XV
La compagnia camminava nelle crepe del suolo, nessun raggio di luce riusciva ad attraversare quei muri di pietra, l'acqua scarseggiava.
Il ruscello che scorreva ai loro piedi rendeva gli stivali flaccidi ed era torbido e sporco.
Erdal immerse la mano nell'acqua "Se è vero quello che temo neanche questa via è sicura"
Glorendil scosse la testa, sospirando.
"Nessuna via è sicura" disse "dobbiamo rischiare"
Un presentimento premeva sul cuore del guerriero.
"Cosa ti turba?" gli chiese Alder sussurrando, camminando accanto all'amico.
"Siamo lontani dal Nord, eppure sento un ombra che cala lentamente su questi luoghi" rispose.
"Non sei l'unico ad avvertirla" aggiunse Erdal.
"La percepisco anche io" sussurrò Amryn appena udibile.
"Non avete un minimo di speranza, elfi, la via è sicura, dobbiamo semplicemente andare avanti, raggiungere le montagne e prendere quella moneta" intervenne Naar.
"Caro Nano, quanto vorrei poter vedere la situazione con la semplicità con la quale la comprendi tu" ammise lo stregone.
Elehan, rimasta in silenzio per tutto il tempo, chiudeva la lunga fila creata per attraversare il sottosuolo.
Il pensiero dell'umana vagava tra la sofferenza che suo fratello stava subendo alla realizzazione della grandezza del pericolo alla quale stava andando incontro.
Stava consegnando al nemico i suoi amici, serviti su un piatto d'argento.
I pensieri aggrovigliati si mischiavano alle lacrime e ai sentimenti contrastanti.
Non era solo dolore, era stanchezza, era odio, era amore, era buio, era luce, era una sofferenza non traducibile a parole.
Nonostante ciò, avrebbe preso quella moneta a tutti i costi, pur di non vedere suo fratello soffrire.
Cercò di ricordare i lineamenti di Hadrigar e sorrise al ricordo dello sguardo azzurro incontrato poche ore dopo della sua nascita. Nell'ultimo periodo, però, la salute di suo fratello andava scemando, il volto era scavato, la candida pelle era rovinata da lunghi, rossi, tagli, causati da lui stesso nelle crisi notturne. Quando l'aveva lasciato sull'uscio della porta, promettendogli che l'avrebbe salvato, aveva appena appena compiuto tre anni.
Elehan si rattristò, ripensando a suo fratello e ai suoi capelli castani, sulle punte leggermente più neri, segno che l'oscurità si stava impossessando di lui.
Naar e Gaar scrutarono il volto della ragazza, per poi circondarla con le corte, ma possenti, braccia.
"Lo salveremo" disse il primo.
"Anche se questo significherà sacrificare la nostra vita" continuò il fratello.
"Quando vi ho incontrati non vi credevo così coraggiosi" rise la ragazza ricordando l'incontro con i nani.
Fu completamente inaspettato, viaggiava ormai da qualche giorno, quando scorse in lontananza un edificio dal quale provenivano delle urla.
"Siete degli incapaci! Portate queste mucche nella stalla prima che vi butti nel letame" esclamò una voce grave.
Alla vista della ragazza comparve una mandria di bovini, intenti a brucare la folta erba.
Si sforzò di scorgere una figura umana tra gli animali, ma non notò nulla. Solo dopo qualche secondo si accorse di due paia di tozze gambe, mischiate ai corpi muscolosi delle mucche.
Elehan si avvicinò lentamente con la spada sguainata.
"Siete amici o nemici?" chiese.
I nani, colti alla sprovvista, sussultarono.
"Amici! Insomma, se non intendi rubarci il bestiame, altrimenti fai meglio a non farti vedere più" fece uno di loro.
"Non intendo toccare le vostre mucche" sorrise la ragazza.
Avevano un carattere forte, sembravano robusti e lei era da sola.
"Vi andrebbe di partire con me?" propose Elehan.
"Per dove?" chiese l'altro nano con una scintilla negli occhi.
"Per un'avventura"
La speranza di andare via da quella fattoria era forte, più forte dell'amore per gli animali che entrambi i fratelli nutrivano.
"Non siamo stati addestrati per essere guerrieri, ma sappiamo impugnare spada ed ascia" disse uno "io sono Naar e lui è mio fratello Gaar, cercheremo di fare il possibile" concluse inchinandosi.
Così Elehan e i suoi nuovi compagni si misero in cammino verso le terre degli elfi, lasciando le mucche libere di pascolare. Se qualcuno si fosse trovato nelle vicinanze della fattoria avrebbe udito il padrone, nonché zio dei nani, urlare come un forsennato le peggiori imprecazioni contro i nipoti spariti nel nulla.
"Elehan?" la richiamò Amryn.
La ragazza si guardò intorno spaesata.
"Ti ho chiesto se ti andava della frutta" disse il principe porgendo delle fragole all'umana.
Le aveva raccolte dal bosco e nascoste nella sua giacca fino a quel punto.
La fame ormai era divenuta insopportabile per tutti i membri della compagnia e lo stretto sentiero non accennava a finire.
"Fermi tutti!" esclamò Glorendil tirando Erdal per il mantello "Una porta"
Le mani callose dello stregone tastavano il legno della porta, cercando un'iscrizione.
"Non possiamo semplicemente entrare?" chiese Naar.
"Assolutamente no, Nano, non prenderemo un'altra via senza sapere dove porta, questa volta il mio cuore mi dice che non è per niente gradevole quello che ci aspetta" disse Alder.
Glorendil guardò di sottecchi Amryn, assicurandosi che avesse pronta la sua arma, sorrise quando vide la sottile mano del principe accarezzare le piume delle frecce.
"Sguainate le spade" disse "le terre disabitate celano il rifugio di qualche popolo ormai dimenticato, abbiamo appena trovato la porta d'ingresso per un regno"
Glorendil passò l'affilata spada lungo il perimetro della porta, facendo scattare la serratura.
Metodo efficace quello di usare un sistema di corde come serratura, efficace per proteggersi dagli animali, ma completamente inutile per proteggersi da eserciti o gruppi armati.
"Entriamo" sussurrò Erdal.
Appena ebbero attraversato il confine tra le profondità della terra e quella porta, li colpì una fittissima oscurità.
Nonostante nessuno dei compagni riuscisse a vedere il paesaggio intorno percepivano il movimento nella sala.
"Siamo al buio" sussurrò Glorendil ad Alder "Stammi vicino e cerca di cogliere i movimenti"
"Voi non vedete al buio, ma noi si" disse una voce "smettetela, stranieri, siete davanti a più persone di quante immaginiate"
Il suono della voce era melodico, come quello di un elfo.
In effetti era un elfo.
"Elfi oscuri..." sussurrò Amryn, nella biblioteca di suo padre c'erano molti libri che parlavano di questi elfi, che si erano convertiti da soli all'oscurità, ma li etichettavano come esseri leggendari, forse mai esistiti.
Quando un umano si convertiva all'oscurità essa prendeva il possesso di tutta la sua essenza, facendolo diventare un Mutato, ma quando era un elfo a farlo rimaneva in parte elfo, in parte mostro.
Gli elfi oscuri erano elfi spaventosi e crudeli, ma non avevano perso l'amore per l'arte e la natura, il rispetto verso gli animali e la musica.
"Si, elfo della luce, hai indovinato" rispose la voce.
"Uscite dall'oscurità" disse Erdal.
Qualcosa fu sbattuta con forza sul pavimento di pietra e numerosi luci si illuminarono a catena, rendendo visibili gli abitanti di quel Regno.
Avevano una pelle molto scura, tendente al grigio, gli occhi cremisi, i capelli nerissimi.
"Io sono Calimon, il Re degli Elfi Oscuri" disse l'elfo che aveva parlato prima, che aveva un lungo mantello rosso.
"Calimon, 'lo splendente', che significato curioso per un Elfo della tua specie" disse Glorendil.
"Magor, fatti avanti, accompagna gli stranieri a farsi un bagno nelle acque sotterranee, dopo dai loro vestiti puliti e portali al mio cospetto" disse il Re chiamando quello che pareva suo figlio.
"Troppa gentilezza per essere un Elfo Oscuro" sussurrò Amryn ad Elehan. "Fin troppa"
"Qui c'è sotto qualcosa" concluse la ragazza.
"Meglio comunicare con il linguaggio dei segni, tutti voi ne comprendete abbastanza, inoltre è la via più sicura per parlare" disse Erdal a tutti utilizzando i gesti delle mani.
"Naar, Gaar, Elehan, non una parola sulla discendenza di Amryn" disse Glorendil parlando sempre come lo stregone "gli Elfi Oscuri hanno un forte istinto che li attira verso il potere, se scoprono che il figlio del sovrano è con noi, potrebbero usarlo come esca e conquistare le terre di Alaain"
"Non penso che mio padre abbandonerà il trono per cercarmi" disse tristemente Amryn. "poco prima di andarmene mi ha detto che il palazzo non è più casa mia"
"Fidati di me, principino, tuo padre ti verrà a cercare dovunque se sa che sei in pericolo" lo confortò Erdal.
"Mi sembra logico! Non può perdere il suo erede" aggiunse Naar.
"Non sono solo il suo erede!" ribatté.
Il respiro di Amryn divenne irregolare, arrabbiato e frustrato, non poteva immaginare che suo padre lo avesse tenuto in vita solo per il trono.
Non riusciva, faceva troppo male.
L'idea, però, iniziò a farsi strada nella sua mente, infondo era così simile a sua madre, per Alaain era una sofferenza incredibile averlo sempre tra i piedi, avrebbe potuto lasciarlo morire come sua madre, lasciarlo tra le fiamme.
In un istante sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Glorendil gli sorrise.
Il figlio di Calimon non aveva ancora detto nulla, camminava con il capo chino in testa al gruppo.
"Tuo padre ci terrà prigionieri?" chiese Elehan a Magor.
Parlò a bassa voce.
Gli altri non udirono neanche, troppo occupati a decifrare i veloci segni delle mani.
"Se lo conosco abbastanza direi che trama qualcosa, altrimenti vi avrebbe già cacciati dal nostro Regno" rispose il principe.
"Non abbiamo nulla di prezioso con noi, non capisco il motivo per il quale siamo suoi prigionieri" disse l'umana.
"Si, voi non avete nulla, ma avete qualcuno"
I pensieri di Elehan furono immediatamente ridotti a tre persone: Erdal, Amryn e Glorendil.
Lo stregone avrebbe potuto fare qualsiasi cosa al servizio di Calimon, per Amryn, era alquanto improbabile che avessero capito la sua identità, ma rimaneva sempre la possibilità che qualcuno avesse già visto il principe a palazzo, e infine Glorendil, il guerriero più potente di tutte le terre, avrebbe potuto sconfiggere qualsiasi male nelle vicinanze del Regno.
"A chi ti riferisci?" chiese l'umana.
"Prima rivelami il tuo nome, poi capirò se posso fidarmi"
"Io sono Elehan, un'umile umana proveniente dal Nord"
"Ti andrebbe, Elehan, un indovinello? È il modo che utilizzo io per capire se posso fidarmi di te"
Elehan ci pensò su, ma infondo, un indovinello non aveva nulla di male.
Annuì.
Il principe Oscuro la guardò con occhi innocenti, poi disse:
"Ha una testa ma nessun corpo"
Elehan non fece neanche in tempo a parlare che il principe svelò la risposta.
"Semplice, la moneta"
Quelle tre parole generarono un insieme di ricordi e sensazioni che piombò immediatamente nelle mani del principe oscuro.
Tutto quello che aveva passato, il motivo per cui era giunta fin lì, tutto quello che aveva cercato di nascondere.
"Non rivelare nulla a tuo padre, ti scongiuro, sono giunta fin qui, dammi una possibilità di concludere la mia missione" pregò Elehan.
Il principe non l'ascoltò.
"Siamo arrivati" disse a gran voce.
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