2. (𝕱𝖆𝖜𝖓)
Ebbe modo di aprire gli occhi per un solo istante: il tempo di vedere delle mani che le si avvicinarono rapide, mettendole una benda attorno al viso, e ripiombò subito nel buio.
Come aveva fatto quell'uomo a capire con tanta rapidità chi fossero? Che li avesse visti usare le loro capacità? Impossibile, durante l'attacco della sera prima non ne avevano avuto né modo né tempo. L'unica opzione plausibile era che li avessero a loro volta spiati e seguiti, che quel capo li avesse già notati, alle calcagna dei Disertori da giorni come loro.
Mentre si arrovellava con quelle domande, cercò di comunicare di nuovo con Lyam.
«Sei ancora qui?»
«No, mi stanno facendo camminare, credo mi stiano portando in un'altra tenda, ma bendato. Non hanno capito del tutto».
Fawn avvertì che qualcuno o qualcosa le stava sfiorando la veste. Udì un lieve fruscio, percepì del solletico sulla pelle.
«Meglio, potremo prenderli di sorpresa in un altro mom—»
«... Fawn?»
Cacciò un forte urlo, mentre con un colpo violento cercò di sottrarsi alla posizione in cui l'avevano legata. Qualcosa l'aveva toccata sul fianco, dove la sera prima era stata colpita. Le procurò un atroce dolore. Si ricordò dov'era: non doveva apparire debole a quelle persone. Cercò di ricacciare quel suono dentro la gola, senza poter silenziare dei gemiti.
«Perdonami» disse una voce flebile e leggera: «Perdonami, è questione di qualche momento... devi essere forte e tenere duro. Presto sarà tutto finito».
Intuì che qualcuno, una donna, le stesse tamponando la ferita con qualcosa di freddo e umido, cercando di pulirla. Tentò di distrarsi e non reagire mentre la curatrice terminava il suo lavoro: provò a chiedersi cosa le stesse applicando. Le narici captarono un odore acre e pungente, che non riconosceva. Poco dopo, la donna smise e le parlò con gentilezza: «Ora dobbiamo suturare la ferita. Ti farà molto male, devi cercare di stare il più ferma possibile. Ti poserò questa pezza in bocca, se dovessi sentire il bisogno di urlare puoi morderla. Ti prego, cerca di rimanere immobile».
Fawn avvertì la fitta tremenda di un ago che le si conficcava nella carne viva. Piantò un altro grido: risuonò soffocato dalla pezza che le era stata inserita tra i denti, ma non riuscì a rimanere ferma come le era stato chiesto. Sentì che la donna, con un tono un po' frustrato, si rivolgeva a qualcuno lì vicino.
«Oh, vi prego, davvero non possiamo toglierle questa benda? È già molto doloroso, se potesse vedermi sono sicura che riuscirei a rassicurarla meglio. Voi dovete aiutarmi, dovete tenerla».
«Non esiste, non hai sentito cosa ha detto il tuo comandante? Questa ragazza è un mostro, donna. Non abbiamo idea di cosa potrebbe farci».
Fawn riconobbe una delle due voci di poco prima, i cavalieri a cui quell'uomo, identificato come capo, aveva dato ordine di curarla.
«Correrò il rischio, se serve. Voi siete liberi di andarvene, se avete paura. Non è tra le mie mansioni lasciare una persona ferita in questo stato, chiunque essa sia». Aggiunse in un soffio: «E comunque, quel termine è stato abolito, sir McConnor. Non volete che il comandante sappia di cosa andate blaterando, vero?»
A quelle parole, l'uomo che aveva parlato si zittì. Fawn sentì una mano delicata che le toglieva la benda dagli occhi; liberata da quell'impaccio, poté scorgere due grandi occhi celesti che la guardavano con apprensione. Un ricciolo scuro era riuscito a fuoriuscire dalla cuffietta della curatrice che le stava accanto, una ragazza giovane dal volto pieno e gentile, un po' infantile, con un'espressione di viva preoccupazione stampata addosso.
«Eccoci. Ciao, io sono Nilde. Tranquilla, non voglio farti del male, solo esserti d'aiuto. Ma non posso farlo se non collabori. Non avere paura: loro dovranno tenerti, purtroppo se non stai ferma non riesco a curarti. Hai una gran brutta lesione, dobbiamo assolutamente chiuderla e permetterti di guarire».
Fawn cercò di annuire piano: lo sapeva, lo aveva già visto e fatto molte volte, solo che di solito si era trovata dall'altro lato, al posto della ragazza.
Durante tutto il periodo all'interno dei ribelli, dove pochi di loro avevano nozioni generali di medicamenti e nessuna curatrice ufficiale era disponibile, aveva attinto il più possibile dagli insegnamenti che suo padre le aveva dato nell'infanzia e nell'adolescenza, da tutto quello che aveva imparato dai curatori del suo villaggio, da ciò che aveva poi affinato e appreso da sola nel tempo, provando e riprovando. Scoprendo una parte del mondo dove i suoi poteri, dolorosi e terribili, potevano diventare persino utili. Li aveva rifiniti così tanto da riuscire a usarli al meglio, solo in quell'occasione. Cercando di non averne paura, solo in quei momenti.
Ma non era facile usarli su sé stessa e, soprattutto, non doveva dare nell'occhio, destare sospetti né quantomeno far capire di cosa fosse capace. Se quegli uomini avevano bendato anche Lyam, non avevano ancora capito quale fosse la natura di ciascuno di loro due.
Poté solo affidarsi alle mani di quella giovane donna. Sperava in cuor suo che quella pietà e gentilezza che le leggeva in volto fossero sincere, per quanto fosse solo un'umana.
Ignorò l'irruenza con cui i due energumeni, che ora poteva distinguere con chiarezza, le presero le spalle e le gambe per tenerla ferma sulla barella. Represse l'istinto di liberarsi dalla presa incendiandogli di colpo il viso, ma cercò di immagazzinarne i tratti nella memoria. Loro parvero accorgersi dello sguardo duro e sprezzante con cui li stava osservando: presi da un fremito di terrore malcelato, si rivolsero alla curatrice ordinandole di muoversi. Fawn prese un respiro profondo, mentre sentì l'ago che le penetrava nel fianco.
*
Non seppe per quanto tempo rimase addormentata, cullata dall'effetto della bevanda che quella ragazza le aveva fatto bere. Aveva detto di chiamarsi Nilde. Sì addormentò e risvegliò numerose volte, intuì di essere febbricitante. Nei brevi momenti di coscienza sentì una mano posarsi con delicatezza su di lei, dei tocchi lievi che la rassicuravano. Si accorse di averla sempre avuta vicina...
Aprì gli occhi e la vide di schiena, dall'altro lato della tenda, con quei riccioli scomposti a decorarne la figura. A giudicare dalle luci soffuse, date da due candele basse e tozze poggiate a terra, il sole doveva essere già calato da parecchio. La guardò per un momento, finché la ragazza terminò quello che stava facendo e si accorse di essere osservata. Si girò e la raggiunse subito:
«Oh, bene, ti sei svegliata. Vedrai che pian piano ti sentirai sempre meglio, è ormai sera, ho chiesto alle guardie di portarti qualcosa da mangiare. Non fare caso a loro, sono molto bruschi e diffidenti, ma li ho convinti ad aspettare un po', non sei ancora in forze. Ho cercato di spiegargli che in questo stato non saresti comunque una minaccia per nessuno...»
«Questo lascialo giudicare a me».
Fawn voltò la testa di scatto: riconobbe in quel tono perentorio la voce profonda e intimidatoria della mattina. Ma quando era entrato? Non aveva avvertito nulla. Diede la colpa alla stanchezza e si ripromise di non cedere ancora, in futuro. Nel guardare l'uomo che aveva parlato, ebbe quella sensazione di leggero tremito che aveva già provato ore prima.
La penombra non concedeva una visuale nitida e lui sembrava solo una figura scura comparsa a disturbare il suo campo visivo, come un'ombra venuta a insinuarsi in quello spazio angusto. Nonostante dovesse curvarsi per rimanere in piedi, sotto la coltre di tela appena troppo bassa, riusciva a percepirne la fierezza.
La luce vibrante e aranciata emessa dalle fiaccole le permise di studiarne l'immagine: vestito di nero da capo a piedi, gli indumenti che portava indosso le avrebbero suggerito tutto tranne che la ricchezza di un comandante reale. Un mantello scuro lo avvolgeva, lasciando che solo la figura di quell'albero incrociato a un drago spiccasse appena: bianca un tempo, ma oramai sbiadita e consunta. La pelle bruna non gli conferiva l'aspetto tipico di un nobile, sarebbe stato scambiato più facilmente per un mercante o uno straniero del Sud. I capelli neri, corti e spettinati, gli ricadevano sul volto dandogli un'aria disordinata, come se si fosse appena ritirato da una battaglia. Gli occhi scuri posati su di lei con incredibile e glaciale noncuranza quasi non covavano alcuna vita, non fosse stato per quelle occhiaie leggere, che lasciavano intuire come dovesse chiuderli assai di rado.
Tutto le suscitava una sensazione stordente, difficile da interpretare; il suo affacciarsi sembrava suggerire la presenza di un pericolo, ma lo sguardo non brillava di cattiveria, semmai di ferma severità. Nonostante non fosse abituata a sentirsi intimorita, ebbe l'istinto a rimanere cauta.
Solo nell'osservarlo con più attenzione percepì che non doveva avere troppi anni: si trattava di un giovane uomo, non tanto adulto quanto le sue fattezze avrebbero potuto far credere. Poteva avere la sua stessa età o poco più, ma tanto indurito nei modi e nell'espressione da apparire un demonio. Avrebbe anche potuto ritenerlo tale se non avesse saputo che, per il resto del mondo, il demonio era lei.
«S-sì, mio signore. Avete ragione, vi chiedo scusa. Ho solo svolto quanto mi è stato detto, ma posso confermare che la ragazza non ha fatto nulla di m...»
Vide Nilde in grande difficoltà pigolare con voce candida, resa ancora più piccola e sottile nel tentativo di replicare a quel tale. Nel suo sguardo Fawn non lesse vera e propria paura, ma qualcosa di strano e indefinito, che fece tremare appena la curatrice e le arrossò il viso: soggezione mista a... imbarazzo?
«Va bene così, grazie».
Tagliò netto e conciso l'uomo, per poi rivolgersi verso di lei. Constatò che lo stava studiando con attenzione.
«Noto che vi siete ripresa. Ho già tentato di interrogare il vostro compagno, come immaginerete non ha scucito una singola parola. Spero riuscirete a essere più eloquente di lui e risparmiarmi la scocciatura di dover insistere».
Lei continuò a guardarlo dubbiosa, nessun muscolo le si mosse sul volto. Sapeva di non doversi lasciar sopraffare dall'autorità di quell'uomo e dalla sua arroganza: rimase muta, come a fargli capire che non avrebbe ottenuto nulla di quello che poteva volere da lei. Ma cosa potrebbe volere? Si ritrovò a chiedersi.
«Vedo che non avete capito» sospirò. «Molto bene...» continuò lui: «Spero che riusciate a reggervi in piedi. Domattina all'alba ripartiremo: finché non vi sarete decisi a collaborare, sarò costretto a trasportarvi con noi. Manderò delle guardie a sorvegliare, stanotte. Non fate giochetti di magia, non vi conviene e fareste solo perdere tempo a entrambi».
Fawn rimase ferma e interdetta. Non tentò di colpire l'uomo davanti a lei con la mente, la situazione era troppo delicata e pericolosa per fare qualsiasi azzardo, la sua condizione fisica ancora troppo precaria. Non sapeva nemmeno quanti cavalieri ci fossero lì con loro, fuori dalla tenda. Scelse di aspettare, senza Lyam non poteva decidere nulla.
«Ehi. Comportati come se non fossimo in grado di parlarci. Non lo sanno».
«Come sta Lyam?» chiese di tutta risposta al comandante. Si apprestava a uscire, lasciando che le guardie entrassero e portassero del cibo per lei.
Lui la guardò distratto e rispose con un sospiro, come scocciato: «Il vostro compagno sta bene. Non ho intenzione di uccidervi, per ora. A meno di non esserne costretto».
Scomparve, lasciandola alle sue paure.
🦌🤎⚔️🔥
Abbiamo iniziato a conoscere la nostra Fawn: vi é già chiara la sua indole pacifica e tranquilla, non é vero? 😂
Nilde ha fatto la sua prima apparizione 🖤
Che ne pensate di lei?
Potrebbe sparire per un pochino, ma vi prometto che tornerà... ;)
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