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Devilish Eyes

Vedete, al Saint Helen vige la legge del più forte.
E io ero l'ultimo scalino della catena alimentare.
Ero il classico ragazzo sfigatello che amava studiare e leggere, il preferito dalle suore, il più amato dalla Pinguina.
E anche il più bullizzato.
Se dal giardino posteriore dell'orfanotrofio vi foste sporsi un po' più a sinistra, rispetto alla grande siepe che lo separa dalla ringhiera, avreste visto un trio di ragazzi che picchiavano un quarto.
Ecco.
Quel quarto ragazzo, quel ragazzo tumefatto, ero io.
Mi chiamo Elwood e di lavoro suono l'armonica in una band che gestisco con mio fratello.
Mio fratello è il classico ragazzino problematico di periferia. Non è che non avesse genitori, è che all'orfanotrofio ce l'avevano portato i servizi sociali. Problemi di famiglia, dicevano.
E, per una qualche strana ragione, odiava i suoi capelli.
Si chiama Jake, o Joliet, per gli amici.
Pochi lo sanno, ma Joliet è sinonimo di "Divisa da carcerato", in slang. Nessuno sa da dove derivi, anche se ho come il sospetto che derivi dal francese.
Jake è un bugiardo patologico. Mente su tutto. Racconta sempre una storia diversa su come è finito in orfanotrofio e mente sul fatto che siamo fratelli. Infatti non lo siamo. Ma siamo talmente amici che ci consideriamo come tali.
I tre che mi pestavano, ve li ricordate?
Ecco, loro sono Eddie, Paul e Jamie. Jamie è il boss. Tutte le ragazzine dell'orfanotrofio lo amavano, perché aveva i capelli rossi e le lentiggini. Nonostante fosse brutto come la morte e avesse i modi di fare di un cavernicolo.
Mi ricordo di non essere mai piaciuto a nessuna ragazza, nella mia infanzia, perché ho una caratteristica particolare degli occhi chiamata Eterocromia (infatti ho un occhio marrone chiaro e l'altro azzurro), tranne una. Era bionda e con le trecce, mi fissava sempre da dietro un albero, ricordo si chiamasse Lorraine. Nome insignificante per una ragazza insignificante.
Mi spaventava a morte, però, perché quando mi fissava aveva gli occhi spalancati.
Insomma, tutto filava abbastanza bene, nonostante fosse tutto così ripetitivo.
Fin quando arrivò Curtis.
Curtis è stato il nostro mentore (mio e di mio fratello) fin da quando avevamo sei anni.
Fu lui a regalarci gli occhiali da sole e il cappello nero.
Le suore erano abbastanza contrariate, ma a noi non importava.
Finalmente potevo nascondere i miei occhi che tanto mi avevano portato sofferenza e lui poteva nascondere i suoi capelli che tanto detestava.

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