Scelta senza rimpianto (parte 3)
Levi si sporse di poco per poter sbirciare dalla fessura della finestra semi aperta. Hanji era ancora lì inerte. Forse c'era ancora tempo per salvarla, impugnò il coltello pronto ad affrontare chiunque glielo avesse impedito ma cadde dal palazzo non appena scorse Moblit. Il biondo esterrefatto la prese fra le sue braccia. «Signorina Zoe, cosa le è successo? Signorina Zoe!»
Un rumore, un tonfo metallico. Il coltello era giunto al suolo troppo veloce. Il biondo alzò il capo e si diresse a passo sicuro verso la fonte che secondo lui proveniva da fuori «Chi va là?»
Silenzio. Levi si spostò lungo la parete per evitare di essere visto, si nascose nell'ombra attendendo che rientrasse.
Moblit allungò il collo, sperava di cogliere nell'atto la persona che aveva osato ridurre in quello stato Hanji. Quel mondo era crudele, se esistevano persone in grado di togliere la vita a qualcuno per dei soldi non c'erano dubbi. Sapeva della situazione del laboratorio e di un possibile infiltrato ma non pensava che potesse arrivare a tanto. Hanji era speciale per lui, non poteva permettere che le accadesse qualcosa.
Hanji! Se ne era completamente dimenticato! Le fece aria con un foglio e la mora si risvegliò «Moblit grazie»
«Signorina Zoe ha visto chi le ha fatto questo? Ma lei sta piangendo!»
Hanji sorrideva felice stringendo la mano del ragazzo «Sono felice».
Il biondo sussultò. La sua mano era così fredda e si stava congelando con la finestra aperta, forse aveva avuto una qualche reazione allergica a quel narcotico abbandonato sul pavimento. Strano. Se volevano che morisse toglierlo migliorava soltanto la situazione, perché tentare di farla sopravvivere?
Hanji ricominciò a vedere nitido tutto attorno, il viso di Moblit ed il suo ufficio calato nell'ombra dopo che aveva urtato col braccio la candela.
Illuminati dalla sola luce della luna.
Moblit le sorrise accarezzandole la guancia «Sta male, dobbiamo andare al pronto soccorso. Però ora mi sembra che sia migliorata signorina Zoe»
la ragazza gli donò uno splendido sorriso, si rimise gli occhiali a posto «Grazie per avermi salvata. So che hai fatto tutto il possibile»
Moblit confuso non capì il significato delle parole di Hanji, ma non gli sembrava così importante. Si avvicinò al suo viso sempre di più e lei non rifiutò il contatto. Incrociò le braccia dietro la sua schiena unendo le loro labbra in un bellissimo bacio.
Il ragazzo la prese per la vita accarezzandole i fianchi e inciampò nelle sue gambe attorcigliate alle sue. Si ritrovarono uno sopra l'altro, Hanji si staccò prendendo fiato «Grazie»
il ragazzo era stato così dolce ad accorrere in suo aiuto. Sapeva che era stato lui, ne era certa. Però qualcosa le impediva di crederci del tutto, un vuoto nel cuore. I suoi pensieri furono interrotti da un' altro bacio sul collo«Ti amo Hanji»
«Anche io»
Forse era lui quello del sogno. Forse si era semplicemente sbagliata.
Levi osservava la scena fra i due ragazzi da dietro il vetro ancora in bilico fra la vita e la morte, sospeso nel vuoto sulle strade di Berlino ancora silenziose a quell'ora.
Il ragazzo si costrinse a distogliere lo sguardo, si morse la lingua e un sapore di ferro gli riempì il palato.
«Chi se ne importa» riuscì a dire fra le lacrime e il furore che cresceva dentro di lui come una fiamma. Era davvero tentato di puntarsi una pistola alla tempia assistendo a quello stupido bacio. Doveva essere lui ad assaporare le sue labbra, doveva essere lui a sussurrarle all'orecchio mentre le baciava delicatamente al collo tutto ciò che le piaceva di lei.
I suoi occhi. I suoi pensieri. Le sue convinzioni. Il modo in cui era così determinata e affrontava anche ciò di cui era sicura di fallire in partenza. Quel sorriso che gli aveva sciolto il cuore. Tutte le prese in giro.
Non lui. Non Moblit. Quel buono a nulla che non sapeva come conquistare la ragazza di cui era innamorato da sempre e ora ce l'aveva fatta! Hanji lo amava.
«Thc, a chi importa. A me no di certo, che faccia quello che le pare! Eri veramente una sgualdrina» ma i fiotti di lacrime che gli rigavano le guance dicevano il contrario. Con un pugno si fratturó un' osso delle falangi e un urlo di agonia spezzò il lieve suono di gemiti e sospiri nella stanza.
Hanji fece appena in tempo a vedere un'ombra scappare. Chi era? E perché adesso si sentiva come aver perso un pezzo di se stessa?
«Moblit hai visto anche tu?»
«Non ci pensare e ora riposati Quattrocchi»
la ragazza lo guardò triste, con gli occhi lucidi e un lieve sorriso malinconico
«C-come mi hai chiamata?»
«Hanji, avrai sentito male»
abbassò il capo e si sentì di nuovo sporca dentro. Levi. Le mancava così tanto quel nomignolo.
Senza volere ridacchiò.
Quella notte Levi non riusciva a dormire, non chiuse le palpebre nemmeno una volta pensando a come si sarebbe dovuto comportare il giorno seguente a lavoro per non destare sospetti. Aveva paura che Mayer avesse perso la pazienza e volesse uccidere lui stesso con i suoi amici la scienziata, Moblit e rubare i documenti segreti nel laboratorio. Chissà che voce si sarebbe sparsa in giro sul sicario più abile e ricercato di tutta la Germania che provava pietà per le proprie vittime e rifiutava di adempiere ai propri doveri. La sua reputazione sarebbe andata in pezzi e non poteva permetterlo. Così come non si poteva permettere di perdere la somma di denaro promessa dal vecchio. Rifletté sdraiato a pancia all'insù sul letto, contemplando dalla finestra il cielo notturno e le stelle che lasciavano spazio al colore roseo delle nuvole. Anche se la luna era ancora alta in cielo. Tutto in quegli attimi gli ricordava Hanji, si costrinse a virare la direzione della sua immaginazione per non ritrovarsi col cuore spezzato. Non poteva e non voleva che gli succedesse di nuovo come l'ultima volta. Aveva perso lei, ma non avrebbe perso Hanji.
Era in grado di non averla per sé piuttosto che vederla soffrire ancora.
«Non può finire così, dopo tutto quello che ho fatto non deve finire così. Non lo posso permettere, combatterò per vedere l'alba fino alla fine e combatterò per dire a quelli che mi susseguiranno i miei sbagli. Queste cose non si devono ripetere mai più. E io sono pronto a combattere per fare in modo che non succedano in futuro. Ricordo?»
si coprì gli occhi col braccio «Ricordo perché sono diventato un macellaio»
Chi aveva il diritto di scegliere chi può vivere e chi può morire? Certo non un ragazzo che per sopravvivere si impegnava nel consegnare anime all'Inferno. Già, perché nessuno merita il Paradiso. Nessuno era certo che esistesse ma almeno le persone credevano in qualcosa, credere serve per spronare a continuare. Credere serve a tenere unito un gruppo nel bene o nel male. Lui in cosa credeva? Bambino. Era illuso di tutte le sue certezze che fino a quel momento pensava fossero veritiere ma perché una scienziata pazza doveva essere entrata nella sua vita come un fulmine per farglielo capire. Un fulmine che lo aveva colpito. Le sue parole. Si rese conto troppo tardi che stava usando esattamente le sue parole. D'ora in poi sapeva a cosa credere.
Credeva in se stesso e nelle sue scelte.
Del resto non era il suo motto? Scelte senza rimpianto.
Levi scelse il suo cuore.
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