I
Katerin si aggirava nel bosco dall'alba.
Amava quel bosco, la faceva sentire come se fosse a casa sua, il fruscio delle foglie allietava i numerosi pensieri, mentre la luce del sole appena sorto cercava spazi liberi tra i rami per accarezzare il volto e la veste dell'elfa.
Passo dopo passo, lo scricchiolare delle foglie autunnali sotto i suoi piedi si trasformò in un lieve rumore di passi sull'erba. Aveva raggiunto la sua radura. Il cinguettio degli uccelli al caldo nei loro nidi accompagnava ogni suo movimento, mentre la possente quercia che si innalzava al centro donava grandi spazi d'ombra.
Katerin in quel posto era capace di sentire il mormorio dell'acqua di un ruscello inesistente, era qualcosa di stregato, si ritrovò a pensare. Quel posto sembrava il centro di tutta la rinascita del bosco, da quando i Mutati avevano distrutto tutto. Poggiò la schiena sul tronco della quercia e sospirò socchiudendo gli occhi.
Aveva sedici anni, sedici da umano. Lo sapeva perché l'aveva studiato nella biblioteca enorme e polverosa di suo padre, ma in quanto elfa, ne aveva molti di più.
Un rumore ruppe il silenzio. Katerin poggiò la mano sull'elsa del pugnale. Non si sa mai, pensò, in cuor suo in realtà non vedeva l'ora di fuggire da quel posto, per seguire qualche folle avventura in giro per il mondo. Le sue orecchie percepivano un'altra presenza intorno a lei.
"Se non gradisci la mia compagnia posso sempre tornare a palazzo" disse qualcuno tra le foglie.
Katerin sorrise, aveva riconosciuto la voce, quel timbro inconfondibile.
Si diceva che i principi avessero una voce diversa dai comuni cittadini fin dalla nascita, lei non ci aveva mai creduto. Poi aveva conosciuto lui.
"Fatti avanti, Alaain" disse.
Una chioma bionda comparve tra gli alberi, folta e lunga. Il corpo esile del principe uscì dalla vegetazione circostante, avanzando verso Katerin.
Il ragazzo elfico gettò sull'erba la tiara d'argento, sfiorandola con il piede.
Katerin conosceva l'odio profondo di Alaain verso quel gioiello.
"Non puoi rifiutare la tua identità" sussurrò.
Alaain restò immobile davanti all'elfa per qualche attimo.
"Questa non è la mia identità"
E la sua voce rimbombò leggera tra gli alberi e le foglie del bosco.
Katerin sospirò.
Il suo vestito candido era ormai macchiato dei colori della natura, umida dopo un temporale.
"Sei molto bella" ammise il principe guardandola. Glielo diceva spesso, si.
Trovava piacevole esprimerlo.
"Non sai quello che dici" rispose lei alzandosi aggraziatamente.
Alaain era l'ultimo dei suoi pensieri.
Che avesse un'infatuazione per lei, questo lo sapeva già dal primo giorno in cui i loro sguardi si erano incrociati, quindi molto tempo addietro, ma non ci badava tanto, era solo un ragazzo.
Katerin ricordò di quando la regina diede alla luce quel principe ribelle, era una giornata magnifica, piena di luce e di fermento, ma la madre di Alaain era morta durante il parto.
L'elfo dalla lunga chioma bionda raccolse un ramoscello, puntandolo al petto di Katerin.
Alaain era bello, come ogni principe elfico.
I capelli gli arrivavano fino alla base della schiena, oscillando al vento, liberi, mentre continuava a fissarla con i suoi occhi color perla.
"Vuoi la guerra? Allora la avrai" rispose l'elfa, mentre le sue mani sottili andavano in cerca di una possibile arma.
Combatterono ridendo e atterrandosi a vicenda, come due cuccioli nei primi mesi di vita. Katerin però, un cucciolo non lo era per niente. Le mancavano la spensieratezza e gli occhi giocosi, l'amore per le piccole cose, e il loro vuoto era colmato da una dura consapevolezza della realtà.
Dopo l'estenuante combattimento si stesero sull'erba.
Alaain sorrideva, era una vita che sognava di diventare un guerriero. Era questo il suo problema, non voleva essere un Re, lui era nato combattente. Le leggi nella famiglia Meylord erano precise riguardo questo. O si impugna lo scettro o si impugna la spada, non si può combattere con uno quanto regnare con l'altra era la frase incisa nelle sale principali del palazzo. Non aveva scelta.
Mangiarono e risero molto quel pomeriggio, poi tornarono nel regno.
"Mio signore Alaain, vostro padre chiede un incontro" disse un servitore dirigendosi verso il giovane principe.
L'elfo a malincuore si allontanò, salutando Katerin con un cenno della mano.
Si diresse verso la stanza principale del palazzo, i pavimenti erano di legno, come i muri, sostenuti da possenti tronchi d'albero. Sul lato del salone più distante dall'entrata il legno iniziava a contorcersi, formando una struttura intrecciata, il trono. Su quel trono sedeva suo padre, su quel trono si sarebbe dovuto sedere lui.
"Figlio mio" disse il Re. "Ho deciso che attaccheremo Esamont, il mio regno ha bisogno di territori, il nostro regno" si corresse.
Il volto del sovrano era incorniciato da una folta barba castana, gli elfi non avevano alcun pelo sul loro corpo, a parte le folte capigliature, ma suo padre aveva deciso di cambiare il suo aspetto, convinto che la peluria sul volto rappresenti saggezza e intelligenza.
"Ho atteso per troppo tempo, ora è il momento adatto, vuoi combattere al fianco di tuo padre?" continuò.
Alaain rimase impietrito da quella domanda. Ad Esamont si trovavano i suoi amici, Esamont era la sua seconda casa. Una città piccola ma accogliente, allegra e rumorosa.
Ad Esamont c'era il mercato, dal quale lui passava ogni settimana per prendere le buone arance della signora Jane, e c'era il parco, dove aveva piantato lui stesso il primo albero.
Eppure le sue labbra restavano immobili, neanche una parola usciva da esse.
No, era la risposta, Alaain non avrebbe mai attaccato Esamont.
"Se verrai con me, sarai ricordato nella storia. Se riusciremo a sottomettere i Montiani, avremo un nostro impero, Alaain, un impero enorme tutto nostro" lo tentò ancora il sovrano.
L'elfo alzò leggermente la testa, leggendo il motto della sua famiglia, la Legge con la L maiuscola.
O si impugna lo scettro o si impugna la spada, non si può combattere con uno quanto regnare con l'altra.
Suo padre non poteva combattere, vincolato dal giuramento.
"Si, combatterò in difesa del mio popolo" disse abbassando il capo.
No, lui non voleva, ma il suo istinto prevalse ancora una volta sulla ragione.
"Radunate le truppe!" ordinò il Re.
E da qui, iniziò tutto.
~~~~~
L'esercito marciò per giorni, l'elmo pesava sulla testa di Alaain, mentre l'armatura gli pesava sulle spalle, impedendogli di respirare regolarmente.
Diverse gocce di sudore gli scivolavano negli occhi, senza che lui potesse fare qualcosa. Il comandante si fermò di colpo, e insieme a lui tutto l'esercito.
Davanti a loro c'era qualcosa, qualcosa che Alaain non riusciva a scorgere, mischiato tra le ultime file.
"Esamont si ribella!" urlò qualcuno.
"Uccidete i Montiani!"
E così, da essere amici, gli elfi si ritrovarono ad essere immischiati in una lotta all'ultimo sangue con gli uomini, solo per il volere del Re.
Alaain combatteva, provava a combattere. L'elmo gli era scivolato dal capo, finendo sotto qualche carcassa.
Del sangue gli colava da un taglio che gli attraversava il sopracciglio, offuscandogli la vista. Improvvisamente si sentì mancare le forze.
Cadde. No, non era ferito.
Respirava a fatica, mentre l'unico rumore che riusciva ad udire era quello delle spade.
Urla e grida erano nella sua testa.
Anche lui urlava, urlava il nome di suo padre.
Lo aveva visto, tra le fila. Il sovrano aveva infranto il giuramento, ora era condannato a morte.
Alaain chiuse gli occhi, e non sentì più nulla.
Il numero degli umani sul campo di battaglia diminuiva sempre di più, mentre aumentava quello delle carcasse.
"Vittoria!" urlò il Re alzando le braccia.
Staccò la sua armatura, gettandola nella polvere, rimanendo con la cotta di maglia, ormai a brandelli.
"Vittoria per il popolo di Alogend"
Si girò per osservare la situazione, e divenne bianco come la morte.
Se prima la sua vista era un campo di battaglia deserto, ora migliaia di Montiani avevano attaccato l'esercito dai fianchi.
Tutto scomparve in un respiro.
Il Re era solo, l'unica colonna eretta nel centro della morte. Dov'era suo figlio?
"Alaain!" urlò al vento.
I Montiani gli stavano dando la possibilità di cambiare idea, ma lui restava come un folle in piedi in mezzo al nulla, senza armatura, completamente scoperto.
Alcuni oggi raccontano che il sovrano era completamente impazzito e aveva venduto la sua anima alle streghe, altri che la sua vera intenzione era il suicidio, fatto sta che tre frecce furono scagliate contemporaneamente, colpendolo nei punti in cui la cotta di maglia aveva ceduto.
Così ebbe fine l'esistenza di Ghemund il Re degli Elfi.
Alaain si svegliò. La scena che si presentò ai suoi occhi era ripugnante, corpi di uomini ed elfi intrisi di sangue e il corpo di suo padre, senza vita, giaceva al centro del campo di battaglia.
"Aiutatemi" sussurrò con il volto rigato di lacrime. Avrebbe voluto correre verso il sovrano, piangere sul suo cadavere, ma capì che facendo questo avrebbe mancato d'onore a tutti i morti di quella battaglia, e ormai il Re non era più qualcuno maggiore degli altri, ma soltanto un morto come tanti.
Le sue orecchie appuntite sentirono un rumore di zoccoli.
Tra i boschi correva Katerin, cavalcando un destriero bianco.
"Sali" disse l'elfa giungendo ad Alaain.
I lunghi capelli castani intrecciati si abbinavano alla sua veste color castagna, e ai suoi occhi color ciliegio.
Lui saltò sul cavallo, mettendo le mani intorno ai fianchi di Katerin e poggiando la testa sulla sua schiena. Piangeva ancora, piangeva per suo padre e per i suoi amici di Esamont, piangeva per se stesso, l'unico sopravvissuto oltre donne e bambini a palazzo, avrebbe preferito essere lui al posto di suo padre in quel momento.
"Se ti fa piacere, dopo possiamo camminare nel bosco" gli propose Katerin.
Percepiva tutto il dolore dell'elfo come se fosse il suo.
"Vai via" sussurrò Alaain. Il tono che aveva usato non era più quello di un principe bambino, innocuo e ancora curioso della vita, ora la sua voce era quella di un Re.
Di un Re cresciuto troppo in fretta.
"Non perdere il tuo sorriso, promettimelo" disse lei.
"Vai via!" urlò.
Katerin si voltò e corse nel bosco, mai l'aveva visto così arrabbiato.
Alaain sapeva quello che sarebbe successo, lo sapeva.
Lui adesso era Re Alaain, il re degli Elfi, il re del Bosco.
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