𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝟷𝟹
❝𝑁𝑜𝑛 𝑐'𝑒̀ 𝑒𝑠𝑒𝑟𝑐𝑖𝑧𝑖𝑜 𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒 𝑐𝘩𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑚𝑎𝑛𝑜 𝑒 𝑎𝑖𝑢𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑖 𝑎𝑑 𝑎𝑙𝑧𝑎𝑟𝑠𝑖.❞
||𝐻𝑒𝑛𝑟𝑦 𝐹𝑜𝑟𝑑||
Tenere Kagami lontano dagli allentamenti era estremamente complicato.
Lo si poteva trovare sempre con il pallone da basket in mano, il che portava l'intera squadra a temere che avrebbe potuto cedere da un momento all'altro.
Per fare un paragone, era come se avessero appena tolto ad un bambino il suo gioco preferito, si può facilmente immaginare quanto possa essere difficile tenerlo lontano da esso dopo esserne stato privato.
Nella partita contro la Shutoku il rosso aveva esagerato e ora ne stava pagando le conseguenze.
Se voleva partecipare alla prossima competizione doveva riposarsi e far riprendere le sue gambe da tutti i salti che aveva fatto.
Non poté nemmeno prendere parte all'allenamento in piscina.
Kayla per stare più comoda si era portata dei pantaloncini resistenti all'acqua, aveva cercato di trovare un costume più sportivo possibile, ma la reazione dei ragazzi fu esattamente quella che ebbero poco dopo l'arrivo di una ragazza dai lunghi capelli rosa, che si scoprì essere una compagna delle medie di Kuroko, o meglio, la manager della Generazione dei Miracoli.
Però a lasciare tutti a bocca aperta fu la sua dettagliata conoscenza sulla squadra e le loro abilità.
Aveva persino inquadrato Kayla, nonostante avesse giocato solamente in una partita.
Ma considerando la squadra dalla quale proveniva, non c'era da sorprendersi di quella sua capacità d'osservazione.
«Momoi...» L'aveva chiamata improvvisamente Kuroko, che parlò di nuovo una volta che la giovane si fu girata verso di lui.
«Sei andata veramente nella scuola di Aomine?»
A quelle parole Kayla si era voltata di scatto verso i due, nella sua mente il puzzle si stava pian piano componendo.
Ora comprendeva meglio quella sua velocità, quella sua forza nel gioco, cosa che la condusse dritta ad Akashi.
Anche lui ha una forza e un talento nel basket fuori dal comune, non ne aveva la certezza, ma era quasi sicura che facessero tutti parte della Generazione dei Miracoli.
Il destino certe volte è veramente ironico, così le aveva detto Seijuro quel giorno al bar.
Non aveva tutti i torti, basti pensare a tutte le coincidenze che avevano condotto Kayla a conoscere Kuroko e Aomine, entrambi collegati al suo amico d'infanzia.
Non dimenticando ovviamente di come, grazie al suo ritorno in Giappone, si fosse ricongiunta con Kagami.
C'era un filo che li univa, che univa le vite di tutti.
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La ragazza si era offerta di andare ad avvertire Kuroko che loro si sarebbero avviati, l'avevano lasciato solo a parlare con Momoi mentre la squadra si era andata a cambiare.
Kayla stava per aprire la porta della piscina, ma si fermò quando sentì una frase da parte di Momoi.
«Kagami... Gioca proprio come faceva lui.»
La giovane fece ricadere la mano lungo il fianco, pensando alle parole appena udite.
Si girò di spalle e si appoggiò contro la porta che avrebbe dovuto aprire.
Conosce bene il modo di giocare di Kagami, sa quanta passione e impegno ci mette nel basket.
Si è sempre trovata in sintonia con lui e proprio per questo ha sempre pensato di formare un'ottima squadra con il ragazzo.
L'amore del rosso per quello sport è puro.
Però non è quello che ha sentito quell'unica volta che ha costretto Aomine a farle da avversario.
Ciò che ha percepito in quell'occasione è stata solo una forza schiacciante, come se volesse semplicemente mostrare e imporre la sua forza sugli altri, in quel caso su di lei.
Sembrava tenesse soppressa la sua passione per il basket.
Si domandava come mai avesse abbandonato quello stile di gioco, il cambiamento doveva essere stato drastico, esattamente come è successo ad Akashi.
Incredibile come fosse riuscita ad avere a che fare anche con lui.
Poteva ignorare quell'aspetto e accettare Aomine così come lo aveva conosciuto, già si stava occupando di capire Seijuro, e questo le portava via abbastanza forze.
Però Kayla non è una ragazza che lascia stare così qualcuno, anche se ci ha parlato talmente poche volte che si possono contare sulle dita di una mano.
Non conosce il suo passato, non sa cosa lo ha portato a rivedere il suo approccio nei confronti del basket, ma non poteva ignorare quello che aveva sentito.
Se fosse stato Kagami a cambiare così drasticamente lei avrebbe ribaltato il mondo per tentare di capirne il motivo e aiutarlo.
Proprio per quello si sentiva di dover dare una mano anche ad Aomine, per quanto le era possibile.
Lo stava facendo per Akashi, lo avrebbe fatto per Kagami, non vedeva perché avrebbe dovuto lasciar stare Aomine.
Decise di aspettare i due fuori dalla scuola, seduta sugli scalini accanto all'entrata che dava alla piscina.
A quell'ora essa era frequentata unicamente da coloro che facevano parte di qualche club, infatti era abbastanza tranquillo.
Aveva detto agli altri di andare e di non aspettarla, Kagami l'aveva guardata con un'espressione interrogativa sul volto e lei gli aveva fatto capire che glie ne avrebbe parlato più tardi.
Non dovette aspettare molto prima di vederli uscire.
Si alzò, si mise la tracolla sulla spalla e fece dei passi verso di loro.
«Campbell, pensavo fossi andata con gli altri.» Le disse Kuroko, pacato come al solito.
«Si, ecco... Devo chiedere una cosa a Momoi.» La diretta interessata le rivolse uno sguardo curioso.
«Uh, certo, dimmi pure.» Kayla spostò gli occhi su di lei, per poi parlare.
«Dove posso trovare Aomine? Immagino ci sia un posto dove passa la maggior parte del tempo.»
Con quella richiesta riuscì anche a far cambiare espressione a Kuroko, sicuramente non si aspettava che fosse quella la sua domanda.
«Lo conosci?» Domandò il ragazzo.
«Si, l'ho incontrato una sera, mentre mi allenavo.» Spiegò lei prima che Momoi prendesse parola.
«C'è un posto dove va sempre, ma come mai vuoi saperlo? Se posso chiedere.»
La sua domanda era più che lecita, fino a qualche momento prima nemmeno sapeva che si conoscessero, e tutto d'un tratto Kayla le aveva chiesto dove potesse trovarlo.
Quest'ultima si passò una mano dietro al collo.
«Non avrei dovuto, ma ho sentito quello che hai detto a Kuroko, sul fatto che Taiga giochi esattamente come faceva lui.» Fece una breve pausa.
«E io conosco benissimo Taiga. Una persona che ama il basket come fa lui non cambia approccio così drasticamente. Voglio parlargli, voglio capire.»
Entrambi la fissavano in silenzio, Kuroko nascondeva meglio di Momoi la sorpresa nel sentire quelle parole.
Non immaginavano che qualcuno che lo conosceva appena mostrasse tutto quell'interesse nell'aiutarlo.
La ragazza sorrise dolcemente verso Kayla.
«Credo che gli faccia bene avere qualcun altro che provi a fargli ricordare quanto il basket sia importante per lui» disse con un tono di voce più basso, quasi malinconico.
«Lo puoi sicuramente trovare sul tetto della nostra scuola.»
«Sul tetto della scuola?»
«Già, passa molto tempo lì. Ti accompagno.» Kayla annuì, ringraziandola della disponibilità e della gentilezza che aveva mostrato, subito dopo salutarono Kuroko e si incamminarono.
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La ragazza era piena di cose da fare, quindi lasciò Kayla proprio sotto l'entrata dell'istituto, indicandole come avrebbe potuto raggiungere il tetto.
Già immaginava una possibile reazione di Aomine nel ritrovarsela anche lì, non sarebbe rimasta sorpresa nel vederlo alzarsi e andarsene dopo averla notata.
Per quel poco che aveva potuto constatare, ne sarebbe stato capace.
Salì sulle scale a parete che l'avrebbero ufficialmente portata nel posto in cui si trovava il giovane, udendo poi la sua voce, probabilmente aveva sentito i rumori provocati da lei nell'intento di raggiungerlo.
«Satsuki, ti avevo detto di voler essere lasciato in pace» borbottò dall'altra parte.
La testa di Kayla spuntò da sotto la parete mentre il ragazzo mantenne gli occhi chiusi, cosa che gli impedì di vedere chi fosse arrivato.
«Mi dispiace deluderti, ma hai sbagliato persona» commentò, avvicinandosi e sistemandosi la gonna della divisa.
Aomine aprì un occhio e successivamente si girò su un lato, con le braccia dietro il collo a coprirgli la visuale.
«Aaaah!» Si lamentò, sperando che fosse tutto uno scherzo.
«Come hai fatto a trovarmi? Te lo ha detto Satsuki?»
«Ho chiesto un po' in giro» rispose Kayla con un'alzata di spalle, rimanendo sul vago.
«Quindi è qui che passi il tuo tempo? Non ti alleni con la squadra?» Si sedette accanto a lui e chiuse per un momento gli occhi, godendosi il calore del sole sul suo viso.
«Non sono affari che ti riguardano» rispose duramente Aomine, tirandosi su e lanciandole un'occhiata.
«Cosa vuoi questa volta?» Andò dritto al punto, sapendo che quella non era di certo una visita di cortesia.
«Pensavo che sarebbe interessante fare qualche altra sfida, non credi?» Ricambiò l'occhiata.
«Probabilmente ci incontreremo al campionato, però qualche tiro si può sempre fare prima di esso.»
«No.» Come sospettava, la sua risposta non tardò ad arrivare ed era esattamente quella che si aspettava.
«Posso sapere perché?» Domandò lei, sporgendosi appena per osservarlo meglio.
«L'altra volta ti ho battuta facilmente.»
«Veramente il mio telefono ha squillato prima che riuscissi a compiere la mia mossa, quindi tecnicamente non ha vinto nessuno.» Gli fece notare con un lieve sorrisetto.
Aomine la fissò con sguardo accigliato.
«Avrei comunque vinto, da sola non puoi fare niente contro di me» affermò con sicurezza.
La ragazza mosse la mano come a scacciare una mosca.
«Ne sono consapevole, ma questo non vuol dire che non mi piacerebbe poter giocare con te di tanto in tanto.» Prese a stiracchiarsi le braccia, non facendosi problemi nell'ammetterlo.
«Il basket non è solo competizione, o una dimostrazione di forza.»
«Lo è quando nessuno è alla tua altezza.» Si rese conto solo in un secondo momento che l'intento di Kayla non era solo quello di convincerlo a giocare contro di lei.
Sembrava stesse cercando di scoprire qualcosa riguardante ciò che provava nei confronti di quello sport.
Non aveva voglia di parlarne e poco gli importava il perché di quell'interesse.
Motivo per cui si alzò, intenzionato ad andarsene.
Mise le mani nelle tasche dei pantaloni e parlò nuovamente.
«Sai cosa? Visto che ci tieni tanto ad avermi come avversario, impegnati nel campionato e vediamo se per allora riuscirai ad accendere un po' del mio interesse.» La guardò da sopra la spalla.
Evitò di dirle che la prima volta un po' c'era riuscita, ma quella fiamma si era affievolita nell'istante stesso in cui aveva capito che avrebbe comunque vinto senza molti sforzi.
«Quindi è questo che cerchi? Qualcuno di abbastanza forte che accenda il tuo interesse?» Ciò che ricevette fu un lungo silenzio, già solo quello era una risposta.
Aomine decise poi di cambiare completamente discorso, cosa che gli risultò facile visto che per una volta Kayla lasciò perdere, senza insistere ulteriormente.
Sapeva essere molto assillante, ma capiva quando era il caso di fare un passo indietro, certe cose hanno bisogno di più tempo per uscire dal loro nascondiglio.
«Dovresti tornare a casa prima che faccia buio» disse il ragazzo mentre si avviava verso le scale.
«Già, lo penso anche io.» Fece un leggero sorriso.
«Direi che ti ho disturbato abbastanza.» Si mise in piedi e lo superò, fermandosi e girandosi verso di lui.
«Ci si vede in giro.» Lo salutò e cominciò a scendere le scale, così da avviarsi verso l'appartamento che condivideva con il suo migliore amico.
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Quella sera c'era qualcosa che non andava, qualcosa di diverso dal solito, Kayla lo percepì immediatamente.
Da quando Kagami non si allenava, ogni volta rilassarsi sul divano era impossibile, visto che il ragazzo non faceva altro che muoversi, non riusciva proprio a stare fermo.
In quel momento invece c'era fin troppa calma.
«Taiga, stai bene?» Domandò la ragazza osservandolo attentamente.
Se ne stava quasi sdraiato sul divano, immobile.
«Eh?» Il diretto interessato la guardò di rimando.
«Si, sto bene, perché lo chiedi?»
Kayla alzò le spalle.
«È solo che solitamente non fai altro che muovere incessantemente la gamba, sembra di sentire un terremoto continuo qui sul divano. Adesso invece c'è troppa tranquillità.» Lo vide tirarsi su, per sedersi.
«In effetti c'è qualcosa.»
«Lo sapevo!» Esclamò lei, poi si allungò verso il rosso, più curiosa che mai.
«Che cosa?»
Kagami spostò più volte gli occhi dalla giovane ad un oggetto della stanza, sapeva già la ramanzina che avrebbe dovuto sentire.
«Mi sono allenato un po'-»
«TU COSA?!» Urlò dalla sorpresa, sbarrando gli occhi.
«Ti sei allenato? Dovevi riposarti!» Stava per andare avanti ma l'altro la fermò immediatamente, voleva almeno spiegarle perché si era ridotto a doversi riposare più del solito.
«Un componente della Generazione dei Miracoli mi ha sfidato» disse, sperando di placare l'amica.
Lei sospirò pesantemente, decidendo di lasciar perdere, tanto ormai era fatta, anche volendo non poteva tornare indietro.
«Chi?» Domandò tentando di capire.
«Aomine Daiki.» Quella risposta le fece strabuzzare gli occhi, non credeva a quello che aveva sentito.
Aveva appena avuto la prova definitiva sul fatto che tutti quanti erano collegati fra loro, in un modo o nell'altro.
«Ora sono io a dovertelo chiedere» cominciò a dire Kagami dopo aver visto la sua espressione.
«Ti senti bene? Sembra tu abbia visto un fantasma.»
La ragazza si morse leggermente le labbra.
«Questo perché lo conosco... Potrei averlo costretto a farmi da avversario una volta.»
«Come prego?»
«Quel giorno non avevo idea facesse parte di quella squadra di ragazzi fuori dal comune!» Esclamò, cominciando a gesticolare con le braccia.
Ora comprendeva il perché di quelle sue condizioni, Aomine gli aveva sicuramente dato del filo da torcere.
A quel punto lui gli raccontò della loro sfida, mentre Kayla poi gli disse di come lo aveva conosciuto e di come lo aveva incontrato anche altre volte.
Nessuno dei due si aspettava che l'altro lo conoscesse, ma almeno grazie a lui Kagami non si sorbì la tirata d'orecchie che l'amica stava per dargli.
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