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Lockhart

Faceva un caldo bastardo, quel giorno.
Io e gli altri della redazione eravamo nella baracca adibita a sala riunioni, per organizzare i contenuti del nuovo numero.
Il tenente Lockhart era seduto capotavola, che leggeva, correggeva e commentava i nostri articoli, rendendoli neanche più articoli, ma racconti fantascientifici su dei morti che non esistono o sulla finta carità di noi americani bastardi.
Ogni giorno della mia vita, da quando sono tornato in patria, mi sono chiesto che cazzo ci stavo facendo in Vietnam. I Vietnamiti che ci aiutano neanche ci aiutano davvero e i Vietcong sono meglio armati di noi.
Lockhart non la pensava così, però.
Lockhart sapeva che ci faceva in Vietnam.
Lockhart non era un marine come gli altri, lui era semplicemente meglio.
L'unico vero capo.
Durante il giuramento alla bandiera, giuravi fedeltà a lui, non alla nazione.
Il suo sguardo di ghiaccio era la seconda cosa più inquietante del mondo.
Subito dopo il sergente Hartman il giorno della consegna delle medaglie.
Quello sguardo perseguita i miei incubi.
Ma sto divagando.
Comunque, Lockhart era imperturbabile, nel leggere le cazzate scritte da noi giornalisti wannabe.
Nessuno lo avrebbe fatto arrabbiare.
O, almeno, farlo talmente arrabbiare da arrivare fino al nostro normale concetto di rabbia. Il tipo di rabbia di Lockhart era una rabbia calma, pacata. Un tipo di rabbia dei più stronzi sulla piazza.
Da davanti sembrava paziente e comprensivo, ma dentro poteva star complottando il tuo spostamento in prima linea, augurandoti di morire sopra una mina nei primi 5 minuti.
Ma sto divagando. Di nuovo.
Lockhart stava lì seduto, stringendo il suo sigaro tra i denti, con sguardo truce.
Schioccò le dita, per attirare la nostra attenzione.
"Senti, Chili, qua i termini "Snidare e Distruggere" non vanno bene, le direttive sono cambiate: sostituisci con "Cacciare e Ripulire".
"Bello slogan", dissi, tra me e me.
Rafterman mi diede un calcio sotto al tavolo, per farmi stare zitto.
Rafterman era poco più che un ragazzino, biondo e occhi azzurri, poco più giovane di me ma che comunque rientrava, per periodo di presenza al campo, tra i più anziani.
Lui stava quasi sempre in silenzio, ma se c'era una cosa in cui era bravo era farsi capire. Se a gesti o a mugugni non era importante.
Aveva un eccezionale espressività, dovevo ammetterlo.
Era perché aveva una sorella sordomuta, e per farsi capire da lei aveva dovuto imparare non solo il linguaggio dei segni, ma anche esprimere costantemente ciò che provava attraverso il volto: le espressioni facciali sono molto importanti, in questi casi.
Ma sto divagando.
Ancora.
Lockhart passò anche il mio articolo.
"Uh, Joker."
"Sí?"
"Qui manca il finale."
"Il finale?"
Mi sistemai meglio sulla sedia.
"Senti Joker, te l'ho già detto che noi pubblichiamo due tipi di storie: quelle dove noi americani utilizziamo i soldi della nostra paga per comprare deodoranti e dentifrici alla gente di qui, tipo "Arte di sedurre i cuori", e quelle a lieto fine dove muore qualche ufficiale Vietnamita, tipo "Come vincere la guerra". E qui non c'è né uno né l'altro.
Non dirmi che non hai visto qualche scia di sangue...qualche corpo trascinato..."
"Pioveva, signore."
"Beh, è la dura legge delle probabilità. Inventatene uno, non mi sembra difficile: tu che hai una grande capacità di inventiva, puoi anche fare finta che sia accaduto e spacciarlo per vero a noi grugni senza alcun problema. Puoi mettere un ufficiale, qualche soldato, quello che preferisci."
"E voi grugni che cosa preferite?"
"Noi grugni preferiamo un'ufficiale."
Battei la mano sul tavolo, per fare enfasi.
"E ufficiale sia! Facciamo un generale?"
Il resto dei presenti rise.
"Joker, vuoi che gli spettatori da casa ci rimangano male?"
"Perché al prossima volta non ci va lei, allora, a vedere ciò che accade dal vivo? Chissà quante scie di sangue e corpi trascinati che vedrebbe!"
"Joker, io ce l'ho portato il culo in guerra e non mi è piaciuto per niente. Preferisco stare qui, è più tranquillo e adatto al mio temperamento: retrovie con tutti i confort."
"Fighetta...", mormorai tra me e me.
"Come scusa?"
Iniziai a sudare freddo.
"Nulla, signore...nulla."
"Joker, che ne dici se tu ora vai a farmi da corrispondente al fronte? Ti piace l'idea?"
Rafterman prese la parola.
"Richiesta di andare col sergente Joker, tenente."
"Richiesta accordata. Ora potete andare."
Non volevo che Rafterman venisse con me! Era troppo giovane!
"Richiesta di non portare Rafterman con me."
Lockhart mi guardò, con disprezzo.
"Sei ancora qui? Sparisci dalla mia vista immediatamente e ti porti Rafterman con te, sei responsabile per lui."
"Signorsí..."

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