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capitolo quattro

E, in quella sera di Dicembre, Kageyama si rese conto per la prima volta di quanto Shoyo fosse bello.

-che c'è?- chiese Hinata, sentendosi osservato. Non era la prima volta quel giorno, e la cosa iniziava a metterlo in soggezione.
Il moro schiuse la bocca, con sguardo sorpreso.
Non si era reso conto del tempo effettivo che aveva passato ad osservarlo.

-nulla, stavo solo pensando al fatto che non riesci a fare nemmeno le cose più semplici- lo riprese, mentendo, mentre si metteva in piedi e gli porgeva la catena, che era riuscito ad allentare, e a liberare la bici.

Nel passare l'oggetto, le mani di Kageyama sfiorarono quelle del rosso. Le sentì calde, al tatto, in contrasto con le sue, fredde come la neve.

-sei tu che sei bravo, non io incapace!- replicò il più basso, mettendo la catena nel cestino della bicicletta e montando su quest'ultima, deciso a tonare a casa.

L'alzatore portò lo sguardo sulla strada, pensieroso.
Era congelata.
"non vorrà mica tornare a casa così! potrebbe scivolare... potrei farlo venire a casa mia..." pensò, ma quelle parole non raggiunsero mai le orecchie di Hinata, che sentì tutt'altro:

-non cadere sulla strada, boke- borbottò, con diffidenza, lanciando uno sguardo al diretto interessato, intento a sistemarsi una sciarpa rossa intorno al collo.

E in men che non si dica Tobio vide quello stesso colore carminio sventolare, tagliando il vento, e allontanarsi.

Hinata aveva sventolato la mano ed era partito, ma quelle poche parole lo avevano scaldato, anche se, in effetti, lo aveva insultato.
Ed ora eccolo, mentre sfrecciava, imboccando curve a tutta velocità, i capelli spettinati, le mani che prima erano calde ora fredde sul manubrio, mentre ripensava alla premura seppur mascherata che Kageyama aveva avuto per lui.

Ricordava che qualche istante prima di aprire bocca le sue guance si erano tinte di rosso, e poteva giurare di aver udito insicurezza nella sua voce.

Arrivò finalmente a casa, ad accoglierlo una porzione di tofu surgelata e del riso, come "punizione" per non aver avvisato che avrebbe tardato.
Poco gli importava, si era risparmiato la cena, palcoscenico dei litigi giornalieri.

Pensò che quella giornata, in fondo, non era stata poi così male.
Non aveva avuto problemi a casa, era riuscito a fare nuove alzate con Kageyama, il quale si stava dimostrando un vero amico.

Per questo sorrise, nel mettersi sotto le coperte. Sì, poteva essere una routine perfetta. Nel suo elenco mentale di requisiti erano spuntate tutte le caselline.

O, almeno, quasi tutte... vigeva ancora un vuoto vicino alla scritta ricevere una buonanotte.
Ma decise che era abbastanza, e quella mancanza non gli impedì di essere rapito da Morfeo con il sorriso in volto, gli occhi marroni coperti dalle palpebre.

Tuttavia, un altro paio di occhi, due color mare, annegavano nell'indecisione e nello sconforto, dall'altra parte della montagna, in un appartamento.

I fatti accaduti quel giorno, e soprattutto le emozioni che aveva provato, non facevano abbandonare Kageyama al sonno.

Eppure doveva essere contento, no? Il ragazzo era tornato il suo Hinata.

Si irrigidì di colpo.

Il... SUO Hinata? Aprì di colpo gli occhi, prima velati dalle palpebre, buttando lo sguardo sull'orario. Le due e trentasette.

Sbuffò, portandosi il braccio alla fronte, poi decise di scendere, per bere un po' d'acqua, sperando magari che passandogli nel corpo lo liberasse dalle tossine di quei pensieri.
Infilò le ciabatte e scese le scale cigolanti.

Strizzò gli occhi non appena fu colpito dalla fredda luce della cucina, poi, una volta abituata la vista, aprì il rubinetto.

Fece uno sbadiglio o due, fissando l'acqua sgorgare con insistenza, fluire come i pensieri nella sua mente in quel momento.

Doveva ragionare con chiarezza. Shoyo era bello... questo lo aveva chiaro.
Ma era un semplice dato di fatto, o c'era di mezzo attrazione? O, peggio, sentimenti?

Portò pollice e indice alla radice del naso, stringendo con forza, come per cercare lucidità nel suo ragionamento.

Gli era dispiaciuto vederlo giù, e il contatto con quelle piccole e calde mani... si ritrovò a sorridere come un ebete davanti ad un lavandino che strabordava di acqua.

Chiuse il rubinetto alla svelta, dandosi dello stupido.
Alla fine neanche bevve. Se ne tornò a letto, con le idee più chiare, e consapevole.

Consapevole del fatto di essere fottuto.

Passarono giorni, l'aria sempre più asciutta indicava l'avanzare della fredda stagione.
La neve a volte cadeva, e con essa tutte le convinzioni e le speranze di Kageyama.

In pochi giorni aveva capito di essere gay, e che a piacerli era proprio quel cretino di Hinata.

Il poveretto, inconsapevole delle nuove dinamiche del loro rapporto, continuava ad azzuffarsi con l'alzatore, la quale compostezza ogni volta si sgretolava, nel vederlo sotto di lui nelle "lotte".

Erano le piccole cose che facevano impazzire il moro.
Quando Shoyo si alzava la maglia per asciugarsi la fronte con l'orlo, quando si inumidiva le labbra secche, il filo d'acqua che gli colava sul mento dopo aver bevuto... tutto si univa a fare impazzire il povero ragazzo, che iniziava a sentirsi davvero strano. Quasi... sbagliato.

Finito un allenamento un giorno, la data non è importante, ci basti sapere che era alla fine della prima metà di Dicembre, Kageyama si sedette a terra, gli occhi chiusi, rivolti verso il soffitto, mentre cercava di cogliere l'impercettibile rumore della neve che si depositava dall'altra parte della parete, insieme al fruscio del vento.

Quel giorno, proprio nel bel mezzo dell'allenamento, una bufera aveva avuto inizio.

Rimase così molto tempo, cercando per l'ennesima volta di comprendere i sentimenti che provava per il rosso, ma puntualmente non ci riuscì.

Quando riaprì gli occhi la palestra era vuota. Solo una piccola figura zompettava da una parte all'altra, intenta a ripulire. Kageyama si alzò in piedi, stiracchiandosi.
Ormai era tardi, perchè Hinata non era ancora tornato?

Ah già, la tormenta...

Stava sicuramente aspettando che smettesse di nevicare, approfittando per dare una sistemata.
Kageyama si avvicinò a lui, che probabilmente neanche si era accorto della sua presenza, perchè fece un salto, spaventato.

-boke- mormorò il moro, come se ormai fosse un mantra. Hinata si mise una mano sul petto, ancora spaventato, poi chiese a Tobio cosa volesse.

-mi chiedevo che ci facessi ancora qui, è tardi- ripose semplicemente, scrollando le spalle.

-aspettavo smettesse- spiegò Shoyo, dandogli la conferma dei suoi pensieri.

-Non puoi andare comunque, è pericoloso- ribattè, Kageyama, stupendo anche se stesso.

Hinata lo fissava, i grandi occhi spalancati, per cercare di vedere nonostante fosse buio.
Fortuna lo fosse, sarebbe bastata poca luce in più per notare del rossore prendere possesso delle gote del moro, che poi aumentò quando gli propose di andare a casa sua, in un filo di voce.

Shoyo rimase leggermente spaziato in un primo momento, poi annuì energicamente, donandogli un sorriso a trentadue denti.

-sì, vengo volentieri a casa tua!- esclamò, e Kageyama pensò che si prospettava essere una lunga serata, quella.

Hola!
Non odiate la piccola Giulia che ha aggiornato a quest'ora :(
vi voglio bene <3

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