Capitolo Due
Non credo gli fosse particolarmente piaciuto il mio commento, io restai immobile sulla baia mentre lui si chiedeva il perché doveva rimanere segregato in un'isola con una schiava.
Mi alzai, nonostante non fossi al massimo delle mie forze, e andai a rovistare nelle cose che il mare non faceva altro che portare.
Lui si limitò a guardarmi mentre cercavo, a mani nude, di distruggere delle casse che non volevano sapere di aprirsi.
Lo guardai male mentre lui, tutto tranquillo, osservava il cielo.
«Sarebbe gradito da parte vostra un aiuto»Dissi rivolgendomi a lui che voltò immediatamente lo sguardo altrove.
Se avessi potuto lo avrei ucciso.
«È il tuo lavoro sporcarti le mani»Lo disse con un tono che mi infastifì molto.
«Bene»Mi si crearono delle nocche ma riuscì comunque ad aprire e trovare cose mediamente utili.
Trovai un pentolino che era quasi equiparabile ad una manna del cielo, cose inutili come fogli e documenti.
Osservai il pentolino e poi presi a recuperare il legno di quella casa lasciandolo ascugare.
«Cos'hai trovato?»Mi chiese e io per poco non gli spaccai un asse di legno in faccia.
«E a voi che importa?! State lì tutto il giorno a pensare e a fare niente»
Lui allora iniziò seriamente ad aiutarmi, aprimmo tutte le casse che avevamo a disposizione e oltre a rum e alcune monete...effetti personali, non trovammo un gran che.
Il pentolino fu l'unica cosa utile che trovammo.
«Ora dovremmo accendere il fuoco»Disse poi, andando a cercare un posto asciutto in cui accenderlo.
Lo seguii lentamente, ancora sentivo il mio corpo dolorante e la caviglia non collaborava affatto.
Riunimmo il legno asciutto che riuscimmo a trovare e con la bottiglia di rum provammo ad accedere il fuoco.
Ci serviva assolutamente, non potevamo aspettare.
«Dai... »Appena vedemmo del fumo iniziammo a soffiare finché non ci restò neanche un po' di fiato nei polmoni e finalmente ci riuscimmo.
Fu la prima volta che riuscimmo a lavorare di squadra senza insultarci.
La gioia era molta e finalmente potemmo scaldarci e ascugarci.
Non avevamo cibo e acqua e la notte stava calando.
«forse dovremmo cercare dell'acqua...»Disse la prima cosa intelligente.
Mi limitai ad annuire e a seguirlo.
Capii in fretta che non aveva la più pallida idea di quello che stava facendo, come al solito.
«dovremmo cercare terra...»Proprosi e lui mi guardò disgustato.
«Non se ne parla. Io non sono un cane, non berrò terra»Alzai le spalle, peggio per lui.
Mi inoltrai nella fitta vegetazione facendo attenzione a dove mettevo piede. Trovai poco lì vicino una fonte d'acqua che misi nel pentolino. Sembrava buona ma niente in realtà è quello che sembra, così la portai al fuoco e la scaldai.
Lui si limitò a starsene disteso come fosse in vacanza e ciò mi fece andare totalmente fuori di testa.
Non c'era alcuna scala sociale da rispettare in un isola sperduta e avrebbe capito, presto o tardi, che sarebbe morto di fame anche lui seppire bianco e ricco.
Capii in fretta che dovevo fare affidamento solo su me stessa e nessun altro.
Il sole stava calando pian piano dando spazio alle tenebre.
Il giorno dopo sarei andata alla ricerca di frutta o di cocco... Per quanto avessi preferito lasciarlo morire di fame assieme al suo spropositato ego, la parte buona di me insisteva sul fatto che dovessi comunque aiutarlo, seppure non gli dovessi nulla.
L'unica cosa utile che fece fu alimentare il fuoco con della legna.
Calata la notte, e noi che ancora non ci eravamo scambiati parola, lui restò accovacciato davanti il fuoco che bruciava la legna.
Io bevvi dell'acqua ricevendo di rimando da parte sua uno sguardo disgustato.
«Dovreste bere, lo sapete vero?»Azzardai a dire.
Lui scosse la testa, non voleva saperne niente.
«bene»
Mi sistemai sulla fredda sabbia per cercare di dormire. Nonostante fossimo stati fortunati a creare quel fuoco senza cibo saremmo morti in una settimana.
Giorno 2
Al mio risveglio il fuoco era ancora vivo, il giovane figlio dell'ambasciatore era scomparso, ma vidi con mio stupore che aveva provato a bere un sorso dell'acqua.
Era così testardo e orgoglioso.
Il tempo prometteva di essere buono e dato che dedossi avesse deciso di dedicarsi al fuoco, io, dopo essermi lavata e avere fatto i miei bisogni in un punto distante e ben nascosto, andai in spedizione con il preciso obiettivo di cercare del cibo.
Trovai more, un infinità di more e delle banane ancora non mature.
Per il cocco dovetti farmi un bel pezzo a piedi dal nostro "accampamento".
La vegetazione era veramente selvaggia.
Fui felice di trovare tre noci di cocco che portai con fierezza all'accampamento.
Lui era tornato, era steso come al solito e fissava il cielo.
«Ho del cibo»Dissi con un tono decisamente troppo entusiasta.
Lui si voltò verso di me e appena vide il cocco si mise subito in piedi.
«Dov'era?»mi chiese poi mentre, senza che io glielo chiesi, mi aiuto a mettere tutto a terra.
Gli indicai con la mano la zona e lui seguì le mie indicazioni.
Lo guardai allontanarsi con decisione piuttosto stranita ma non persi tempo ed inziai a spaccare come meglio potevo la noce di cocco. Aveva un rivestimento morbido e solo poi il tipico rivestimento che ero abiutata a vedere.
Riuscì a ricavarne dei piattini e dell'acqua al suo interno la conservai per il principino che non ne voleva sapere di tornare. Presi a mangiare la polpa del frutto, non mi avrebbe pienamente saziato ma fu sufficente per non farmi più sentire la pancia brontolare. Quando arrivò lui, si stava portando appresso due grandi foglie di palma e mi alzai per aiutarlo.
«A che vi serve? »Chiesi e lui, sentendo l'odore del cocco cotto, preferì dedicarsi a mangiarlo piuttosto che rispondermi. Era chiaramente affamato.
Gli passai l'acqua di cocco e non feci in tempo a dirgli di berlo con parsimonia che mandò tutto giù senza esclusione di colpo. Era incredibile. Non avevo parole.
«Beve oggi e domani? Dovremmo razionare il cibo e soprattutto l'acqua»
Mi ignorò e si mise ad intrecciare le foglie di palma.
Era snervante ma quanto meno era meglio e preferibile al vederlo fissare il vuoto.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro