𝟿 - 𝚄𝚜𝚌𝚒𝚛𝚎 𝚌𝚘𝚗 𝚖𝚎
«Hai intenzione di rimanere a fissarla tutto il tempo o le chiederai di uscire prima o poi?» La voce di Natasha alle sue spalle fece sussultare Steve, intento ad osservare Lara trascinare fuori dal capanno una marea di attrezzi.
«Io non la sta-» si bloccò, incontrando lo sguardo dell'amica, tutt'altro che convinta. «E va bene, mi hai beccato.»
Sorrise soddisfatta, perché conosceva bene Steve e sapeva che aveva bisogno di una spinta bella grossa quando si trattava di donne. Prese posto accanto a lui sul dondolo, volgendo anche lei lo sguardo verso la ragazza in giardino, che si grattava il volto impiastricciandolo involontariamente di grasso, lasciando ditate nere sulla pelle rosea delle guance. «Steve, domani dobbiamo partire per la missione, non vorrei che perdessi l'occasione di uscire con lei solo perché hai paura.»
«Non ho paura.»
«Steve.» lo rimbeccò ancora. «Ti conosco fin troppo bene, temi di soffrire ancora come per Peggy, ma non puoi passare tutta la vita da solo perché temi di perdere le persone accanto a te.» gli riservò uno dei suoi soliti sorrisi fraterni, poggiandogli una mano sulla spalla, prima di alzarsi e lasciarlo lì con i propri pensieri. «Pensaci.»
E ci pensò, lo fece a lungo, mentre lentamente le luci del sole andavano svanendo, lasciando spazio alla sera. Margaret era stata il suo primo amore, la donna che pensava avrebbe avuto a fianco per il resto della vita, e invece il destino li aveva separati, lei si era rifatta una vita e Steve era rimasto invece irrimediabilmente ancorato al passato. Perfino quando aveva provato ad andare avanti, con Sharon, il caso aveva fatto sì che fosse proprio la nipote di Peggy.
Poco male, perché in fondo Sharon non faceva per lui, non era proprio il tipo di persona che immaginava per sé.
La Carter era forte, determinata, una donna con le palle, ma aveva un velo di malizia che a Steve non andava a genio per niente, anche se non aveva avuto il coraggio di esprimere la sua opinione. Temeva di ferirla, ma se la Civil War aveva fatto qualcosa di buono, era stato proprio farlo allontanare da Sharon senza dover trovare una scusa.
Scappare non è mai la soluzione, ma in quel caso si era rivelato piuttosto utile.
Per quello che aveva avuto modo di capire di Lara, anche lei era forte, forse anche più di Sharon e di Peggy, ma aveva sempre un alone di tristezza e dolore che, per quanto provasse a nascondere, non riusciva affatto a mascherare, e Steve sentiva un irrefrenabile desiderio di comprendere quella ragazza, di prendere un po' del suo dolore e farlo proprio.
Si fece coraggio e, alzandosi dal dondolo, si mosse a passo svelto verso Lara, che stava faticosamente trascinando una cassa fuori dal capanno. «Vuoi una mano?»
La ragazza si voltò, asciugandosi la fronte imperlata di sudore, e squadrò il Capitano dalla testa ai piedi. Se ne stava con le braccia conserte, come suo solito, appoggiato alle assi in legno del capanno, con un sorriso amichevole sul volto. «Vorrei dirti di no per fare la dura, ma a dire la verità mi farebbe comodo.»
Risero entrambi, ma la risata di Lara venne interrotta presto da una smorfia di dolore. Si passava lentamente la mano sulla coscia destra, proprio dove iniziava la protesi, mentre lei e Rogers attraversavano il giardino, diretti in garage. «Ti fa male?» le domandò lui.
Inclinò la testa di lato, sminuendo la cosa. «Ogni tanto mi dà un po' di fastidio, il materiale della protesi è consumato, per questo fa attrito. Ma non fa niente, è sopportabile.»
«Mi dispiace.» disse, sincero, continuando a riservarle uno sguardo amorevole. «Senti...» riprese a parlare, ingoiando nervoso il groppo di saliva in gola. «Probabilmente non ti va, ma mi chiedevo se volessi uscire con me questa sera.» Lara schiuse le labbra per rispondere, ma Steve la precedette, continuando il suo discorso. «Non è un appuntamento, tranquilla, pensavo solo che-»
«Steve.» cercò di interromperlo, senza riuscirci.
«Domani dobbiamo partire per la missione, e sai, non ci conosciamo ancora bene, quindi può servire-»
«Steve.» tentò ancora, senza risultati, visto che Rogers continuava a parlare senza fermarsi. Sembrava che non prendesse nemmeno fiato, vista la velocità con cui le parole lasciavano la sua bocca.
«Insomma, così saprai se puoi fidarti, ci dobbiamo coprire le spalle a vicenda-»
«Steve!» Questa volta il Capitano si ammutolì, poggiando la cassa sul tavolo in garage e puntando i suoi occhi chiari in quelli profondi di Lara. «Ma non stai mai zitto?» scoppiò a ridere, mentre lui si grattava nervosamente la nuca, con un mezzo sorriso sul volto. «Mi farebbe molto piacere uscire con te.»
«Davvero!?» domandò, con forse troppo entusiasmo. «Ti va bene tra un'ora?» disse poi, con il tono decisamente più calmo.
«Direi che è perfetto.» sorrise. «Ma non hai paura che la gente possa riconoscerti?»
«Correrò il rischio...» La voce incredibilmente più bassa e roca del solito provocò a Lara un brivido che le attraversò tutta la schiena, e non appena si riscosse dai suoi pensieri, si rese conto che Steve aveva già lasciato il garage e che lei doveva correre a prepararsi. Si precipitò in camera da letto, cercando di non dare a vedere il suo entusiasmo a Sam, perché sapeva che l'avrebbe tormentata fino alla morte con questa storia. Le piaceva Steve, la intrigava, ma da un lato aveva anche paura di soffrire di nuovo come in passato, e non voleva aprire del tutto il suo cuore al Capitano.
Quella era una semplice uscita tra amici, tra conoscenti anzi, per i fini della missione. O almeno cercava di autoconvincersi che fosse così.
Ma come ci si veste per un appuntamento che non è un appuntamento? Non che l'armadio a sua disposizione le offrisse molta scelta, conteneva solo alcuni abiti comprati al mercato una volta giunti in Canada. Si era fatta qualche chilometro a piedi per raggiungerlo, visto che il loro unico mezzo di trasporto funzionante era il jet, e anche per questo motivo aveva iniziato a riparare il furgone malandato in garage, così che potessero usarlo all'occorrenza.
Passò le dita tra quei tessuti fin troppo leggeri e di colori a dir poco improponibili, optando poi per la cosa più semplice trovata lì dentro. Jeans e maglioncino non erano forse la scelta migliore, ma erano le uniche cose che avrebbero potuto tenerla al caldo, visto che nonostante fosse estate, il clima serale del Canada non era poi così mite. Si fece un bagno veloce, asciugando poi i capelli lisci che le ricadevano sulle spalle e infilandosi i vestiti buttati sul letto.
Guardò il suo riflesso nello specchio, trovandolo decisamente trasandato, e chiedendosi come mai Steve avesse così tanto interesse in lei, che era così semplice e complicata allo stesso tempo, che non era bella come le donne che normalmente frequentava.
Se solo avesse saputo poi del dolore e della rabbia che portava dentro, sarebbe scappato prima di subito, ne era certa.
Cercò di non pensarci, scendendo le scale con non poca fatica, vista la protesi che le dava noia, e quando raggiunse la cucina, trovò Sam ad aspettarla con un sorrisetto furbo sulle labbra. «Vai da qualche parte?» alzò un sopracciglio, aspettando una risposta.
Lara roteò gli occhi, e senza rispondere uscì sul pianerottolo, dove Steve la aspettava. Il leggero strato di barba formatosi in quei giorni e i capelli spettinati lo rendevano diverso, ma altrettanto bello, e perfino i raggi della luna sembravano pensarla allo stesso modo, illuminandolo in ogni suo lineamento perfetto e facendo scintillare i suoi occhi bluastri anche nel buio notturno.
Camminarono per minuti, parlando inizialmente della missione, della loro condizione di fuggitivi, del peso del mondo che grava sempre sulle spalle degli eroi, ma ben presto i discorsi virarono sul personale, e così i due iniziarono a conoscersi meglio. Lara trovava che Steve fosse davvero simpatico, nonostante all'apparenza sembrasse così serioso, mentre lui credeva che la ragazza sarebbe stata più fredda e distaccata, e invece si era sciolta parecchio, e in quel momento rideva, illuminando con il suo sorriso tutto il locale dove si erano fermati a mangiare un boccone. Aveva involontariamente lanciato un pezzo di Waffle addosso a Steve, agitando la forchetta in aria mentre parlava, e la cosa li stava facendo sbellicare proprio come due ragazzini.
«Parlami di Peggy.» disse, ad un certo punto, con gli occhi pieni di curiosità.
Steve si bloccò per un attimo, ma capì presto che quella domanda non era fatta con cattiveria. «La prima volta che ho visto Peggy ho pensato che fosse perfetta, in ogni suo lineamento, ogni suo gesto. Le labbra tinte di rosso catturavano l'attenzione, più del suo fisico formoso, e io mi sono incantato a guardarle, come se esse mi attirassero verso di loro.» Lara lo ascoltava imbambolata, immaginando come si fosse sentito nel guardare una donna tanto bella. «Ma io ero un ragazzo scheletrico, mai pensavo di poter ricevere le attenzioni di una donna simile. Eppure sembrava che lei vedesse comunque qualcosa in me, anche se il siero ha sicuramente fatto la sua parte.» Bevve un po' del suo cappuccino, prima di riprendere. «Mi sono sempre chiesto, se non avessi ricevuto il siero, ci sarebbe mai stato quel bacio tra noi? Ci saremmo innamorati veramente?»
«Sono certa che vi sareste innamorati lo stesso. Lo hai detto tu, il siero è stata una spinta, ma quello che conta davvero è quello che hai dentro, Steve.» gli poggiò una mano sul lato sinistro del petto, sul cuore, ma appena si rese conto del gesto fatto, la ritrasse velocemente, imbarazzata.
Il Capitano sembrò notare il suo imbarazzo, e così cambiò discorso, inconsapevole di toccare un tasto più che dolente. «E che mi dici di te? Dei tuoi amori passati?»
«Io...beh...» si irrigidì. Prese un respiro profondo, pensando che se Steve le aveva parlato di Peggy, allora anche lei avrebbe dovuto parlargli di come il suo cuore era andato in frantumi cinque anni prima. «Quando ero nell'esercito, ho conosciuto una persona, un soldato. Si era appena diplomato all'Accademia, e nonostante fosse solo un novellino, è passato presto ad un posto di comando.» Sorseggiò il suo succo, facendo una pausa. «Non ci ho visto più. Ero lì da due anni, ero in lizza per quella posizione, poi è arrivato lui e mi ha soffiato il posto. Perché? Perché lui era un uomo e io una donna.» Steve abbassò lo sguardo, quasi sentendosi in colpa per tutta la categoria maschile. «Ci scontravamo di continuo, l'ho anche picchiato a dire il vero, e poi siamo finiti a letto insieme.»
«Pace fatta.» disse lui, ridendo, ma Lara non sembrava affatto contenta.
«Dal rancore sono passata all'innamorarmi, ma lui era promesso a un'altra. Lo sapevo quando siamo andati a letto insieme, lo sapevo mentre mi innamoravo di lui, ma in cuor mio speravo che prima o poi l'avrebbe lasciata. Non vado fiera di quello che ho fatto, sia chiaro, ma penso di aver pagato anche troppo.» Il Capitano la guardò confuso, non comprendendo la sua ultima affermazione, così Lara sospirò ancora e concluse il suo racconto. «Quando c'è stato l'attentato e mi sono risvegliata in ospedale, lui non c'era. Non è mai venuto a trovarmi, non ha mandato fiori, nessun biglietto. Per lui non esistevo più, non ero mai esistita. Mi sono resa conto di quanto io fossi stata stupida, illudendomi che potesse lasciarla per me, quando in realtà non era mai stato davvero mio.»
«Mi dispiace...»
Lei non rispose, gli riservò solo un leggero sorriso, pensando al fatto che ora, oltre a lei e Sam, anche qualcun altro conosceva i motivi che l'avevano spinta a chiudere il suo cuore per sempre. Quello che per lei era stato amore, per lui era stato solo un gioco, un bisogno fisiologico sfogato sulla prima cretina capitatagli a tiro.
E allora Lara si era detta basta amore, basta sentimenti. Non voleva più soffrire.
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