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30.2. Un po' speciale

Non importava quanto lento fosse il suo passo:
la madre attendeva,
perché l'amore non conosce fretta."
– George Eliot, Middlemarch

Era sopravvissuta alla signora Scamander, o meglio alla sua cucina. Il semi interrato della donna, come si era aspettata, nonostante le notevoli dimensioni, era alquanto umile. La paglia ricopriva sovrana il pavimento, mentre di tanto in tanto poteva scorgere qualche secchio, che urtava durante il passaggio.
«Newt? Sei qua giù?»

Non ricevendo da parte del mago alcuna risposta, Tina continuò a scendere la lunga scala a pioli, probabilmente troppo distante perché potesse essere udita da lui. Ben presto si accorse quanto fosse complesso orientarsi, la luce artificiale le colpiva direttamente gli occhi, costringendola a guardare verso un'altra direzione. Un rumore improvviso alle sue spalle la costrinse a voltarsi, e per poco non perse l'equilibrio, se non fosse stato per la sue dita ben strette intorno al corrimano. Un curioso borbottio che attirò immediatamente la sua attenzione. Mise il piede storto, e si ritrovò faccia a faccia contro il becco di un enorme uccello piumato.

Dovette sforzarsi per non lanciare un urlo. Era decisamente sorpresa di ritrovarsi naso contro... naso ( ? ) con un ippogrifo dalle dimensioni considerevoli. Il cuore le salì in gola, e, nonostante volesse urlare per attirare l'attenzione del mago, chissà dove, non riuscì a emettere alcun suono. Neanche quando l'enorme becco d'aquila provò a beccarle il viso e poi l'addome. Iniziava a sentire l'ansia crescere. Indietreggiò lentamente cercando di non dare le spalle alla creatura.

«Sta calma!»
Forse avrebbe dovuto stare zitta perché quelle parole non fecero che alimentare la furia dell'ippogrifo.

Con un balzo atterrò su di lei, gli artigli pericolosamente vicini al petto e al viso, non disposte solo a sfregiarla.

Un'altra creatura, questa volta umana, la stava osservando da lontano, pronta a intervenire in caso di bisogno.

Tina allungò la mano per sfiorare con le dita le candide piume disordinate del volatile.
Non aveva abbastanza spazio per chinarsi, e quella creatura sembrava fissarla dritta negli occhi.

«Mi dispiace di averla disturbata, sua eccellenza...» ansimò.

Newt le aveva spiegato che gli ippogrifi erano creature alquanto orgogliose, che non andavano offese per nessuna ragione al mondo.
«Ha delle piume bellissime... Incantevoli... Anzi no... impeccabili...» mormorò speranzosa.

A quelle parole, l'ippogrifo parve notare in parte la sua bontà. Sgranò gli occhi e fece un passo indietro, in attesa che lei dimostrasse il giusto rispetto che la sua specie meritava.

Tina rotolò cautamente lontana dai suoi artigli affilati e lentamente si chinò alla creatura immobile e sentenziosa.

E quando la creatura parve calmarsi, dimostrarsi tollerante della sua presenza, Newt trasse un sospiro di sollievo e sgattaiolò fuori dal suo nascondiglio, tenendosi sempre addebita distanza dalla scena.

Voleva studiarla, capire come Tina Goldstein avrebbe agito dinanzi alle sue creature. Era a dir poco fantastica. Nonostante la paura, il sorriso non aveva mai abbandonato le sue labbra, e sembrava rapita dalla creatura che inizialmente aveva tentato di ucciderla.
«Sei stupenda! Hai delle piume così morbide!» Sussurrò la strega al rapace, allungando appena la mano per sfiorarne una.

Newt non riuscì a trattenere un sorriso. In quel momento lei gli sembrò così fragile, come quella piccola creatura che bramava tanto accarezzare.

«Non ti muovere, Tina, deve inchinarsi a te. Da brava, Molly» sussurrò fra sé e sé, senza smettere di osservarli, con la bacchetta sfoderata.

L'ippogrifo, a quel punto, la guardò e si inchinò a lei, come un suddito si inchina alla sua regina.

L'auror si portò una mano alla bocca, forse stupida. Non si sentiva del tutto meritevole, non era degna di quell'inchino.

Le creature erano, forse, gli unici esseri capaci di intravedere l'unico frammento di bene rimasto integro nella coscienza. E, forse, era proprio questo ciò che la gente temeva, essere letti realmente da anime genuine, essere smascherati delle loro finte grazie.

«Grazie» Le sussurrò.
In tutta risposta il volatile sbuffò e le diede una testata, continuando a gracchiare sommessamente.

Quasi cadde a terra quando si scontrò nuovamente con la sua fronte. Ed ebbe un fremito quando la vide spiegare e richiudere per la contentezza le ali e trotterellare in circolo, intorno a lei. Il suo alito caldo le gonfiò i capelli, che le ricaddero disordinatamente sul viso.

Rise, non riusciva a essere cinica, non aveva il motivo di esserlo.

Si scrutarono.

Se Molly avesse avuto le braccia, probabilmente l'avrebbe abbracciata, pensò Newt.

Ogni qualvolta Tina tentava di allontanarsi, l'ippogrifo tentava di beccarle il naso affettuosamente, e l'auror americana si ritrovava costretta ad accarezzare e affondare le mani e la fronte nella morbidezza del suo manto striato.

Si stava quasi abituando a quell'affetto incondizionato quando la creatura, improvvisamente, decise di andarsene, di lasciarla nuovamente da sola con i suoi pensieri.

Per un attimo, era riuscita a non pensare alla missione o ad Achilles, che non faceva altro che terrorizzarla, anche nei suoi sogni.

Stava bene.

Adesso, riusciva a capire perché Newt avesse dato di tutto, e avrebbe continuato a farlo, alle sue creature. Era la stessa sensazione di appagamento che lei aveva provato, per tanti anni, per il suo lavoro e che sperava, con tutta se stessa, di ritrovare, di nuovo.

Un paio di passi alle sue spalle la fece sorridere. Lo sapeva chi fosse, e che Newt l'avesse osservata per tutto il tempo.

Lo sentiva.

Lui era il suo angelo custode.

Si morse il labbro inferiore prima di rompere il silenzio, continuando però a dargli le spalle.
«Sono stata brava, signor Scamander?» Inclinò la testa di lato.
Sentirsi apostrofare a quel modo, aveva uno strano effetto su di lui, le guancia gli si infiammavano.
Il magizoologo non riuscì a trattenere un sorriso.
«Non saprei...» Cercò di rimanere volontariamente nel vago.

«Che voto mi darebbe, Signor Scamander?» Gli chiese lei con un ghigno.
«Non lo so... Non saprei...» Cercò di trattenere le risate lui, paonazzo.

Tina, non voleva ammetterlo - neanche a se stessa - eppure amava vederlo così timido e impacciato.

«Allora?» Fremette impaziente lei, trattenendo il respiro quando lui fece un asso avanti: verso di lei. Poteva percepire il suo respiro accelerato all'altezza del collo.

«Uhm... accettabile?» La punzecchiò.

E fu solo a quel punto che lei si voltò nella sua direzione, dondolandosi sui tacchi. Gli diede un pugno al petto e lui ridacchio quando intravide la sua espressione corrucciata e fintamente offesa,
«Ma davvero? Ho messo in pratica tutti i suoi insegnamenti, Signor Scamander.»

Questa volta fu lei a fare un passo verso di lui.

Newt abbassò lo sguardo e perse un battito quando la ragazza gli scostò una ciocca di capelli dal viso.
«Io...»
«Sì?»

«Io credo che lei abbia ragione, signorina Goldstein.» Balbettò.
«Hm...»
«Credo che un "oltre ogni previsione" ci starebbe, sì. Forse anche... forse anche eccezionale.» Si grattò nervosamente la nuca, e iniziò a ridacchiare quando Tina riprese a ridere divertita.

«Sì.»
«Sei stata brava anche... a sopravvivere da mia ma... mia madre. È molto... ehm...»
«Estroversa?»

«Petulante.»
«Non quanto te.» Gli diede una spallata «Non si dice una cosa del genere, Newton Scamander. Marta è... fantastica, davvero. E ti ama, Newt.»

Molto più di quanto io ami te.

«Già-»
«È»
«Mia madre. Lo so, Tina.»
«E sai anche che quando lo capirai sarà troppo tardi, che c'è ancora abbastanza tempo e che la vita è troppo bella per vivere nel rimpianto.»

Tina gli prese il viso per il mento perché potesse incrociare il suo sguardo.

Lui aveva gli occhi lucidi e in quel momento quelle lacrime erano anche sue.
«Sì, è la cosa giusta da fare.»

Gli occhi le caddero automaticamente sulle sue labbra dischiuse e dovette respirare a fondo per  vincere quel pensiero - sbagliato - che le era balenato in mente.

Poteva quasi sentire il suo sapore.

«Alla mamma piaci, sai? A lei non piace praticamente nessuno e a nostro padre... non dai fastidio. Il che è... bello. Sai?»
«A sì?» Ridacchiò nervosamente lei, tingendosi di rosa sulle guance «Una ragione in più per ricordarti di amarla... un po' di più. E non dimenticarla.»

Questa volta era lui che le stava scrutando il viso - e lei lo sapeva.
«La mamma riconosce le persone speciali.»
Il suo cuore riprese a battere un po' più insistente.
«Io lo sono? Un po' speciale?»
«N-non credo che questa sia una d-domanda...»
«Una domanda...?»
«Una d-domanda...» spalancò gli occhi, mentre cercava di concludere la frase.

Ma non ci riuscì, preferì, piuttosto, cambiare argomento.

«Da quando sei diventata così saggia? Insomma, sei molto più... matura di me, anche se sei... più piccola, anagraficamente, intendo. Non più piccola, intendo dire... più giovane, sì.»

Tina ridacchiò di nuovo, incapace di nascondere il sorriso tenero che le aveva accarezzato non solo il cuore.

Gli diede un colpetto sulla spalla e scosse la testa, atona.
«Non mi inganna, signor Scamander. Non cambi argomento, non con un'auror. Devo forse sottoporla a un interrogatorio?» finse di puntargli contro la bacchetta, ma la ricacciò subito dopo nella tasca quando intravide Molly trotterellare allegramente verso di loro, con a seguito i suoi cuccioli.

Erano identici alla madre a eccezione di uno di loro, completamente nero, fino alla punta del becco.
Nessuno dei due parve avere il coraggio di indirizzare lo sguardo l'uno all'altra, preferendo godersi il silenzio, rotto solo dai borbottii striduli e dal ticchettare degli zoccoli sul pavimento in pietra. Tina, però, giurò di averlo sentito nuovamente ridacchiare.

Fu Newt a rompere il silenzio.

«Sai... Molly è una mamma fantastica. Se fosse stata diversa avrebbe abbandonato quel piccolino laggiù.» Si inginocchiò e le tese la mano, affinché lei facesse la stessa cosa.

La paglia le si impigliò al tessuto dei pantaloni, ma non ci fece caso.
Timidamente si sedette accanto a lui, incrociando le gambe e allungando un po' il collo nella direzione in cui erano puntati i suoi occhi marini.
Newt lanciò un fischio e appellò a sé una mela, che mostrò al piccolo ritardatario che cercava di raggiungere un po' traballante la madre.

Soltanto quando le si avvicinò comprese a cosa Newt si stesse riferendo.

Le faceva... tenerezza, non pietà.

Tina odiava la pietà, odiava essere compatita o compatire gli altri. Della compassione Tina aveva dei brutti ricordi.
Non valeva lo stesso per quella docile creatura. Nonostante le sue difficoltà, nonostante fosse piccolo e fragile, nei suoi occhi, Tina poteva scorgere la vita.

Era come se le parole le fossero morte in gola. Non che ci fossero parole a descrivere quel momento.

«Le altri madri vedendo il loro cucciolo senza zampa, probabilmente, lo avrebbero ucciso. Ma non Molly. Lei... lo ha protetto, anche dagli altri ippogrifi. Sono così tanto orgogliosi da essere in grado di uccidere, pur di mantenere il proprio orgoglio. Ma Molly...»
«Lei è speciale.» Annuì Tina, con dolcezza, allungando la mano per sfiorare il piumaggio.

E lo sei anche tu, avrebbe voluto dirle.

Inizialmente il piccolo quadrupede si ritrasse spaventato, ma quando Newt le passò la mela, si rannicchiò tra le sue ginocchia, poggiando il becco sulla sua unica ala.

«Anche lei sarà una buona mamma» mormorò Tina sfiorandole il becco «imparerà a esserlo dalla migliore.»

Le sentì, appena sfuggenti, le labbra di lui sfiorarle la tempia. E quel semplice gesto le bastò a dar voce ai suoi pensieri.

Anche loro, da bambine, avevano avuto una madre degna di essere chiamata tale. E, chissà, forse, sarebbe potuta essere madre anche lei.

Brava, dolce e nobile come lei.

Forse ne sarebbe stata capace.

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