Joker 1
Ero in piedi sul balcone, a guardare l'orizzonte al tramonto bevendo birra.
Tirava una leggera brezza, era tutto perfetto.
Sentii la voce di Frazy provenire dal salotto:
"Joker! Per 'sta sera è meglio se metto il vestito rosso o quello nero?"
Mi girai e la vidi in piedi davanti a me, in mutande, con i vestiti appesi alle crucce, per non sgualcirli e per mostrarli meglio.
La luce calda del tramonto le proiettava una bellissima luce sulla sua bellissima pelle, liscia e morbida come la seta.
Mi avvicinai: "Sei bella già così, tesoro..."
"Oh, piantala di fare l'ambigua con me! Lo sai che poi mi fai pensare pensare male!"
"Era quello l'intento..."
E iniziai a fissarla, a passare in rassegna ogni centimetro del suo volto. La ragazza più bella che avessi mai visto.
Ed era la mia.
Una voce, però, interruppe la scena.
"Jok? Mi stai ascoltando? Jok? Jok! JOKER SVEGLIA!"
Mi svegliai di colpo nel mio letto, tirando una pesante testata contro il letto di sopra.
Addio balcone, addio Frazy, solo io, il mio letto a castello e la mia coinquilina, Stella.
"Buongiorno, bell'addormentata."
"Buongiorno un cazzo! Guarda che testata mi hai fatto tirare!"
"Poche storie e vieni in cucina, che ho preparato la colazione!"
Lei? Preparare la colazione? Impossibile.
"Certo, e magari hai invitato Tom Cruise a fare colazione con noi..."
"Questo è il tuo problema: sei sempre scettica! Dai, vieni che altrimenti butto tutto nella pattumiera."
Mi alzai, a fatica e col mal di testa.
Non mi ricordavo da quanto tempo fossi in quel monolocale con Stella: troppo tempo era passato da quando i miei mi avevano cacciato fuori di casa per la mia sola colpa di voler studiare cinema.
Lo amavo fino a livelli maniacali.
Il mio eroe, Kubrick, guidava i miei pensieri fin da quando avevo quattordici anni e, nonostante ora ne avessi ventitré, quel vecchio signore grasso, basso, con la barba ispida e incolta e lo sguardo truce non aveva ancora finito con me. Né io con lui.
Era lui che mi aveva indirizzato agli studi di cinema, e lo ringraziavo infinitamente.
Guardai l'orologio appeso in cucina, sopra il tavolo.
Le dieci meno venti.
Potevo organizzarmi con calma: le lezioni in università iniziavano alle undici e mezza.
Mi vestii decentemente e andai a fare colazione.
"Sembri più stanca del solito: hai dormito, 'sta notte?" Chiese Stella, preoccupata, versandosi del succo d'arancia nel bicchiere.
Stella la conoscevo da tempo immemore, neanche mi ricordavo più come l'avevo conosciuta. Ma sapevo solo (ed era l'unica cosa che mi importava di sapere) che ci volevamo molto bene, e che niente e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea.
"Sono rimasta sveglia per sistemare il progetto per dopodomani, ero troppo indietro con i tempi... quando torno dall'università riguardo gli ultimi ritocchi."
"Devi smetterla di stare alzata fino a tardi, o ti caricherai di troppo stress! E devo ricordarti cos'è successo l'ultima volta?"
"Sì, 'mamma', ho capito!"
Appena arrivata in università, andai a sedermi su una panchina, nel parco interno.
Mi guardai intorno.
La stavo cercando disperatamente.
Ed eccola.
Seduta regalmente da sola ad una sedia del bar dell'università, che beveva un caffè.
Bellissima.
Frazy.
Io e lei ci conoscevamo da meno tempo, di quanto conoscevo Stella, ma lei era speciale.
Lei per me era davvero tutto.
Poco più bassa di me, ma davvero maestosa, in tutti i suoi gesti.
Capelli morbidi, occhi luminosi e profondi, tutte le curve al loro posto e perfettamente proporzionata.
La ragazza perfetta.
E io?
Io ero sempre stanca, cupa, con la rabbia facile, un passato da avanzo di galera e anni di risse sulle spalle, ero a mala pena considerabile una persona.
Lei era troppo per me, e lo sapevo, per cui mi accontentavo di ammirarla da lontano, nella mia piccola bolla costituita principalmente di sarcasmo, ostilità e disprezzo nei confronti di una buona percentuale della razza umana.
Nonostante cercassi in tutti i modi di non farmi notare da lei, era praticamente impossibile non vedersi almeno una volta al giorno.
Perché?
Molto semplice: le prove.
Io e altre nostre amiche avevamo una band.
Mi correggo: avevano.
Io, di fatto, mi occupavo solo dell'impianto audio, della manutenzione e di cose così.
Oltre ad avere lavori part-time nei bar e nei cinema, dove mi annoiavo un po'.
Ad un certo punto il mio sguardo incrociò il suo.
Panico.
Distolgo lo sguardo.
Sento la faccia bollente.
Non riesco a nascondermi abbastanza velocemente.
Sembra notarlo.
Cazzo, e ora che faccio?
Oh Dio, si sta avvicinando!
Mi sento male...
E ora che cosa le dico?
"Ciao, Frazy, ti amo alla follia, vuoi che ti offra una birra?" Fosse così semplice...
Che devo fare?
Che devo fare...
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