizioni corporali che il marito infliggeva al figlio, ma era stata chiara, non voleva assistervi. Voltandosi quel tanto che bastava, la donna si coprì il volto con le mani, vi nascose le lacrime e, allo stesso tempo, fece lo stesso con quell'orribile situazione. Per Frans fu diverso, voleva affrontare la verità, non aveva più intenzione di giustificare le cicatrici lungo il proprio corpo e nell'animo, colpevolizzandosi per esse. Non erano gli errori di un bambino, ma la crudeltà di un padre. Il giovane vide il braccio sinistro dell'uomo contrarsi, ma non rimase fermo e, prima che potesse colpirlo di nuovo, lo afferrò per il polso e strinse forte deviando il pugno verso l'alto. Dovette metterci tutta la forza che aveva, ma riuscì a sorprendere Borje il quale ritrasse la mano e cambiò espressione. Lasciandolo, il biondo indietreggiò di un passo senza perdere di vista l'altro. Non poteva scappare da quella discussione, l'aveva già fatto abbastanza.
Far, ti voglio bene *la voce inizia a tremarmi* M-ma non lascerò più che tu mi faccia del male, q-quindi... P-per favore, non picchiarmi più.
Massaggiandosi il polso, l'uomo si abbassò la manica leggermente, il punto in cui era stato afferrato era diventato violaceo, ancora un po' di forza e si sarebbe spezzato. Chiudendo gli occhi e facendo un lungo sospiro, Borje rilassò i muscoli delle braccia e fece un passo avanti in direzione di Frans. Il ragazzo, nonostante l'adrenalina stesse facendo vibrare i suoi muscoli, avanzò. Voleva una risposta dal padre, di qualsiasi tipo, anche fisica, almeno avrebbero messo un punto alla questione. Era felice di essersi controllato, il pensiero del giovane Lindgren gli lanciò una fitta al petto, sapeva di averlo reso orgoglioso col suo comportamento, se vi avesse assistito l'avrebbe apprezzato. Era ormai rassegnato a quanto stava per succedere, quando l'altro, invece di caricare un nuovo colpo, appoggiò le mani sulle sue spalle e lo strinse a sé. Far lo stava abbracciando.
*spalanco le palpebre allucinato verso mia madre, ma è ancora voltata e non può vederci* Far...
- Bene, è impazzito... Dormo fuori casa per una notte ed ecco qui - *anche se non riesco a smettere di tremare, rispondo alla stretta appoggiando le mani cautamente sulla sua schiena* - Come dovrei reagire? Andrà bene così? Non mi era mai successo prima... -
*libero Frans e lo guardo orgoglioso* Allora è vero quello che hai fatto ieri...
*sbianco* I-ieri? *ripenso alla notte passata con Leonard* - No, non può sapere di... Noi. Sarei sottoterra a quest'ora! - Di cosa stai parlando, Far?
*lo afferro per le spalle* Un uomo del villaggio è venuto a riferirmelo dopo averti visto, ma pensavo mi stesse prendendo in giro *gli do delle pacche energiche* Che sapessi lottare era troppo assurdo, ma stendere tre avversari da solo? Beh, impossibile *sorrido* Ho voluto accertarmene personalmente... Sei un combattente, hai davvero messo in riga i ragazzi del villaggio! *gli scompiglio i capelli* Ed io che ti credevo una femminuccia sensibile e lagnosa come tua madre, invece sei solido come una montagna, figlio mio.
*incrocio il suo sguardo, mi sento confuso dalla sua reazione* Tu sei... felice che io li abbia quasi ammazzati di botte? - Perché è così entusiasta? Non avrei dovuto, non è da... da me. Io non sono così. Lui vuole che io sia così? - *guardo le mie mani* - Io non voglio essere così -
Certo figliolo, infatti *incrocio le braccia* Chiuderò un occhio sulla tua amicizia con Leonard Lindgren e sul fatto di avermi contraddetto al telefono *sorrido* Sono orgoglioso di te Frans, ora sei un vero uomo, un Bergman. Come me!
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